A 120 anni dalla nascita dello scultore Francesco Messina (Linguaglossa, Catania 1900 – Milano 1995), tra i più significativi del Novecento, Vercelli dedica all’artista una grande mostra, con ben 120 opere, suddivise su tre sedi espositive: ARCA, il Palazzo Arcivescovile e l’ex chiesa di San Vittore. Una retrospettiva promossa dal Comune e l’Arcidiocesi di Vercelli in collaborazione con la Fondazione Messina e Nicola Loi Studio Copernico (Milano).
Curata da Marta Concina, Daniele De Luca e Sandro Parmiggiani, Francesco Messina. Prodigi di bellezza. 120 opere a 120 anni dalla nascita, questo il titolo della mostra, è visitabile al pubblico fino al 27 febbraio 2022 e si propone come un’antologica che vuole raccontare attraverso storie, amicizie e pensieri la figura del celebre scultore. Le opere esposte sono state scelte per presentare i vari temi trattati da Messina, quali l’arte sacra, l’uomo, il mondo animale; capolavori della sua produzione che sono legati anche a grandi personaggi dell’epoca che lo hanno conosciuto e con cui si è instaurata una profonda amicizia, come nel caso di Salvatore Quasimodo.
Tra gli obiettivi della mostra non è solo quello di rendere omaggio a un grande scultore del Novecento di fama internazionale, molto sensibile come si è detto all’arte sacra, alla figura umana e al mondo animale, favorendo così la conoscenza e l’approfondimento della sua produzione, ma è anche quello di creare una mostra diffusa per favorire l’inclusione di diversi luoghi espositivi alla scoperta della città. Si parte infatti dalla ex chiesa di San Marco, nel prestigioso spazio ARCA, si prosegue quindi in alcuni spazi della Pinacoteca Arcivescovile nella ex chiesa di San Vittore.
La bellezza, come sottolinea il titolo stesso della retrospettiva, è molto importante nella produzione di Messina, a cui si aggiungono la potenza, l’eleganza, il rigore: i santi, i busti e le ballerine mostrano l’incantevole energia del tempo; nell’animale si rispecchia la vitalità della natura. Filo conduttore della mostra diffusa è la bellezza del lavoro dell’artista, che diviene prodigio di rappresentazione scenica e intima allo stesso tempo. In un’intervista dichiarò: “A me interessa cogliere la bellezza anche nella bruttezza” e “di fronte alla bellezza mi sento una vittima sia come scultore che come uomo”. La bellezza di Messina vive anche negli animali (molto celebre è il grande cavallo morente modellato nel 1966 per il Palazzo della Rai di Roma) ed esprime la sua capacità scultorea di sensualità esuberante soprattutto nelle figure femminili. Alle donne dedica in particolare il mistero della bellezza “fonte di una inquietudine mai sopita”. Era anche artista di autentica ispirazione religiosa: attraverso le sue numerose commissioni, è portatore di una religiosità autentica basata su una fede semplice e si affida alla Natura e alla Cultura quando deve trasferire l’immagine sacra nel marmo oppure nel bronzo.
L’antologica non segue un senso cronologico, ma un percorso legato alle raffigurazioni e ai materiali delle opere, dialogando anche con le sedi espositive. Ad ARCA, sede principale, sono esposte le sue grandi sculture in marmo bianco e i famosi busti, le ballerine, i cavalli; nella Pinacoteca Arcivescovile sono visibili elementi in argento e metalli legati al sacro e allo spirituale, mentre nello spazio esterno dell’ex chiesa di San Vittore si possono vedere dal sagrato alcune grandi sculture in marmo che richiamano il tema del sacro.
Messina ha colto l’essenza della tradizione nella libertà espressiva della sua arte. Quasimodo lo definì "lo spirito apollineo e meditativo: grazie ai suoi amici poeti quali appunto Quasimodo e Montale, che erano moderni come lui, l’arte di Francesco Messina usciva dalla tradizione di bottega entrando in una dimensione di valori umanistici primari. Nella sua opera si riscontra la fedeltà a un rigore antico, ai suoi esiti più alti, e la sua modernità sta anche in questo.
Tra i ritratti di amici e di colleghi si riconoscono quelli di Lucio Fontana, Salvatore Quasimodo, Riccardo Bacchelli (con il monocolo), Alfonso Gatto, Arturo Tosi, Eugenio D’Ors, mentre tra le figure femminili, soprattutto danzatrici, il ritratto di Carla Fracci, Luciana Savignano e Aida Accolla. Non mancano opere dipinte, come quelle raffiguranti Lia Ranza, Isabella Ostini e Vittoria Leone. Nel Palazzo Arcivescovile e nell’ex chiesa di San Vittore sono esposte opere di carattere religioso, come uno dei bozzetti in bronzo della grande statua di Pio XII (in San Pietro in Vaticano) e quello di San Filippo Neri, il Giobbe ignudo e inginocchiato del 1933, o l’Adamo e Eva del 1956, fragili ma allo stesso tempo possenti, che si stringono l’uno all’altra con lo sguardo interrogativo rivolto nel vuoto. Molte altre sono le opere a carattere religioso, come il cardinale Schuster, la Deposizione memore della Pietà Rondanini, il bozzetto delle formelle in bronzo dorato per la santa Caterina di Castel Sant’Angelo a Roma.
Nato il 15 dicembre 1900 a Linguaglossa, un piccolo paese vicino all’Etna, da una famiglia economicamente molto disagiata che è emigrata in America, Francesco Messina trascorre la sua fanciullezza a Genova dove ha la possibilità di frequentare alcune botteghe di marmorari: è nata qui la sua grande passione per la scultura. Dagli anni Venti del Novecento comincia a esporre le sue opere consentendogli di entrare in contatto con alcuni grandi letterati del tempo, divenuti poi amici, quali Salvatore Quasimodo, Eugenio Montale, Arturo Martini, e artisti come Giorgio De Chirico e Carlo Carrà. I suoi viaggi a Parigi degli stessi anni gli permettono di completare una formazione internazionale che lo avvicina per breve tempo anche alle avanguardie. A Genova conosce anche la sua futura moglie e suo grande riferimento anche nel lavoro, Bianca Fochessati Clerici, che sposa nel 1944. Nel 1932 si trasferisce a Milano dove entra in contatto con artisti come Giorgio Morandi e Lucio Fontana; due anni dopo ottiene la cattedra di scultura all’Accademia di Brera dove rimane per oltre trent’anni. Sono soprattutto gli anni Cinquanta e Sessanta a rendere Messina molto famoso in Italia e all’estero grazie alle molte richieste da parte di committenze pubbliche e private. Tra le opere romane più famose, il Monumento a santa Caterina a Castel Sant’Angelo, il Monumento a Pio XII per la basilica di San Pietro e il Cavallo morente per la RAI. Muore a Milano il 13 settembre 1995, nella città che lo ha accolto da giovane e che per molti anni lo ha reso celebre per la sua attività, tanto da ottenere la cittadinanza onoraria. Nel capoluogo lombardo, nel 1974, conclude i lavori di restauro di una chiesa ormai allo stato di abbandono: l’ex chiesa di San Sisto. Dopo tre anni di lavori, compiuti a sue spese e superando difficoltà di ogni genere, ottiene il luogo, ormai sconsacrato, come spazio per la sua attività; nel 1969 l’artista ottiene infatti, dal Comune di Milano, attraverso un comodato d’uso, la possibilità di usufruire di questa chiesa abbandonata e segnata dai bombardamenti del 1943. Dopo i restauri, la chiesa è diventata così uno spazio culturale, un laboratorio, un museo, uno studio. Qui, come descritto dallo scrittore e amico Piero Chiara, Messina sembra “un nuovo tipo di officiante in camice giallino, sempre intento a celebrare i riti della scultura, che richiedono un vero tempio, cioè non avaro di spazio e di luce dall’alto”.
Per visitare la mostra è obbligatoria la prenotazione, scrivendo a prenotazioni.vercelli.mostre@gmail.com oppure rivolgendosi al numero 3383473682, contattabile dalle 10 alle 19 dal giovedì alla domenica. Prenotazione anche in ARCA negli stessi orari. L’ingresso è gratuito.
Orari: ARCA, da giovedì a domenica dalle 10 alle 19. Palazzo Vescovile, da giovedì a domenica dalle 14 alle 18. Ex Chiesa di San Vittore, vista dall’esterno.
Titolo mostra | Francesco Messina. Prodigi di bellezza. 120 opere a 120 anni dalla nascita | Città | Vercelli | Sede | sedi varie | Date | Dal 19/12/2021 al 27/02/2022 | Artisti | Francesco Messina | Curatori | Sandro Parmiggiani, Marta Concina, Daniele De Luca | Temi | Novecento, Vercelli, Scultura |
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