“In brodo di giuggiole”: a Milano quattro artisti emergenti esplorano il dialogo tra culture


Dal 4 al 31 ottobre 2024, la sede di Milano di Artcurial ospita la mostra “In brodo di giuggiole”, curata da Luca Zuccala, con opere di quattro giovani artisti internazionali, che riflettono su identità, cultura e memoria, in un confronto tra Oriente e Occidente.

Dal 4 al 31 ottobre 2024, la sede milanese della rinomata casa d’aste parigina Artcurial diventa teatro della mostra In brodo di giuggiole, curata da Luca Zuccala. Protagonisti sono quattro giovani artisti internazionali: Najsa Dishnica (Albania), Jingge Dong (Cina), Arvin Golrokh (Iran) ed Eric Pasino (Italia), che si confrontano attraverso le loro opere in un dialogo estetico e culturale. La mostra è centrata sul simbolismo della giuggiola, un frutto antico carico di significati che, nel tempo, è stato associato a mondi lontani, sogni, miti, ma anche ad aspetti quotidiani e personali. La mostra nasce proprio dal desiderio di esplorare, tramite l’arte contemporanea, come questi artisti provenienti da contesti culturali diversi si confrontino con temi universali come l’identità, la memoria, la storia e la percezione della realtà. In brodo di giuggiole diventa così un’occasione per riflettere su come le differenze culturali possano essere un arricchimento, non solo per gli artisti stessi, ma anche per il pubblico che osserva le loro opere.

Il titolo della mostra, In brodo di giuggiole, affonda le sue radici nel simbolismo del frutto della giuggiola, un alimento antichissimo originario del Medio Oriente, che evoca sia aspetti leggendari e mistici, sia più umili e pratiche quotidiane come la preparazione di marmellate, acquavite e dolci. Nel tempo, la giuggiola ha assunto diversi significati simbolici, rappresentando, da un lato, la conoscenza e la saggezza – come in Iraq, dove il frutto è associato all’albero della conoscenza – e, dall’altro, la felicità estrema, espressa nel celebre detto “andare in brodo di giuggiole”.

La giuggiola, come il percorso degli artisti in mostra, è un elemento che viaggia attraverso culture, tempi e spazi diversi, ma riesce a mantenere una stratificazione di significati che si riflette anche nelle opere esposte. I quattro artisti condividono la ricerca di un linguaggio che, come il frutto, può sembrare piccolo e modesto, ma racchiude un profondo significato simbolico, capace di esprimere temi complessi come il dialogo interculturale, l’appartenenza e la scoperta di sé.

In brodo di giuggiole mette in scena, come anticipato, il lavoro di quattro artisti emergenti, ognuno con una propria identità e un proprio linguaggio espressivo. Nonostante le loro differenze culturali e artistiche, le opere di Najsa Dishnica, Jingge Dong, Arvin Golrokh ed Eric Pasino dialogano tra loro, intrecciando temi come la memoria, l’identità culturale e le tensioni tra figurazione e astrazione. Questi artisti, pur provenendo da contesti molto diversi tra loro, riescono a creare un legame che supera le distanze geografiche e temporali, offrendo una visione universale e collettiva delle esperienze umane.

Allestimento della mostra
Allestimento della mostra

Gli artisti in mostra

Le dieci opere esposte nella mostra spaziano tra figurazione e astrazione, tra visioni oniriche e rappresentazioni più reali. Najsa Dishnica porta sulla tela la tensione tra il mondo naturale e la sua decostruzione, mentre Jingge Dong esplora il conflitto e la fusione tra l’antico e il moderno, l’Est e l’Ovest. Arvin Golrokh, con le sue atmosfere oscure e riflessive, invita il pubblico a interrogarsi sul potere e sulla vulnerabilità umana, mentre Eric Pasino si sofferma sul delicato equilibrio tra visibile e invisibile, tra ciò che possiamo afferrare e ciò che ci sfugge.

Najsa Dishnica (Durazzo, 1998), vive e lavora tra Milano e Venezia. La sua pratica pittorica è caratterizzata da una forte gestualità, attraverso la quale esplora il rapporto tra forma, tensione e rumore. Le sue opere deformano il paesaggio, scomponendolo per cercare significati che superano la semplice rappresentazione visiva. Dishnica è un’artista che si muove alla ricerca di un linguaggio capace di trasmettere l’invisibile, scavando sotto la superficie del reale per rivelare un paesaggio interiore fatto di emozioni e simboli nascosti. Nel corso degli anni, ha partecipato a importanti mostre collettive e personali in Albania e in Italia, ottenendo riconoscimenti e partecipando a residenze artistiche.

Nei suoi dipinti, la natura è sempre fonte d’ispirazione, in grado di agire sui ricordi e sulla memoria. Il suo interesse è concentrato sulla rappresentazione del movimento, che coinvolge l’immagine del paesaggio come strumento da deformare, scomporre, fino a perdere la sua forma riconoscibile, uno strumento più libero e più ricco di significati, per portare alla coscienza l’inconscio, dando immagine al ricordo e alla fantasia che privi di una forma preesistente, diventano reali, visibili, toccati dalla pittura. Nelle sue opere, linee, texture, palline, colature creano un gioco visivo che aspira a guidare e far riposare l’occhio dentro una composizione dove è facile perdersi a ogni tensione che il gesto, il colore e la pulsione creano. Attraverso la scelta di materiali e tecniche, Dishnica sfrutta la dualità tra il riconoscibile e l’irriconoscibile per creare un’esperienza visiva fatta di simboli, frammenti, elementi familiari e non, per invitare lo spettatore a partecipare in modo attivo al processo di interpretazione.

Jingge Dong (Pechino, 1989) rappresenta il ponte tra la cultura orientale e quella occidentale. Attualmente vive a Venezia, dove ha conseguito un master presso l’Accademia di Belle Arti. Le sue opere combinano simboli tradizionali cinesi con tecniche artistiche occidentali, creando un linguaggio pittorico che riflette la complessità della sua identità culturale. L’arte di Jingge Dong indaga le dinamiche tra passato e presente, Est e Ovest, sfidando i confini tradizionali e invitando il pubblico a riflettere sul proprio senso di appartenenza in un mondo globalizzato. Le sue opere, esposte a livello internazionale, sono incluse in importanti collezioni, tra cui la Fondazione Bevilacqua La Masa a Venezia e il museo Ca’ Pesaro.

Dong parte da esperienze personali di esplorazione della propria identità in terra straniera per domandarsi come possono le persone di origini diverse coesistere all’interno della stessa nazione, ognuna trovando il proprio posto: la sua ricerca su questo tema è cominciata con lo studio della comunità cinese a Prato (il dipinto Made in Italy in mostra da Artcurial è un riflesso di questa ricerca), e cerca di indagare il modo in cui gli elementi economici (per esempio il flusso di manodopera a buon mercato) informano le dinamiche sociali.

Arvin Golrokh (Teheran, 1992) è un artista che concentra la sua pratica artistica sull’analisi del potere e dell’autorità. Le sue opere oscillano tra figurazione e astrazione, con atmosfere cupe che evocano paesaggi interiori, carichi di riferimenti storici e mitologici legati alla tradizione persiana. La sua arte riflette su temi come la fragilità del potere e la precarietà dell’esistenza umana, interrogando le narrazioni dominanti imposte dalle figure autoritarie. Golrokh ha ricevuto importanti riconoscimenti, tra cui il Premio Mestre e il Premio Nocivelli, e le sue opere sono esposte in collezioni pubbliche e private in Italia e all’estero.

Due sono le opere di Golrokh in mostra. Corpo greve è lo studio e l’elaborazione di una figura di autorità tratta dall’immagine che raffigura la morte di un personaggio noto: la salma viene fatta sfilare nelle più importanti vie della città come fosse un martire sollevato sulle mani sdei seguaci. Metamorfosi antropologica è invece ambientata in una città fredda che però si mobilita contro l’assoggettamento, vuole autoregolare il proprio ritmo, il proprio spazio e la propria produzione. Si respira, nel dipinto, un’aria di speranza: i lavoratori si sentono una parte integrante e decisiva della società, i padroni della società si sentono minacciati, ma l’indeterminatezza e l’indifferenza annichiliscono questa atmosfera vivace, così che gli operai rimangono isolati, separati, anche se resistono pur rimanendo soli, dimostrando così la possibilità di ciò che secondo tutti è ritenuto impossibile.

Eric Pasino (Vercelli, 1997) rappresenta la voce italiana della mostra. La sua pratica pittorica si colloca tra l’astrazione e la figurazione, con opere che esplorano il confine tra presenza e assenza, tra il visibile e l’invisibile. Dopo aver conseguito la laurea triennale in Pittura presso l’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino, Eric continua il suo percorso artistico all’Accademia di Belle Arti di Venezia. Le sue opere sono state esposte in numerose mostre collettive e personali in Italia, e ha partecipato a prestigiosi concorsi, vincendo il “Premio Mestre di Pittura” nel 2022. Pasino è un artista che continua a sfidare le convenzioni pittoriche, cercando un linguaggio espressivo che possa riflettere la complessità della condizione umana.

Pasino è presente in mostra con la tela Feste segrete che si apre con una scena sospesa tra realtà e sogno, una tavola imbandita su un piano talmente bianco che sembra irradiare una leggerissima luce. Oggetti dall’aspetto organico e utensili enigmatici giacciono abbandonati, mentre una sezione di teschio annerito osserva con occhi artificiali. Lo spettatore è catapultato nel mezzo di un rito già concluso, un rito i cui protagonisti sono assenti e il cui significato ci è precluso: ci troviamo dove non dovremmo essere, di fronte a resti misteriosi e simboli che non ci appartengono, lasciandoci con la sensazione di un segreto non rivelato.

Najsa Dishnica, Saudade (2023; olio su tela, 220 x 179 cm)
Najsa Dishnica, Saudade (2023; olio su tela, 220 x 179 cm)
Jingge Dong, Made in Italy (2023; olio su tela, 220 x 315 cm)
Jingge Dong, Made in Italy (2023; olio su tela, 220 x 315 cm)
Arvin Golrokh, Corpo greve (2022; olio su tela, 150,5 × 100,5 cm)
Arvin Golrokh, Corpo greve (2022; olio su tela, 150,5 × 100,5 cm)
Eric Pasino, Feste segrete (2023; olio e acrilico su tela, 190 x 190 cm)
Eric Pasino, Feste segrete (2023; olio e acrilico su tela, 190 x 190 cm)

La sede di Artcurial a Milano

La sede milanese di Artcurial, inaugurata nel 2012 in un palazzo storico nel cuore di Milano, è diventata un punto di riferimento per collezionisti e appassionati d’arte. Oltre a essere una delle principali case d’aste per il design italiano, Artcurial ha saputo affermarsi come promotrice di giovani talenti emergenti, sia italiani che internazionali. Una delle missioni della sede di Milano è proprio quella di sostenere e valorizzare gli artisti under 35, offrendo loro una piattaforma di visibilità in grado di far dialogare diverse culture e linguaggi artistici.

Artcurial organizza regolarmente mostre ed eventi che mettono in luce le nuove tendenze dell’arte contemporanea, promuovendo un dialogo tra culture e discipline diverse. La scelta di ospitare In brodo di giuggiole vuole dunque porsi in linea con questa filosofia, creando un’opportunità di confronto tra artisti provenienti da contesti culturali diversi, ma accomunati da un profondo desiderio di esplorare temi universali come l’identità, la memoria e la percezione della realtà.

Informazioni sulla mostra

Titolo mostraIn brodo di giuggiole
CittàMilano
SedeArtcurial
DateDal 04/10/2024 al 31/10/2024
ArtistiJingge Dong, Eric Pasino, Najsa Dishnica, Arvin Golrokh
CuratoriLuca Zuccala
TemiArte contemporanea

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