Il Museo Civico di Crema e del Cremasco dedica un'intera mostra alla figura del vampiro


Il Museo Civico di Crema e del Cremasco dedica un’intera mostra alla figura del vampiro, dalla sua genesi in antichi miti e credenze fino alla icona pop della contemporaneità.

Il Museo Civico di Crema e del Cremasco presenta dal 19 ottobre 2024 al 12 gennaio 2025 la mostra Vampiri. Illustrazione e letteratura tra culto del sangue e ritorno dalla morte, a cura di Lidia Gallanti con Edoardo Fontana e Silvia Scaravaggi. Esposte oltre duecento opere provenienti da venti biblioteche pubbliche italiane e da collezionisti privati, tra testi letterari e poetici, spesso illustrati, pubblicati in volume e su riviste, incisioni, fogli sciolti, edizioni originali e materiale iconografico, attraverso cui si intende indagare il fenomeno che prende corpo attorno alla figura del vampiro, dalla sua genesi in antichi miti e credenze fino alla icona pop della contemporaneità.

Il termine “vampiro” appare nella letteratura europea attorno al 1730, anche se le radici di questa figura risalgono a tempi molto più lontani. Nasce in culture e religioni diverse, unite dal bisogno di spiegare i fenomeni esoterici del ritorno dalla morte, rappresentando simbolicamente la lotta tra il bene e il male. Col tempo e il mutare della società, il vampiro si è trasformato in un’icona ambivalente, divenendo un poliedro di presenze multiformi che, attraverso i secoli, ha acquisito un fascino ambiguo, oscuro e incerto. Il vampiro è un essere fluido, privo di una connotazione sessuale precisa, a cavallo tra la vita e la morte, che resiste alle leggi naturali e le sovverte, incarnandosi in corpi sempre differenti e contaminando vari generi e forme d’arte e letteratura.

Dal mito mesopotamico di Lilītu (Lilith), demone della notte, si passa ai culti ellenici, come la controversa vicenda della nèkyia omerica, un rito necromantico che risveglia gli spiriti dei morti. La mostra include illustrazioni di John Flaxman e William Russell Flint, il testo di Remy de Gourmont illustrato da Henry Chapront, e il ciclo contemporaneo di Edoardo Fontana che ne porta il titolo. Il percorso espositivo esplora anche i primi trattati esoterici e pseudoscientifici del Settecento, come il seminale De masticatione mortuorum in tumulis di Michael Ranfft, pubblicato a Lipsia nel 1725 (Biblioteca Manfrediana di Faenza). Da queste stesse origini derivano le Dissertazioni dell’abate francese Augustin Calmet (Biblioteca Queriniana di Brescia, Biblioteca Passerini-Landi di Piacenza e Collezione Bianchessi di Crema).

L’esistenza di upiri, vrikolaki e strigoi fu confutata da figure come il medico olandese Gerard Van Swieten, nel suo Vampirismus (1787, Biblioteca Manfrediana, Biblioteca Passerini-Landi), e dall’arcivescovo di Trani Giuseppe Davanzati, autore della Dissertazione sopra i Vampiri (1789, Biblioteca Passerini-Landi). Un simile approccio scettico si trova nella raramente citata Lettera di un Amico ad una Dama sopra i Vampirj, pubblicata a Venezia nel 1765 ed esposta in mostra dalla Collezione Biancardi di Milano.

Sul finire del XVIII secolo, il positivismo illuminista lascia spazio a una letteratura più intima ed emotiva, che introduce il primo Romanticismo e la figura della belle dame sans merci. In questa donna misteriosa e letale si può riconoscere il presupposto dell’idea moderna di vampiro. Questo è evidente in Lilith, raffigurata nel celebre dipinto di Dante Gabriel Rossetti, e nelle opere Lamia di John Keats e Christabel di Samuel Taylor Coleridge, illustrata anche da Lucien Pissarro (Eragny Press, 1904). La mostra espone la litografia del Disegno preparatorio per Lamia di John William Waterhouse (1905), le illustrazioni di Gerald Metcalfe, la litografia a colori e oro Christabel (1898) di George Frampton, e le acqueforti art déco di Frank Sepp per La sposa di Corinto di Johann Wolfgang von Goethe (1925, Collezione Proverbio, Milano e Lisbona).

Nel 1816, presso Villa Diodati sul lago di Costanza, si incontrarono Lord George Gordon Byron, il suo segretario John William Polidori, Percy Bysshe Shelley e sua moglie Mary Wollstonecraft Godwin. Il gruppo decise di sfidarsi nella stesura di racconti di terrore. Mary Shelley concepì qui il suo capolavoro Frankenstein, di cui in mostra è esposta la prima edizione italiana (de Luigi, 1944). Dall’ispirazione di un racconto incompiuto di Lord Byron, A Fragment (una copia tarda ottocentesca e una delle prime traduzioni italiane sono esposte), Polidori scrisse The Vampyre (1819), il primo racconto moderno sul tema. Lord Ruthven, ispirato da Byron, è una figura crudele che agisce all’interno della società alto-borghese e nobile. In Italia, il racconto apparve con titolo Il vampiro nella rivista di geografia e viaggi Il Raccoglitore (1821, Biblioteca di Lovere). Negli stessi anni, Ernst Theodor Amadeus Hoffmann scrisse l’oscura e terrificante Vampirismus, di cui in mostra sono esposte la prima traduzione italiana (Battistelli, 1923, Biblioteca Statale di Cremona) e le illustrazioni di Franz Wacik.

Dopo Charles Baudelaire, la “musa corrotta dall’estetica del male” diventa protagonista nell’arte e nella letteratura attraverso le figure femminili non morte e ritornanti di Edgar Allan Poe, Joseph Sheridan Le Fanu e Rudyard Kipling. La sublimazione della bellezza terribile supera l’immaginario romantico per trasformarsi nella femme fatale. In mostra sono presenti libri con illustrazioni tratte dai racconti dell’orrore di Poe, come le immagini per Ligeia e Berenice realizzate all’acquaforte da Wogel, pubblicate nel 1884 (Collezione Bandirali di Crema). A Poe si ispirarono anche artisti come Harry Clarke, Byam Shaw, Edmund Dulac e Alberto Martini. È interessante notare come il vampiro sia rappresentato in continua decontestualizzazione, come nella litografia in cui Martini ritrae la Marchesa Casati come una vampira.

Carmilla di Joseph Sheridan Le Fanu, pubblicato per la prima volta sulla rivista The Dark Blue, rappresenta le contraddizioni dell’Inghilterra perbenista e diviene simbolo di una sessualità sempre più libera, illustrata negli anni Ottanta del Novecento da Leonor Fini. Diverso è il personaggio di Erzsébet Báthory, rappresentata dall’artista post-impressionista ungherese István Csók, di cui è esposta un’acquaforte.

La figura di Giuda, come suicida, è spesso associata al vampiro. Aubrey Beardsley creò nel 1893 A Kiss of Judas per accompagnare l’omonimo racconto di Julian Osgood Field sulla rivista Pall Mall Magazine. A Beardsley si ricollega Marcus Behmer, con immagini pubblicate nella sua Salomè che includono la mostruosa farfalla-vampiro, simbolo del tramite tra il mondo terreno e ctonio. Negli anni precedenti era stata pubblicata la traduzione francese del De Demonialitate di Ludovico Maria Sinistrari, un manoscritto riscoperto da un editore di Parigi. Sinistrari considerava il vampiro come un demone che animava di fantasie licenziose il dormiveglia. Di quegli anni è anche Olalla (1885) di Robert Louis Stevenson, la vampira spagnola che tra sensi di colpa e perbenismo vittoriano fu tradotta da Alfred Jarry nel 1958 per il Dossiers acénonètes du Collège de Pataphysique.

Nel 1897 Bram Stoker pubblicò a Londra Dracula, titolo ispirato dal soprannome del principe Vlad III di Valacchia. In mostra a Crema si trovano edizioni originali inglesi e americane del primo Novecento, insieme a una rara anastatica del libretto xilografico con il ritratto di Vlad III, mappe della Transilvania e illustrazioni naturalistiche di pipistrelli, materiale che ispirò Stoker. La prima traduzione parziale italiana fu pubblicata a Milano da Sonzogno nel 1922 come Dràcula. L’uomo della notte (Biblioteca Manfrediana), mentre l’edizione integrale apparve solo nel 1945 dai Fratelli Bocca (Biblioteca Manfrediana).

La figura del vampiro approda anche in Giappone, trovando posto nell’immaginario giapponese, ma al tempo stesso nipponizzandosi. In mostra vi è la prima edizione giapponese di Dracula tradotta da Teiichi Hirai nel 1956, il raffinato cofanetto Vampire’s Box (2022) di Takato Yamamoto e altre illustrazioni e pubblicazioni.

In area italiana, alcuni testi scritti tra fine Ottocento e inizio Novecento includono Vampiro. Una storia vera di Franco Mistrali (1869, Biblioteca Minguzzi-Gentili di Bologna), le novelle di Francesco Ernesto Morando, Luigi Capuana, Giuseppe Tonsi (Il vampiro, 1904, Biblioteca Civica Angelo Mai, Bergamo), Daniele Oberto Marrama e la poesia Il vampiro di Amalia Guglielminetti.

Gli artisti cechi di area simbolista si raccolsero attorno alla rivista Moderni Revue, la cui più iconica copertina, realizzata da Karel Hlaváček nel 1896, raffigurava proprio una donna vampiro. Hlaváček scrisse anche Upír, una malinconica poesia pubblicata nella raccolta Tardi verso l’alba, che ispirò a František Kobliha uno dei suoi straordinari cicli di xilografie. Lo strigoi romeno è lo spirito inquieto di un defunto che esce di notte dalla tomba per recare danno ai vivi. Una donna vampiro è protagonista del romanzo Signorina Christina di Mircea Eliade, esposto nella prima, rara edizione romena, così come nelle prime edizioni italiana e francese. All’interno del romanzo, Eliade cita Mihai Eminescu, presente in mostra con la prima traduzione italiana della poesia Calin e con la rivista Convorbiri Literare, dove apparve la poesia Strigoi.

Dal romanzo gotico di Stoker derivano sia il film Nosferatu di Friedrich Wilhelm Murnau (1922) sia il suo remake diretto da Werner Herzog e interpretato da Klaus Kinski e dalla giovane Isabelle Adjani. In mostra si trova una copia del manifesto nell’edizione belga del 1979, disegnato da David Palladini. Il film muto di Murnau deve gran parte del suo impatto culturale al genio del produttore, scenografo e grafico Albin Grau, che disegnò numerose versioni del Conte Orlok, ispirandosi al lavoro di Alfred Kubin e soprattutto di Hugo Steiner-Prag, illustratore del Golem di Gustav Meyrink. La mostra mette a confronto i due artisti.

Intervista col Vampiro di Neil Jordan (1994) è tratto dall’omonimo libro di Anne Rice pubblicato nel 1976, capostipite di una fortunata serie di storie sui vampiri. Nel 1975 Stephen King pubblicò ’Salem’s Lot, esposto insieme a I am legend di Richard Matheson, che per primo attribuisce il vampirismo a un virus.

A partire dall’antologia curata da Elinore Blaisdell nel 1947 e illustrata dalla stessa artista, tra gli anni Cinquanta e Settanta vennero pubblicati numerosi studi letterari e raccolte. I vampiri tra noi di Ornella Volta e Valerio Riva è una delle prime esaurienti collezioni internazionali sul tema. Volta offre anche una visione eccentrica dell’immaginario vampiresco con Le vampire, pubblicato in francese e successivamente tradotto in italiano. Sul tema spicca anche Io credo nei vampiri del giornalista milanese Emilio de’ Rossignoli.

In mostra vi sono anche opere dei più rappresentativi artisti di fine Ottocento e inizio Novecento, come Henry Chapront per M.me Chantelouve, immagine guida della mostra, Félicien Rops, Marcel-Lenoir, Alméry Lobel-Riche, Valère Bernard e Carl Schmidt-Helmbrechts. La puntasecca Immagini della sera di Raoul Dal Molin Ferenzona (1932) testimonia la capacità evocativa della letteratura e dell’arte. Due litografie del francese Georges De Feure, Les vices entrent dans la ville (1894) e L’amour aveugle, l’amour sanglant (1893-1894), evocano il male.

Edvard Munch dedicò diverse incisioni ai vampiri, raffigurati in gesti ferini tesi tra amore e dolore, come una vignetta del 1906. Le linee tormentate dell’espressionista austriaco Oskar Kokoschka (Collezione Fiori di Bologna), le illustrazioni surrealiste di Max Ernst per i collage di Une semaine de Bonté e la sintesi pop di Andy Warhol, che include Dracula tra le dieci icone della storia dell’umanità, sono tutte rappresentate in mostra con la litografia a colori dalla serie Myths Suite (1981). La litografia di Roland Topor del 1968, autore anche della novella I denti del vampiro, si discosta dall’immaginario comune conducendoci in una dimensione onirica tra ironia e spavento.

I vampiri conquistano anche le copertine dei fumetti Alan Ford e Dylan Dog, insinuandosi tra le pagine di Corto Maltese e Dracula di Guido Crepax. La narrazione diventa più ambigua nelle opere di artisti contemporanei come Agostino Arrivabene ed Edoardo Fontana. Figure femminili sono protagoniste dell’incisione Spose sorelle di Andrea Lelario e delle calcografie di Sonia De Franceschi. Evocano le atmosfere di Nosferatu le chine di David Fragale e le xilografie di Stefano Grasselli, così come le architetture rarefatte di Jacopo Pannocchia. Le fotografie di Agnese Cascioli, l’acquerello Carmilla di Simona Bramati, il segno esoterico di Irene Di Oriente e la tavola originale Carfax per Dracula raccontato e illustrato di Marco Furlotti tracciano nuovi ponti tra passato e futuro.

Realizzata in collaborazione con Aretè Associazione Culturale e Alla fine dei conti di Mantova, la mostra è accompagnata da un catalogo edito dal Museo Civico di Crema con prefazione di Antonio Castronuovo e testi di Elena Alfonsi, Paolo Battistel, Carla Caccia, Marius-Mircea Crișan, Mario Finazzi, Edoardo Fontana, Lidia Gallanti, Roberto Lunelio, Silvia Scaravaggi, ed Elena Vismara.

La mostra è visitabile il martedì dalle 14.30 alle 17.30; da mercoledì a venerdì dalle 10 alle 12 e dalle 14.30 alle 17.30; sabato, domenica e festivi dalle 10 alle 12 e dalle 15.30 alle 18.30. Chiuso il lunedì.

Andy Warhol, Dracula (1981; litografia a colori; Crema, collezione privata)
Andy Warhol, Dracula (1981; litografia a colori; Crema, collezione privata)

Informazioni sulla mostra

Titolo mostraVampiri. Illustrazione e letteratura tra culto del sangue e ritorno dalla morte
CittàCrema
SedeMuseo Civico di Crema e del Cremasco
DateDal 19/10/2024 al 12/01/2025
CuratoriSilvia Scaravaggi, Edoardo Fontana, Lidia Gallanti

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