L’Accademia Nazionale di San Luca a Roma ospita una mostra dedicata a uno dei più misteriosi artisti fiamminghi del Seicento: Michael Sweerts (Bruxelles, 1624 circa – Goa?, 1664 circa). Intitolata Michael Sweerts. Realtà e misteri nella Roma del Seicento, la rassegna è visitabile dall’8 novembre 2024 al 18 gennaio 2025. Curata da Andrea G. De Marchi e Claudio Seccaroni, l’esposizione ripercorre la carriera di un pittore enigmatico e dallo stile profondamente autonomo, considerato oggi uno degli interpreti più originali del Seicento.
Nato a Bruxelles intorno al 1624, Sweerts visse a Roma tra il 1643 e il 1653, dove si immerse nel vivace ambiente artistico della città, lavorando a stretto contatto con la comunità di artisti olandesi e fiamminghi. Lontano dalle principali correnti dell’epoca e sorretto da una forte indipendenza economica, Sweerts si distingue per l’approccio realistico e poetico alla vita della Roma seicentesca, che ritrae nelle sue opere senza indulgere a idealizzazioni. Un aspetto inedito e fondamentale della mostra riguarda il recente studio degli archivi, che ha rivelato nuove informazioni sulla sua vita e sui suoi legami con altri artisti del tempo.
Il percorso della mostra comprende diciotto opere, tra cui tredici dipinti di Sweerts e alcuni gessi antichi che evocano la sua passione per la scultura e il classicismo. Tra le opere esposte, molte provengono da collezioni prestigiose, come l’Académie de France a Villa Medici, la Galleria Spada, i Musei Capitolini e le Gallerie degli Uffizi.
L’artista sviluppa la propria estetica dipingendo scene di vita quotidiana caratterizzate da un forte realismo e una notevole sensibilità verso le classi sociali meno abbienti. Sweerts si avvicina alla corrente dei Bamboccianti e si ispira anche alle opere giovanili di Caravaggio, in particolare ai dipinti della collezione Pamphilj. I suoi quadri ritraggono ambienti popolari di Roma, con prostitute, bevitori e artigiani, offrendo uno spaccato di umanità che intreccia miseria e dignità.
Sweerts mostrava anche un interesse insolito per il tema del cielo, che esplorò durante il periodo romano e che approfondì ancora di più dopo il suo ritorno in patria. La sua vita e la sua carriera artistica intrapresero un’ulteriore svolta quando, mosso da un crescente fervore religioso, si imbarcò nel 1661 da Marsiglia verso l’Oriente al seguito di una missione lazzarista, morendo probabilmente a Goa, in India, intorno al 1664.
Un altro aspetto significativo della mostra è l’approccio didattico che Sweerts applicò nella sua bottega romana, concepita come una vera scuola per giovani artisti, che egli incoraggiava a trovare una voce personale piuttosto che imitare il suo stile. Attraverso ritratti di atelier e scene di artisti in formazione, la mostra rivela questa passione pedagogica e il suo ruolo nell’insegnamento dell’arte come disciplina vissuta.
Sono poche e spesso discordanti le notizie sulla sua vita. Apparteneva certamente ad una delle sette famiglie aristocratiche più influenti di Bruxelles, da secoli ai vertici delle cariche istituzionali. Se l’atto di battesimo - che potrebbe però riferirsi a un omonimo - è del 29 settembre 1618, tuttavia ripetute dichiarazioni dello stesso pittore ne indicano la nascita verso il 1624 e l’arrivo a Roma nel 1643. Prima di allora di Sweerts non si hanno altre tracce. Dal 1646 al 1651 a Roma risiede in via Margutta, dove abitano numerosi artisti francesi, tedeschi, fiamminghi e olandesi. Nell’anno santo del 1650 ottiene da papa Innocenzo X la nomina a Cavaliere dello Speron d’oro, “per la nascita, come anco per essere eccellente nella Scienza di Pittura”. Questa onorificenza era riservata ai nobili, laddove gli artisti venivano solitamente promossi Cavalieri di Cristo. Tuttavia, malgrado la rilevanza del titolo, Sweerts non esibirà mai questa decorazione nei suoi ritratti.
Dall’autunno del 1651 alla fine della primavera del 1652 la sua presenza è documentata nell’orbita di Camillo Pamphilj, nipote del pontefice e noto collezionista di opere di Caravaggio, Claude Lorrain e Gaspard Dughet. Nel 1653 a Spoleto, sulla via del ritorno in patria, dipinge il Ritratto della famiglia Lodoli, come indicano i risultati della ricerca svolta in occasione di questa mostra. Rientrato a Bruxelles, documenti provano che tra il 1655 e il 1656 fonda e finanzia una scuola d’arte, per la quale chiede agevolazioni fiscali alla municipalità.
Entra quindi in contatto con le Missions Étrangères lazzariste, che stanno organizzando una spedizione nel Golfo del Tonchino. Nel 1660 è documentato ad Amsterdam, poi risiede a Parigi e nel 1661 si trasferisce a Marsiglia per imbarcarsi coi lazzaristi alla volta dell’Oriente. La geopolitica determina il tragitto di questa missione, con una prima tappa in Terrasanta. Trascorre poi due anni tra Siria e Persia, dove continua a dipingere per i signori locali, trovando nuovi motivi di ispirazione. Infine riprende il suo viaggio verso l’India, ma è in questo momento che i rapporti col capomissione si deteriorano, al punto da rompersi del tutto in vista dell’Oceano Indiano.
Come la nascita, anche la morte di Sweerts è ancora avvolta nel mistero. Varie ipotesi suggeriscono esiti comunque drammatici. Forse scaricato malconcio sulla costa sudoccidentale indiana,oppure allontanatosi volontariamente, impazzito e ramingo, dai registri delle Missions Étrangères risulterebbe morto nel 1664 a Goa, presso gli antagonisti gesuiti portoghesi.
Il fascino delle opere di Michael Sweerts e i misteri sulla sua vita tracciano il profilo di un artista al di fuori dagli schemi a lui contemporanei.
Ignorato dagli scrittori d’arte del suo secolo, è stato amato da alcuni grandi storici dell’arte del Novecento, come Roberto Longhi, Vitale Bloch e Giuliano Briganti. Altri studiosi, pol, hanno cercato di chiarire i tanti interrogativi con soluzioni talvolta enfatizzate e, più recentemente, con un vero e proprio romanzo. Il suo articolato percorso espressivo lo vide mettere a punto nel decennio passato in Italia (1643-1653) un realismo non monumentale, fatto di scene con figure piccole ruotanti attorno a temi iconografici ricorrenti, come giovani prostitute e vecchi bevitori, talvolta situati in scorci urbani che illustravano gli splendori e le miserie di Roma.
A Roma studiò le tele del giovane Caravaggio, acquisite da Camillo Pamphilj proprio nello stesso tempo in cui Sweerts lavorava per lui. Venne in contatto con diversi artisti italiani e influenzò anche pittori giunti dal centro Europa, come Wolfgang Heimbach o Jodocus van de Hamme, parimenti lontani dal barocco e dal classicismo.
È romano il suo primo linguaggio, vicino ai bamboccianti, ma depurato da toni scanzonati e cinici. Esprime una serietà profonda, che suona ancora misteriosa, attraverso dipinti, spesso di piccolo taglio, connotati da un certo realismo di temi e forme, privo di tenebrosità caravaggesche, desunto da modelli veri e non di rado riconoscibili. In un secondo momento, che coincide con il suo ritorno a Bruxelles, il cielo diviene lo sfondo per figure caratterizzate da un maggior rilievo compositivo. Nella fase finale adotta stilemi olandesi che hanno fatto pensare a Vermeer.
È una parabola, la sua, in cui s’intrecciano il lignaggio e una particolare vocazione all’insegnamento, comprendente un avvio professionale dei giovani che nell’Ottocento si sarebbe detto filantropico. Di questo aspetto della sua attività romana, oltre a tracce documentarie, restano rappresentazioni poetiche e moralmente sostenute. Nei suoi quadri spiccano gli strumenti della didattica, come i gessi e le terraglie, ritratti in modo realistico al punto che di alcuni è possibile constatare, da un’opera all’altra, la degradazione nel tempo. Certi calchi sono diventati persino una cifra del lessico di Sweerts: su tutti lo scorticato, probabilmente creato dallo stesso artista sull’impronta diretta di un cadavere. Si tratta di tracce tipicamente romane che a partire da quest’epoca cominceranno a diffondersi anche nel nord Europa.
Ad accompagnare la mostra, un catalogo bilingue (italiano/inglese) con saggi a cura dei critici Andrea G. De Marchi e Claudio Seccaroni, che esplorano la produzione artistica di Sweerts in modo approfondito. La pubblicazione è arricchita da una presentazione di Marco Tirelli, Presidente dell’Accademia, e dall’introduzione del Segretario Generale Claudio Strinati, oltre a contributi di Fabrizio Carinci, Rachel George e Stefania Girometti.
L’esposizione invita il pubblico a riscoprire un talento enigmatico e un periodo storico affascinante, offrendo uno sguardo unico sulla vita artistica della Roma del Seicento e sui legami che unirono la città ai pittori stranieri che ne fecero parte. Orari: dal martedì al venerdì dalle 15 alle 19, il sabato dalle 10 alle 19, chiuso lunedì e domenica. Ingresso gratuito. Per informazioni: www.accademiadisanluca.it, telefono 06 6798848, 06 6798850.
Titolo mostra | Michael Sweerts. Realtà e misteri nella Roma del Seicento | Città | Roma | Sede | Accademia Nazionale di San Luca | Date | Dal 08/11/2024 al 18/01/2025 | Artisti | Michael Sweerts | Curatori | Andrea De Marchi, Claudio Seccaroni | Temi | Roma, Seicento, Barocco, Arte antica, arte barocca |