“Un'opera d'arte è un'apparizione, una messa in scena”. Conversazione con Concetta Modica


Concetta Modica lavora e studia sul presente e i suoi paradossi, in particolare il concetto di epico contemporaneo: il presente come quel che resta di qualcosa, come relazione con altri artisti, con la materia, con mezzi diversi. In questa conversazione con Gabriele Landi, Concetta Modica ci racconta la sua arte.

Concetta Modica è nata a Modica, vive a Milano, lavora e studia sul presente e i suoi paradossi, in particolare il concetto di epico contemporaneo: il presente come quel che resta di qualcosa, come relazione con altri artisti, con la materia, con mezzi diversi che hanno sempre a che fare con la scultura, la scultura da intendere come tempo. In questa conversazione con Gabriele Landi, Concetta Modica ci racconta la sua arte. Tra le sue personali: Excoperta alla Gamec di Bergamo a cura di Giacinto di Pietrantonio e Alessandro Rabottini, One more time alla Galleria Umberto di Marino, Quel che resta a cura di Francesca Pasini per La quarta vetrina/Libreria delle donne Milano, Epico/Fragile a cura di Agata Polizzi, Segni per far fiorire vasi a cura di Ilaria Mariotti per Villa Pacchiani, Trilogia di Orlando a cura di Michela Eremita, progetto in più sedi tra cui Nottilucente, Spazio COSMO e Francesco Pantaleone arte contemporanea sua Galleria di riferimento. Ha partecipato a un evento parallelo di Manifesta 12 e uno di Manifesta 7. È cofondatrice del progetto RaccontoDi20. Ha partecipato a mostre in spazi pubblici e privati tra cui: American Academy in Rome, Galleria Biagiotti a Firenze, Vanessa Quang a Parigi, Fondazione Pistoletto a Biella, Fondazione Ratti a Como, Biennale Giovani Artisti del Mediterraneo, SerrOne a Monza, Botkyrka Konsthall a Stoccolma, Docva a Milano, Villa Romana a Firenze, Istituto italiano di Cultura a Copenaghen, Das weisse haus a Vienna, Museo Riso a Palermo, Placentia Arte con cui ha installato un’opera permanente nei giardini Margherita di Piacenza. Il suo progetto la Notte di Sant’Anna commissionato dal Museo Civico di Castelbuono è vincitore del PAC2021 premio di arte contemporanea indetto dal Ministero della Cultura, è stata invitata alla Biennale di Cheng Du 2023 e alla Biennale di Wuhan nel 2024. I suoi lavori sono presenti in collezioni pubbliche e private tra cui Palazzo Riso e Museo d’arte per Bambini presso Santa Maria della Scala a Siena. Tra i suoi libri In pasto al presente edito da A+Mbookstore del 2013 e “28 notti” del 2023 nella collana I Limoni a cura di Pietro Gaglianò per la casa editrice Gli Ori.

Concetta Modica
Concetta Modica

GL. Spesso l’infanzia gioca un ruolo importante nella definizione di quello che è l’immaginario di chi in seguito deciderà di intraprendere il cammino dell’arte: è stato così anche per te?

L’infanzia è un momento importante e fondativo per tutti e tutte, “sorgivo” come direbbe Virgilio Sieni. Io l’ho vissuta in luoghi diversi, in case diverse, ma con rituali credo sempre simili. Ho dei genitori tradizionalisti, ma allo stesso tempo insofferenti a certe cose del passato, anticlericali da giovani, ma avevo una nonna molto credente. Quindi mi pare che tutto ciò che ho vissuto contenesse una piccola contraddizione, leggera, non troppo invadente che forse ritrovo anche nel mio lavoro. Una volta mia mamma si è fatta portare al quarto piano un’enorme ciotola di cemento, di quelle basse dal diametro di almeno un metro, e insieme abbiamo scavato le grotte nella terra, mettendo tutti i personaggi del presepe, il filo delle lucine interrato insieme a delle piante, un risultato spettacolare! Secondo me sono partita da lì! A volte penso che la preparazione del presepe, che ogni anno doveva esser sempre nuovo, sorprendente ed insolito, mi sembra molto simile alla messa in scena di un’installazione o a una delle mie composizioni. La prossima avrà come titolo Composizione intrepida lunga sedici metri, con la curatela di Michela Eremita presso il Conservatorio del Refugio a Siena, un piccolo museo, bellissimo, all’interno di un antico luogo di accoglienza, dove ora è raccolta un’importante collezione di arte antica.

Quale è stato il tuo “primo amore” artistico?

Faccio fatica a ricordare: ho iniziato tardi con l’arte. Probabilmente il primo amore è stato uno di quei quadri in casa, di quelli che guardando da vicino vedi una pennellata scomposta e da lontano vedi una figura, un pescatore ricordo. I quadri del tuo ambiente familiare dopo un po’ non li vedi più, ma ti entrano dentro: magari è proprio per quello che preferisco non fare pittura!

Che studi hai fatto?

Non ho frequentato il liceo artistico. Ho fatto qualche anno di Lettere Moderne che poi ho abbandonato per l’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano. Mi sono sempre un po’ pentita di aver abbandonato Lettere, non perché l’Accademia non sia stata interessante, anzi! Ma perché, col senno di poi, ti viene l’idea che l’Arte potevi farla anche con un altro tipo di formazione che avrebbe maggiormente esteso il tuo essere. L’approfondimento letterario in Arte mi è sempre sembrato più complesso ed articolato rispetto a quello offerto in ambito accademico e comunque avrei potuto fare l’artista lo stesso. Forse però non è proprio così. Brera è stata importante per gli incontri, per le persone, per gli artisti e le artiste che ho frequentato e perché in quel momento in Accademia esistevano insieme mondi completamente diversi che potevi scegliere in base alla strada che volevi seguire. Credo sia ancora così, all’Università avevi docenti in base alla lettera del tuo cognome, mentre in Accademia potevi scegliere in base alla poetica e ai temi trattati dall’insegnante e che più preferivi.

Concetta Modica, Il viaggio di un sepalo di pomodoro per diventare stella. Ritratto di una notte: 24 marzo 1335. Kashan 24 March 1335 viene estratto l’ossido di cobalto (feltro, pigmenti, fusioni in bronzo, foglia oro zecchino, grani in bronzo, 240 x 140 x 5 cm
Concetta Modica, Il viaggio di un sepalo di pomodoro per diventare stella. Ritratto di una notte: 24 marzo 1335, Kashan, viene estratto l’ossido di cobalto (feltro, pigmenti, fusioni in bronzo, foglia oro zecchino, grani in bronzo, 240 x 140 x 5 cm)
Concetta Modica, Il viaggio di un sepalo di pomodoro per diventare stella. La notte di Santa Patrizia 25 agosto 1625 (drappo in neoprene, fusioni in bronzo con foglia d’oro, corde, filo oro, pietre cm 160 x 230 x 450, installazione permanente; Napoli, Complesso museale Purgatorio ad Arco)
Concetta Modica, Il viaggio di un sepalo di pomodoro per diventare stella. La notte di Santa Patrizia, 25 agosto 1625 (drappo in neoprene, fusioni in bronzo con foglia d’oro, corde, filo oro, pietre cm 160 x 230 x 450, installazione permanente; Napoli, Complesso museale Purgatorio ad Arco)
Concetta Modica, La notte di Sant'Anna, 2023, feltro di lana, stampa calcografica in monotipia, filo d'oro zecchino 24 carati, filo di cotone, fusioni in bronzo, 150 x 237 cm)
Concetta Modica, La notte di Sant’Anna (2023; feltro di lana, stampa calcografica in monotipia, filo d’oro zecchino 24 carati, filo di cotone, fusioni in bronzo, 150 x 237 cm)
Concetta Modica, La notte di Sant'Anna, 2023, feltro di lana, stampa calcografica in monotipia, filo d'oro zecchino 24 carati, filo di cotone, fusioni in bronzo, 150 x 237 cm)
Concetta Modica, La notte di Sant’Anna (2023; feltro di lana, stampa calcografica in monotipia, filo d’oro zecchino 24 carati, filo di cotone, fusioni in bronzo, 150 x 237 cm)
Concetta Modica, Il viaggio di un sepalo di pomodoro per diventare stella: ritratto di una notte, Baltimora 31 Marzo 2022 si riesce a ottenere l’immagine di Earendel la stella più lontana e antica dell’Universo mai vista, 12,9 miliardi di anni luce da noi (2023; feltro, stampa in monotipia, fusioni in bronzo, grani in bronzo, 80 x 114 cm; Milano, Collezione privata)
Concetta Modica, Il viaggio di un sepalo di pomodoro per diventare stella: ritratto di una notte, Baltimora, 31 Marzo 2022, si riesce a ottenere l’immagine di Earendel la stella più lontana e antica dell’Universo mai vista, 12,9 miliardi di anni luce da noi (2023; feltro, stampa in monotipia, fusioni in bronzo, grani in bronzo, 80 x 114 cm; Milano, Collezione privata)
Concetta Modica, Ritratto di Santa Lucia (2022; corda, ceramica, elemento in acciaio, misure variabili). Foto: Technifoto Venezia, su concessione dell'artista, Galleria FPAC
Concetta Modica, Ritratto di Santa Lucia (2022; corda, ceramica, elemento in acciaio, misure variabili). Foto: Technifoto Venezia, su concessione dell’artista, Galleria FPAC
Concetta Modica, II viaggio di un sepalo per diventare stella. Riitratto di una notte: La notte di Santa Lucia, Venezia 11 luglio 1860 (2022; neoprene corde, fusioni in bronzo dorato, due sculture contrappeso: gesso di scultore sconosciuto, ceramica, pietra di Modica, travertino, misure complessive variabili). Foto: Technifoto Venezia, su concessione dell’artista e Galleria FPAC
Concetta Modica, II viaggio di un sepalo per diventare stella. Ritratto di una notte: La notte di Santa Lucia, Venezia, 11 luglio 1860 (2022; neoprene corde, fusioni in bronzo dorato, due sculture contrappeso: gesso di scultore sconosciuto, ceramica, pietra di Modica, travertino, misure complessive variabili). Foto: Technifoto Venezia, su concessione dell’artista e Galleria FPAC
Concetta Modica, II viaggio di un sepalo per diventare stella. Riitratto di una notte: La notte di Santa Lucia, Venezia 11 luglio 1860 (2022; neoprene corde, fusioni in bronzo dorato, due sculture contrappeso: gesso di scultore sconosciuto, ceramica, pietra di Modica, travertino, misure complessive variabili). Foto: Technifoto Venezia, su concessione dell’artista e Galleria FPAC
Concetta Modica, II viaggio di un sepalo per diventare stella. Ritratto di una notte: La notte di Santa Lucia, Venezia, 11 luglio 1860 (2022; neoprene corde, fusioni in bronzo dorato, due sculture contrappeso: gesso di scultore sconosciuto, ceramica, pietra di Modica, travertino, misure complessive variabili). Foto: Technifoto Venezia, su concessione dell’artista e Galleria FPAC
Concetta Modica, Il viaggio di un sepalo di pomodoro per diventare stella: ritratto di una notte: Modica 9 Febbraio 1986  L’ultima apparizione della cometa di Halley (2023; feltro, stampa in monotipia, fusioni in bronzo, grani in bronzo, 70 x 80 cm). Su concessione di Museo di Wenzhou, Zhejiang, Cina
Concetta Modica, Il viaggio di un sepalo di pomodoro per diventare stella: ritratto di una notte: Modica 9 Febbraio 1986 L’ultima apparizione della cometa di Halley (2023; feltro, stampa in monotipia, fusioni in bronzo, grani in bronzo, 70 x 80 cm). Su concessione di Museo di Wenzhou, Zhejiang, Cina

Ci sono stati degli incontri importanti nei tuoi anni di formazione?

Il periodo formativo è stato importante: a Brera è stato bellissimo per me che arrivavo in quegli anni da un piccolo paese in cui si parlava solo della Scuola di Scicli. Ero venuta per seguire Luciano Fabro, ma l’aria nella sua aula era irrespirabile per me. Allora mi sono iscritta al corso di Giuseppe Maraniello e frequentavo l’aula di Alberto Garutti. Una mattina aspettavamo Garutti. Lui quando è arrivato ha iniziato a raccontare della sua portinaia, dei loro dialoghi e poi a un certo punto ha detto: “Poco fa stavo pensando che stamattina mi sono svegliato, ho incontrato la portinaia, abbiamo fatto due chiacchiere, poi sono partito per venire qui e tutti i passi che ho fatto in questi 53 anni mi hanno portato qui da voi”. Io sono rimasta a bocca aperta e quella frase poi è diventata un titolo di una serie delle opere più belle dell’arte italiana, per me. È stato formativo frequentare le sue lezioni. Anche nell’aula di Maraniello si respirava una bella energia: ognuno presentava un’opera e iniziava il massacro da parte di tutti e tutte, mentre tu dovevi difendere il tuo lavoro. Ogni tanto questa cosa mi manca: vorrei farla anche adesso, presentare un’opera tra amici e amiche artiste e farmi dire sinceramente cosa ne pensano e capire fino a che punto sono in grado di difendere e argomentare un lavoro.

Come si è evoluto il tuo lavoro nel tempo?

In passato spesso mi appoggiavo ad elementi già esistenti; oggetti trovati o elementi preesistenti. Oggi trovo questo una sorta di debolezza, non mi interessa più. Voglio partire da un foglio bianco, da qualcosa che non esiste prima, da un tavolo vuoto. Nel tempo sicuramente si diventa più consapevoli, meno preoccupate dell’approvazione degli altri e delle altre; si capisce il valore nel fare una cosa piuttosto che un’altra. Fare mostre non diventa un’ossessione: anzi, adesso, a parte le personali, le mostre mi stimolano sempre meno. Mi sembra più interessante trovare altre progettualità, legate a luoghi, a opere permanenti, a collaborazioni con altre artiste e artisti, lavorare con piccoli musei, con libri, collaborare con persone interessanti. Alla fine, le relazioni che nascono sono le cose più belle, non le mostre in sé.

Quali sono le differenze sostanziali che individui fra quello che fai ora e quello che facevi anni fa?

Penso che ogni lavoro sia un frammento di un’opera che dura tutta la vita. Certo, siamo in continua trasformazione e noi cambiamo e anche al nostro lavoro si aggiungono elementi sempre nuovi. Probabilmente sviluppiamo idee che avevamo già da adolescenti; si affinano, si perfezionano, si arricchiscono e diventano sempre più complesse e sofisticate. Quando ho iniziato forse ero più concentrata sull’idea di tempo. Oggi mi interrogo su come questo tempo diventi epico nel contemporaneo. Alla fine mi rendo conto che le idee di partenza non sono così importanti. Nell’arte le parole sono sempre delle stampelle: non dovrebbero servire se l’opera ci parla e si sostiene da sola. Quindi adesso, rispetto al passato, ascolto di più il corpo, la pancia e le suggestioni che emana la materia, elementi che diventano idee in un processo che può essere percorso anche in senso contrario.

Che importanza hanno i materiali che impieghi nel tuo lavoro; ti interessa la dimensione della trasformazione degli stessi attraverso la pratica dell’arte, sia in forma individuale che collettiva?

Continuo quello che stavo dicendo. I materiali contengono già le idee e suggeriscono quasi sempre la strada da seguire per arrivare all’opera. Personalmente mi interessa proprio questo atto trasformativo: l’idea che nasca qualcosa che non esisteva prima. L’idea che un piccolo arbusto divenga bronzo, poi ricoperto d’oro zecchino, mi emoziona, oppure mi sbalordisce sempre che dell’argilla prenda forma e messa in forno a 980 gradi divenga forte come pietra. Oppure uno smalto di un colore spento e opaco ad alte temperature diventa vetro colorato, cangiante, con toni imprevedibili. Mi trovo di fronte alla meraviglia dei cambiamenti, del prevedibile o dell’inatteso. Sono trasformazioni che ognuno di noi vive ogni giorno. Questo è quello che dobbiamo accettare: le cose cambiano e si trasformino continuamente.

Concetta Modica, Tizia Caia e Sempronia (2022; terracotta nera e bianca, sale grosso, fusione in ottone, spine di Corisia). Foto: Cosimo Filippini su concessione dell'artista e FPAC
Concetta Modica, Tizia Caia e Sempronia (2022; terracotta nera e bianca, sale grosso, fusione in ottone, spine di Corisia). Foto: Cosimo Filippini su concessione dell’artista e FPAC
Concetta Modica, Viaggio di un sepalo di pomodoro per diventare stella: Ritratto di una notte, Parigi 18.02.55, Chanel inventa la prima tracolla liberando le mani delle donne (2022; affresco su terracotta, fusioni in ottone di sepali di pomodoro, grani in ottone, 30 x 5 cm; Collezione privata)
Concetta Modica, Viaggio di un sepalo di pomodoro per diventare stella: Ritratto di una notte, Parigi 18.02.55, Chanel inventa la prima tracolla liberando le mani delle donne (2022; affresco su terracotta, fusioni in ottone di sepali di pomodoro, grani in ottone, 30 x 5 cm; Collezione privata)
Concetta Modica, Viaggio di un sepalo di pomodoro per diventare stella: Ritratto di una notte, Pisa 30.04.1986 (2022; affresco su terracotta, fusioni in ottone di sepali di pomodoro, grani in ottone, 30 x 24 x 5 cm; Collezione privata)
Concetta Modica, Viaggio di un sepalo di pomodoro per diventare stella: Ritratto di una notte, Pisa 30.04.1986 (2022; affresco su terracotta, fusioni in ottone di sepali di pomodoro, grani in ottone, 30 x 24 x 5 cm; Collezione privata)
Concetta Modica, Prosperità (2021; maiolica, 34 occhi in ceramica, ottone, corda, 35 x 26 x 16 cm; Collezione privata)
Concetta Modica, Prosperità (2021; maiolica, 34 occhi in ceramica, ottone, corda, 35 x 26 x 16 cm; Collezione privata)
Concetta Modica, Memento mori #3 (2021; maioliche, elementi vegetali secchi, oro; Collezione privata). Foto: Marco Beck Peccoz
Concetta Modica, Memento mori #3 (2021; maioliche, elementi vegetali secchi, oro; Collezione privata). Foto: Marco Beck Peccoz
Concetta Modica, Memento mori #4 (2021; maioliche, elementi vegetali secchi, oro; Collezione privata). Foto: Marco Beck Peccoz
Concetta Modica, Memento mori #4 (2021; maioliche, elementi vegetali secchi, oro; Collezione privata). Foto: Marco Beck Peccoz
Concetta Modica, Memento mori #5 (2021; maioliche, elementi vegetali secchi, oro). Foto: Marco Beck Peccoz, su concessione dell'artista e FPAC
Concetta Modica, Memento mori #5 (2021; maioliche, elementi vegetali secchi, oro). Foto: Marco Beck Peccoz, su concessione dell’artista e FPAC
Concetta Modica, Natura morta (2020-; maioliche, elementi vegetali secchi, oro, tela). Foto: Marco Beck Peccoz, su concessione dell'artista e FPAC
Concetta Modica, Natura morta (2020-; maioliche, elementi vegetali secchi, oro, tela). Foto: Marco Beck Peccoz, su concessione dell’artista e FPAC

Ti interessa l’idea di Iconografia?

Sì, molto; ci ricorda che anche se un’immagine è riconoscibile, se non facciamo uno sforzo di lettura, non è detto che la possiamo capire. È necessario lo studio per capire l’arte, sia del passato che del presente, e lo sviluppo di un intuito e di una capacità di lettura fenomenologica. Spesso le persone non si concentrano nel leggere un’opera e sembra sia necessario qualcuno che ce la spieghi, ma se ci si ferma davanti ad un’opera come se fosse una persona e cominci a guardare che colori ha, il suo abito, i gioielli che indossa o altro, puoi capire qualcosa di ciò che appare davanti a te. Un’opera è una apparizione, una messa in scena; cominci a chiederti perché si presenta così, inizi a fare domande all’opera e le risposte arrivano. Probabilmente non coincidono con quelle dell’artista che l’ha realizzata, ma è proprio quella molteplicità di letture che la rende Arte.

Spesso nel tuo lavoro ritorna l’idea del sacro: puoi parlarne?

I miei viaggi degli ultimi anni in Cina hanno influenzato molto il mio senso del sacro. Anche le riflessioni sul vuoto, sull’assenza di azione e di ego che caratterizza la visione orientale sulle cose, mi hanno fatto ritrovare il concetto di prossimo nella religione cristiana. Si vorrebbe un’indefinitezza dei confini tra le persone, sminuendo la necessità dell’individuale a favore di una prossimità con l’altro. Negli ultimi tempi mi sembra un argomento poco affrontato rispetto al passato. Partendo da qui, il sacro, sempre di più, lo collego all’immanenza, al qui e ora, ai rituali del quotidiano, all’orizzontalità alla figura del cerchio in cui ci si confronta alla pari e si lavora insieme. Anche il mio Sepalo di pomodoro che vuole diventare stella è vero che aspira al cielo, a un’ascensione, a una completa trasformazione di sé, ma soprattutto definisce un nuovo luogo, altro, non per fare una gerarchia di valore. Il cielo non è meglio della terra: è un luogo anche quello che ti invita al viaggio. L’aspirazione è il movimento, la conoscenza, lo spostamento. La trasformazione e lo spostamento dello sguardo è la cosa più importante nella pratica artistica.

Che idea hai del tempo e dello spazio?

Diciamo che sono gli ambiti principali in cui lavora non solo la scienza, ma anche l’arte. Il senso del tempo che finirà è lo stimolo maggiore che ci spinge a voler lasciare qualcosa e contribuire a una visione della realtà per chi arriverà dopo. Lo spazio è l’elemento principale della scultura che è il medium che prediligo: molte sculture su cui ho lavorato erano proprio costituite dal fattore tempo. La Ex-coperta di mia nonna era fatta di tempo dedicato al lavoro con il filo e sfilarla e ricomporla è stato un gesto per riattraversare quel tempo.

Che idea hai della natura?

Mi sembra che l’idea di natura sia sempre più lontana: quando vado a camminare nei boschi fuori Milano o nelle cave naturali in Sicilia, mi rendo conto che è tutto troppo vicino alle città per sentire la vera natura. In Cina ho visto dei parchi incredibili e alloggiavo in un luogo con una montagna che incombeva in tutta la sua bellezza. Lì non si sale sulle montagne: si sta ai suoi piedi per contemplarla. Ai piedi dei monti è pieno di persone che usano la zappa e il rastrello negli orti con le canne che reggono gli ortaggi o fanno da canaline per l’acqua, come quelle che faceva mio nonno a Marina di Modica, quando piantava i broccoli per il pasticcio natalizio. Per me natura è stato sentire quella cosa, la gestualità di certi gesti uguali in tutte le latitudini che creano una relazione tra la terra e il nostro corpo. 

Ti interessa l’idea di mettere in scena i tuoi lavori quando li esponi?

È la cosa più importante: fino a che non è esposto per la prima volta è come se non fosse nato; il lavoro è in gestazione, sotto osservazione, cerchi di capire se ha un carattere che ti piace, come le persone, e poi decidi se farlo conoscere o nasconderlo nell’armadio come gli amanti di una notte. 

Concetta Modica, Natura morta (2022 - ; maioliche, elementi vegetali secchi, oro, tela). Su concessione dell'artista e FPAC
Concetta Modica, Natura morta (2022 - ; maioliche, elementi vegetali secchi, oro, tela). Su concessione dell’artista e FPAC
Concetta Modica, Going back (2018; corde, terraglia bianca e terranera, misure variabili). Foto: Marco Beck Peccoz, Su concessione dell'artista e Galleria FPAC
Concetta Modica, Going back (2018; corde, terraglia bianca e terranera, misure variabili). Foto: Marco Beck Peccoz, Su concessione dell’artista e Galleria FPAC
Concetta Modica, La fuga di Luigi XVI (2018; maiolica, 25 cm; Collezione privata). Su concessione dell'artista e FPAC
Concetta Modica, La fuga di Luigi XVI (2018; maiolica, 25 cm; Collezione privata). Su concessione dell’artista e FPAC
Concetta Modica, Trilogia di Orlando #3, il ritorno (2018; spazio C.O.S.M.O. Milano, a cura di Michela Eremita, performers Dimitri e Vladimir Alonzo Stella e Zoe Vriends, sound Carmine Catacchio, Alice, Lorenzo e Mirko Esposti). Su concessione dell'artista e FPAC
Concetta Modica, Trilogia di Orlando #3, il ritorno (2018; spazio C.O.S.M.O. Milano, a cura di Michela Eremita, performers Dimitri e Vladimir Alonzo Stella e Zoe Vriends, sound Carmine Catacchio, Alice, Lorenzo e Mirko Esposti). Su concessione dell’artista e FPAC
Concetta Modica, Quel che resta (2017; raspi d’uva, foglia d’oro zecchino, misure variabili). Foto: Ela Bialkowska, su concessione dell'artista e FPAC
Concetta Modica, Quel che resta (2017; raspi d’uva, foglia d’oro zecchino, misure variabili). Foto: Ela Bialkowska, su concessione dell’artista e FPAC

Qual è la tua idea di bellezza?

Bellezza per me è ciò che dentro ha una fragilità, un’attenzione; è qualcosa di inaspettato, non obbligatoriamente sorprendente e soprattutto non necessariamente nuovo. Mi piace la reiterazione di concetti nel tempo, un vaso di fiori, un bacio, un abbraccio, cose che hanno resistito nei secoli; certe porcellane decorate ci resistono e sono sopravvissute ai nostri nonni, ai nostri antenati, e sono sempre lucide; qualche volta sono sbeccate, ma sempre pronte per un tè caldo.

Secondo te un’opera d’arte esiste se non c’è nessuno che la guarda?

No. Un’opera non esiste se nessuno la guarda, però basta una sola persona o anche un animale che la guardi perché esista. Mi ricordo quando facevo Lettere, alla prima lezione di Istituzioni di Critica, il professore parlava del testo poetico scritto, stampato, dei caratteri usati nella lettura e aveva detto: “Ma se tutte le copie del L’Infinito di Leopardi andassero bruciate o perse e tutti quelli che la ricordano se ne dimenticassero, L’Infinito esisterebbe ancora?”. È uscito dall’aula con questa domanda che mi mette sempre in crisi.

Dove ti poni nei confronti del tuo lavoro?

Mi pongo quasi sempre come spettatrice: voglio sentire i dubbi e le suggestioni che accompagnano la realizzazione di un’opera. Mi basta questa tensione, al di là del successo che l’opera avrà; mi basta avere il piacere di sentirmi parte di una comunità artistica, di essere autrice, di condividere con le artiste e gli artisti questa tensione. Questo desiderio, questo comune orizzonte di essere e praticare riempie la mia vita.


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Gabriele Landi

L'autore di questo articolo: Gabriele Landi

Gabriele Landi (Schaerbeek, Belgio, 1971), è un artista che lavora da tempo su una raffinata ricerca che indaga le forme dell'astrazione geometrica, sempre però con richiami alla realtà che lo circonda. Si occupa inoltre di didattica dell'arte moderna e contemporanea. Ha creato un format, Parola d'Artista, attraverso il quale approfondisce, con interviste e focus, il lavoro di suoi colleghi artisti e di critici. Diplomato all'Accademia di Belle Arti di Milano, vive e lavora in provincia di La Spezia.



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