Dal 28 maggio al 3 ottobre 2021, il Museo Nazionale Atestino di Este ospita la mostra Le Fiere della Vanità (a cura di Stefano Buson, Federica Gonzato, Diego Voltolini), iniziativa che nasce da una collaborazione fra diversi uffici del Ministero della Cultura, in particolar modo per la parte tecnico-scientifica, e vede il contributo del Comune di Este, del Comune di Oppeano, della Banca Adria Colli Euganei - Credito Cooperativo e gode del patrocinio del Regione Veneto.
Si tratta di una mostra che ruota attorno all’arte delle situle (vasi di bronzo laminato, sbalzato e cesellato con figure) per portare il pubblico a conoscere lo sviluppo della società dei Veneti antichi. Dall’Abruzzo all’Austria, dai Celti dell’ovest agli Sloveni delle regioni alpine, l’arte delle situle coinvolge e lega culture diverse. Per la prima volta si riuniscono a Este, dove forse furono prodotte, gli esemplari più antichi di questo tipo di arte, che ritornano al luogo di origine dopo oltre 2600 anni. Come i vasi greci raccontano di Atene, le situle raccontano di Este.
La mostra si articola in sei sezioni. La prima, “Le mani degli artigiani” affronta l’aspetto materico e la tecnologia dell’opera antica come risultato della grande abilità dei maestri artigiani dei Veneti antichi nella lavorazione della lamina in bronzo: di cosa è fatto, come è stato fatto, come si è conservato nel tempo il manufatto. I reperti originali provenienti dalle necropoli di Este sono affiancati a riproduzioni realizzate in archeologia sperimentale dal restauratore del laboratorio del Museo Nazionale Atestino, appositamente create per mostrare le diverse fasi di lavorazione che portano alla realizzazione di opere complesse come le situle figurate. “Lo spazio del racconto”, seconda sezione della mostra, mette in evidenza il lavoro di grafica e impaginazione, come diremmo oggi, degli antichi artigiani e i profondi significati che volevano trasmettere. I Veneti antichi, nel tempo, svilupparono tre modi di gestire lo spazio delle immagini, anche a seconda dell’oggetto che andavano a decorare: la singola figura, come un singolo fotogramma isolato; la rappresentazione circolare, che non ha un inizio e non ha una fine; la narrazione su “registri”, cioè un racconto distribuito su strisce sovrapposte. Attraverso tre reperti fra i più antichi dell’arte delle situle (una tazza, un coperchio e una situla) si espongono spiegano questi tre modi di impaginare le figure e di comunicare significati importanti. “Il racconto circolare”, terza sezione, comprende alcuni oggetti che, proprio per la loro forma, sono particolarmente adatti ad ospitare una decorazione disposta in senso circolare. Si tratta di coperchi (preziose opere d’arte scambiate come doni fra aristocratici) e di elmi. Lo spazio circolare offre la possibilità di realizzare narrazioni che non hanno un inizio e una fine, con tante possibili interpretazioni simboliche. Su questi oggetti compaiono figure di animali del mondo reale (pesci, cervi, tori, capre, arieti e lupi) e di fiere (bestie feroci) del mondo fantastico, come mostri alati e sfingi. Gli animali, le bestie fantastiche, le loro pose e la loro gestualità sono carichi di significato e parlano attraverso un linguaggio simbolico oggi perduto, che possiamo solo tentare di interpretare. In questa sezione vengono esposti alcuni raffinatissimi coperchi provenienti da un ampio territorio: da Este a Grandate (Como), da Numana (Ancona) a Santa Lucia di Tolmino (oggi Slovenia). Eccezionalmente sono esposti ad Este anche alcuni elmi che provengono da Sovizzo (Vicenza), Grandate (Como), Sesto Calende (Varese) e due reperti straordinari e unici: l’elmo da Pitino di San Severino Marche (Macerata) e l’elmo conico da Oppeano (Verona), prestato dal Museo Archeologico Nazionale di Firenze.
Coperchio Rebato (dopo il restauro), seconda metà del VII secolo a.C., Este, Museo Nazionale Atestino |
Un cinturone decorato |
La quarta sezione “Racconti e celebrazioni” presenta complessi racconti che fanno immergere il pubblico nella cultura e nella società dei Veneti antichi. Come per tutte le opere d’arte del mondo antico, era il committente che, per se stesso o per farne dono, decideva e indirizzava la mano del maestro artigiano. La più importante e famosa situla, la Situla Benvenuti (simbolo del Museo Nazionale Atestino) è stata definita, per il grandioso racconto con cui è decorata, il “poema dei Veneti antichi”. Un poema di immagini per un racconto oggi perduto, con simboli nascosti e molteplici significati, che possiamo però leggere attraverso lo studio di questa opera d’arte unica. Numerose le scene: uomini armati che rientrano dalla guerra portando prigionieri, animali e mostri fantastici, sfide di pugilato e signori, forse principi, seduti in trono che banchettano. Altre situle, invece, sembrano raccontare le scene più tipiche della vita aristocratica e altre ancora singoli racconti di uomini e fiere fantastiche. In esposizione, oltre alla Situla Benvenuti, ci saranno alcune situle provenienti da Este e da Montagnana, oltre ad alcune riproduzioni sperimentali di situle dal territorio alpino, e che mettono in evidenza le diverse richieste nel tempo dei committenti e diversi racconti. La quinta sezione “Oltre i racconti” si concentra sull’arte delle situle come linguaggio simbolico che ha superato la sola funzione di mezzo per raccontare la storia. È una tecnica decorativa preziosa per numerosi tipi di oggetti, con funzioni e significati di volta in volta diversi. L’arte delle situle, visibilmente bella e simbolo di vanità, invade anche oggetti personali indossati dagli uomini, come i coltelli dai foderi decorati con animali o con scene riprese da racconti, o indossati dalle donne, come i giganteschi cinturoni di bronzo, che coprivano tutto il ventre e che erano ricoperti di decorazioni fittissime, con animaletti reali e fantastici. Opere d’arte indossate ed esibite, puro prestigio per la vanità dei personaggi di spicco della città di Este del 400 a.C. e non soltanto. In questa sezione saranno esposti alcuni dei foderi di coltello più sofisticati prodotti a Este, i grandi cinturoni femminili di bronzo, accompagnati dalla statuetta della così detta “Dea di Caldevigo”, che ne indossa uno.
In mostra è presente anche una selezione di lamine dai santuari di Este: l’arte, infatti, da sempre è stata sfruttata come mezzo per avvicinare l’umanità alla divinità. Anche i Veneti antichi seppero sfruttare la loro arte del bronzo laminato a questo scopo. Nei santuari, infatti, sono state rinvenute migliaia di laminette con figure di diverso genere. Si volevano far arrivare alla dinività le immagini dei devoti, spesso rappresentati o con gesti di offerta, come le donne velate, o i simboli del loro rango, come guerrieri a piedi o cavalieri.
La dea di Caldevigo |
Infine, in una tomba scoperta nel 1983 ad Este ha permesso di ritrovare un particolare reperto. Si tratta di una piccola panchina in lamina di bronzo, che riproduceva in miniatura la panca utilizzata per sedersi e lavorare a telaio. Sullo schienale, una rappresentazione particolarissima: tre cavalli inseguiti da un lupo. In questa immagine è stata riconosciuta una scena di una favola veneta raccontata da Strabone, che racconta di un uomo che aiutò un lupo a liberarsi dalle reti dei cacciatori e questo, in ringraziamento, a sua volta condusse nella sua stalla le più belle cavalle del territorio veneto. Infine, la sesta sezione, ”Racconti per tante genti”, analizza l’arte delle situle come linguaggio “transnazionale” dei Veneti antichi. Opere dell’arte delle situle sono state infatti rinvenute nei luoghi delle più importanti “corti” italiche ed europee: dall’Adriatico alle Alpi, dal Danubio al Ticino. L’arte delle situle ha accompagnato i rapporti diplomatici dei Veneti fra i potenti dell’antichità, grazie alla capacità del linguaggio figurativo di superare i limiti della lingua parlata e i confini culturali. Una grande carta geografica rappresenterà i luoghi di ritrovamento, sparsi tra le diverse popolazioni preromane (650-250 a.C.).
All’interno del percorso della mostra verrà allestita una vetrina per raccontare queste attività artigianali attraverso ricostruzioni sperimentali condotte da Stefano Buson parallelamente all’attività di restauro nel corso degli ultimi anni. In una sala attigua sarà presentato il docufilm Il signore delle situle, che illustra le varie fasi di costruzione della situla di Kuffarn del 400 secolo a.C., uno dei capolavori del Museo di Storia Naturale di Vienna. Questa situla, pur essendo stata scoperta in terra straniera, è stata scelta per l’alta valenza artistica e per alcune affinità iconografiche con la situla Benvenuti di Este. Il film documenta il dettagliato studio tecnologico della situla originale con l’applicazione dell’ingegneria inversa, ossia l’individuazione di tutte le fasi costruttive, utili alla ricostruzione sperimentale della situla, avvalendosi degli stessi strumenti artigianali utilizzati dall’antico toreuta. La ricerca sperimentale porta spesso a risultati sorprendenti, come nuove conclusioni sulla bottega di fabbricazione, sull’esatta cronologia e sull’uso del reperto per più generazioni, fino alla sua deposizione nel corredo tombale. Stefano Buson, uno dei curatori della mostra e autore di questo film, oltre allo scopo sperimentale, ha inteso valorizzare l’antica e sapiente attività artigianale degli antichi Veneti. Per finire dal Museo Nazionale Romano arriveranno pezzi davvero unici che andranno a completare la preziosa mostra di Este che a sua volta porterà alcuni reperti atestini importanti a Roma nella Mostra Tota Italia alle Scuderie del Quirinale.
Per tutte le informazioni è possibile visitare il sito del Museo Nazionale Atestino.
Titolo mostra | Le Fiere delle vanità | Città | Este | Sede | Museo Nazionale Atestino | Date | Dal 28/05/2021 al 03/10/2021 | Curatori | Stefano Buson, Federica Gonzato, Diego Voltolini | Temi | Trieste, Museo Nazionale Atestino, Le Fiere delle vanità |