Dal 4 al 26 maggio 2019, il Rifugio “Vittorio Arrigoni” di via Odorici a Brescia ospita la mostra Art of vandalism?, una collettiva di street artist italiani che presentano lavori realizzati in studio indagando però al contempo il rapporto del loro lavoro con l’azione condotta in strada. La rassegna, organizzata dalla neonata associazione culturale bresciana Segmenti Urbani, la cui ricerca si precisa nell’ambito della street art con un focus particolare sull’indagine delle implicazioni sempre più ampie e complesse di un’arte nata in strada come atto spontaneo ed illegale (ma che da movimento underground si è trasformata oggi in vero e proprio fenomeno di massa), intende dimostrare come oltre a quegli “atti vandalici” a cui solitamente le persone associano i graffiti degli street artist, esista un serio lavoro di ricerca artistica: al contrario di ciò che si ritiene, l’intento dell’arte di strada non è quello di danneggiare ma è quello di comunicare. Ogni artista coinvolto nel progetto Art vandalism esprime dunque modalità e stili differenti, mostrando la varietà che esiste in questo mondo, caratterizzato da confini sempre più labili e indefiniti, ma accomunati dallo stesso impulso, che spinge gli artisti a intervenire in strada, sui treni, tra i vicoli, sui muri di vecchi palazzi. Il luogo in cui si tiene la mostra, il bunker, è nato come rifugio per la popolazione civile durante il secondo conflitto mondiale: diventa ora custodia per queste bombe di creatività, alimentando il cortocircuito creato nel mondo della street art.
C’è poi un ulteriore aspetto che la mostra approfondisce: come sarebbe possibile portare un’arte che nasce e vive in strada in un luogo espositivo? A seguito della grande curiosità e della conseguente confusione che si è generata riguardo questo movimento, gli organizzatori nutrono la volontà di mostrare il lavoro di alcuni suoi protagonisti, che spesso vengono etichettati come vandali. Art of vandalism? è quindi una vetrina che mette in luce artisti che continuano a lavorare senza spezzare il legame tra l’opera alla libertà espressiva, così da mostrare il nostro punto di vista sulla street art.
Tutto ha inizio con il graffitismo, nato alla fine degli anni Sessanta tra le strade di New York e dal desiderio di rivalsa, dalla ricerca di identità e voglia d’affermazione che i ragazzi afroamericani delle periferie esprimevano tramite le tags, cioè il proprio soprannome. Da allora la tag (inizialmente abbinata al numero che identificava la zona d’appartenenza), è diventata arma per rivendicare la propria individualità. Dal 1971, da fenomeno di nicchia si è trasformata ben presto in un movimento di globale, dalle semplici tags si è passati alla ricerca stilistica, a firme sempre più grandi e sempre più virtuosamente arzigogolate. Il movimento stava evolvendo e lo faceva attraverso la nascita di nuovi stili frutto di ricerche formali, come il “bubble style”, il “bar letters”, “wild style” o il “3D letters”. Nel corso degli anni la consapevolezza artistica degli autori è cambiata e la voglia di emergere ha portato i graffiti artists a realizzare opere sempre più spettacolari, imponenti e ricercate.
Verso la fine degli anni Novanta si è arrivati ad un bivio epocale nel mondo del graffitismo: da una parte è rimasta una corrente fortemente legata alle proprie radici, dall’altra si è liberato un movimento artistico in piena evoluzione, ancora vicino alla strada, ma che ambiva a comunicare a un pubblico più ampio. Questo nuovo movimento è stato prontamente etichettato come street art da chi ne voleva sfruttare l’appeal commerciale. Influenzata pienamente dagli anni Novanta, pur mantenendo le radici nel graffitismo, la street art ha attinto a piene mani dall’aereosol culture, dal movimento rave, dalla produzione dal basso dei centri sociali, dalle grafiche degli skateboard, dalle fanzine, dai fumetti... un conglomerato di influenze che hanno creato una netta separazione dal writing, introducendo nuovi riferimenti culturali ed estetici, un nuovo concetto di unicità dell’opera, nuove tecniche e nuovi strumenti (oltre a bombolette e marker, si utilizzano rulli da imbianchino, stickers, stencils, posters e installazioni eseguite con una vastissima gamma di materiali). Al giorno d’oggi la street art è di moda: da cultura underground è diventata un fenomeno di massa. Utilizzata da grandi marchi per le pubblicità, viene messa in vetrina da galleristi estranei a questo movimento, ma attirati dalla possibilità di guadagnare, che arrivano ad asportare porzioni di muro per esporle nella propria galleria (quindi uccidendo l’opera).
La mostra, seguendo il percorso storico appena descritto, inizia con il writing: attraverso gli scatti di S.B. il pubblico della mostra vive quello spaccato legato ai treni, alle stazioni, dove i lavori corrono lungo i binari. Le tele dei writer Tommy Sper e Bone invece mostreranno il loro percorso artistico e stilistico, dai muri alla tela e viceversa. Daniele Tozzi, artista romano, negli anni Novanta si firmava Pepsi, ma quello che espone ora sono i suoi delicati giochi calligrafici, frutto di una ricerca stilistica improntata dallo studio del lettering. Lo stencil si può considerare anch’esso un’evoluzione del writing: serviva un mezzo per limitare il rischio di essere fermati, velocizzare l’esecuzione dell’opera, senza perdere la qualità dell’immagine. Anche qui la ricerca e la voglia di distinguersi ha spinto ed elevato questa tecnica basilare. Un esempio sono artisti quali Nabla&Zibe, Uno e Icks, tra i più prolifici e originali stencil artist italiani che hanno saputo rileggere questa tecnica in chiave del tutto personale. Anche per l’artista Nemo’s tutto è iniziato con le bombolette, ma la sperimentazione (utilizzando un mix di tecniche) è la caratteristica principale dei suoi lavori, conditi da un interesse figurativo per l’anatomia antropologica.
È facile notare il gigantismo dei murales, ma esiste anche un ricco microcosmo nascosto che arricchisce le nostre strade e lo sticker è il principale protagonista. Con la combo Bombing Bunker, che raccoglie piccoli progetti creativi da tutto il mondo e con i poster dell’artista StelleConfuse, tra i capisaldi italiani di quest’arte, la mostra ne offre una panoramica. Sempre di poster si parlerà con il collettivo Guerrilla Spam: le loro opere sono dense di tematiche sociali, con lo scopo principale di comunicare alle persone. Come si è detto, la street art è un fenomeno globale: grazie agli scatti di Giovanni Candida, Robby Rent e Anton Akimov la mostra espone anche opere nate “spontaneamente” in diverse città d’Europa. Per concludere la carrellata di tecniche e stili, gli organizzatori hanno invitato l’artista urbano Biancoshock: i suoi interventi interrompono la monotonia della vita quotidiana, idee semplici che fanno sorridere ma contemporaneamente riflettere. Per la mostra presenterà un progetto side specifico. L’ultimo artista coinvolto è Ivan Tresoldi, poeta di Milano, che insieme a Segmenti Urbani e Simone Pallotta porta “Vuoto a rendere”, progetto di poesia di strada e assalto poetico.
Per maggiori info è possibile visitare la pagina di Segmenti Urbani.
Nell’immagine, una delle opere di Tommy Sper.
Fonte: comunicato
Titolo mostra | Art of vandalism | Città | Brescia | Sede | Rifugio “Vittorio Arrigoni” | Date | Dal 04/05/2019 al 26/05/2019 | Temi | Street art |
Gli street artist sono anche vandali? Una mostra indaga il loro lavoro... oltre il muro |