Larme de galaxie (1962) è un piccolo capolavoro di Hans Arp (o Jean Arp; Strasburgo, 1886 - Basilea, 1966), uno dei grandi maestri del Novecento, riaffiorato dai depositi dei Musei Civici Fiorentini. L’opera, donata dalla moglie dell’artista alsaziano alla città di Firenze all’indomani della drammatica alluvione del 1966, torna alla luce dopo circa tre anni di studio e ricerche condotti da Emanuele Greco, curatore della mostra Jean Arp. Larme de galaxie, in programma dall’11 novembre 2022 al 15 febbraio 2023 al Museo Novecento di Firenze.
La scultura in duralluminio realizzata da Arp nel 1962 , un unicum nella produzione scultorea dell’artista, fu donata alla città di Firenze grazie alla generosità della moglie dell’artista, Marguerite Arp-Hagenbach, che nel 1967, all’indomani dell’alluvione, rispose con questo significativo omaggio all’appello lanciato agli artisti contemporanei da Carlo Ludovico Ragghianti. Oggi, a distanza di quasi sessant’anni dalla sua unica apparizione presso la Galleria Schwarz di Milano (1965), torna visibile in un’esposizione pubblica. La scultura è posta in un dialogo serrato con il dipinto Forma in elevazione del 1963 di Leone Minassian (1905-1978) e idealmente si ricollega al grande marmo Il pastore dell’essere del 1963 di Alberto Viani (1906-1989), attualmente collocato nel cortile della Biblioteca delle Oblate di Firenze. I due artisti, oltre ad essere stati ammiratori e amici del grande maestro alsaziano, ne furono sensibilmente influenzati, come rivelano le loro ricerche artistiche di matrice organica.
La presenza in mostra di Minassian, vero trait d’union tra il grande scultore e l’Italia dagli anni Quaranta ai Sessanta del Novecento, trova un’ulteriore giustificazione all’interno della storia stessa della donazione dell’opera Larme de galaxie. Grazie alla ricostruzione documentaria dell’intera vicenda è stato infatti possibile capire che fu proprio Minassian, appoggiato da Viani, a convincere la moglie dell’artista, da poco scomparso, a donare un’opera del marito alla città di Firenze per l’allora costituendo Museo Internazionale d’Arte Contemporanea (MIAC). La mostra consente quindi, non solo di ammirare un’opera del patrimonio fiorentino di cui si erano perse le tracce, ma anche di scrivere una nuova pagina di storia, imperniata sui legami e le affinità tra diversi protagonisti dell’arte italiana e internazionale del Novecento. L’opera, appartenente a una fase tarda dell’attività dell’artista, rappresenta pienamente la poetica e lo stile di Arp in scultura, che prese avvio agli inizi degli anni Trenta, dopo la conclusione delle fasi dada e surrealista, con la ricerca di una plastica astratta, di matrice organica, intesa cioè non come imitazione delle forme della natura, ma come natura essa stessa: ovvero una materia, in cui restavano forti le assonanze alle forme di organismi animali e vegetali, costituita però della stessa forza germinante, spontanea e immediata, della natura, che fu sempre per Arp la principale fonte di ispirazione.
Le forme arrotondate, rese sinuose da un delicato gioco di variazioni tra rigonfiamenti e avvallamenti sulla levigatissima superficie, oltre che da un armonioso profilo ondeggiante, sembrano indicare Larme de galaxie come una di quelle fresche riprese condotte da Arp nella fase tarda – a cui si possono ascrivere, per confronto, tra le altre opere, Fruit d’une pierre del 1959, Gueule de fleur e Feuille sur cristal, entrambe del 1960 – delle sperimentazioni organiche compiute negli anni Trenta, e precisamente del momento in cui è presente uno schema plastico prevalentemente ovoidale e curvilineo, come in alcune opere della serie delle Concrezioni umane o dei Frutti. La grandezza incontenibile della fantasia creativa di Arp è un aspetto che fu notato anche da Giuseppe Marchiori, tra i primi critici italiani a occuparsi dell’opera dell’artista, che così scriveva nel 1964: “C’è una tale ricchezza morfologica, che spazia nell’illimitato campo della natura con un continuo mutamento di prospettive e di temi, in una alternativa sempre rinnovata, dalla memoria delle favole infantili ai ricordi di una classicità sottratta alla storia, dalle evasioni nell’assoluto delle forme pure alle osservazioni di gesti e di aspetti di animali e di piante, dalle contemplazioni celesti ai turbamenti più umani dell’amore e della carne, dalle germinazioni e dalle crescite surreali alla scoperta, negli oggetti o nei monumenti, di un mondo originario, preistorico, affascinante e misterioso”.
“Attraverso un lungo e meticoloso studio di documenti sparsi tra l’Italia, la Germania, la Francia e la Svizzera, è stato possibile identificare un’importante scultura di Jean Hans Arp, intitolata Larme de galaxie (1962), all’interno delle collezioni civiche fiorentine” dichiara Emanuele Greco, curatore della mostra. “Il ritrovamento dell’opera, che fu appositamente scelta e donata dalla moglie dell’artista all’indomani dell’alluvione di Firenze, permette di gettare nuova luce sulla storia del lungimirante progetto del Museo Internazionale d’Arte Moderna (MIAC), avviato dallo storico e critico d’arte Carlo Ludovico Ragghianti con un appello agli artisti, e pensato come una sorta di grandioso risarcimento alla città dopo i danni provocati dalla catastrofe del 4 novembre 1966, e che di fatto costituisce il nucleo fondante dell’attuale Museo Novecento”.
“Una bella operazione di riscoperta che dimostra ancora una volta come l’appello di Carlo Ludovico Ragghianti dopo l’alluvione fu realmente ascoltato dalla nostra città per poi diventare realtà con la nascita di una ‘casa’ del contemporaneo come il Museo Novecento” evidenzia la Vicesindaca e Assessora alla Cultura Alessia Bettini. “Grazie a quest’esposizione sarà possibile ammirare un eccezionale capolavoro parte del patrimonio storico-artistico nato proprio da quell’appello e approfondire l’opera di un artista poliedrico e profondo come Jean Arp, mettendolo anche in relazione con opere di talenti nostrani che già sono esposte nel museo e in altri luoghi. Importante anche, in questo caso, è stato il lavoro di squadra con il mondo accademico, è la dimostrazione ancora una volta che facendo rete tra diverse realtà si raggiungono obiettivi di alto livello”.
“È buona pratica del museo dialogare con il mondo accademico e universitario per attrarre le migliori menti nell’orbita del museo stesso e valorizzare gli esiti della ricerca scientifica con progetti curatoriali ed espositivi significativi anche per il grande pubblico” dichiara Sergio Risaliti, Direttore del Museo Novecento. “In questo caso, la sinergia instaurata tra museo e mondo accademico ha prodotto il ritrovamento di un’opera di Jean Arp grazie al contributo di Emanuele Greco, ricercatore e studioso, che ha riscoperto un’importantissima opera del maestro alsaziano conservata nei depositi delle collezioni civiche. Larme de galaxie, di cui si era perduta traccia dagli anni 70, era stata donata alla città di Firenze rispondendo all’appello di Carlo Ludovico Ragghianti, che all’indomani dell’alluvione del 1966, aveva chiamato a raccolta i grandi artisti internazionali per fare dono di un’opera nella prospettiva di fondare il Museo di Arte Moderna e Contemporanea della città di Firenze. Solo dopo decenni, nel 2014 è stato inaugurato il Museo Novecento, colmando una grande lacuna. Oggi, siamo ancora più soddisfatti nel ricordare gli eventi di allora, anche perché al nostro impegno sulla valorizzazione delle collezioni si aggiunge il sostegno alla ricerca scientifica”.
Nell’ambito del progetto di valorizzazione delle opere e degli artisti presenti nelle collezioni civiche fiorentine, il Museo Novecento, dall’11 novembre 2022 al 15 febbraio 2023 presenta anche la mostra Alberto Magnelli. Armocromie a cura di Eva Francioli. La monografica, dedicata al maestro dell’astrattismo internazionale, si inserisce all’interno del ciclo espositivo che, con cadenza regolare, intende delineare dei brevi ritratti di grandi artisti del ventesimo secolo, nell’intento di approfondire specifici aspetti della loro pratica ed episodi meno indagati della loro vita.
Toscano di nascita e francese di adozione, Alberto Magnelli (Firenze 1888 – Meudon 1971) ha contribuito in maniera determinante alla diffusione di nuovi codici visivi nell’Europa del secondo dopoguerra. Artefice di una lunga e incessante ricerca sul mezzo pittorico, a cavallo tra gli anni Dieci e gli anni Sessanta sviluppa un repertorio del tutto originale di forme e colori. Alla più volte ricordata formazione da autodidatta seguirà, negli anni della prima giovinezza, il confronto con le esperienze più innovative dell’arte internazionale, coltivato anche attraverso l’amicizia con i principali protagonisti della scena artistica e culturale parigina. Un posto speciale sarà, in tal senso, ricoperto da Jean Arp e dalla moglie Sophie, con i quali Magnelli condividerà importanti esperienze d’arte e di vita negli anni della Seconda guerra mondiale.
La mostra consente di riscoprire la complessa parabola creativa di Magnelli, a partire dall’esposizione dell’intero lascito destinato dall’artista stesso, in punto di morte, alla propria città natale, Firenze. Esposto per la prima volta nel 1973 alla Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti, il Legato Alberto Magnelli si compone di quindici opere, tra dipinti, disegni e collage, realizzate tra il 1914 e il 1968. Il nucleo è esemplificativo della grande varietà di stili e tecniche sperimentati dal pittore nel corso degli anni: dalle esperienze giovanili – in cui l’influsso della grande arte italiana del Tre e Quattrocento si combina alle suggestioni dell’avanguardia francese e alla passione per le linee primordiali dell’arte tribale – alle composizioni più mature, in cui Magnelli declina, con crescente consapevolezza, un personale linguaggio di tipo astratto. Rimane costante, nella sua produzione, l’interesse per la componente cromatica e le sue infinite declinazioni.
Proprio la complessa orchestrazione del colore costituisce la chiave di accesso alla conoscenza di questo grande maestro: un’armonizzazione sofisticata e mai scontata, in grado di veicolare le diverse fasi artistiche ed esistenziali attraversate da Alberto Magnelli nel corso della sua lunga ed entusiasmante carriera.
“Prosegue l’impegno per la valorizzazione delle collezioni civiche con un focus su un’artista nato a Firenze, poi vissuto in Francia, tra i pionieri dell’astrattismo” sottolinea la Vicesindaca e Assessora alla Cultura Alessia Bettini. “La mostra sarà un viaggio nell’universo artistico di Magnelli, un percorso tra opere che spaziano tra dipinti, disegni e collage e che consentiranno al visitatore di addentrarsi al meglio in un linguaggio espressivo tra i più originali e significativi dell’epoca. Al Museo Novecento ancora una volta diventa possibile scoprire o riscoprire figure che hanno segnato lo scenario artistico contemporaneo, grazie a un repertorio prezioso che abbiamo a disposizione nella nostra città”.
“All’inizio del mio mandato nel 2018, ho deciso per un progetto di valorizzazione delle opere delle collezioni civiche basato su speciali focus dedicati ai singoli artisti presenti nei depositi” spiega Sergio Risaliti, Direttore del Museo Novecento di Firenze. “Dopo Mafai, Mirko, Cagli, adesso è la volta di Alberto Magnelli, di cui il Comune di Firenze conserva il lascito direttamente ricevuto dall’artista di ben 15 capolavori, con opere rappresentative di tutte le fasi della sua carriera: dagli inizi figurativi, quando l’artista prendeva ispirazione dalla conoscenza dell’opera dei maestri francesi quali Matisse e altri, fino alle Esplosioni liriche, Le pietre e successivamente le opere astratte, cifra personale assoluta del linguaggio di Magnelli. Certo è che Magnelli è un maestro del colore, da qui la scelta del titolo che rievoca le sperimentazioni cromatiche che hanno coinvolto il mondo dell’arte dalla metà dell’Ottocento in poi”.
A Firenze riemerge un'opera di Hans Arp di cui si erano perse le tracce. E ora viene esposta |