Presso gli storici spazi di Palazzo Martinengo di Villagana a Brescia, la Galleria BPER ha inaugurato la mostra collettiva PRIMA. Che io possa andare oltre, aperta al pubblico fino all’11 gennaio 2025. Curata da Giovanna Zabotti, con la collaborazione di Chiara Grandesso e Silvia Moretti, e patrocinata dal Comune di Brescia, l’esposizione offre una riflessione sulla valorizzazione del talento femminile, intrecciando opere che attraversano secoli e confini geografici.
L’obiettivo principale della mostra è evidenziare la capacità delle donne di trasformare il proprio talento in professione, diventando modelli di riferimento per le generazioni successive. Partendo dalle opere della corporate collection di BPER Banca, il percorso si snoda attraverso diverse epoche, dal Barocco bolognese fino all’arte contemporanea, offrendo un dialogo che supera le barriere linguistiche e temporali delle arti visive.
“Una mostra di artiste che celebrano il talento femminile, facendo dialogare linguaggi apparentemente diversi, per evidenziare come, il più delle volte, tra un prima e un dopo ci siano donne eccezionali”, ha dichiarato la curatrice Giovanna Zabotti. “Per parlare del talento femminile o semplicemente del talento che le donne sanno esprimere. Un percorso che è una storia: di donne italiane straordinarie, che con il loro coraggio e la loro determinazione, sono riuscite a vivere una ‘prima volta’ in Italia o nel mondo, che è stato un passo avanti piccolo o grande per cambiare la nostra società, sulla vita e le imprese di una ‘prima donna che’, donne innovative che si sono affermate aprendo una strada”.
La storia dell’arte è stata per secoli una narrazione dominata da figure maschili, relegando il contributo femminile ai margini. Nonostante questo, le donne hanno sempre avuto un ruolo fondamentale nel panorama artistico, esprimendo il proprio talento in modo spesso silenzioso e invisibile. Tuttavia, il percorso verso la valorizzazione del talento femminile nell’arte è stato lungo e complesso, segnato da lotte per il riconoscimento e dall’affermazione di molte artiste contro ostacoli culturali e sociali.
Il viaggio inizia con l’opera di Elisabetta Sirani (Bologna, 1638 – 1665), una delle pittrici più influenti del Barocco. La Sirani, nota per la sua determinazione e talento imprenditoriale, riuscì a farsi strada in un contesto dominato dagli uomini, diventando una delle prime donne a dirigere una bottega e a insegnare all’Accademia di San Luca. In mostra sono esposti due suoi importanti lavori: la Madonna che allatta il Bambino (1658) e il San Giovannino nel deserto (1660), entrambe opere della collezione BPER, che testimoniano la sua maestria nel catturare emozioni con uno stile espressivo e dinamico.
Non solo eccelleva come pittrice, ma riuscì a dirigere una bottega e a fondare una scuola di pittura femminile, una novità per l’epoca. Sirani fu un esempio lampante di come le donne potessero non solo creare arte, ma anche gestire con successo una propria attività, affermandosi in un campo nel quale, per una donna, emergere era un’impresa ai limiti del possibile. Sirani produsse opere varie cimentandosi in diversi generi: ritratti, scene religiose e mitologiche, sviluppando uno stile espressivo e rapido. Il suo successo rappresentò un passo importante verso la legittimazione dell’arte femminile come spazio di autonomia professionale e creativa.
Il dialogo prosegue con Carla Accardi (Trapani, 1924 – Roma, 2014), pioniera dell’astrattismo italiano e unica donna del Gruppo Forma 1. La sua ricerca artistica si basa su due elementi principali: dal punto di vista tecnico la riduzione delle forme e dei segni all’essenziale e l’eliminazione di ogni significato simbolico o allegorico della composizione, dal punto di vista teorico l’impegno nel dimostrare che le artiste donne non devono necessariamente essere autrici di un’arte delicata nei temi e nelle cromie per via del loro genere, al contrario possono essere libere di rappresentare messaggi forti, al pari dei colleghi uomini. Il suo acrilico su tela Rosso-nero (1985), appartenente alla collezione BPER, è affiancato da una panchina rossa, simbolo della lotta contro la violenza sulle donne, creando un potente contrasto tra arte e impegno sociale. Accardi si distinse per il suo ruolo all’interno dell’astrattismo italiano: fu infatti una delle prime donne italiane a dedicarsi all’arte astratta, dimostrando che le artiste potevano produrre opere potenti e concettualmente complesse, superando le barriere del “genere femminile” come limite artistico.
L’esposizione si arricchisce con opere di artiste contemporanee come Stefania Galegati (Bagnacavallo, Ravenna, 1973), vincitrice della prima edizione del Premio BPER, un premio acquisizione assegnato nel 2024 in occasione di Arte Fiera a Bologna, e Ana Kapor, le cui opere recenti Soledad e Il silenzio del luogo esprimono l’attenzione verso l’inclusione e il talento femminile. Galegati, con la sua opera Isola #49 (2021), vincitrice del Premio BPER, esplora le tematiche dell’identità e dell’appartenenza, continuando il dialogo tra passato e presente che è il cuore della mostra. Un altro aspetto fondamentale dell’esposizione è rappresentato dal vetro, un materiale storicamente associato all’artigianato maschile. Le artiste Marina e Susanna Sent, maestre muranesi dal 1993, propongono gioielli e sculture in vetro di rara bellezza, combinando tradizione e innovazione.
Accanto a loro, il duo Goldschmied & Chiari (Sara Goldschmied – Arzignano, Vicenza, 1975; Eleonora Chiari – Roma, 1971) presenta l’opera Untitled View (2020), esplorando il confine tra femminismo ed ecologia attraverso installazioni in vetro specchiato. Le due artiste hanno iniziato a collaborare nel 2001, creando opere caratterizzate da un forte impegno concettuale, che esplorano temi legati alla femminilità, all’identità, al potere e alla memoria collettiva. Attraverso l’uso di tecniche multimediali, il lavoro del duo al femminile riflette una visione critica della società contemporanea, affrontando questioni di genere e attualità politica. Le opere di Goldschmied & Chiari si contraddistinguono per l’utilizzo di materiali variegati e simbolici, e non di rado riflettono anche sulla fragilità e la transitorietà delle immagini e dei ricordi.
Un elemento distintivo dell’allestimento è l’introduzione della poesia come strumento di riflessione e introspezione. La poetessa Alessandra Baldoni (Perugia, 1976) contribuisce con componimenti che accompagnano le opere, creando un dialogo tra parole e immagini. La sua installazione site-specific L’universo non ha centro accoglie i visitatori con otto scrigni/libro in ferro e vetro, che attraverso versi e giochi di luce esplorano il concetto di talento e come esso venga percepito nel corso della vita. Il risultato è un’esperienza sensoriale che invita il pubblico a confrontarsi con le diverse sfaccettature della creatività femminile.
Si tratta, come ha spiegato la stessa Baldoni, di “un piccolo catalogo di definizioni esistenziali, una raccolta di esemplari. Le immagini appaiono sotto un vetro opaco che le cela, ‘sotto’ le poesie come se si trattasse di un segreto da decifrare. Sono prese da particolari di opere d’arte della tradizione classica. Sono gesti simbolici, sono metafore. Un’adunanza di mani, un volto chiuso in un palmo che spinge – gesto imposto, marziale, che toglie la parola – fogliame che copre la carne chiara e piena di desiderio, una mano femminile che sfiora le acque come a cercare battesimo. Sono gesti, volti e paesaggi potenti che innescano altre visioni, si fanno carica di senso, si riattivano ad ogni sguardo scivolando nella memoria”.
L’architetto Silvia Moretti e l’exhibition designer Andrea Isola hanno ideato un allestimento che pone in dialogo opere e materiali eterogenei. Le connessioni tra linguaggi artistici e periodi storici diversi sono evidenziate in modo da stimolare una riflessione sul valore del contributo femminile nell’arte. L’allestimento, inoltre, invita a considerare il percorso espositivo non solo come una mostra di opere d’arte, ma come un viaggio emozionale e intellettuale, volto a scoprire nuove prospettive sul talento e sulla creatività.
PRIMA. Che io possa andare oltre è parte integrante delle attività che La Galleria BPER Banca porta avanti per promuovere l’inclusività e la diversità. La mostra rappresenta un tassello significativo nel progetto di valorizzazione della corporate collection, con particolare attenzione al talento femminile e all’impatto che le donne hanno avuto e continuano ad avere nelle arti.
L’esposizione, che si inserisce nell’ambito delle iniziative culturali della Galleria, rinnova l’impegno di BPER Banca nella promozione del proprio patrimonio artistico, valorizzando il dialogo tra le opere e il pubblico.
“Questo progetto espositivo nasce da un processo di scambio e dialogo continuo con un gruppo di lavoro composto da donne e professioniste”, spiega la curatrice Giovanna Zabotti, “che per vari motivi hanno dimostrato di poter essere considerate per ciò che sono e ciò che fanno, anche in ruoli tradizionalmente riconducibili all’attività maschile. Insieme a loro e al team de La Galleria BPER Banca abbiamo concepito una mostra piena di forza e di energia, che restituisce voce a donne che con coraggio e grinta si sono ‘impossessate’ per la prima volta di ruoli considerati di dominio maschile in cui hanno eccelso. Questo stupore verso il successo femminile in determinati ambiti si sperimenta ancora oggi ma la volontà è che non si debba parlare più di prime volte ma che, appunto, si possa andare oltre”.
La mostra sarà aperta al pubblico ogni venerdì dalle 14:00 alle 18:00 e ogni sabato dalle 10:00 alle 13:00 e dalle 14:00 alle 18:00. L’ingresso è gratuito, ma la prenotazione è obbligatoria tramite la piattaforma Eventbrite, con slot di ingresso previsti ogni 45 minuti. Chiusura al pubblico il 27 e il 28 dicembre 2024, il 4 e il 5 gennaio 2025.
Titolo mostra | Prima. Che io possa andare oltre | Città | Brescia | Sede | Palazzo Martinengo di Villagana | Date | Dal 18/10/2024 al 11/01/2025 | Curatori | Giovanna Zabotti, Chiara Grandesso, Silvia Moretti | Temi | Arte alle donne |
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