Aprirà l’8 maggio e sarà visitabile fino al 4 luglio 2021 la mostra Dante. Gli occhi e la mente. Le Arti al tempo dell’esilio, allestita presso la Chiesa di San Romualdo di Ravenna. Curata da Massimo Medica (Direttore dei Musei Civici d’Arte Antica di Bologna) e organizzata dal Comune di Ravenna, dall’Assessorato alla Cultura e dal MAR - Museo d’Arte della Città di Ravenna, in occasione del settecentesimo anniversario della scomparsa di Dante, l’esposizione intende ripercorrere le principali tappe dell’esilio del Sommo Poeta, che lo condusse infine a Ravenna, dove il poeta si spense settecento anni fa. Alcune delle tappe principali del suo esilio sono Roma, Arezzo, Verona, Padova, Bologna, Lucca, Pisa e in ultimo Ravenna, città scandiscono il percorso della mostra in cui è possibile ammirare alcuni capolavori realizzati all’epoca di Dante e attraverso i quali è possibile ripercorrere le più significative vicende dell’arte italiana tra il Duecento e il Trecento.
Nel raccontare la figura di Dante ci si è più volte interrogati sul ruolo che l’esperienza visiva potesse avere nella concezione delle sue opere e molti hanno notato la capacità del Sommo Poeta di pensare direttamente per immagini. Soprattutto se si considera che sua città natale fu Firenze, caratterizzata dalla metà del Duecento da una grande fioritura artistica, culminata con Cimabue (in mostra la Madonna di Castelfiorentino e le due miniature ritagliate con i santi Abbondio e Crisanto applicate sugli sportelli esterno di un tabernacolo-reliquiario della Pinacoteca Civica di Gubbio) e con Giotto, di cui Dante doveva conoscere le opere. L’esilio iniziò nel 1302 e lo portò a peregrinare per varie corti e città dell’Italia centro-settentrionale, arricchendo così il suo vasto patrimonio di immagini di cui dovette tener conto quando compose la Divina Commedia.
Il percorso espositivo parte da Firenze, con i due protagonisti della scena artistica, Cimabue e Giotto, menzionati nelle note terzine del Purgatorio (Canto XI): in questa prima sezione sono visibili la Madonna col Bambino di Castelfiorentino di Cimabue posta a confronto con la Madonna di San Giorgio alla Costa di Giotto e con il più tardo polittico di Badia degli Uffizi, che lo stesso Dante ebbe sicuramente occasione di ammirare prima della sua condanna al forzato esilio. Il maggiore responsabile di questo fatto su Bonifacio VIII, di cui è presente in esposizione il calco della scultura realizzata da Arnolfo di Cambio che lo ritrae. La vita della corte pontificia di Roma, città che Dante visitò nel 1300 e nel 1301, prima di ricevere la notizia della sua condanna e del suo definitivo esilio da Firenze, è introdotta da suppellettili e preziosi dipinti, tra cui i due frammenti di affresco con i santi Pietro e Paolo provenienti dal distrutto ciclo pittorico del portico di San Pietro.
Gli anni dell’esilio iniziarono nella Forlì degli Ordelaffi e nella Verona degli Scaligeri, nel 1303-1304, e in cui poi fece ritorno nel 1313-1318 nel periodo di grande sviluppo della città promosso da Cangrande della Scala. Il soggiorno nella città veneta è documentato da preziosi tessuti, oreficerie, tavole dipinte e sculture, quest’ultime realizzate dal Maestro di Sant’Anastasia. Giunse poi a Padova intorno al 1304, quando Giotto stava ultimando la decorazione della Cappella degli Scrovegni. In mostra anche il preziosissimo Offiziolo (1305-1309) appartenuto a Francesco da Barberino, poeta amico di Dante, che al suo interno presenta varie immagini di chiara ispirazione dantesca. Il Sommo Poeta passò poi da Bologna, tra il 1304 e il 1306: non si esclude che Dante avesse potuto ammirare le miniature che decoravano i preziosi libri giuridici e i codici liturgici; nel XI Canto del Purgatorio Dante cita il miniatore Oderisi da Gubbio. Saranno quindi in mostra i manoscritti miniati della scuola bolognese del tardo Duecento e del primo Trecento, insieme ad altri capolavori provenienti biblioteche e musei, tra cui la Biblioteca Apostolica Vaticana.
Dopo i soggiorni nella Marca Trevigiana e poi nella Lunigiana dei Malaspina, Dante si trasferì nel Casentino, poi a Lucca, dove ebbe occasione di vedere le opere compiute da Nicola Pisano per la cattedrale (presente in mostra il calco della lunetta con la Deposizione dalla Croce, proveniente dal Museo Nazionale di San Matteo di Pisa) e ancora a Forlì nel 1310, dove probabilmente apprese la notizia della discesa in Italia del nuovo imperatore Arrigo VII. Un’apposita sezione presenta varie documentazioni legate all’imperatore, morto prematuramente il 24 agosto del 1313. Alla solenne cerimonia funebre che si tenne nel Duomo di Pisa presenziò probabilmente anche Dante, che ebbe così occasione di ammirare alcuni dei capolavori realizzati da Nicola e da Giovanni Pisano. Quest’ultimo era in quegli anni al servizio dello stesso imperatore, che gli commissionò il monumento funebre della moglie Margherita di Brabante, morta il 14 dicembre 1311 e sepolta a Genova nella Cattedrale (da cui proviene la scultura con la Giustizia della Galleria Nazionale della Liguria di Palazzo Spinola). Probabilmente il monumento era stato in parte approntato nella bottega pisana dello scultore tra la primavera e l’estate del 1313, nello stesso periodo in cui Dante era a Pisa dove si era trasferito, seguendo la corte, a partire dal mese di marzo del 1312. Le testimonianze di Nicola e Giovanni Pisano affiancano in mostra quelle di Arnolfo di Cambio (Galleria Nazionale dell’Umbria) a conferma della preminenza attribuita dal poeta all’arte plastica, come attestano le numerose citazioni contenute nella Commedia. Una volta lasciata la corte di Cangrande della Scala, Dante giunse a Ravenna intorno al 1319, dove da poco si era insediato al potere Guido Novello da Polenta. Risale a questo periodo la presenza in città dei pittori Giovanni e Giuliano da Rimini, e a quest’ultimo venne commissionato di decorare la cappella a cornu epistulae della chiesa di San Domenico, seguito anche da Pietro da Rimini, di cui la città conserva ancora oggi varie testimonianze. A questi due artisti riminesi (di Giuliano verrà presentato il grande polittico di proprietà della Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini depositato al Museo della Città “Luigi Tonini”) verrà riservato ampio spazio nella sezione finale della mostra, intervallata da testimonianze legate alla cultura figurativa veneziana, al fine di documentare l’ultima impresa diplomatica svolta dal poeta fiorentino per conto del da Polenta nella città lagunare: tuttavia gli risultò fatale, poiché morì tra il 13 e il 14 settembre 1321. Venne sepolto in una piccola cappella addossata al muro del convento di San Francesco, che anticamente era detta della Madonna per via forse di una antica immagine scolpita con la Madonna in trono col Bambino, che sormontava in origine il sarcofago, che si è voluto identificare con quella oggi conservata al Museo del Louvre, proveniente infatti da Ravenna. Si tratta di un indiscusso capolavoro realizzato in marmo, databile tra la fine del Duecento e gli inizi del Trecento, che per l’occasione ritorna nella città d’origine, documentando la sua pertinenza alla tradizione bizantina, rivisitata tuttavia secondo una sensibilità già occidentale e gotica.
L’esposizione conta il prezioso contributo della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna, della Camera di Commercio di Ravenna e della Regione Emilia Romagna.
Per maggiori info: www.mar.ra.it
Orari: Da martedì a domenica dalle 10 alle 19. Chiuso il lunedì.
Immagine: Giuliano di Martino da Rimini, Trittico con l’incoronazione della Vergine, Angeli, Santi e scene della Passione di Cristo (1315-1320 circa, tempera e oro su tavola, 190,5 x 205,5 cm; Rimini, Fondazione Cassa di Risparmio, in deposito al Museo della Città “Luigi Tonini”)
Titolo mostra | Dante. Gli occhi e la mente. Le Arti al tempo dell'esilio | Città | Ravenna | Sede | Chiesa di San Romualdo | Date | Dal 08/05/2021 al 04/07/2021 | Artisti | Cimabue, Giotto | Curatori | Massimo Medica | Temi | Giotto, Cimabue, Dante Alighieri, Ravenna, Chiesa di San Romualdo |
Ravenna, al via la grande mostra dedicata all'arte al tempo dell'esilio di Dante |
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