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Redazione
, scritto il 16/07/2019
Categorie: Mostre / Argomenti: Andy Warhol - Giuseppe De Nittis - Alberto Burri
Dal 6 luglio al 29 settembre 2019, a Napoli, Certosa e Museo di San Martino ospitano la mostra 'Vesuvio quotidiano_Vesuvio universale'
La Certosa e il Museo di San Martino a Napoli ospitano, dal 6 luglio al 29 settembre 2019, la mostra Vesuvio quotidiano_Vesuvio universale, a cura di Anna Imponente in collaborazione con Rita Pastorelli. Tema della mostra è il Vesuvio, e in particolare la sua incombenza sul paesaggio e su Napoli, nel corso della storia dell’arte: il vulcano ha esercitato grande fascino sugli artisti, che hanno però voluto anche esprimere la paura ancestrale per il vulcano, quale espressione della potenza della natura di fronte alla quale poco o nulla può la fragilità dell’essere umano. “Nell’immaginario artistico”, spiega la curatrice, “la bellezza conturbante del vulcano è considerata simbolo tragico della catastrofe, montagna di fuoco che distrugge, ma che diventa vitale e rigeneratore”. Il titolo della mostra, sottolinea, “trae spunto da quello di una mostra di Stefano Di Stasio, Vesuvio quotidiano (San Gemini, 2016) e dal titolo del recente ritratto raccontato nel libro di Maria Pace Ottieri Vesuvio universale. I due termini contrapposti offrono l’idea dalla terribilità di una natura incombente e di una socialità che si sviluppa per esorcizzarne il pericolo”.
La mostra propone al pubblico un centinaio di opere dal Cinquecento a oggi, provenienti sia dal Museo di San Martino, sia da altre collezioni, pubbliche e private. L’avvio del percorso è affidato alla cartografia cinquecentesca di interesse naturalistico: tra gli esempi figura la preziosa stampa di Athanasius Kircher, tratta da Mundus supterraneus (Amsterdam, 1665), che presenta la fantasiosa immagine di un Vesuvio in sezione. Si continua poi con una sezione dedicata alla storia del vulcano, con particolare riferimento alle eruzioni tra XVII e XIX secolo, ovvero quelle del 1631, del 1754, le eruzioni minori del Settecento, e quella del 1872. Attorno alle raccolte storiche, con opere emblematiche come L’Eruzione del Vesuvio del 1631 di Domenico Gargiulo (detto Micco Spadaro), opera di recentissima acquisizione, e al tema della sacra protezione, invocata per la salvezza con il settecentesco busto reliquiario di Sant’Emidio, protettore dei terremoti e dei cataclismi (Cappella del Tesoro di San Gennaro), con la raffigurazione di Castel Sant’Elmo e della Certosa di San Martino, si affiancano alcune opere contemporanee. Questa scelta, puntualizza Anna Imponente, è motivata dal fatto che “le opere contemporanee reinterpretano un’ansia creativa e rigeneratrice che attraverso il tempo si traduce in prorompente vitalità. Lo sterminator Vesevo leopardiano (La ginestra, 3, 1836) può infondere all’arte un flusso incomparabile di nuova energia, così come succede in natura per la fertilità della terra, alimentate entrambe da una forza cosmica in equilibrio tra distruzione e rigenerazione”.
All’eruzione del 1872 è ispirata una serie di immagini del paesaggio vesuviano dal vero di Giuseppe de Nittis, collocate in una sala dedicata, provenienti dalla Pinacoteca civica Giuseppe De Nittis di Barletta e da una collezione privata napoletana, tra i brani più emozionati dell’esperienza giovanile del pittore. Una selezione di dipinti tra Settecento e Ottocento viene completata dalle testimonianze artistiche di Carlo Bonavia, Pietro Fabris, Pierre Jacques Volaire, operanti al tempo del Grand Tour, che documentano le vedute “pirotecniche” del Vesuvio. Accanto ad essi opere di Tommaso Ruiz, di Antonio Joli, e altri artisti che dipingevano “all’ombra del vulcano”.
In una sala a parte sarà esposta l’Allegoria della prosperità e delle Arti nella città di Napoli di Paolo de Matteis, del primo Settecento, insieme a una serie di galanterie e servizi in porcellana della fabbrica ferdinandea caratterizzate dal tema del Vesuvio in eruzione. Per la prima volta sarà anche integralmente esposta la preziosa serie di circa 100 gouache, acquerelli e stampe, consacrate all’immagine del Vesuvio, donata nel 1956 da Aldo Caselli (mecenate e erudito e docente universitario), fra cui tre tavole tratte dal volume di William Hamilton, ambasciatore presso Ferdinando IV: i Campi Phlegraei: observations on the volcanos of the Two Sicilies, Londra 1776-1779. Il volume, con tavole di Pietro Fabris, proveniente dalla Biblioteca Nazionale Vittorio Emauele III di Napoli, sarà anch’esso esposto in mostra. In dialogo con le opere antiche saranno poi in mostra circa 50 opere moderne e contemporanee: le terrecotte smaltate di Leoncillo, della fine degli anni Cinquanta, in cui il gesto artistico impresso alla materia argillosa acquista una scabra plasticità informale; la combustione di Alberto Burri Tutto nero (1956), che rimanda alle fratture e alle bruciature della terra; il ritratto Vesuvius (1985) di Andy Warhol che ritrae il vulcano “più grande del mito, una cosa terribilmente reale”; il Senza titolo (1996) di Jannis Kounellis in ci l’elemento del carbone concretizza la naturalità della materia povera; il dipinto Odi navali (1997) di Anselm Kiefer, contaminato da piombo agglomerato e bruciature, raffigurazione epica della sofferenza umana.
Nel cortile di ingresso fanno da introduzione alla mostra le due sculture di Bizhan Bassiri (2006) meteoriti nel cortile, installazione completata da Evaporazione rossa (2013), una sorta di astro solenne che domina la navata della Chiesa monumentale. Le sculture di Anna Maria Maiolino, artista italiana che lavora in Brasile, sono portatrici di un’energia esplosiva capace di modificare la materia del cemento e del raku. La rassegna napoletana continua con le opere di Claudio Palmieri, le cui forme ceramiche contengono il flusso lavico che esplode invece sui dipinti; la scultura di Roberto Sironi fa parte della serie Fuoco, composta da calchi in bronzo di tronchi o rami d’albero bruciati trovati in natura; nelle grandi carte Adele Lotito si serve della evanescenza e della trasparenza del fumo per misurare e disvelare presenza e assenza; in Inferno (2018) l’artista belga Caragh Thuring trae ispirazione dalle antiche gouache napoletane, traducendole in una pittura pastosa con le silhouette sulla cima del Vesuvio, eredi della poetica del sublime. I dipinti di Stefano Di Stasio rispecchiano il suo stile tra simboli e metafore, affiorante dal mondo dell’inconscio e dell’onirico; le tempere su tela del napoletano Oreste Zevola riprendono in forme archetipiche e primitive le figure di santi e di sirene, di teschi e di vulcani fluttuanti nello spazio, legate all’immaginario popolare; nelle Geografie Temporali (2019) di Sophie Ko, artista georgiana che lavora a Milano, il pigmento si mescola alla cenere creando paesaggi mutevoli.
L’esposizione si completa con le foto di Antonio Biasiucci, maestro degli scatti sui vulcani attivi in Italia e del Vesuvio in particolare, di Giovanni De Angelis, che con Volcano rimanda al cratere come simbolo di improvvisi cambiamenti, di Maurizio Esposito, che documenta i roghi che nel 2017 hanno devastato il Parco nazionale del Vesuvio, e una “cartolina” di Riccarda Rodinò di Miglione, un gioco di riflessi nelle acque del Golfo e dalla installazione di art sound di Piero Mottola. Lungo il percorso della mostra, in un piccolo ambiente, sarà proiettato Insolite, cortometraggio di Maya Schweizer realizzato con il sostegno del Goethe Institute: si tratta di una sequenza di immagini del Vesuvio attuali in dialogo con quelle dell’ultima eruzione avvenuta nel 1944, senza alcun nesso narrativo, ma volta a suscitare emozioni nell’osservatore.
Per il finissage, venerdì 27 settembre, sarà presentato il catalogo della mostra, edito da Arte-m, con testi di Anna Imponente, Bruno Corà, Fernanda Capobianco, Ileana Creazzo, Luisa Martorelli, Rita Pastorelli, Annalisa Porzio e contributi di Maria Pace Ottieri e Silvio Perrella. Nella stessa occasione saranno riaperti al pubblico i Sotterranei gotici, misterioso ventre della Certosa, che racconta la storia della sua fondazione, simbolico “cratere” del complesso certosino, da cui affiorano i capolavori che questo conserva. A conclusione della presentazione del catalogo sarà proiettato Sul vulcano, il film documentario di Gianfranco Pannone.
La mostra apre tutti i giorni, tranne il mercoledì (giorno di chiusura) dalle 9:30 alle 17. Il biglietto intero costa 6 euro, le riduzioni e le gratuità sono quelle stabilite dalla normativa ministeriale. Per info telefonare al numero +39 081 2294510-532-538, scrivere a accoglienza.sanmartino@beniculturali.it, o visitare il sito del Polo Museale della Campania. Di seguito una selezione di opere in mostra.
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Carlo Bonavia, Veduta del golfo di Napoli della lanterna del molo con il Vesuvio in eruzione (olio su tela, 103 x 125 cm)
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Paolo De Matteis, Allegoria della prosperità e delle arti nella città di Napoli (post 1714; olio su tela, 55,2 x 110 cm)
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Giuseppe De Nittis, L’eruzione del Vesuvio del 1872 (olio su tela, 75,5 x 128,3 cm; Boscoreale, collezione privata)
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O. D’Anna-P. Toro, Eruzione del Vesuvio del 23 dicembre 1760 (bulino e acquerello oppure incisione acquerellata; Napoli, Museo Nazionale di San Martino, fondo Caselli)
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Tommaso Ruiz, Il Mandracchio, il Mologrande e Borgo Loreto (firmato e datato 1748; olio su tela 44 x 132 cm)
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Claudio Palmieri, Magma (1992; ferro, ceramica smaltata, 90 x 55 x 55 cm)
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Andy Warhol, Vesuvius (1985; acrilico su tela, 230 x 300 cm)
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Annamaria Maiolino, Untitled, serie Entre o Dentro e o Fora, dalla serie Between Inside and Outside (2014; cemento modellato su tavolo di metallo 42 × 32 × 40 cm; tavolo: 31 x 36 x 45 cm; Courtesy of the artist and Galleria Raffaella Cortese, Milan)
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Anselm Kiefer, Odi navali (1997; tecnica mista e polimaterico su tela, 190 x 330 cm; Courtesy Galleria Lia Rumma Milano, Napoli)
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Sophie Ko, Geografia temporale, Lucciole (2019; 2 elementi 100 x 70 cm ciascuno)
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Il Vesuvio nella storia dell'arte da De Nittis a Burri e Warhol, tra fascino e paura. In mostra a Napoli |
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