Si è aperta lo scorso 28 marzo, e durerà fino al 23 luglio, la mostra che al Musée d’Orsay di Parigi mette a confronto l’opera di Édouard Manet (Parigi, 1832 – 1883) e di Edgar Degas (Parigi, 1834 – 1917). La rassegna, intitolata semplicemente Manet / Degas e che si sposterà poi da settembre 2023 a gennaio 2024 al Metropolitan di New York, parte dal presupposto che mettere insieme artisti cruciali come Manet e Degas non può limitarsi a identificare le somiglianze offerte dai rispettivi corpus. Certo, tra questi protagonisti essenziali della nuova pittura degli anni 1860-80 non mancano le analogie riguardo ai soggetti da loro imposti (dalle corse di cavalli alle scene dei caffè, dalla prostituzione alla toilette), ai generi da loro reinventati, al realismo che ha aperto ad altre potenzialità formali e narrative, e poi ancora il mercato e i collezionisti che sono riusciti a domare, i luoghi (caffè, teatri) e gli ambienti, familiari (Berthe Morisot) o amichevoli, in cui si sono incontrati.
Prima e dopo la nascita dell’Impressionismo, sul quale la mostra (a cura di Laurence des Cars, Isolde Pludermacher, Stéphane Guégan, Stephan Wolohojian e Ashley E. Dunn) intende aprire un nuovo sguardo, colpisce ancora di più ciò che li differenziava o li contrapponeva. Di diversa formazione e temperamento, i due artisti non condividono gli stessi gusti in letteratura e musica. Le loro scelte divergenti in termini di esposizione e carriera raffreddarono, dal 1873 al 1874, la nascente amicizia che li legava, amicizia rafforzata dalla comune esperienza della guerra del 1870. Non si può paragonare la ricerca di riconoscimento del primo e il rifiuto ostinato del secondo di utilizzare i canali ufficiali di legittimazione. E se consideriamo la sfera privata, passati gli anni della giovinezza, tutto li separa. Alla socievolezza di Manet, molto aperto, e subito abbastanza brillante, alle sue scelte domestiche, risponde l’esistenza isolata di Degas.
In Degas Danse Dessin, dove si parla molto di Manet, Paul Valéry parla di queste “meravigliose convivenze” che rasentano accordi dissonanti. Poiché riunisce Manet e Degas alla luce dei loro contrasti, e mostra quanto si autodefiniscono distinguendosi, l’esposizione del Musée d’Orsay, ricca di capolavori mai riuniti prima, vuole costringere il pubblico a guardare con occhi diversi alla complicità di breve durata e alla duratura rivalità di due giganti.
La mostra si suddivide in quattordici sezioni. La prima s’intitola L’énigme d’une relation: Manet e Degas si vedono regolarmente e frequentano gli stessi circoli, ma non conosciamo la data del loro incontro e non conserviamo quasi nessuna corrispondenza dell’uno con l’altro. Gli scritti dei loro contemporanei e dei loro biografi descrivono i loro rapporti in cui si mescolano ammirazione e irritazione, amicizia e rivalità. Degas fece spesso il ritratto di Manet, mentre non conosciamo alcuna rappresentazione di Degas da parte di Manet. Quest’ultimo avrebbe tagliato la parte di tela offerta da Degas dove era rappresentata la moglie al pianoforte, gesto che sarebbe all’origine di uno dei più celebri allontanamenti tra i due artisti.
Si prosegue con la sezione Deux fils de famille: nati a Parigi all’inizio degli anni Trenta dell’Ottocento, Manet e Degas erano i figli maggiori di ricche famiglie borghesi. Il padre di Manet è un alto funzionario, la madre è figlia di un diplomatico. La famiglia Degas appartiene alla comunità degli affari e della finanza. Dediti agli studi giuridici, Manet e Degas li abbandonarono entrambi per seguire la propria vocazione artistica. Studiarono poi ciascuno con pittori riconosciuti ma fuori dalla École des Beaux-Arts, a parte il breve passaggio di Degas; è il possibile segno di un precoce desiderio di indipendenza, e certamente rivela la loro elevata condizione sociale. La terza sezione, Copier, créer, étudier, parte dalla “leggenda” dell’incontro tra Manet e Degas al Museo del Louvre all’inizio degli anni Sessanta dell’Ottocento davanti a una tela di Velázquez che Degas stava copiando. Entrambi erano stati clienti abituali del museo fin dall’infanzia. Durante i loro anni formativi, il loro apprendistato si basava in parte sulla copia degli antichi maestri al Louvre. Inoltre, viaggiano per perfezionare la loro cultura artistica, soprattutto in Italia. Quanto ai maestri contemporanei, ammirano Jean Auguste Dominique Ingres ed Eugène Delacroix. Al di là dell’appropriazione per copia di saperi tradizionali, i riferimenti all’arte del passato sono declinati nella propria produzione in forme che vanno dalla citazione all’omaggio, fino al pastiche. Si continua poi con la quarta sezione Salon et défi des genres: nessun principiante poteva sfuggire al Salon sotto il Secondo Impero. Divenuto annuale nel 1863, la sua giuria è più liberale dopo il 1867. Questo evento ereditato dall’Ancien Régime riunisce migliaia di dipinti, sculture, opere su carta. Il Salon era allora in Francia il principale luogo di esposizione per artisti viventi e quasi l’unica occasione per essere visto dall’amministrazione delle Belle Arti. È al Salon che il mecenatismo di Stato si manifesta attraverso acquisti, premi e incoraggiamenti. Manet vi fu ammesso nel 1861, Degas nel 1865.
È dedicata invece alla ritrattistica la quinta sezione, Au-delà du portrait: molto in voga durante il Secondo Impero, il ritratto occupa un posto importante nella prima produzione di Manet e Degas. Come pittori della vita moderna, trovano un modo per catturare l’essenza del loro tempo. I loro modelli sono parenti o, per il Salon, personaggi pubblici, sottolineando così i loro legami con determinati circoli sociali o artistici. Manet pone i suoi soggetti al centro della composizione, spesso in pose ereditate dagli antichi maestri, e utilizza colori vivaci. Degas utilizza una tavolozza più scura, interessato tanto all’espressione dei corpi quanto a quella dei volti. La sesta sezione (Le cercle Morisot) parla del salotto che i genitori di Berthe Morisot aprono agli artisti. Una fucina di modernità: donne e uomini parlano di arte o politica su un piano di parità. Berthe e sua sorella Edma, di formazione pittorica, debuttano al Salon nel 1864. Ma è l’incontro con Henri Fantin-Latour, poi con Manet e Degas, che spinge Berthe a intraprendere una vera e propria carriera di pittrice. La corrispondenza di Berthe Morisot è il miglior ritratto della sua cerchia di amici. Manet vi occupa un posto importante e moltiplica i suoi ritratti. Morisot sposò Eugène Manet, uno dei fratelli dell’artista, nel 1874, anno in cui ebbe inizio l’avventura impressionista, di cui fu protagonista. Nella settima sezione, Aux courses, si entra nel mondo degli ippodromi: l’ascesa delle corse di cavalli dall’Inghilterra si unì alle aspirazioni della modernità parigina negli anni Sessanta dell’Ottocento: brillantezza sociale, interesse per il denaro, competizione sportiva, esperienza della velocità. Tutte le immagini della stampa ripetono le stesse scene ed effetti: galoppo volante e folla agitata. Più che la cavalcata, Degas raffigura l’attimo che precede la partenza, la danza delle cavalcature, il brivido luminoso sulla loro veste, sottolinea la snellezza delle gambe.
Con l’ottava sezione (D’une guerre à l’autre) viene approfondito il tema della guerra: Manet, convinto repubblicano, espone spesso opere legate a eventi che lo colpiscono o lo ribellano, come la guerra civile o l’esecuzione dell’imperatore Massimiliano in Messico. Vuole colpire l’opinione pubblica, mentre Degas esclude sempre la cronaca dal suo lavoro pubblico. Requisiti durante la guerra franco-prussiana, i due pittori dovettero difendere Parigi assediata nel 1871. I due artisti ondivisero lunghe settimane di attesa, freddo e privazioni. Nel 1872 Degas visitò per la prima volta la sua famiglia che viveva del commercio del cotone a New Orleans. Evoca più volte Manet che “qui vedrebbe cose belle” e scopre una società ancora segnata dalla schiavitù.
Con la nona sezione (Impressionnismes) si entra finalmente nella storia dell’Impressionismo, ricca di divertenti incroci: Manet si allontana dal movimento dissidente, anche se la sua pittura sembra evolvere verso una maggiore chiarezza e vivacità. Al contrario, Degas prende la guida del gruppo senza conformare la sua pittura all’estetica di Claude Monet e Auguste Renoir. Tuttavia, Degas e Manet non ignorano la spinta di un “paesaggio a cielo aperto” basato sull’unità del motivo e sulla mobilità della percezione. I paesaggi marini e le scene di spiaggia li conservano intorno al 1870. “Fare impressione” sembra a Manet una necessità, ma come Degas, forgia un impressionismo separato. La decima sezione, Réseaux croisés, pala delle frequentazioni letterarie dei due artisti. Pittore dotto e letterato, Manet frequentò Charles Baudelaire, Émile Zola e Stéphane Mallarmé, e li ritrasse. Più rivendica l’indipendenza dalle istituzioni, più deve collegarsi con intermediari del mercato dell’arte e della stampa per ottenere mediazioni pubblicitarie. Non intende esporre al Salon fino alla morte, sotto tutti i regimi e tutte le giurie? Degas ha mostrato meno i suoi gusti e le sue connessioni letterarie prima del 1870. Per ringraziarli del loro sostegno, ha consegnato ritratti pungenti di Edmond Duranty o Diego Martelli, critici d’arte.
Parigi è protagonista dell’undicesima edizione, Parisiennes. Manet e Degas sono molto legati a Parigi. Attraverso le figure dei parigini si instaura un dialogo serrato tra i due artisti, i cui soggetti e approccio riecheggiano i romanzi naturalisti dei fratelli Goncourt o Zola. Nella “Nuova Pittura” di Manet e Degas, la rappresentazione di donne di diverse categorie sociali, evocative della vita moderna, gioca un ruolo decisivo. Attorno a soggetti simili, cercano di infondere nelle loro opere, poste ed eseguite in studio, la spontaneità di scene prese dal vero. La dodicesima sezione, Masculin-féminin, parla dei rapporti con le donne dei due artisti. Descritto come un seduttore, Manet non è mai così a suo agio come in compagnia femminile. Al contrario, la vita di Degas “è stata sempre misteriosa dal punto di vista emotivo”. Queste differenze di temperamento si riflettono in parte nelle loro opere: mentre Manet raffigura donne la cui posa e sguardo trasmettono sicurezza, i rapporti tra uomini e donne in Degas sembrano quasi sempre travagliati o squilibrati.
Il nudo è protagonista della tredicesima sezione (Du nu). A partire dal Rinascimento e dalla riappropriazione dell’eredità greco-romana, il nudo ha svolto un ruolo centrale nell’apprendimento delle arti del disegno. La cosiddetta teoria “classica” fa del corpo idealizzato, più o meno sensuale, il canone della sua estetica e del suo insegnamento. Sfidare questo principio significava ribaltare un intero ordine di valori. Romantici, come Delacroix, e realisti, come Courbet, ci hanno lavorato all’inizio dell’Ottocento, prima che la fotografia e la Nuova Pittura dissolvessero i canoni della bellezza. Dall’Olympia alle “Bagnanti in camera da letto” di Degas, la nudità femminile mostra una verità tanto coinvolgente quanto inquietante. L’ultima sezione s’intitola Après Manet: colpito dalla morte di Manet nel 1883, Degas avrebbe dichiarato al momento del suo funerale: “era più grande di quanto credessimo”. Degas partecipa poi alle iniziative di aggregazione della comunità artistica, tra cui il banchetto organizzato in onore di Manet nel 1885, poi la sottoscrizione lanciata da Monet nel 1890 per portare Olympia al Museo del Louvre. L’ammirazione per Degas si manifesta soprattutto attraverso la sua collezione di opere d’arte che pensava di farne un museo. Descrive nei suoi scritti come sia riuscito a raccogliere quasi 80 opere di Manet tra il 1881 e il 1897: donazioni, acquisti o addirittura scambi con le proprie opere.
Per tutte le informazioni sulla mostra è possibile visitare il sito del Musée d’Orsay.