Sergio Racanati (Bisceglie, 1982) è un artista pugliese che ha fatto delle pratiche performative e di quelle filmiche il suo mezzo privilegiato di espressione. Ha giá ricevuto diversi riconoscimenti internazionali, tra cui anche l’ultima partecipazione al programma pubblico della mostra d’arte contemporanea internazionale documenta15 di Kassel con il film saggio WOK/WAJAN. I suoi progetti coinvolgono temi inerenti la sfera pubblica, investigano i comportamenti politici della comunitá soprattutto nei suoi rapporti tra la memoria individuale e quella collettiva.
FDV. Cosa significa per Sergio Racanati dedicarsi alle pratiche filmiche artistiche? Cosa è per lei la video arte oggi e cosa vuoi proporre con il suo lavoro?
SR. Le mie pratiche filmiche hanno un approccio sperimentale, in cui la narrativa lineare viene sfidata a favore di un susseguirsi di micro-storie che lasciano lo spettatore in totale libertà di viaggiare in uno spazio/tempo sospeso. Oggi direi il mio fare video d’arte vuol essere un atto politico. Questo mio modo di intendere e fare cinema d’arte, secondo me, è capace di affrontare la complessità del pensiero dandomi piena libertà immaginifica. Mi piace citare a tal proposito il grande pensiero di Hans Richter il quale ha identificato alcune delle caratteristiche che continuano ad essere ascritte al film saggio anche dai teorici contemporanei: la trasgressione e l’attraversamento dei confini di genere; la libertà creativa nel distaccarsi dalle convenzioni dei linguaggi; la complessità e la riflessività. Questo modo di fare cinema mi consente di essere libero: il film saggio può raccogliere e far coesistere e coabitare materiale eteroclite prelevato ovunque e il suo tempo e il suo spazio sono condizionati esclusivamente dal bisogno di -tentare- di mostrare e spiegare la” complessità del pensiero”. Con la mia pratica artistica, volta alla dis-articolazione dei legami sociali, cerco di sondare, come un etnografo, lo sciame inquieto della moltitudine. Definisco il mio cinema viscerale: la de-costruzione dell’immagine si scompone, de-compone e ri-compone in una sorta di costante ricerca di equilibrio precario di forme di narrazione non lineare che ripetutamente si smagliano e collassano. Voglio far compiere al pubblico una trance!
Si è conclusa da poco a Kassel, non senza polemiche, la mostra d’arte contemporanea internazionale dOCUMNENTA15. Sergio, Lei è l’unico artista italiano ad aver partecipato al programma pubblico della ruruHaus, centro vitale e costitutivo dell’intero processo curatoriale di dOCUMENTA XV, con il film WOK/WAJAN. Questo suo film-saggio racconta in modo intima e partecipante il progetto portato avanti dal collettivo ruangrupa. dOCUMENTA15 ha mostrato un modo di concepire l’arte che all’Occidente è estraneo perchè si basa sul mantenimento solidale dell’ecosistema artistico, secondo le guide di una vera e propria sharing economy. Lei pensa sia possibile oggi fare arte con una gestione sostenibile delle risorse (di tutte le risorse) e con una loro solidale condivisione?
Il film WOK/WAJAN si concentra sulla raccolta di elementi periferici della città, evidenziando i contrasti, le sfumature e le zone grigie che segnano una notevole differenza della percezione della vita culturale e sociale di Kassel durante la manifestazione rispetto alla sua normalità nei tempi in cui è fuori dai circuiti dell’arte contemporanea. È un’indagine che parte dall’ecosistema ruruHaus e si espande, mettendo in relazione l’ecosistema stesso con quello della città di Kassel. WOK/WAJAN è un film-saggio, la cui dimensione viene spesso concepita giá come un fenomeno/attitudine/ricerca marginale. Quello che è emerso e che sta emergendo-secondo me – sono le riflessioni sulle nuove necessità del fare arte, del ruolo dell’artista, delle reti di muto soccorso, delle reti di coproduzione, progettualità di economie solidali, nuove traiettorie ecosostenibili sia per le politiche culturali sia per le politiche sociali ed economiche.
A conclusione di quella che per lei si è rivelata un’esperienza per certi versi sicuramente di sfida, per altri un continuo progetto in divenire dal momento che si è recato piú volte nel corso degli utlimi anni a Kassel per la realizzazione di WOK/WAJAN, cosa si è portato da questa avventura di respiro internazionale?
Porto con me meravigliose scoperte, relazioni, incontri, scambi di prospettive. I sorrisi e la grande accoglienza e attenzione dei curatori. La grande voglia di continuare a fare ricerca, mettere in crisi quei modelli che non generano nuovi immaginari di sostenibilità, creare e consolidare reti di scambio e di solidarità Realizzare questo film è stato come scrivere un saggio. Mi sono divertito molto e nello stesso tempo non potrò mai dimenticare le ore trascorse in flix bus per raggiungere Kassel dal sud Italia.
Dopo dOCUMENTA15, Sergio, si è trattenuto ancora Oltralpe, in Svizzera per la precisione, per prendere parte alla mostra BANG BANG translocal hi:storie di performance art al Museo Tinguely di Basilea (8 giugno – 21 agosto 2022). Ce ne vuole parlare?
Ho partecipato alla call del BANG BANG translocal hi:storie of performing art con la performance DARKNESS perché, grazie al Premio di Internazionalizzazione dei giovani talenti della regione Puglia, a cura del Teatro Pubblico Pugliese e Regione Puglia, avevo allestito ed eseguito la performance nel 2019 a Locarno presso laRada diretta in quel periodo da Riccardo Lisi. La call rivolta a performance realizzare in Svizzera era rivolta alla ricerca e selezione di materiale di documentazione per la costruzione dell’archivio sulla storia della performance in Svizzera. Successivamente sono stato invitato alla mostra BANG BANG translocal hi:storie of performing art. Il progetto espositivo a cura di Revolving Histories/Performance Chronik Basel e Museum Tinguely presenta un caleidoscopico allestimento di installazioni video, performance, foto e testi. Tracciando lo sviluppo della performance art , ridisegnando i contorni della performance in continua evoluzione. La performance DARKNESS mette in scena un processo di costruzione e de-costruzione dell’immaginario collettivo e condiviso delle apocalissi contemporanee. Il pubblico partecipa a un vero e proprio rituale sciamanico e contemplativo del disfacimento del nostro tempo/spazio.
Sergio, su cosa si incentrano le Sue attuali ricerche artistiche e quali sono le Sue prospettive future, sicuramente promettenti?
Sono vincitore del grant Italian Council (11 edizione, 2022) Ambito 3 - Sviluppo dei talenti Sezione-VII- Borsa (grant) per residenza di ricerca per artisti, curatori e critici presso una sede estera accreditata. La mia residenza si svolgerà in Brasile nella foresta Amazzonia nella regione del Parà. Qui, insieme a Cassia Andrade, curatrice e mediatrice culturale basata a San Paolo, attiverò una serie di attività, ricerche, momenti conviviali. La ricerca attraverserà i macro temi di urgenza globale quali le forme di estrattivismo, colonialismo e sfruttamento dei corpi. Confesso: non vedo l’ora di essere a Campo de Heliantos in residenza! Voglio perdermi nei suoni delle piume tropicali e ritrovarmi abbracciato ad una delle ultime palme secolari sopravvissuta alla mattanza che gli esseri umani stanno compiendo, secondo dopo secondo, dopo aver attraversato fabbricati industriali spettrali.
L'autrice di questo articolo: Francesca Della Ventura
Ha studiato storia dell'arte (triennale, magistrale e scuola di specializzazione) in Italia e ha lavorato per alcuni anni come curatrice freelancer e collaboratrice presso il Dipartimento dei Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici del Molise (2012-2014). Dal 2014 risiede in Germania dove ha collaborato con diverse gallerie d'arte e istituzioni culturali tra Colonia e Düsselorf. Dallo stesso anno svolge un dottorato di ricerca in storia dell'arte contemporanea all'Università di Colonia con una tesi sul ritorno all'arte figurativa negli anni Ottanta in Germania e Italia. Nel 2018 è stata ricercatrice presso l'Universidad Autonoma di Madrid. Ha scritto sull'identità tedesca e italiana nell'arte contemporanea e nella politica, sul cinema tedesco e italiano del dopoguerra e grazie a diverse borse di studio D.A.A.D. ha presentato la sua ricerca a livello internazionale. Attualmente i suoi temi di ricerca riguardano l’arte degli anni Ottanta, in particolar modo quella femminista. Dal 2020 è entrata a far parte del gruppo di ricerca dell’Universitá di Bonn “Contemporary Asymmetrical Dependencies” con un progetto di ricerca sulla costruzione dei nuovi musei e delle condizioni di dipendenza asimmetrica dei lavoratori migranti nell’isola di Saadyat ad Abu Dhabi. Nell'ottobre 2020 ha fondato inWomen.Gallery, galleria online, sostenibile e per artiste. Dal 2017 lavora come giornalista d'arte per la rivista online e cartacea Finestre sull'Arte.