È in programma dal 29 settembre 2018 al 20 gennaio 2019 a Bologna, a Palazzo Pallavicini, la mostra Alphonse Mucha, interamente dedicata al grande artista Alphonse Mucha (Ivančice, 1860 - Praga, 1939), che espone ottanta sue opere, ventisette delle quali esposte per la prima volta in Italia. La rassegna, curata da Tomoko Sato (che è curatore della Mucha Foundation) è organizzata da Chiara Campagnoli, Rubens Fogacci e Deborah Petroni della Pallavicini srl in collaborazione con Mucha Foundation. L’idea dell’esposizione è quella di offrire uno sguardo sull’opera di Mucha, uno degli artisti più celebrati della Parigi fin-de-siècle, conosciuto ai più per le sue opere grafiche e per il suo stile, noto come “stile Mucha”, caratterizzato da composizioni armoniose, forme sinuose, riferimenti alla natura e colori pacati, che ben presto divenne uno dei simboli più riconoscibili dell’Art Nouveau.
La mostra di Bologna, con le opere selezionate tra quelle della Mucha Foundation, include alcuni tra i più iconici lavori dell’artista, come i manifesti e i cartelloni del suo periodo parigino, e vuole anche approfondire il linguaggio artistico con cui Alphonse Mucha espresse il suo nazionalismo una volta ritornato in patria negli ultimi anni della sua vita. Tre le sezioni che compongono la mostra: Donne - Icone e Muse, Le Style Mucha – Un Linguaggio Visivo, Bellezza - Il Potere dell’Ispirazione.
Donne - Icone e Muse, si apre con Gismonda, il primo vero manifesto disegnato da Mucha per Sarah Bernhardt. Nella sua rappresentazione della più grande attrice francese del periodo, l’artista ceco trasforma la “divina Sarah” in una dea bizantina. Il poster ricevette apprezzamenti immediati non appena apparve sui cartelloni di Parigi il 1° gennaio 1895: il suo impatto visivo, con la sua elegante forma allungata ed i delicati toni pastello che rendevano sublime l’immagine dell’attrice ed il suo equilibrio tra semplicità e dettaglio, era impressionante nella sua originalità. Deliziata dal successo di questo manifesto, la Bernhardt offrì a Mucha un contratto per produrre le scenografie ed i costumi di scena, così come tutti i manifesti delle sue rappresentazioni teatrali. Durante questo contratto, che durò dal 1895 al 1900, Mucha produsse altri sei manifesti per gli spettacoli della Bernhardt, tra cui La dama delle camelie (1896), Lorenzaccio (1896) e La Samaritana (1897). Il successo della Gismonda portò a Mucha anche numerose commissioni per disegnare manifesti pubblicitari, tra cui quelli per marche famose come JOB (carta per sigarette), Lefèvre-Utile (biscotti) e Waverley (biciclette americane). La sezione include principalmente due gruppi di opere: manifesti teatrali su Sarah Bernhardt e manifesti pubblicitari per prodotti commerciali. Studiando attentamente questi lavori si esplorano le strategie artistiche di Mucha, specialmente il suo impiego di bellissime donne come icone e veicoli di messaggi commerciali. La mostra include inoltre alcune confezioni e copertine di riviste.
La seconda sezione approfondisce lo stile di Mucha: durante la sua epoca, il concetto di “arte” subì profonde trasformazioni con l’avvento del modernismo, e lo stesso accadde anche alla nozione classica di “bellezza”, uno dei fondamenti dell’arte, che fu messo alla prova e mutò fino ad abbracciare nuove idee e forme. In un tale momento di fermento, Mucha cominciò la sua ricerca sul valore universale ed immutabile dell’arte e giunse alla conclusione che l’obiettivo ultimo della stessa fosse l’espressione della bellezza, che poteva a suo parere essere raggiunta solo attraverso l’armonia tra contenuti interni (idee, messaggi) e forme esterne. Come scrisse nei suoi appunti di professore, che sono stati pubblicati postumi come Lezioni sull’Arte (1975), il ruolo dell’artista è quello di ispirare le persone tramite la bellezza armoniosa delle sue opere e di elevare la loro qualità di vita attraverso la sua arte. Per raggiungere questo obiettivo, Mucha sviluppò una particolare e caratteristica formula artistica, un nuovo linguaggio comunicativo, che utilizzava l’immagine di una donna, simbolo del suo messaggio di bellezza, insieme a fiori ed altri elementi decorativi, tratti dalla tradizione folcloristica ceca e di altre culture esotiche. Per Mucha, i manifesti ornamentali (panneaux décoratifs) erano il mezzo ideale per realizzare la sua aspirazione. Introdotti per la prima volta da Mucha e dal suo editore Champenois, questi manifesti erano per la maggior parte privi di testo e realizzati per puro scopo decorativo; prodotti in grandi quantità furono subito disponibili per un’ampia fetta di pubblico, diventando così una forma d’arte alternativa che poteva essere sfoggiata anche dalle famiglie più ordinarie. Di questi manifesti, Mucha scrisse poi: “Sono stato felice di essere coinvolto in una forma d’arte destinata alla gente e non ai soli salotti eleganti. Arte poco costosa, accessibile al grande pubblico e che ha trovato dimora nelle abitazioni più povere così come nei circoli più influenti”. La sezione presenta alcuni manifesti decorativi di Mucha ed esplora le idee dietro questi lavori, studiando le caratteristiche della sua cifra stilistica. Include inoltre i fondamentali manuali di decorazione di Mucha, Documents Décoratifs (1902) e Figures Décoratives (1905).
Chiude la mostra la sezione sulla bellezza: Mucha ritornò in patria nel 1910 per realizzare il suo sogno di impegnarsi attivamente per la libertà politica del suo Paese, impegno che culminò nella realizzazione della sua opera d’arte, Epopea Slava (1912-1926) ed altri lavori che dovevano ispirare l’unità spirituale dei popoli slavi. La sezione finale mostra esempi degli ultimi lavori di Mucha, esplorando come le style Mucha si fosse evoluto nell’arte della creazione del messaggio. Le opere in mostra in quest’ultima sezione includono studi per la decorazione dell’allora nuovo Municipio di Praga, così come il manifesto per la mostra Epopea Slava, tenuta a Praga e Brno nel decimo anniversario della nascita della Cecoslovacchia.
Gli orari d’apertura della mostra: dal giovedì alla domenica dalle 11 alle 20 (chiuso dal lunedì al mercoledì). La biglietteria chiude un’ora prima. Aperture straordinarie il 26 dicembre, il 31 dicembre (ultimo ingresso alle 16), il 1° gennaio (apertura alle 14), il 2 gennaio. Biglietti: intero 13 euro, ridotto 11 euro (bambini e ragazzi dai 6 ai 18 anni non compiuti, over 65 con documento, studenti fino a 26 anni non compiuti con tesserino, militari con tesserino, guide turistiche con tesserino, giornalisti praticanti e pubblicisti con tesserino regolarmente iscritti all’Ordine, accompagnatori diversamente abili in compagnia del disabile, soci ICOM con tesserino), ridotto gruppi (minimo 15 persone) 10 euro, ridotto scuole 5 euro, gratis per un accompagnatore per gruppo, due accompagnatori per scolaresca, bambini sotto i 6 anni, diversamente abili. Convenzioni: 9 euro per possessori Bologna Welcome e Bologna Card Musei, universitari il giovedì. Biglietto per genitori con figli dai 6 ai 18 anni: 10 euro.
Immagine: Alphonse Mucha, Reverie (1897; © 2018 Mucha Foundation)
Titolo mostra | Alphonse Mucha | Città | Bologna | Sede | Palazzo Pallavicini | Date | Dal 29/09/2018 al 20/01/2019 | Artisti | Alphonse Mucha | Temi | Ottocento e Novecento |
Una mostra su Alphonse Mucha a Bologna, con opere che arrivano per la prima volta in Italia |