Vincenzo Bellelli (direttore Cerveteri-Tarquinia): “ecco com'è cambiato il Parco grazie all'autonomia”


Il Parco Archeologico di Cerveteri-Tarquinia è diventato autonomo dal 2021. Da allora, grazie all’autonomia, questo importante complesso ha raggiunto significativi risultati, che non erano possibili prima. Ecco come e perché. Ne parliamo col direttore del Parco, Vincenzo Bellelli, in questa intervista.

Il Parco Archeologico di Cerveteri-Tarquinia è diventato autonomo dal 2021. Da allora, grazie all’autonomia, questo importante complesso, che riunisce il Museo Archeologico Nazionale Cerite, il Museo Archeologico Nazionale di Tarquinia e i siti della Necropoli della Banditaccia a Cerveteri e della Necropoli dei Monterozzi a Tarquinia, ha raggiunto significativi risultati, che non erano possibili prima. Ecco come e perché. Ne parliamo col direttore del Parco, Vincenzo Bellelli, in questa intervista di Noemi Capoccia.

Vincenzo Bellelli
Vincenzo Bellelli

NC. Quest’anno ricorre il Centenario del Museo Archeologico Nazionale di Tarquinia. A cosa si deve la scelta dell’emissione di un francobollo celebrativo? Per festeggiare i 100 anni della sua fondazione, il parco ha pensato a iniziative particolari come mostre temporanee o simili?

VB. Il francobollo è stato emesso l’11 maggio, data che ha dato il via alle celebrazioni del Centenario. La scelta del francobollo, sebbene possa sembrare desueta nell’era digitale, ha un significato simbolico fortissimo: nonostante il servizio postale non sia più utilizzato come prima a causa dell’avvento di internet, il francobollo rappresenta un atto ufficiale che fissa in maniera permanente un evento culturale, con una data precisa e un’immagine iconica che entrano nell’immaginario collettivo. È stato emesso dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy in collaborazione con Poste Italiane e ci è sembrata un’iniziativa interessante per celebrare ufficialmente il Centenario. L’inaugurazione ha aperto una serie di manifestazioni che si protrarranno per tutta l’estate e oltre, con un calendario molto fitto che è ancora in via di definizione. Alcune iniziative sono già in corso di svolgimento, in particolare una mostra temporanea di scultura – Poliedrogenesiosmosi, con opere del maestro Claudio Capotondi – allestita presso il chiostro e il loggiato del museo. Inoltre, c’è un programma di spettacoli di musica e danza organizzati dal Comune di Tarquinia con il nostro patrocinio all’interno delle nostre sedi. Sono previste infine per tutta l’estate aperture straordinarie serali del museo e a fine anno ci sarà una piacevole sorpresa: la “chiusura” delle celebrazioni con iniziative centrate sulla storia di Palazzo Vitelleschi.

A proposito delle aperture notturne, secondo lei aprire i musei in orario serale può essere una buona iniziativa? Che cosa si aspetta dai visitatori?

Il nostro Parco comprende sia area archeologiche all’aperto, che musei situati all’interno dei centri storici di città turistiche. Chi è in vacanza si muove moltissimo nei mesi estivi, da giugno ad agosto, quando c’è una maggiore predisposizione a partecipare a iniziative culturali, soprattutto quando si svolgono all’aperto e il caldo dà un po’ di tregua. Pertanto, è necessario considerare anche le esigenze climatiche. Per questo motivo, abbiamo deciso di mettere a disposizione i nostri servizi anche dopo la normale chiusura del museo, quando la temperatura è più fresca. Abbiamo organizzato numerose aperture straordinarie, accompagnate da eventi come visite guidate, presentazioni di libri, spettacoli di danza e concerti.

I parchi archeologici di Cerveteri e Tarquinia sono diventati autonomi da poco (2021). Sotto il profilo gestionale, quali sono le modifiche apportate ai siti?

È cambiato l’assetto organizzativo e le modalità di gestione del parco. Prima, essendo parti di un organo periferico del ministero, i siti non aveva autonomia finanziaria. Ora invece il Parco gode di autonomia scientifica, finanziaria e gestionale, pur essendo soggetto alle direzioni vigilanti del Ministero. Questo cambiamento strutturale consente al Parco di poter scegliere la propria strada in modo indipendente in tutti gli ambiti: la tutela, la valorizzazione, la comunicazione. Dal punto di vista pratico, prima le nostre aree archeologiche e i nostri musei erano gestiti da Roma tramite funzionari che si recavano sul posto saltuariamente. La Direzione Regionale Musei, e ancor prima il Polo e la Sovraintendenza archeologica, gestivano i siti “a distanza”, da Roma. Questo comportava difficoltà gestionali intrinseche a una gestione “da remoto”. Ora abbiamo uffici sia a Tarquinia che a Cerveteri, permettendo una gestione diretta di tutte le problematiche, dalla manutenzione alla valorizzazione. Infine, c’è un rapporto più stretto con le amministrazioni locali, e ciò facilita la collaborazione e la risoluzione tempestiva delle questioni che riguardano il Parco e i suoi visitatori.

Il francobollo per i 100 anni del Museo Nazionale di Tarquinia
Il francobollo per i 100 anni del Museo Archeologico Nazionale di Tarquinia
Il Museo Archeologico Nazionale di Tarquinia
Il Museo Archeologico Nazionale di Tarquinia. Foto: Finestre sull’Arte
Il Museo Archeologico Nazionale Cerite
Il Museo Archeologico Nazionale Cerite
La Necropoli della Banditaccia
La Necropoli della Banditaccia
La Necropoli della Banditaccia
La Necropoli della Banditaccia
La Necropoli di Monterozzi
La Necropoli di Monterozzi

In che modo l’autonomia ha dato un nuovo modo di vivere il rapporto con il pubblico?

Come dicevo, grazie alla maggiore autonomia il Parco può reinvestire le proprie risorse in maniera discrezionale. Abbiamo intrapreso un percorso autoconoscitivo, effettuando autovalutazioni e valutando i nostri pubblici. Adesso, con le nostre risorse e in autonomia possiamo destinare fondi per migliorare l’offerta culturale complessiva, i servizi educativi e l’accessibilità dei vari siti del Parco. Questa maggiore autonomia ci permette di analizzare e rispondere meglio alle esigenze dei visitatori e tutto ciò segna una grande differenza rispetto al passato.

Quali cambiamenti e risultati ha potuto notare dall’inizio della sua direzione ad oggi in tutti gli spazi museali e i parchi archeologici?

Con l’autonomia, abbiamo potuto investire molte risorse sui nostri musei e sulle nostre aree archeologiche e ottenere risultati significativi, soprattutto nei piani di manutenzione programmata, che rappresentano la sfida principale per un’istituzione complessa come la nostra. L’obiettivo principe è garantire la conservazione del patrimonio ricevuto in gestione, affrontando le criticità concentrate nelle tombe dipinte di Tarquinia e nelle architetture in tufo di Cerveteri. Grazie all’istituto dell’autonomia, abbiamo potuto incidere significativamente sull’ampliamento delle aree aperte al pubblico e sulla messa a sistema dei piani di manutenzione. Ad oggi, la cura delle aree archeologiche e dei siti museali è più razionale e organizzata. Inoltre, per quanto riguarda i progetti di ricerca, abbiamo stabilito una serie di collaborazioni con enti terzi, soprattutto università e istituti di ricerca, sia italiani che stranieri, i quali ci supportano nelle attività di conoscenza, conservazione e valorizzazione. La principale differenza rispetto al passato è evidente anche nel decoro complessivo dei siti, nella manutenzione del verde e nella conservazione degli ipogei. Abbiamo destinato risorse ingenti per controllare lo stato di salute del patrimonio, rendendolo maggiormente fruibile.

Il Parco gestisce anche la Necropoli della Banditaccia. Quali sono le caratteristiche principali della Necropoli della Banditaccia di Cerveteri e per quale motivo sono considerate le più grandi del mondo antico?

La peculiarità del sito della Banditaccia è che si configura come un vero e proprio Parco Archeologico. La differenza tra un’area archeologica e un Parco Archeologico risiede nella maggiore interazione tra l’elemento ambientale e i manufatti, cioè i monumenti archeologici. Questo binomio è esaltato nel sito della Banditaccia, dove si può trovare una ricca vegetazione, sia spontanea, che messa a dimora dall’uomo. L’amministrazione, nel corso del tempo, ha allestito il sito come un enorme giardino all’aperto. L’estensione, pari a diversi ettari, della necropoli la rende fruibile a più livelli. Si può vivere come un’area archeologica, ma anche come un parco naturale, con un vero e proprio ecosistema. È un luogo piacevole dove trascorrere del tempo, anche diverse ore, con amici, famiglia o colleghi. Questa caratteristica è stata ben colta dalla Commissione dell’UNESCO quando, nel 2004, ha inserito le necropoli etrusche di Cerveteri e di Tarquinia nella lista del patrimonio mondiale dell’umanità. L’UNESCO ha riconosciuto il valore universale di queste testimonianze, sia come monumenti storici che come elementi di un ecosistema unico. Cerveteri, da questo punto di vista, è davvero speciale.

Quali tipi di decorazioni erano presenti nelle camere funerarie delle necropoli di Cerveteri e Tarquinia scavate durante il VII secolo a.C.? E perché?

C’è una differenza notevole tra le pratiche decorative delle necropoli di Cerveteri e Tarquinia. A Cerveteri, inizialmente, nel VII secolo, c’era una propensione a ricoprire le pareti degli ipogei con dipinti, uso che si è perso col tempo per vari motivi. Successivamente, la funzione decorativa è stata affidata principalmente alla scultura, con decorazioni a bassorilievo o a tutto tondo. A Tarquinia, invece, il mezzo pittorico è rimasto predominante. Anche se non tutte le camere funerarie sono decorate, una percentuale abbastanza consistente presenta pareti affrescate: le scelte decorative riflettono differenze culturali significative. A Tarquinia, c’era una predilezione per la creazione di cicli figurativi realizzati con il mezzo pittorico, dando luogo a un’arte funeraria che aveva un preciso utilizzo nello spazio della tomba. Questa tradizione pittorica a Tarquinia è ben radicata dal VII secolo al II secolo a.C.

La tomba dei Giocolieri
La tomba dei Giocolieri
La mostra di Claudio Capotondi al Museo Archeologico Nazionale di Tarquinia
La mostra di Claudio Capotondi al Museo Archeologico Nazionale di Tarquinia
L'ologramma al Museo Archeologico Nazionale Cerite
L’ologramma al Museo Archeologico Nazionale Cerite

Tra le sue collezioni, il Museo Archeologico Nazionale Cerite possiede un’installazione chiamata e-Archeo HI®. In cosa consiste di preciso?

Si tratta di un’installazione multimediale di ultima generazione. È un sistema molto semplice e sofisticato al tempo stesso: con una tastierina che si può azionare con le dita, è possibile attivare un dialogo con un ologramma a grandezza naturale, un personaggio fittizio immaginato per rappresentare un Etrusco di Cerveteri vissuto duemila anni fa. L’installazione è molto moderna e ben realizzata, grazie alla consulenza di numerosi istituti universitari e del CNR. Veicola contenuti anche complessi, che noi chiamiamo di “secondo livello”, in maniera semplice e spontanea, particolarmente apprezzata dalle nuove generazioni. Non è un modo tradizionale di comunicare informazioni, ma un approccio efficace che mette il visitatore al centro dell’esperienza. Con il tastierino il visitatore può attivare percorsi specifici e ascoltare la guida olografica parlare di alcune opere ospitate nel museo o di aspetti della civiltà etrusca. L’installazione si completa con le teche digitali del museo situate al piano terra, che sono state realizzate da Piero Angela e Paco Lanciano circa quindici anni fa. All’epoca erano all’avanguardia, noi le abbiamo trovate dismesse e le abbiamo riattivate, aggiornando il software. Ora sono perfettamente integrate nell’allestimento del museo e ne rappresentano una delle maggiori attrazioni.

Si può parlare perciò di un nuovo approccio alle nuove tecnologie per la comprensione degli spazi espositivi?

Sì, siamo stati tra i primi a implementare tramite queste innovazioni tecnologiche, la capacità di racconto delle testimonianze di arte etrusca. Il sistema olografico è solo il primo passo di un percorso: abbiamo in programma ulteriori interventi e aggiornamenti anche nell’area archeologica. Questa è una strada che seguiamo con molto interesse e che intendiamo continuare a percorrere.

Cosa è il virtual tour introdotto a Tarquinia? Qual è il suo obiettivo?

Parliamo di un’installazione che permette attraverso una modalità illusionistica, di fruire della visita degli ipogei anche quando non è possibile visitarli di persona. È un’opportunità supplementare che consente al visitatore di esplorare virtualmente le tombe, seguendo un itinerario immaginario che può selezionare in autonomia, comodamente da casa o da una postazione nel museo. Questa esperienza virtuale non si sostituisce alla visita sul posto che rimane insostituibile, ma aumenta l’accessibilità delle tombe dipinte, rendendo possibile la fruizione del loro patrimonio anche a distanza.

Quali sono gli obiettivi principali e futuri dei musei e parchi archeologici sotto la sua direzione da qui a fine anno?

Abbiamo intrapreso un percorso molto ambizioso, ma al tempo stesso sostenibile, che mira ad aumentare l’accessibilità dei nostri siti. Ciò che realmente ci interessa è rendere i nostri siti più vitali e inclusivi, con iniziative di qualità. Il nostro obiettivo è avvicinare sempre più persone ai nostri siti, compresi coloro che finora potrebbero non aver avuto l’opportunità di visitarli, senza mai rinunciare alla missione pedagogica di una istituzione culturale come il museo. L’accessibilità è quindi la nostra priorità principale. Vogliamo far conoscere le nostre realtà culturali e storiche, attrarre sempre più visitatori e stimolare sviluppi positivi sul posto, affinché la comunità locale possa beneficiare delle attività del Parco in termini di sviluppo economico e culturale. Da qui alla fine dell’anno e nel prossimo futuro, ci concentreremo su questi obiettivi e lavoreremo per migliorare l’accessibilità dei nostri siti.


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Noemi Capoccia

L'autrice di questo articolo: Noemi Capoccia

Originaria di Lecce, classe 1995, ha conseguito la laurea presso l'Accademia di Belle Arti di Carrara nel 2021. Le sue passioni sono l'arte antica e l'archeologia. Dal 2024 lavora in Finestre sull'Arte.



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