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Redazione
, scritto il 01/07/2020
Categorie: Mostre / Argomenti: Fotografia - Losanna - Musée de l’Elysée di Losanna
Il Musée de l’Elysée di Losanna ospita, dal 1° luglio al 27 settembre 2020, la mostra regeneration4, quarta edizione della rassegna quinquennale di fotografia.
La fotografia è spesso veicolo di temi urgenti dell’attualità: attraverso le immagini rappresentate si ha la possibilità di affrontare con maggior immediatezza argomenti complessi da esprimere, arrivando direttamente al nocciolo della questione. Le immagini raccontano situazioni, denunciano fatti, provocano sentimenti, ed è per questo che la fotografia, oltre ad essere un’opera d’arte, sta diventando sempre più un mezzo di comunicazione, specialmente negli ultimi tempi. I fotografi contemporanei infatti utilizzano i loro scatti per dare un’espressione più diretta e immediata alle molteplici tematiche a cui il mondo attuale ci pone di fronte, per invitare l’osservatore a riflettere su queste e, magari, a tentare di trovare risposte o soluzioni, per suscitare comunque un dibattito su questioni aperte da tempo o scatenatesi di recente.
Temi come l’ecologia, l’uguaglianza di genere, vista in particolare da una prospettiva femminile, la cultura digitale e le sfide economiche che gli artisti si trovano ad affrontare in un contesto sempre più complesso sono al centro di reGeneration4. The Challenges for Photography and Its Museum of Tomorrow, una collettiva di fotografia contemporanea che si tiene dal 1° luglio al 27 settembre 2020 presso il Musée de l’Elysée di Losanna, la sede museale svizzera che da trentacinque anni si dedica pienamente e con passione alla fotografia e che è tra i più conosciuti musei per la fotografia d’Europa. Il museo è costituito dalla raccolta di più di centomila fotografie che spaziano dagli scatti di uno dei primi fotografi a sperimentare le immagini a colori, Gabriel Lippmann, fino ad arrivare ai grandi fotografi contemporanei come Sebastião Salgado, Annie Leibovitz, Oliviero Toscani, Jeff Wall, Frank Schramm, Carlo Valsecchi e molti altri (inoltre, dal 2011 il museo possiede l’intera collezione delle fotografie di Charlie Chaplin: una raccolta di circa diecimila immagini).
Tornando alla mostra, si può dire che reGeneration è stata lanciata per la prima volta nel 2005 e da allora si è tenuta a intervalli regolari di cinque anni: quella del 2020 è quindi la quarta edizione della rassegna, e avrà una doppia anima, perché da un lato sarà una sorta di “ripasso” storico delle edizioni del 2005, del 2010 e del 2015, mentre dall’altro costituirà una riflessione sul futuro che verrà affrontata attraverso trentacinque opere d’arte, selezionate su un numero di 258 candidature pervenute all’organizzazione, da 49 paesi diversi.
Focus principale di reGeneration, curata quest’anno da Pauline Martin e Lydia Dorner,rimane il tema dell’impegno, sia da parte degli artisti che da parte del museo. Ed è un impegno che riguarda il passato, il presente e il futuro, tre momenti che vengono affrontati dal punto di vista del tema o dell’evento che vogliono portare all’attenzione del pubblico. Ecco quindi che i fotografi si concentrano su argomenti molto sentiti e che fanno parte del dibattito pubblico: l’immigrazione, la guerra, la violenza, la costruzione dell’identità, l’emergenza climatica. Il museo, in quanto spazio democratico e aperto al dialogo, accessibile e inclusivo, e animato dall’obiettivo di garantire a tutti l’accesso alla cultura (oltre che di fornire gli strumenti necessari a comprenderla), è del resto molto vigile quando si parla del suo modo di relazionarsi con il pubblico e della sua capacità di suscitare dibattiti attraverso le opere degli artisti che espone.
I punti di cui si è detto sopra (ecologia, uguaglianza di genere, cultura digitale e sfide economiche) sono le quattro basi della rassegna e i curatori la guidano sia a livello teorico che a livello... pratico: per esempio, la scelta tra le candidature ha tenuto conto delle pari opportunità (i 35 artisti scelti sono 18 donne e 17 uomini, in arrivo da 21 paesi di cinque continenti diversi: l’artista più giovane è del 1997, i più anziani del 1975, l’età media è di 31 anni). Questa edizione è la prima che è stata organizzata con allestimenti totalmente rispettosi dell’ambiente, tutti i fotografi partecipanti riceveranno un compenso per la loro opera e dal punto di vista del digitale, si tratta della prima edizione di reGeneration che avrà una sua controparte virtuale (sarà inaugurata sul sito web e offrirà al pubblico il meglio che la comunità di reGeneration ha prodotto da quindici anni a questa parte).
Per quanto riguarda il tema dell’ecologia, la mostra espone alcune forti immagini che rappresentano la vita quotidiana degli orsi polari in habitat artificiali, fotografie dei fiumi inquinati di New York che vogliono farci riflettere sull’inquinamento dei nostri sistemi acquatici (senza i quali non ci sarebbe vita sul pianeta), e video installazioni che pongono l’accento sulle contraddizioni di un mondo dove i ghiacci si sciolgono ma che al contempo è attraversato dal turismo di massa. L’ecologia, come anticipato, è anche uno degli obiettivi del design degli allestimenti, dal loro concept fino ad arrivare alla realizzazione passando attraverso la gestione dei processi. Il Musée de l’Elysée infatti, con reGeneration4 ospita la sua prima mostra guidata da principi di eco-responsabilità: in particolare sono stati scelti fornitori locali, sono stati adoperati inchiostri ecologici e carta riciclata, e sono stati reimpiegati pannelli già esistenti per metà delle opere esposte. Ogni elemento specificamente disegnato per questa mostra è stato ideato per ridurre l’impatto ambientale del suo ciclo produttivo e, laddove possibile, per essere di nuovo utilizzato in occasioni future. Sul sito del museo è disponibile l’elenco di tutte le azioni ecologiche che sono state seguite per la realizzazione della mostra.
Per ciò che concerne il tema dell’identità del genere, il pubblico potrà vedere numerose immagini che affrontano argomenti come l’espressione del proprio genere, le disuguaglianze di genere, la violenza, il modo in cui la società e la cultura percepiscono i problemi relativi a questa fondamentale tematica. Grande spazio poi anche al digitale, che gioca un ruolo fondamentale in questa quarta edizione di reGeneration, sia dal punto di vista dei fotografi, sia dal punto di vista del museo. Molti fotografi, infatti, hanno basato il loro lavoro su questioni che riguardano le tecnologie digitali: le ricerche di diversi artisti in mostra si concentrano ad esempio sul contrasto tra la natura tangibile dei materiali e quella impalpabile delle innovazioni digitali, altri ancora hanno esaminato il tema del flusso d’immagini che quotidianamente attraversa le nostre vite, e poi ancora si parla di obsolescenza degli strumenti tecnologici, nonché delle ambiguità delle nostre vite che corrono sul filo del reale e del virtuale. Per l’occasione, il LabElysée, l’area sperimentale del Musée de l’Elysée dedicata alla cultura digitale, si arricchirà di un’installazione inaugurata nell’ambito della mostra: si tratterà di un momento complementare alla rassegna. L’installazione prenderà le forme di una sorta di mappa che creerà le basi per un archivio interattivo degli artisti che il Musée de l’Elysée ha presentato nelle sue sale fin dal momento in cui il programma reGeneration è stato fondato quindici anni fa.
“La prima osservazione”, dichiara la curatrice Pauline Martin, “è che i lavori che si sono candidati per reGeneration4 confermano la flessibilità della fotografia, il vasto spettro di percezioni che la riguardano e, non ultimo, il grado di apertura che ci si aspetta da un museo dedicato a questa forma d’arte. In un museo di fotografia c’è spazio per una scultura creata da un diagramma basato su di un’immagine aerea? E per un cortometraggio o per un brano di realtà virtuale che promette una passeggiata attraverso un mondo tridimensionale fittizio? Il processo di selezione delle opere non ha dato una risposta definitiva a queste domande, che sono state lasciate aperte in modo tale da permettere al medium di sperimentare tutti i suoi limiti e le sue porosità. Sappiamo che la fotografia può prendere diverse forme (installazioni, libri, video, oggetti, immagini ritrovate, suoni, sculture, pitture). Le opere candidate a reGeneration4 non sono un’eccezione alla regola, e ormai è passato il tempo per fare il punto della situazione sulla diversità delle sue pratiche. Questo non è il luogo per stabilire cosa sia o non sia la fotografia, ma per prendere in considerazione tutte le sue possibilità. Cominceremo dal principio secondo cui il mezzo fotografico si presta a un vasto raggio di obiettivi, usi e forme; il museo che accetta ciò dovrebbe anche essere capace di rinnovarsi in accordo con le evoluzioni artistiche, sociali e tecnologiche. Il problema di questa edizione non è tanto identificare le grandi tendenze della fotografia contemporanea, ma determinare le principali preoccupazioni dei fotografi, ovvero un qualcosa che un museo dedicato al loro lavoro dovrebbe essere nella posizione di affrontare. Le ricerche che reGeneration4 affronta hanno fatto sì che alcune di queste siano emerse, prefigurando anche alcune delle sfide che il Musée de l’Elysée vorrebbe affrontare nella sua nuova sede, e che sono servite come linee guida per questa mostra di transizione”.
“Fin dalla sua partenza”, afferma Lydia Dorner, “reGeneration ha immaginato una piattaforma di condivisione, un luogo d’incontro e collaborazione che vuole estendersi oltre il concetto di ‘mostra collettiva’ e il tradizionale catalogo bilingue. Qualcosa che ha il desiderio di coinvolgere, soprattutto, le risorse che sono disponibili in un’istituzione museale, in termini di partnership con altre strutture. Quindi, fin dall’inizio, il piano era di creare una mostra itinerante, cosa che era già un’innovazione nel 2005. E anche se poi questa modalità operativa è diventata sempre più diffusa, l’idea di pianificare una mostra al suo stadio embrionale come un qualcosa che può viaggiare attorno al mondo negli anni successivi non era ancora così ovvia. Il primo aspetto originale, in termini di ‘comunità’, stava nel fatto che la rete professionale del Musée de l’Elysée è stata immediatamente coinvolta, offrendo ai suoi contatti regolari l’opportunità di accogliere un progetto dedicato alla fotografia internazionale emergente, e di mostrarla sulle proprie pareti. Non meno di dieci musei, gallerie e centri d’arte hanno risposto positivamente, ospitando tra il novembre del 2005 e l’agosto del 2009 eventi dedicati alla prima edizione di reGeneration, a volte anche simultaneamente. Cinque anni dopo, quando abbiamo cominciato a pianificare la seconda edizione, abbiamo compiuto un ulteriore passo verso l’idea di un progetto smaterializzato: siamo cioè entrati nell’era delle tanto decantate chiavette USB. Pronti per essere esposti in ogni angolo del globo, i 189 lavori della seconda edizione hanno di certo avuto una loro esistenza tangibile nelle forme di stampe incorniciate mostrate a Losanna nel 2010 e poi in altri luoghi, ma potevano anche essere tradotti in un’esistenza virtuale, contenuti in piccoli oggetti non più grandi di quattro centimetri per uno, che hanno racchiuso l’intera selezione, pronta per essere stampata. Da quel momento in avanti, queste chiavette USB da 22 giga sono diventate l’equivalente di due dozzine di contenitori da viaggio, ed erano pronte ad aprire nuovi orizzonti. Più facile, più rapido, più economico, questo sistema innovativo ha permesso di aggirare tutti gli ostacoli organizzativi che ci si presentavano in precedenza, affermando la sua utilità. Nel 2020, la questione della natura itinerante della mostra ci ha imposto una serie di problemi che, benché nuovi, sono stati presi in seria considerazione. Come mantenere il progetto itinerante mentre si affrontano con serietà problemi che riguardano lo sviluppo sostenibile? In termini più generali, come integrare la crescente consapevolezza ecologica nel contesto di un programma espositivo pensato soprattutto per viaggiare? Questa è stata una delle domande che abbiamo affrontato nell’incontro ‘Quale transizione ecologica per la cultura?’ tenutosi nel novembre del 2018 al Centre Pompidou di Parigi e che ha prodotto diversi studi scientifici e rapporti su questo tema. Tutti gli articoli pubblicati successivamente concordavano sul fatto che il problema del trasporto delle opere, degli artisti e dei curatori fosse in cima alla lista delle priorità. Sostenuti da queste allarmanti considerazioni, abbiamo pensato che fosse assolutamente necessario ripensare il problema del trasporto, soprattutto offrendo alternative alle ‘tradizionali’ mostre itineranti”.
La mostra vede la partecipazione dei seguenti artisti: Jennifer Abessira (Francia), Erik Berglin (Svezia), Aline Bovard Rudaz (Svizzera), Rochelle Brockington (Stati Uniti), Shaista Chishty (Regno Unito), Pablo Martín Córdoba (Argentina), Sébastien Delahaye (Francia), Abd Doumany (Siria), Cécile Dumas (Francia), Rebeca Gutierrez Fickling (Spagna), Yuan Jin (Cina), Lasse Lecklin (Finlandia), Youqine Lefèvre (Belgio), Lucas Leffler (Belgio), Marcin Liminowicz (Polonia), Sheng-Wen Lo (Taiwan), Asta Lynge (Danimarca), Léonie Marion (Svizzera), Thandiwe Msebenzi (Sudafrica), Lena Oehmsen (Germania), Rosaliina Paavilainen (Finlandia), Mònica Pallí (Spagna), Antonio Pulgarin (Stati Uniti), Raphaela Rosella (Australia), Emile Sadria (Danimarca), Jessie Schaer (Svizzera), Torsten Schumann (Germania), Simon Senn (Svizzera), Pacifico Silano (Stati Uniti), Hayahisa Tomiyasu (Giappone), Cristina Velasquez (Colombia), Nathaniel White (Regno Unito), Karolina Wojtas (Polonia), Piotr Zaworski (Polonia), Zhibin Zhang (Cina).
reGeneration4 è accompagnata da un catalogo (in inglese e in francese) con le schede complete delle opere e quattro saggi che affrontano problemi che riguardano le attuali tendenze della fotografia contemporanea. Di seguito, le foto di alcune delle opere in mostra.
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Antonio Pulgarin, dalla serie Fragments of the Masculine, 2017 |
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Cristina Velásquez, Los huevos en mi casa los puso mi mamá (2019), dalla serie The New World, 2019 |
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Émile Sadria, dalla serie Obsolete 2019, 2019 |
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Erik Berglin, Tulip Variation #94, 2020 |
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Jennifer Abessira, dalla serie #ElastiqueProject, dal 2011 |
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Jessie Schaer, dalla serie Perception, du vide à la forme, 2019 |
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Karolina Wojtas, dalla serie Abzgram, dal 2017 |
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Léonie Marion, Senza titolo (2017), dalla serie Soulèvements jurassiques, 2016-2019 |
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Nathaniel White, La tomba di un rifugiato in Sicilia (2018), dalla serie Routes, 2020 |
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Piotr Zaworski, dalla serie Untitled, 2018 |
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Raphaela Rosella con Gillianne, Mimi, Rowrow, Tammara, Tricia e le loro famiglie, dalla serie You’ll Know It When You Feel It, 2011-2019 |
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Rochelle Brockington, dalla serie Skin+ Hair Stock photos, 2018 |
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Sébastien Delahaye, dalla serie La Bête des Vosges, 2017-2018 |
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Sheng-Wen Lo, Zoo Blijdorp di Rotterdam, Paesi Bassi (2016), dalla serie White Bear, dal 2014 |
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Thandiwe Msebenzi, Indawo yam – My place (2017), dalla serie Awundiboni – You Don’t See Me, 2015-2017 |
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Yuan Jin, dalla serie Grow from Elapses, 2016-2017 |
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