Il Museo Poldi Pezzoli presenta La Forma del Tempo: una mostra dedicata al rapporto dell’uomo con il tempo, dall’antichità alle soglie dell’età moderna, che mette in relazione l’iconografia dello stesso con l’avanzamento tecnologico nella sua misurazione, mediante gli angoli di osservazione della scienza, della letteratura e dell’arte.
La mostra, a cura di Lavinia Galli, conservatrice del Poldi Pezzoli, con progetto allestitivo di Migliore+Servetto Architects, presenta una trentina di opere, tra orologi, sculture, codici e dipinti (tra gli autori: Tiziano Vecellio, Gian Lorenzo Bernini, Andrea Previtali, Bernardino Mei e Giovan Battista Gaulli detto il Baciccio); fulcro dell’esposizione è una serie di preziosi orologi notturni italiani del Seicento, invenzione dei fratelli Campani per Papa Alessandro VII Chigi, con i quadranti dipinti con allegorie del tempo da famosi artisti barocchi.
L’esposizione si articola in tre sezioni: La misura del Tempo e dello spazio, Le immagini del Tempo e Nottetempo. La prima sezione è dedicata alle tappe fondamentali dell’evoluzione tecnologica degli strumenti di misurazione del tempo, attraverso il passaggio dalla meridiana all’orologio meccanico a pesi, a molla e al pendolo, montato in Italia proprio sui notturni. In mostra un rarissimo (praticamente l’unico) svegliatore monastico originale risalente al XV secolo, l’antenato dei primi orologi a pesi e una replica dell’Astrario di Giovanni Dondi, la più complicata macchina astronomica ideata nel Medioevo europeo. Accanto agli orologi a molla e pendolo, vengono presentati quindi gli altri strumenti della rivoluzione scientifica: il microscopio e il cannocchiale, con esemplari firmati da Giuseppe Campani (Castel San Felice, 1635 – Roma, 1715). Giuseppe Campani, l’ideatore dei notturni, è noto soprattutto come il più rinomato costruttore di lenti telescopiche e microscopiche del suo tempo. Papi, accademie scientifiche e teste coronate d’Europa fecero a gara per avere le sue lenti di eccezionale qualità. Viene messo così in luce come lo sviluppo del telescopio e della nuova strumentazione scientifica consentirono la scoperta della reale qualità dell’Universo, ben diversa dalla perfetta immobilità aristotelica. Di fatto il telescopio fu uno strumento “filosofico” che permise di mettere in discussione l’autorità degli antichi e della stessa Bibbia.
La mostra continua con la seconda sezione dedicata alla personificazione del Tempo. L’iconografia del tempo è infatti una delle più ricche, mutevoli e interessanti che il mondo occidentale abbia mai elaborato, e ciò dipende dall’intreccio stretto che questo tema intesse con letteratura e filosofia, che da sempre si sono interrogate sull’essenza del tempo. Viene esposto un raro rilievo romano con Kairos/Occasio, l’uomo alato che personifica l’attimo fuggente in cui la fortuna cambia. All’attimo fuggente fa da contraltare la visione medioevale del tempo circolare e ciclico, introdotta da calendari astronomici e astrologici dei libri d’ore. Ma è Petrarca il vero testimone: è proprio lui a lasciarci la più completa meditazione sul tempo dell’uomo medioevale nei Trionfi, dove il Tempo è il distruttore della fama e di ogni cosa. I Trionfi del Petrarca ispirarono nel secolo successivo una serie di manoscritti e cassoni. La sezione sarà l’occasione per esporre due Trionfi del Tempo entrambi realizzati a Firenze nella seconda metà del XV secolo rispettivamente in un codice di Francesco del Chierico e in una spalliera di Jacopo del Sellaio. Questa ultima tavola è stata restaurata per l’occasione. È a Venezia intorno al 1500 che la riscoperta dei testi classici greci e latini porta letterati e artisti a ideare nuove iconografie, tra le quali spicca quella delle Tre età dell’Uomo: la giovinezza, la maturità e la vecchiaia. Si deve probabilmente alla colta committenza veneziana la richiesta, a Giorgione prima e a Tiziano poi, di quadri da stanza legati alla riflessione teorica sul trascorrere del tempo che, a partire dal memento mori, esemplificato in mostra dal dipinto di Andrea Previtali, sboccia in moderne iconografie profane ideate da questi grandissimi artisti. La vecchiaia, temuta perché simbolo della decadenza fisica, diviene in alcuni casi anche motivo di consolazione e portatrice di saggezza. In questa sezione saranno esposte due opere di Andrea Previtali, allievo del Bellini, e soprattutto l’originalissima Allegoria del Tempo e della Prudenza di Tiziano, proveniente dalla National Gallery di Londra.
Nell’epoca barocca, grazie all’interesse per le allegorie, si moltiplicano nuove e feconde iconografie moderne che, sempre più, legano il “Padre tempo” a qualità positive come saggezza e consolazione. Furono soprattutto Bernini, Domenichino e Nicola Poussin ad elaborarle per la committenza romana cattolica. Tra di esse si moltiplicano varianti della Verità svelata dal tempo (Veritas Filia Temporis), tema frequentemente trattato anche nella letteratura e nella musica coeva. Ad evocare questo clima, nella terza sezione viene esposto un grande dipinto del senese Bernardino Mei e una serie di dodici orologi notturni seicenteschi, realizzati a Roma e in altri stati italiani, che presentano quadranti dipinti con allegorie del Tempo. La storia dei notturni è intimamente legata a papa Alessandro VII Chigi (1599-1667), noto per il suo impegno profuso nell’abbellimento della città, che orna di magnifici monumenti (tre cui il colonnato di San Pietro) e di mecenatismo, evocato in mostra da un busto del Bernini. Narrano le fonti che Fabio Chigi, appena salito al soglio pontificio nel 1655 fosse tormentato dall’insonnia e avesse quindi stimolato la ricerca di un nuovo tipo di orologio silenzioso. La soluzione venne trovata nel 1658 da Pietro Tommaso (1630-1705) e Matteo Campani (1620 – 1678), orologiai pontifici. I due fratelli, insieme al più giovane Giuseppe, riuscirono ad escogitare un nuovo tipo di orologio, il notturno, dotato di uno scappamento silenzioso e di un quadrante visibile al buio. Le ore non erano indicate da lancette ma mediante un disco traforato che ruotava dietro un’apertura anteriore, mentre un lume ad olio era alloggiato nella cassa. L’ora doveva essere visibile dal letto, quindi necessitava di notevoli dimensioni, così l’orologio assunse anche la funzione di altare domestico. All’innovazione tecnologica dei notturni corrispondeva una fastosità decorativa senza pari. Le loro casse furono realizzate dai più famosi ebanisti attivi a Roma e spesso decorate con bronzi e pietre dure, mentre i quadranti furono decorati con iconografie legate al tempo affidate dai committenti ai loro pittori preferiti.
La richiesta di orologi notturni man mano si diffuse fuori Roma, e ben presto orologiai di tutta la penisola iniziarono a produrli. Sebbene la silenziosità fosse quasi inimitabile e rimanesse un segreto, 3 la tipologia con quadrante dipinto si diffuse e venne imitata anche oltralpe fino agli anni trenta del Settecento. In mostra, accanto a cinque esemplari dei Campani, sono esposti notturni genovesi, fiorentini e bolognesi. Sono presentati per la prima volta al pubblico cinque esemplari, alcuni totalmente inediti. Di molti è stato possibile ricostruire con certezza la committenza: da Flavio Chigi, il cardinale nipote di Alessandro VII, a Leopoldo de’ Medici. La selezione comprende strumenti con i quadranti firmati e datati, come l’esemplare di Filippo Lauri e di Andrea Scacciati, o quello di Francesco Trevisani. Molte sono infine le novità attribuite ad artisti quali i romani Giacinto Giminiani, Ciro Ferri o Clemente Onofri, il genovese Domenico Piola e il Badaracco. Una seconda invenzione di Giuseppe Campani fu l’orologio a proiezione notturna sul muro: l’ultima sala della mostra è quindi dedicata all’esposizione degli orologi a proiezione e sarà dotata di un dispositivo di dimerizzazione che, alternando buio e luce, permetterà di visualizzare la proiezione notturna. Vero protagonista della sezione è un unicum, una scultura a tutto tondo alta più di un metro e mezzo in legno dorato raffigurante Chronos e attualmente attribuito a Giuseppe Campani e Johannes-Jakobus Reyff che regge un orologio notturno nascosto in un globo celeste che proietta i disegni delle costellazioni sul soffitto. Viene esposto anche il rarissimo orologio notturno a proiezione di Wendelinus Hessler, realizzato a Roma e di proprietà del Museo Poldi Pezzoli.
Per tutta la durata dell’esposizione saranno inoltre organizzate diverse attività didattiche collaterali: visite guidate con tagli diversi su prenotazione, itinerari didattici e laboratori per bambini e famiglie, un ciclo di conferenze sui temi della mostra affidate a specialisti degli argomenti affrontati. Per il calendario degli appuntamenti si consiglia di consultare il sito del Museo. A disposizione dei visitatori, audioguide in italiano e in inglese. Le audioguide in inglese sono state registrate da Giulia Valentina, influencer e content creator, che ha gentilmente prestato la sua voce per raccontare al pubblico alcune delle opere più significative dell’esposizione. Catalogo edito da SKIRA con saggi di Francesco Ceretti, Claudia Cieri Via, Umberto Eco, Lavinia Galli, Alberto Lualdi, Alvar Gonzáles Palacios, Emilio Russo e Cristiano Zanetti.
La Forma del Tempo è aperta fino al 27 settembre.
Per tutte le informazioni potete visitare il sito ufficiale del Museo Poldi Pezzoli.
Immagine: sala della mostra. Foto di Leo Torri
Titolo mostra | La Forma del Tempo | Città | Milano | Sede | Museo Poldi Pezzoli | Date | Dal 13/05/2021 al 27/09/2021 | Artisti | Tiziano Vecellio, Gian Lorenzo Bernini, Andrea Previtali, Bernardino Mei | Curatori | Lavinia Galli | Temi | Milano, Museo Poldi Pezzoli, La Forma del Tempo |
Milano, il rapporto tra l'uomo e il tempo in una grande mostra al Poldi Pezzoli |