Dal 18 luglio 2024 al 16 febbraio 2025, il FAI - Fondo per l’Ambiente Italiano ETS, in collaborazione con l’Archivio Ugo Mulas, presenta la mostra Ossi di Seppia. Ugo Mulas, Eugenio Montale, all’Abbazia di San Fruttuoso a Camogli (Genova). Questo evento offre un dialogo suggestivo tra due grandi maestri della cultura italiana: il fotografo Ugo Mulas (Pozzolengo, 1928 – Milano, 1973) e il poeta Eugenio Montale (Genova, 1896 – Milano, 1981), esplorando il paesaggio ligure attraverso la fotografia e la poesia.
Curata da Guido Risicato e dall’Archivio Ugo Mulas, la mostra espone venticinque fotografie in bianco e nero scattate da Ugo Mulas nel 1962 a Monterosso, nelle Cinque Terre. Questo luogo, dove Montale trascorse l’infanzia, ispirò la sua celebre raccolta poetica Ossi di Seppia. Le immagini di Mulas riflettono il paesaggio evocato da Montale, catturando il sentimento di assoluto e solitudine rappresentato dal mare, dal sole e dalle rocce.
Montale, nel suo periodo del “proto-Montale”, nel 1925, pubblicò Ossi di Seppia, una raccolta in cui la sua lingua aspra e pietrosa già delineava il lato oscuro della condizione umana. Affascinato dai versi di Montale, Mulas decise di illustrare la raccolta per una rivista, recandosi a Monterosso per tradurre in immagini il sentimento poetico espresso nelle poesie.
“Ho proposto a un giornale di fare”, diceva Mulas, “delle fotografie per illustrare dei versi di Montale, in particolar modo Ossi di seppia, versi che io avevo molto amato da ragazzo e che conoscevo quasi a memoria e, soprattutto, dei versi dove i luoghi e le atmosfere, il tempo è così ben descritto che invitano ad una ricerca di tipo illustrativo, proprio perché dopo averli letti viene addosso un gran desiderio di conoscere i posti che li hanno ispirati. A Monterosso, nelle Cinque Terre, dove c’era la casa di Montale, la casa dove Montale passò la sua infanzia, che ora appartiene a dei cugini, credo, Montale non ha più voluto tornare perché i luoghi, secondo lui, sono stati dissacrati da queste nuove costruzioni, da tutto questo che di turistico e di alberghiero è sorto in queste spiagge così abbandonate e vergini”.
“Più che queste foto di documento che possono anche essere interessanti, quello che conta rendere, è il clima generale del luogo, cioè trovare quegli elementi generici, non specifici, che continuamente ritornano, come un leit-motiv in tutto il libro”, avrebbe scritto ancora il fotografo in merito al suo reportage. Il risultato è un’opera fotografica caratterizzata dalla scelta d’insoliti punti di vista e da un intenso lirismo completamente aderente all’opera del poeta, dove la parola trova una perfetta corrispondenza con l’immagine. Per Stefano Verdino, docente di letteratura italiana all’Università di Genova, “le qualità sia dell’inquadratura sia della luce di questi scatti hanno un che di perentorio, che calza mirabilmente non in termini illustrativi ma di sintonia espressiva con il verso sempre nitido e tagliente di questo primo Montale”.
La mostra segue l’esposizione del 2023 delle fotografie di Gianni Berengo Gardin dedicate a San Fruttuoso. Il FAI, con questa nuova iniziativa, continua a valorizzare la fotografia d’autore, presentando gli scatti di Mulas che celebrano il paesaggio ligure. L’obiettivo è offrire al pubblico l’opportunità di scoprire e apprezzare in profondità il paesaggio, andando oltre la bellezza da cartolina per cui è famoso. Attraverso le visioni artistiche di Mulas e Montale, il FAI intende perseguire la sua missione di educare alla conoscenza e alla tutela dei luoghi, promuovendo una cultura del rispetto del patrimonio tra i cittadini di oggi e di domani.
“Nel 1962 il fotografo Ugo Mulas”, spiega il curatore Guido Risicato, “arriva ad un’intimità mai raggiunta con l’autore Eugenio Montale e la sua Ossi di Seppia. Il risultato è un’opera dove le fotografie raggiungono l’apice della parola scritta. Gli insoliti punti di vista tratteggiati da un intenso lirismo portano a una vera dimensione simbiotica tra le due arti, una danza di immagini e parole; l’astrazione della parola si incarna nelle immagini e trova la sua rappresentazione grazie alle linee dell’immagine fotografica. Negli anni Sessanta, il dualismo corpo – ambiente ha espanso ormai i suoi confini andando oltre il gioco delle parti tra realtà e finzione. Ugo Mulas, in questo riuscì a rappresentare visivamente il messaggio dei versi di Montale in modo tanto divino che anche il poeta, dopo avere visto le immagini, esclamò pieno di meraviglia: ‘Come hai fatto! Come hai fatto!’. Mulas ha dimostrato come descrivere attraverso le immagini fosse possibile e ancora più ricercato. Esporre il lavoro di Ugo Mulas presso l’Abbazia di San Fruttuoso, Bene del FAI – Fondo per l’Ambiente Italiano, vuole essere un nuovo capitolo nella rappresentazione, attraverso la fotografia dei grandi maestri, della terra di Liguria, raccontando la particolarità e unicità di luoghi compressi tra terra e mare”.
“Il paesaggio degli Ossi di seppia riguarda in sostanza quattro luoghi: Monterosso, Genova, Rapallo, e, sul filo della memoria militare di guerra, Valmorbia in Trentino”, spiega Stefano Verdino, docente di letteratura italiana all’Università di Genova. “La presenza di Monterosso è dominante e configura un paesaggio per così dire assoluto, nell’insieme dei suoi ingredienti: mare, cielo, roccia, sole; se poi aggiungiamo la stagione, l’estate, incrementiamo ulteriormente i termini assoluti con il corollario dell’aridità. Un paesaggio che può avere tratti spietati e non a caso manifesta i sigilli del ‘male di vivere’: ‘il rivo strozzato che gorgoglia’, ‘l’incartocciarsi della foglia riarsa’. La sua violenta frontalità reclama anche un riparo; ed ecco altri due essenziali ingredienti: la villa di famiglia o casa sul mare e il suo fitto giardino ombroso con il ricco orto, luogo protettivo, ma anche di scrutamento verso il ‘palpitare del mare’ (vedi in sintesi Gloria del disteso mezzogiorno). L’interrogazione al paesaggio è infatti ben più ampia dell’inappellabile sentenza del ‘male di vivere’, perché il dinamismo è un’altra essenziale componente visiva e sonora: per un musico, sensibile a Debussy, come questo primo Montale il vario concerto tra mare, vento, trascolorare del cielo comporta una attenta osservazione in attesa di eventi e disvelamenti: dalla risanatrice pioggia, ad un più radicale sconvolgimento che apra la “cupola del cielo”, per la desiderata liberazione dal terrestre e cadenzato scorrere del tempo. Le fotografie di Mulas danno perfettamente conto di questi aspetti di assolutezza e solitudine e di difficoltà di integrazione umana; in un suo scritto Mulas analizza un suo scatto dall’alto di una roccia: ‘davanti tutto il mare disteso, con il sole completamente in controluce, per cui aveva quel colore quasi latteo che ha il mare quando c’è il sole contro a mezzogiorno, lì c’era un bagnante sdraiato che prendeva il sole, che, a un certo punto, ha preso una posizione mettendosi con la schiena in giù, allargando completamente le gambe e le braccia: sembrava una stella marina’. E poi rievoca i versi citati di Riviere, sull’osso di seppia sballottato dalle ondate, con il loro struggente quanto irrealizzato desiderio. Le qualità sia dell’inquadratura sia della luce di questi scatti hanno un che di perentorio, che calza mirabilmente non in termini illustrativi ma di sintonia espressiva con il verso sempre nitido e tagliente di questo primo Montale”.
Titolo mostra | Ossi di Seppia. Ugo Mulas, Eugenio Montale | Città | Camogli | Sede | Abbazia di San Fruttuoso | Date | Dal 18/07/2024 al 16/01/2025 | Curatori | Guido Risicato | Temi | Fotografia |