Roberto Paolini è un giovane ceramista (classe 1986) di Cerveteri, una delle principali città della dodecapoli etrusca. Da sempre appassionato di arte etrusca, che date le sue origini ha potuto conoscere, studiare e amare fin da bambino, Roberto si è avvicinato al mondo della ceramica all’età di tredici anni, dapprima frequentando il laboratorio di un esperto ceramista suo concittadino, quindi cominciando a produrre in proprio per passione. La passione di Roberto è poi diventata la sua professione, e oggi è titolare di un’attività di riproduzioni di ceramiche etrusche, greche e romane, che si chiama Pithos Ancient Reproductions (sul sito www.pithosriproduzioniceramiche è possibile conoscere il suo lavoro, vedere le sue opere e chiedere informazioni) e che ha il laboratorio proprio a Cerveteri, nel cuore dell’Etruria. Roberto lavora per privati che vogliono semplicemente abbellire le loro abitazioni ma anche per musei che chiedono riproduzioni a scopo didattico (se avete visitato un museo archeologico della zona e avete toccato una delle ceramiche riprodotte, forse vi siete imbattuti proprio in un lavoro di Roberto). Lo abbiamo intervistato per farci raccontare i retroscena della sua attività. L’intervista è a cura di Ilaria Baratta, caporedattrice di Finestre sull’Arte.
Roberto Paolini con una delle sue ceramiche (una riproduzione del Vaso François conservato al Museo Archeologico Nazionale di Firenze) |
IB. Partiamo dal luogo in cui sei nato, Cerveteri, uno dei principali centri dove si è sviluppata la civiltà etrusca. Quanto ha influito il fatto di essere nato in quel luogo e come ti sei avvicinato all’arte etrusca?
Ha influito tantissimo, perché sin da piccolo, essendo circondato da tutto ciò che gli etruschi ci hanno lasciato (la necropoli, l’acropoli, le ceramiche), ogni volta che andavo a fare delle passeggiate o mi recavo a visitare questi luoghi, ero spinto dalla curiosità di cercare di capire chi avesse fatto tutto ciò: è insomma una passione che ho coltivato fin da bambino. Poi crescendo, cominciando a studiare gli etruschi a scuola fin dalle elementari, vedendo sui libri le fotografie delle opere e delle sepolture che io vedevo dal vivo nelle mie zone, questa curiosità è cresciuta sempre più.
Andavi anche al Museo di Cerveteri rimanendo affascinato da ciò che era lì conservato?
Sì, già a dieci anni quando andavo al museo e vedevo questi splendidi vasi, così brillanti, mi chiedevo come fosse possibile che già tanti anni fa, con le conoscenze che avevano all’epoca, senza energia elettrica e senza materiali tecnologici, ci fosse qualcuno in grado di realizzare opere d’arte tanto complicate. In sostanza, questa continua curiosità ha dapprima fatto nascere e poi aumentare sempre più questa mia passione per l’arte etrusca.
Come ti sei avvicinato alla riproduzione della ceramica etrusca all’età di tredici anni? Hai fatto studî specifici per questo tipo di professione?
Conoscevo una persona anziana che faceva riproduzioni e ho cominciato ad andare da lui, sempre per pura curiosità. Passavo da lui, nel suo laboratorio, pomeriggi interi, e osservavo il modo in cui lavorava: era, ripeto, ancora una passione, pertanto nel frattempo mi dedicavo ad altre attività (ho studiato come ragioniere e non ho seguito percorsi che mi abbiano portato a studiare archeologia o materie simili). Però la passione era così forte che spesso preferivo recarmi in laboratorio piuttosto che uscire con gli amici, e ricordo che stavo lì ore e ore a osservare la sua tecnica, che mi affascinava davvero tantissimo. Dopo un anno di frequentazione del laboratorio anch’io cominciai a creare i miei primi oggetti, sempre con il suo aiuto, e da quel punto è stato un crescere continuo: a diciott’anni ho poi cominciato a creare i primi pezzi belli, e da lì ho continuato da solo per la mia strada fino ad arrivare a oggi.
Roberto Paolini al lavoro sulle sue ceramiche |
Roberto Paolini al lavoro sulle sue ceramiche durante una rievocazione storica |
Così a un certo punto hai deciso di creare Pithos Ancient Reproductions. Cosa ti ha spinto a fare questo passo, a fare della tua passione una professione?
È vero che si trattava di una passione, ma ben presto cominciò a diventare una sorta di dopolavoro, che mi impegnava molte ore dopo la giornata lavorativa: spesso mi ritrovavo a recarmi in laboratorio alle nove di sera e a rimanere lì fino alle tre di notte. Per far conoscere il mio lavoro creai una pagina Facebook e cominciai a constatare che le persone rimanevano colpite da quello che facevo. Ma la vera scintilla è scattata un giorno in cui ho riflettuto su ciò che stavo facendo e ho deciso che non avrei dovuto vivere di rimpianti, ma di fare nella vita ciò che amavo e amo fare. O almeno, ci avrei provato. E se non fosse andata bene, sarei tornato a fare quello che facevo. Fu quello il momento in cui lasciai il mio vecchio lavoro e decisi di fare il ceramista e il ceramografo.
Una scelta coraggiosa!
Sì, molto coraggiosa. Ma ero arrivato al punto di portare avanti questa passione da circa sedici anni, e non riuscivo più a farlo con la dovuta attenzione, perché quello del ceramista è un tipo di lavoro che ha bisogno di tanta concentrazione, ed è necessario avere la testa vuota quando si usa il laboratorio: sono tecniche particolari e non c’è possibilità di sbagliare, quando si fa un vaso non è possibile correggere un errore. Quando ho cominciato a vedere che non ottenevo più quello che volevo sull’opera allora mi sono detto che così non andava più bene, e dopo tante prove ho deciso di lasciare il mio lavoro e continuare a occuparmi di ceramica.
Vediamo da vicino le tecniche: quali sono i procedimenti attraverso cui si realizzano riproduzioni di ceramiche?
La maggior parte dei vasi greci ed etruschi viene realizzata con due tecniche: la figura nera e la figura rossa. Partiamo dal presupposto che tutti i materiali che utilizzo sono ricavati naturalmente: non c’è nulla di comprato o di sintetico (per esempio, mi creo da solo le vernici utilizzando terre particolari, e anche i pennelli me li faccio da solo con setole di animali o con baffi di lepre in base alla tecnica da utilizzare). La figura nera, che è la più antica tra le due, consiste nel creare una bozza della scena sul vaso e nel verniciare l’interno dei personaggi. Poi, una volta asciugata la vernice, si va a graffiare tutte le parti interne e anatomiche, i dettagli del personaggio, in modo che dopo la cottura tutto ciò che è stato verniciato diventerà nero e tutto ciò che è stato graffiato prenderà il colore del coccio, del fondo rosso, e risalterà. Si tratta di una tecnica che fu molto utilizzata ad Atene, anche se nacque a Corinto e fu introdotta successivamente ad Atene, che divenne la massima produttrice di vasellame. Una volta che i pittori raggiunsero l’apice su questa tecnica, iniziarono a sentire il bisogno di adottare qualcosa di nuovo, di cercare stimoli inediti anche per rilanciare il commercio, così cominciarono a sviluppare la tecnica a figure rosse. Uno dei primi pittori che svilupparono questa tecnica era il pittore di Andocide: ci sono molti vasi realizzati da lui che hanno su un lato una scena a figure nere e sull’altro lato la scena a figure rosse, si chiamano vasi bilingui. La tecnica delle figure rosse è molto più complessa perché non serve l’utilizzo di un ago che va a graffiare, ma servono pennelli molto sottili, ricavati dai baffi delle lepri. Con questi pennelli così fini si ha la possibilità di realizzare dettagli che anche a matita o dettaglio non si riescono a fare, perché sono davvero minuti (dai denti dei personaggi all’iride dell’occhio). È un lavoro molto, molto certosino, di precisione e di pazienza. Però con questa tecnica gli artisti iniziarono a dare molta più prospettiva ai personaggi, molto più movimento, e cominciarono a delineare molto meglio le anatomie e i muscoli.
Riproduzioni di ceramiche a figure nere create da Roberto Paolini |
Riproduzioni di ceramiche a figure rosse create da Roberto Paolini |
Le riproduzioni che realizzi sono repliche di reperti museali o ti ispiri anche a oggetti di altra provenienza?
Dipende, solitamente seguo ciò che ordina il cliente. Se il cliente ama un vaso che è esposto in un qualsiasi museo e ne vuole la riproduzione, io nei limiti del possibile realizzo la riproduzione del vaso richiesto. Altri invece chiedono vasi di mia inventiva, magari fornendo indicazioni sulla scena mitologica da eseguire, e in quel caso io penso a una scena mitologica. Di base cerco di accontentare tutta la clientela.
Nel 2018 ti sei avvicinato anche al mondo della rievocazione storica. Come ti sei avvicinato a questo ambiente e come intrattieni il pubblico di questi eventi?
Tramite la pagina Facebook sono stato contattato da diversi rievocatori. All’inizio non ero molto appassionato, perché non avevo conoscenza di questo mondo. In seguito però ho cominciato a fare amicizia con queste persone che mi ordinavano vasellame che poi usavano nelle rievocazioni: rievocatori greci, etruschi o romani mi ordinavano vasi che poi avrebbero utilizzato durante le loro manifestazioni. Ho cominciato ad andarli a trovare alle rievocazioni, e poi avevo già amici che facevano rievocazioni storiche, così anche io, per gioco, ho cominciato a dedicarmi a questa attività. Tuttora vengo convocato dalle varie associazioni che organizzano eventi e che mi fanno spesso partecipare anche in prima persona: in genere, in base al tipo di rievocazione o al periodo a cui si riferisce, porto il materiale per quell’epoca. Di recente, per esempio, in una rievocazione a Otricoli io ho svolto il ruolo del mercante ceramista di quell’epoca: faccio vedere alle persone che vengono in rievocazione come si realizzavano questi oggetti.
E insegni anche le tue tecniche?
Ancora no, non insegno. Ma più avanti potrebbe darsi... !
L'autrice di questo articolo: Ilaria Baratta
Giornalista, è co-fondatrice di Finestre sull'Arte con Federico Giannini. È nata a Carrara nel 1987 e si è laureata a Pisa. È responsabile della redazione di Finestre sull'Arte.