È in programma al Museo Civico delle Cappuccine di Bagnacavallo (Ravenna), dal 15 settembre 2018 al 13 gennaio 2019, la mostra Max Klinger. Inconscio, mito e passioni alle origini del destino dell’uomo, interamente dedicata alla produzione grafica di Max Klinger (Lipsia, 1857 - Großjena, 1920), importante maestro tedesco del simbolismo: l’esposizione arriva dopo il successo della mostra Goya. Follia e ragione all’alba della modernità, dedicata a Francisco Goya (di cui Klinger fu grande estimatore) e, come l’attuale, incentrata sulla grafica: obiettivo del Museo delle Cappuccine è infatti quello di dar vita a un ampio progetto volto alla divulgazione dei grandi maestri della grafica.
L’opera di Max Klinger rappresenta un capitolo fondamentale dell’arte europea tra Otto e Novecento e della storia dell’incisione del Novecento. Per troppo tempo dimenticata, e poi riscoperta grazie alla grande retrospettiva del 1950 tenutasi a Lipsia, l’arte di Klinger è testimonianza viva di come l’arte si faccia interprete e testimone del proprio tempo. Klinger, artista versatile (fu pittore, scultore, incisore, musicista, teorico, abilissimo disegnatore), sperimentò le possibilità del “bianco e nero” con assoluta maestria: già a ventisei anni realizzò di sei cicli di incisioni e si accinse a scrivere un testo teorico di comparazione tra le diverse forme artistiche, Malerei und Zeichnung (“Pittura e disegno”, edito nel 1891) che rimane lettura imprescindibile per comprendere quanto le “arti dello stilo”, come lui chiama le tecniche a stampa e il disegno, siano alla base della sua ricerca e abbiano esercitato una notevole influenza sulle generazioni a seguire. Sin dai primi cicli, Klinger affermava già la sua volontà di essere un peintre-graveur lontano dalla tradizione dei paesaggisti o ritrattisti allora in voga; ad affascinarlo è la classicità, il mito che egli ritrova nell’opera di Arnold Böcklin (Basilea, 1827 - Fiesole, 1901). Il suo è un esercizio di stile e nello stesso tempo un simbolismo poco aggressivo, quasi conservatore, che reclama iconografie realistiche ma interpretate alla luce del simbolo, un simbolo erede di quel romanticismo che imperava negli anni Venti dell’Ottocento e che Böcklin seppe ben stravolgere e innovare. Klinger si pone a cavallo tra mondi interiori e realtà, in un dialogo tra un dentro e un fuori che è motivo del suo genio creativo. Le sue scene allora appaiono come realtà contaminate dal sogno, mutuate dall’inconscio, modulate secondo la ricerca della perfezione. L’arte del segno ha “più estese possibilità di rappresentazione” degli stati d’animo, siano essi anche orribili o carichi di angoscia. Così come Goya, anche Klinger lavora per serie: egli scrive che “un’unica serie di immagini in bianco e nero riassume tante esperienze quante ne offre la stessa vita, e in rapida successione. Ampiezza epica, concentrazione drammatica, secchezza ironica, tutte le possibilità di espressione sono concesse alle immagini, perché esse sono niente più che ombre fugaci”.
In mostra vengono esposte quasi 150 opere grafiche provenienti da prestigiose raccolte: dalle prime tavole dei Radierte Skizzen (Opus I, Schizzi all’acquaforte) a Eva e il futuro (Opus III, 1880), e ancora Intermezzi (Opus IV, 1881), Amore e Psiche (Opus V, 1880), Un guanto (Opus VI, 1881), Una vita (Opus VIII, I884), Drammi (Opus IX, 1883), Un amore (Opus X, 1887), Fantasia su Brahms (Opus XII, 1886), La morte, parte seconda (Opus XIII, 1898-1910), sino all’ultimo ciclo edito dall’artista, La tenda (Opus XIV, 1915). In mostra sono presentati anche alcuni fogli sciolti come la misteriosa Isola dei morti (1898), tratta dall’omonimo dipinto di Böcklin, sospesa nel silenzio, le tavole ancora desunte dall’artista svizzero Primavera (o Le tre età dell’uomo) e La fonte, oltre all’Autoritratto del 1915, al Nudo di donna eseguito a mezzotinto e alla copertina di Secession del 1893.
Scrivendo di Klinger nel 1920 e del suo Trasporto di Prometeo, scelto come immagine simbolo della mostra, Giorgio De Chirico (Volos, 1888 - Roma, 1978), che molto dovette all’opera del genio simbolista tedesco, affermava “Nulla in quest’opera è nuvoloso e nebbiosamente fantastico, chi guarda partecipa dell’emozione di quello strano volo… nel riguardante fa l’impressione di una scena realmente accaduta”. Per l’artista padre della metafisica, Klinger ha rappresentato “l’artista moderno per eccellenza, moderno nel senso di uomo cosciente che sente l’eredità di secoli e secoli d’arte e di pensiero, che vede chiaramente nel passato, nel presente e in se stesso”.
Max Klinger. Inconscio, mito e passioni alle origini del destino dell’uomo è aperta il martedì e il mercoledì dalle 15 alle 18, il giovedì dalle 10 alle 12 e dalle 15 alle 18, il venerdì, il sabato e la domenica dalle 10 alle 12 e dalle 15 alle 19. Chiuso il lunedì e i post-festivi, aperture serali speciali (fino alle 23:30) dal 27 al 30 settembre. Ingresso gratuito. Per info e visite guidate per gruppi telefonare allo 0545-280911, inviare una mail a centroculturale@comune.bagnacavallo.ra.it o visitare il sito del Museo Civico delle Cappuccine di Bagnacavallo.
Nell’immagine: Max Klinger, Il rapimento di Prometeo (1894)
Titolo mostra | Max Klinger. Inconscio, mito e passioni alle origini del destino dell'uomo | Città | Bagnacavallo | Sede | Museo Civico delle Cappuccine | Date | Dal 15/09/2018 al 13/01/2019 | Artisti | Max Klinger | Temi | Ottocento |
Inconscio, mito e passioni di Max Klinger in una mostra dedicata alle incisioni del grande maestro tedesco |