di
Giuseppe Adani
, scritto il 17/02/2021
Categorie: Libri / Argomenti: Parma
Recensione del volume VIII della “Storia di Parma”, interamente dedicato alla Storia dell'Arte della città nei secoli dal XVI al XX.
“Come la neve al sol si disigilla” canta Dante al culmine del suo Paradiso: così sul finire di questo periglioso inverno sorge su Parma un sole sfolgorante a irrorare l’intera vita della città, la sua consapevolezza di essere luogo incomparabile per l’arte di tutti tempi. Non è un’iperbole! Già Enrico Bodmer nella sua opera sui pittori emiliani prendeva avvìo dicendo “nessun paese come l’Italia possiede un paesaggio di bellezze tanto rigogliose” e descrivendole si appuntava su questa regione dove una catena di città, “difese da muraglie e da torri”, si presentava come una continuità di fucine privilegiate di arte e cultura. A gran ragione poi ne scopriva una particolare, davvero fulgente. Oggi l’imponente volume facente parte della “Storia di Parma”, che è dedicato alla Storia dell’Arte nei secoli dal XVI al XX, è davvero l’astro illuminante di una realtà incontrovertibile.
Il preconizzato lettore seguirà un mio consiglio singolare, almeno rispetto a molti titoli di editoria nei quali le presentazioni scritte hanno un sapore già scontato di rituali deboli incensazioni agli autori, o ancor più all’Entità, pubblica o privata, che sostiene le spese. No: qui le quattro presentazioni scritte da Roberto Delsignore, Paolo Andrei, Marzio Dall’Acqua, e Andrea Zanlari sono da leggere attentamente, sono la scena grande di perenni verità costitutive; di scavi precisi e sorprendenti che rinserrano ragioni sovrastoriche quantomai reali; direi anche di “misteri evidenti” che qui vengono sciolti; e di convinte trame secolari che reggono tuttora la città come caposaldo vivo e come sorgente di doni universali. A queste necessarie introduzioni, che stimolano il percorso cogitativo di tutto il volume, risponde sinfonicamente il curatore generale Arturo Carlo Quintavalle spiegando che cosa sia quel quid che rende Parma un “luogo mitico”, anche nel mondo della comunicazione contemporanea.
Con tale viatico la lettura attenta diventa l’immmersione in un giardino delle delizie che nutre vieppiù lo spirito, che rafforza i pensieri, che inossa la cultura, e che tiene altissimo il diapason del piacere e dell’entusiasmo. Tanto più che l’intero volume, come abbiamo còlto, tratta totalmente di arte. Ed è un’arte trionfale quella che sgorga agli inizi del XVI secolo, sostenuta dalla cultura dell’intera intelligenza della città: vero riversamento ideale per le capacità creative degli architetti e dei maestri figurativi.
Si impongono immediatamente i nomi del Correggio e del Parmigianino, dispensatori di un universo immaginativo reso concreto con genialità incomparabile: per essi Parma rimane gemma assoluta nel cosmo delle arti. Si è scritto che il primo dei due “veniva da fuori”, ma non si tratta affatto di estraneità pochè i Signori da Correggio ressero la città sin dal secolo XIV, ospitandovi nientemeno che il Petrarca, e qui un ramo di essi era permanentemente presente. Antonio Allegri si può dire che fosse “naturaliter parmensis”, e qui infatti volle rimanere, pensare, agire, con una identità che ribalta qualunque lontananza e che rifiutò qualsiasi altro invito; il suo genio pittorico è una assimilazione totale con la temperie del luogo. La sua protensione anabatica e quella induzione cinetica delle sue composizioni (che è sempre umorosa, sorridente, serena) hanno mutato il corso della storia dell’arte nell’intero occidente.
In simile modo avviene per il Parmigianino, figlio diretto di questa terra, che vagò per anni ed anni ma che all’esordio e alla fine della sua breve esistenza qui lasciò lo stigma del suo animo con dipinti attingenti alle più sconvolgenti vette di una perfezione mistica e misterica che non possiamo non dire ineffabile. I colori, le forme, le finitezze del Parmigianino stanno al di sopra di ogni confronto: rivelazione certa di un animo votatato a visioni preterumane.
Ora, per non cadere in una serie fittissima di citazioni e di personalità che hanno costipato le arti nei secoli dal Seicento al Novecento ci basterà segnalare al lettore e allo studioso la vicenda generazionale della fastosa dinastia farnesiana, seguita dalla distintissima corte dei Borboni, eppoi dalla personalità raffinata di Maria Luigia, per giungere attraverso il revival accademico ottocentesco e le diversificate vicende dei passaggi stilistici, proto e tardo novecenteschi, sin quasi ai nostri giorni. Ed è una antologia altissima di nomi celebri di pittori e scultori. L’avvertenza è la continuità di una line artistica sempre elevata, diffusa ovunque nei palazzi, nelle ville, nelle chiese, nelle incipienti raccolte private, eppoi nel grandioso complesso dei Musei della Pilotta. Un linguaggio che pur nella molteplicità dei rapporti, anche internazionali, ha mantenuto quel carattere aulico, parmense sotto tutti gli aspetti, che permette (come dimostra il volume che stiamo onorando) di riconoscere una classe ammirevole sempre, e spesso affascinante, delle opere che Parma possiede: dai miti sensuosi del Palazzo del Giardino, alla novella grecità della scultura; dai legni meravigliosi di tanti arredi alle misurate intime riflessioni di Amedeo Bocchi. A tutto il magnifico panorama fanno eco le recenti raccolte superbe, di astrazione quasi araldica, di Luigi Magnani e di Franco Maria Ricci.
Con questo volume possiamo dire che Parma capitale - per citare Platone - possiede l’interpretazione del passato (anàmnesi), l’intelligenza del presente (diàgnosi), e la capacità della mente di ordinare il futuro “secondo se stessa” (prònoia), ovvero in campo artistico può proclamare di essere detentrice dello κτήμα είς αεί, ossia il possesso per sempre della piena bellezza.
Storia di Parma, VIII tomo, La Storia dell’arte: secoli XVI-XX, a cura di Artuto Carlo Quintavalle.
Testi di: Bruno Adorni, Andrea Bacchi, Paolo Barbaro, Daniele Benati, Cristina Casero, Enrico Colle, Marzio Dall’Acqua, Ilaria Giuliano, Carlo Mambriani, Lucia Miodini, Massimo Mussini, Tommaso Pasquali, Arturo Carlo Quintavalle, Carlo Sisi, Maddalena Spagnolo, Gian Caludio Spattini, Federica Veratelli, Simone Verde. Bibliografia a cura di Domenico Vera. Altri autori per schede di memoria.
Monte Università Parma Editore, 2020.
Pagine 763
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La copertina dell’esculto volume sulla Storia dell’Arte in Parma dal secolo XVI al secolo XX
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Veduta di Parma dagli affreschi della Villa farnesiana di Caprarola. La presenza dei Farnese nella città emiliana iniziò con l’episcopato di Alessandro, già discepolo di Pomponio Lieto, che qui portò un elevato spessore di cultura umanistica e religiosa. Nel suo periodo avvenne l’esaltante emergere del Correggio e l’inizio della carriera del Parmigianino. Alessandro diventò Papa Paolo III nell’autunno del 1534.
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Correggio. Visione della cupola affrescata della Basilica benedettina di San Giovanni, 1520. Vediamo la chiamata al cielo dell’Evangelista da parte di Gesù che scende in modo prodigioso dall’empireo, e libero si libra nello spazio sulla schiera degli Apostoli, nudi perchè santi. Con questo affresco, sospeso negli “aetheria”, la pittura segue l’occhio umano nello spazio sferico e prende nuovo avvìo la storia dell’arte europea.
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Parmigianino. Il volto del Cupido intento a forgiarsi l’arco d’amore. La splendida tavola, eseguita in Parma tra il 1533 e il 1535, si trova attualmente a Vienna. Questo particolare è rivelatore dell’ineguagliabile finezza e luminosità del pennello di Francesco, capace di condurre la pittura al limite dell’assoluto, ma contenente un mistero recondito.
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Antonio Begarelli, Madonna col Bambino e San Giovannino, terracotta albina nella chiesa di San Giovanni Evangelista, ante 1543. Il genio del modellato, “toccato dal gusto del Correggio”, lascia in Parma alcuni capolavori maestosi e naturalissimi, degni del più puro rinascimento. La loro perfezione e amabilità rimane come un paradigma prezioso per la scultura italiana.
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Agostino Carracci, Peleo e Teti, affresco nella Sala d’Amore del Palazzo del Giardino, 1600-1602.
L’arrivo di Agostino segna il travolgente interesse dei Carracci al cantiere artistico di Parma e con gli affreschi nella “Reggia di là dall’acqua” dà l’avvìo al secolo nuovo che vedrà qui nel Ducato farnesiano la presenza e il lavoro di Annibale, dell’Aretusi, del Soens, dello Schedoni, tutti con opere rilevanti, eppoi di Lanfranco e Badalocchio sino a Lionello Spada e al Bernabei. La collana dei grandi secentisti si arricchirà di altri nomi e, insieme allo Stringa, sarà il sublime Carlo Cignani a chiudere il secolo, ancora nel Palazzo del Giardino.
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Leonardo Reti, la Cappella della Madonna di Costantinopoli nella chiesa di San Vitale a Parma, 166-1669. Leonardo, facente parte di una dinastia di stuccatori abilissimi di origine lombarda, lascia questo strepitoso capolavoro nella città dove la sua gilda operò ampiamente con una capacità figurativa e compositiva degna del più ammirevole barocco.
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Palazzo Ducale di Colorno. L’ingegno e le mani di Ferdinando Bibbiena e di Giuliano Mozzani durante il Settecento hanno plasmato questo complesso che può ben rappresentare la vita e il ricco gusto artistico parmense nel Secolo dei Lumi. E’ la corte di Filippo, di Elisabetta e di Ferdinando di Borbone che celebra l’eleganza, gli arredi, i giardini e le leggiadre architetture poi desinenti nel nitido neoclassicismo. Nel periodo lavora splendidamente Gaetano Callani, scultore e pittore.
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A sinistra: Francesco Baratta il Giovane, Castità, 1728 marmo. Chiesa di Santa Maria della Steccata. A destra: Gaetano Callani, San Giovanni Evangelista, 1765 stucco. Chiesa di Santa Maria dell’Annunziata. I due solenni esemplari statuari vigono entrambi per un evidente possesso di forza e di eleganza nel cuore del Settecento parmense. Nel volume stanno all’interno di una miriade di immagini di alta bellezza che accompagnano questo secolo e tutta la seconda parte della trattazione.
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Francesco Scaramuzza (1803-1886). Silvia e Aminta, 1829. Galleria Nazionale di Parma. Il grande dipinto è assai significativo del momento di trapasso tra neoclassicismo e movimento romantico, ed è pure testimone del notevole livello dell’Accademia di Belle Arti, protetta da Maria Luigia e nutrita di letteratura, della quale divenne poi Direttore. Nella prima metà dell’Ottocento, tra molti pregevoli autori, spicca la personalità di Paolo Toschi, soprattutto incisore, che crea il tipico clima del neo-correggismo.
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Salone delle Feste della Fondazione Museo Glauco Lombardi. Il Museo, dovuto alle tenaci raccolte del donatore, è di composizione novecentesca e gode di una recente sistemazione. Qui la Parma contemporanea celebra se stessa nella figura e nel ricordo della Duchessa Maria Luigia d’Asburgo. Si tratta di una ricongiunzione storica molto amata dai cittadini.
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Amedeo Bocchi. Bianca col vaso di fiori, 1925. Fondazione Monteparma.
Nella lievitata e densa pittura di Bocchi la giovane donna sembra attendere quel riconoscimento corale di bellezza e di dolcezza che compete alla sua amata città.
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La Pilotta e il Piazzale della Pace ripresi dall’alto, secondo il progetto di Mario Botta. In questa immagine vogliamo condensare il riordino Museale in corso ma anche la segnalazione della viva creatività artistica del novecento e del nuovo millennio.
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L'autore di questo articolo: Giuseppe Adani
Membro dell’Accademia Clementina, monografista del Correggio.