Dal 29 giugno al 27 ottobre 2024 le sale espositive di Palazzo Cucchiari a Carrara, sede della Fondazione Giorgio Conti, accoglieranno la mostra Belle Époque. I pittori italiani della vita moderna. Da Lega e Fattori a Boldini e De Nittis a Nomellini e Balla, a cura di Massimo Bertozzi. Intento del curatore è seguire le tracce delle mutazioni della pittura dopo l’Unità, dal superamento delle scuole regionali alla ricomposizione di un’impronta nazionale, per puntare a una cultura artistica adatta ai tempi moderni della “Nuova Italia”. Un percorso artistico che dagli ultimi impulsi dei macchiaioli conduce all’effervescenza della Scapigliatura, fino agli esiti finali del Divisionismo: un viaggio che inizia con Fattori e Lega, prosegue con Boldini e De Nittis, e culmina con Nomellini e Balla. Tra gli altri artisti saranno presenti Telemaco Signorini, Armando Spadini, Giuseppe Pellizza da Volpedo, Federico Zandomeneghi e Vittorio Corcos, e ancora Antonio Mancini, Tranquillo Cremona, Mosè Bianchi, Emilio Longoni, Angelo Morbelli, Gaetano Previati, e molti altri.
Saranno esposte in tutto circa novanta opere, tra dipinti su tela e su tavola, acquerelli, pastelli e sculture in bronzo e in gesso, abbracciando un arco temporale che va dal 1864 fino al 1917.
Il percorso espositivo è suddiviso in sette sezioni, a cui si aggiunge un intermezzo.
La prima sezione, intitolata Tempi moderni, racconta di come i pittori, sempre più attratti dall’esercizio all’aria aperta e non più limitati agli spazi rurali e alle attività agricole, si concentrino ora sugli spazi urbani, sulle strade e le piazze, ma anche sui parchi, i giardini pubblici e sulle località marine. La seconda sezione, intitolata Casa e famiglia: comodità dell’abitare e modi di vivere, si focalizza invece su come l’abitazione diventi uno spazio da esibire, con i salotti, le sale da pranzo e gli studi che fungono da spazi pubblici. Qui, gli abitanti si mostrano, compiacendosi della propria opulenza, eleganza o sobrietà. Si passa poi alla terza sezione, intitolata I pittori della vita moderna: gli artisti non sono più solo gli sradicati della vita bohémien, ma iniziano a godere di una diversa considerazione sociale. Accolti nei salotti e nei circoli più esclusivi, loro stessi, i loro atelier e le loro famiglie diventano soggetti di pittura, eleganti ed esteticamente suggestivi. L’intermezzo è dedicato alla scultura: tra ripiegamento romantico e ansie moderniste, tra misticismo religioso e mondano, si delineano i tratti della scultura liberty. Il simbolismo pascoliano di Leonardo Bistolfi e l’eleganza aristocratica di Paolo Troubetzkoy rappresentano questi sentimenti contrastanti.
Si prosegue con la quarta sezione, dal titolo Vecchi e nuovi miti, che si concentra sulla modernità che diventa rapidamente abitudine, spingendo la continua ricerca di distrazioni o altre forme di stordimento. Questo anima nuovi desideri verso un altrove esotico o più naturale, o verso mondi alternativi creati da sostanze o pratiche mistiche ed esoteriche, contesti in cui alcuni artisti lasciano le loro testimonianze. Vi è poi la quinta sezione dal titolo Povera Patria: l’Italia del popolo: antichi bisogni e nuove aspettative. Nonostante tutto, c’è fiducia nel futuro. La sesta sezione, Il paradiso delle signore, racconta di come la mondanità sia legata allo “stato sociale”: a teatro, al caffè, alle corse dei cavalli, a passeggio sul corso o nel salotto di casa. Le donne diventano protagoniste; alcune si accontentano di gestire il ménage familiare, altre si dedicano a attività filantropiche e culturali, e qualcuna tenta di influenzare il governo del paese. Tuttavia, la condizione delle donne rimane invariata. L’ultima sezione, intitolata Aspettando domani, si focalizza invece sull’abbandono del naturalismo, che predispone lo spirito e la mente alla ricerca di un linguaggio espressivo adeguato alla realtà dei sogni e alle suggestioni dei simboli. La pittura divisionista diventa quindi la naturale espressione del Simbolismo, quasi una versione italiana dell’Art Nouveau, aprendo il campo alla genesi e all’esordio delle avanguardie.
Nei primi decenni dopo l’Unità, la pittura della “nuova Italia” cerca di trovare una dimensione nazionale e internazionale, pur rimanendo influenzata dalla tradizione delle scuole regionali. L’attenzione si sposta dai temi della vita dei campi, con la loro frugale poesia della natura, alla vita delle città, animate dalla ricerca di benessere materiale e nuovi appagamenti mondani e culturali. In questo contesto, agli intellettuali, scrittori, compositori e artisti viene chiesto di considerare diversamente l’intrattenimento, lo svago e l’uso intelligente del tempo libero, che per alcuni ceti sociali diventa socialmente utile, creando un nuovo modo di vivere in privato e di apparire in pubblico.
Il mondo imprenditoriale, l’alta finanza e l’intraprendenza aristocratica, oltre alle accademie e alle istituzioni pubbliche, diventano promotori delle belle arti, con collezionisti e mecenati che diventano figure di riferimento per artisti e mercanti. Tuttavia, il tradimento degli ideali del Risorgimento e l’involuzione conservatrice della classe politica nazionale portano al disincanto degli intellettuali. Solo gli artisti più famosi riescono a liberarsi grazie al riconoscimento privato della nuova borghesia imprenditoriale e dell’aristocrazia liberale, anch’esse deluse dagli esiti della “rivoluzione” italiana.
In questo periodo, la pittura di storia, con il suo “patriottismo” regionale, viene sostituita da rappresentazioni della vita moderna, sostenute da chiare intenzioni narrative piuttosto che etiche, influenzate dalle suggestioni letterarie, soprattutto francesi, più che dall’aggiornamento dei linguaggi figurativi. Il raffreddamento degli slanci ideali e il richiamo delle seduzioni mondane spingono gli artisti della nuova generazione a sentimenti di ripulsa e ribellione. Influenzati dalla “vita di bohème”, i “dualismi” degli scapigliati e dei loro compagni di strada emergono: da un lato, la pulsione verso ideali nobili e alti; dall’altro, il compiacimento per gli aspetti più degradati della vita civile.
Durante “l’età giolittiana”, un periodo apatico e stentato per la nuova Italia, solo la reazione degli artisti sembra essere al passo coi tempi. Alcuni pittori riescono a decantare dalla pittura divisionista l’ultimo vero contributo italiano all’arte europea, con l’intemperanza futurista e la divinazione metafisica.
Per maggiori info è possibile visitare il sito www.palazzocucchiari.it
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Orari: Dal 29 giugno al 15 settembre, il martedì, mercoledì, giovedì e la domenica dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 16 alle 20; il venerdì e il sabato dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 16 alle 23. Dal 17 settembre al 27 ottobre, il martedì, mercoledì, giovedì e la domenica dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 15 alle 20; il venerdì e il sabato dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 15 alle 21. Chiuso il lunedì.
Biglietti: Intero 10 euro, ridotto 8 euro, 8 euro per gruppi da 10 a 29 persone, per gruppi da oltre 30 persone 7 euro; 5 euro per studenti universitari. Gratuito per giovani fino a 18 anni, portatori di handicap e accompagnatore, giornalisti con tesserino nazionale. Sono previste convenzioni Unicoop, Coop, Coop Liguria, Touring Club Italiano.
Titolo mostra | Belle ?poque. I pittori italiani della vita moderna. Da Lega e Fattori a Boldini e De Nittis a Nomellini e Balla | Città | Carrara | Sede | Palazzo Cucchiari | Date | Dal 29/06/2024 al 27/10/2024 | Curatori | Massimo Bertozzi | Temi | Novecento, Ottocento |