Dallo stereotipo novecentesco del grande maestro carismatico alla crescente presenza di donne, collettivi, studi identificati con coppie, il cambiamento antropologico della professione dell’architetto. È una mostra sulle grandi architette quella che il MAXXI di Roma organizza dal 16 dicembre 2021 all’11 settembre 2022 nella sua sede, peraltro progettata anch’essa da una grande architetta, Zaha Hadid: si tratta di Buone Nuove. Donne in architettura, un viaggio nell’evoluzione al femminile della professione di architetto dalle pioniere d’inizio Novecento alle archistar di oggi, dai colletivi multidisciplinari ai grandi studi internazionali guidati da progettiste, a cura di Pippo Ciorra, Elena Motisi ed Elena Tinacci, con un allestimento al femminile progettato da Matilde Cassani.
Molte le architette sulle quali la mostra getta lo sguardo: da Signe Hornborg, prima donna al mondo a laurerasi in architettura, a Helsinki nel 1890, a Zaha Hadid, prima architetta a ricevere nel 2004 il prestigioso Pritzker Prize. Da Norma Merrick Sklarek, definita la “Rosa Parks dell’architettura” in quanto prima afroamericana ad avere accesso alla professione nel 1954, a icone del design modernista come Charlotte Perriand e Eileen Gray. Da Ada Louise Huxtable, inventrice negli anni Sessanta della critica di architettura con la sua rubrica sul New York Times e vincitrice nel 1970 del Premio Pulitzer, a “pioniere” italiane come la paesaggista Maria Teresa Parpagliolo, fino ad alcune tra le esponenti più interessanti e rappresentative del firmamento dell’architettura contemporanea. Tra loro, le notissime Elizabeth Diller e Kazuyo Sejima o le giovani emergenti Francesca Torzo e Lucy Styles, già presenti nella collezione del MAXXI Architettura. Sono queste alcune delle protaginiste della mostra Buone Nuove. Donne in architettura. Attraverso una narrazione storica e un’ampia panoramica sulla situazione internazionale attuale, la mostra racconta l’evoluzione del mestiere di architetto nell’ultimo secolo, con il superamento dello stereotipo del grande maestro, capo indiscusso dello studio, a favore di una nuova geografia della professione in cui la presenza femminile si fa sempre più forte e autorevole. Questa “mutazione antropologica” riflette una serie di cambiamenti epocali nellla società e, di conseguenza, nel ruolo dell’architettura, che oggi si confronta con questioni sociali e ambientali, con la tecnologia, con l’attivismo per l’eguaglianza di genere e contro ogni discriminazione.
Buone Nuove si articola in quattro aree tematiche: Storie, Pratiche, Narrazioni e Visioni, e in più è possibile vedere l’installazione site specific Unseen di Frida Escobedo. Protagoniste della sezione Storie sono 85 architette, progettiste, studiose di architettura che, nel corso del Novecento, hanno segnato la crescita e l’evoluzione al femminile della professione. Tra queste, oltre alle già citate Signe Hornborg, Norma Merrick Sklarek e Ada Louise Huxtable, Charlotte Perriand ed Eileen Gray, pioniere e icone del design contemporaneo; Phyllis Lambert e Lina Bo Bardi, tra le figure più significative e rivoluzionarie del Novecento e molte altre, spesso meno note ma ugualmente determinanti. Le loro storie sono raccontate attraverso documenti, fotografie, carteggi, modelli disposti su otto tavoli/isola che scandiscono lo spazio della mostra e lo suddividono in undici “stanze”, ciascuna delle quali dedicata a una delle protagoniste della sezione PRATICHE. I titoli degli 8 tavoli tematici sono: Prime Donne, Mise en scéne, La città delle donne, Lady manager, Nomadismi, Duetti, Voci e Tracce. Nelle Storie si trovano autrici e materiali tra i più preziosi della collezione del MAXXI Architettura diretto da Margherita Guccione, come nel caso di Cini Boeri, Maria Giuseppina Grasso Cannizzo, Studio Labirinto, Elisabetta Terragni e molte altre.
Pratiche è invece uno sguardo sul paesaggio internazionale dell’architettura contemporanea attraverso il lavoro di undici architette, considerate esemplari sia per la qualità della loro ricerca, sia perché esprimono diversi modi di interpretare l’architettura e di esercitarla: progettiste che guidano grandi studi, che lavorano da sole, che collaborano con altre donne o con un partner, che fanno parte di collettivi. Ciascuna si presenta attraverso video, prototipi, modelli, fotografie, installazioni site specific. Sostenibilità ambientale, dimensione sociale, rapporto tra tradizione e innovazione e tra le diverse discipline sono elementi che caratterizzano le diverse “pratiche”. La natura artistica emerge nei lavori di Elizabeth Diller, che presenta al MAXXI la celebre installazione Bad Press e il grande spazio culturale a scala metropolitana The Shed a New York, e in quelli di Mariam Kamara, architetta nigerina nominata dal New York Times tra le quindici Creative Women of Our Time che ha realizzato per la mostra l’installazione intima e personale Room for introspetion, una stanza nera in cui affiorano elementi della sua cultura. Manualità artigianale e consapevolezza tecnologica dialogano nei lavori di Lina Ghotmeh, architetta libanese con studio a Parigi che porta al MAXXI Stone Garden, edificio tra la città storica e l’area portuale di Beirut la cui facciata è lavorata a mano. Anupama Kundoo, di origine indiana con studio anche a Berlino, presenta una sintesi della sua ricerca incentrata sulla sostenibilità ambientale ed economica e sulla reinterpretazione della tradizione, con un focus sull’uso del ferrocemento per costruzioni prefabbricate, come l’Easy WC esposto al MAXXI. Benedetta Tagliabue, capo dello studio EMBT di Barcellona, espone il Padiglione Spagnolo per l’Expo 2010 di Shangai, in cui la tessitura in vimini realizzata da artigiani locali diviene tecnica di costruzione sostenibile. Il progetto riflette l’interesse per i materiali, le pratiche artigiane, l’interfaccia tra digitale e manuale. Lu Wenyu, fondatrice con il marito Wang Shu di Amateur Architecture Studio, a Hangzhou in Cina, porta al MAXXI un’installazione di grande poesia: il prototipo della falda ad ali di uccello del tetto in legno dell’Lin’an History Museum, che rispecchia il forte legame dello Studio con il territorio, i materiali e le tecniche costruttive locali. La sostenibilità ambientale caratterizza tutti i progetti di Dorte Mandrup, fondatrice dello studio Dorte Mandrup A/S di Copenaghen, attivo in tutto il mondo con un team di 75 persone. Per il MAXXI ha scelto il modello in acciaio dell’Icefjord Centre in Groenlandia, dispositivo pensato per permettere al pubblico di constatare di persona gli effetti del cambiamento climatico. Sfidano il modello professionale maschile Jeanne Gang, a capo dello Studio Gang di Chicago con sedi in tutto il mondo, e Grafton Architects, studio fondato a Dublino nel 1978 da Yvonne Farrel e Shelley McNamara che ha scalato i vertici dell’architettura mondiale. Gang presenta al MAXXI il Gilder Center, ampliamento del Museo di Storia naturale di New York, un corpo cavernoso che ospita gallerie, spazi didattici e una biblioteca. Grafton, famose per i progetti di spazi per la formazione, come quello dell’università Bocconi a Milano, presentano la Facoltà di Economia di Tolosa, edificio in cemento e mattoni locali che unisce il centro antico e la città moderna. Kazuyo Sejima e Assemble, infine, sperimentano forme associative nuove e flessibili. Sejima apre il suo studio a Tokyo nel 1987e nel 1995 con Ryue Nisghizawa fonda SANAA: i due architetti reagiscono in modo professionalmente diverso in base alla natura e alla scala degli incarichi. Al MAXXI, Sejima presenta in anteprima il Design Event Cenetr a Puyan, in Cina, progetto in corso di realizzazione. Assemble, collettivo multidisciplinare londinese che unisce architettura, arte e design, in cui è molto forte la componente sociale, racconta attraverso un collage di video The Voice of Children, che esplora gli spazi del gioco dei bambini.
Molte delle installazioni delle Pratiche sono occasioni per nuove acquisizioni del museo: sarà così per i lavori di SANAA, di Frida Escobedo, già acquisiti, e altri per i quali il processo è in corso. Unseen della messicana Frida Escobedo è un omaggio ad Anni Albers, eroina del Bauhaus e vuole essere un’occasione per riflettere sull’invisibilità della figura femminile e sul tema del tempo in architettura. Si tratta di una installazione creata per la mostra, che fa dialogare un disegno della designer tedesca con una reinterpretazione critica di uno degli arazzi più simbolici della Albers. Una narrazione video racconta il contesto dell’opera. L’arazzo, ora rimosso, è stato realizzato per l’hotel Camino Real di Città del Messico, costruito per i Giochi Olimpici del 1968. Il progetto di Escobedo è il risultato del disfacimento simbolico e materiale del progetto originale di Anni Albers: è letteralmente “sbrogliando” ciò che resta del passato che possiamo ripensare il rapporto tra progresso e sviluppo, artigianato e produzione industriale, identità e differenza.
La sezione Narrazioni introduce un altro livello narrativo della mostra, popolato dai volti e dalle voci di importanti personaggi del mondo dell’architettura, di quello accademico e della ricerca. Sono dodici interviste, realizzate dal collettivo Mies.TV, a testimoni come Phyllis Lambert, studiose come Sylvia Lavin, Beatriz Colomina, Maristella Casciato, Mary McLeod, curatrici come Paola Antonelli e Mariana Pestana e giovani progettiste come Liz Ogbu o Marwa Al-Sabouni, responsabili di istituzioni e di riviste come Giovanna Borasi, Martha Thorne e Manon Mollard. Infine, con Visioni la mostra introduce anche una riflessione sul rapporto tra identità di genere e spazio, raccontata attraverso 5 video prodotti nell’ambito del programma Future Architecture Platform, una rete di 27 istituzioni europee che ogni anno coinvolge giovani creativi in attività ed eventi sparsi in tutta l’Europa. Selezionati attraverso un’open call, gli autori dei cinque video sono: Edit Collective, Emma Hirsk, fem_arc collective, Matty Roodt, Meghan Ho-Tong, Lucienne Bestall e Regner Ramos.
In occasione della mostra, a partire da gennaio 2022 la videogallery ospiterà una selezione di documentari, film e cortometraggi alla scoperta delle architette e progettiste che, dal Novecento a oggi, hanno rivoluzionato il modo di concepire la professione dell’architetto. Il MAXXI propone inoltre, da febbraio 2022, un nuovo ciclo delle Storie dell’architettura: attraverso un racconto per personaggi ed episodi salienti, studiosi, docenti e divulgatori terranno delle lezioni su come la presenza femminile si sia evoluta nell’architettura. Tra i relatori: Mario Lupano, Paola Nicolin, Pippo Ciorra, Margherita Guccione. Per tutte le informazioni è possibile visitare il sito del MAXXI.
Nella foto: Maria Giuseppina Grasso Cannizzo, PMR2.2008 – Torre di controllo del Porto turistico, Marina di Ragusa (Ragusa)
Titolo mostra | BUONE NUOVE. Donne in architettura | Città | Roma | Sede | MAXXI - Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo | Date | Dal 16/12/2021 al 11/09/2022 | Curatori | Elena Motisi, Elena Tinacci, Pippo Ciorra | Temi | Architettura |
Al MAXXI di Roma una grande mostra sulle donne in architettura. |