Stefano L’Occaso è da novembre il nuovo direttore di Palazzo Ducale a Mantova, vincitore del concorso internazionale che lo ha designato come successore di Peter Assmann. L’Occaso, romano ma mantovano d’adozione (è infatti a Mantova da più di vent’anni), è uno dei più profondi conoscitori del Palazzo, avendovi lavorato per anni come funzionario. Dopo aver diretto il Polo Museale della Lombardia per L’Occaso si tratta di un nuovo incarico alla guida di un istituto del MiBACT, e l’attività è già in pieno svolgimento: partiranno infatti a breve importanti cantieri di restauro, ci saranno nuovi allestimenti, una rinnovata programmazione espositiva e molto altro. Di tutti questi argomenti abbiamo parlato col nuovo direttore in quest’intervista a cura di Federico Giannini.
Stefano L’Occaso |
FG. Lei arriva a Palazzo Ducale dopo che in passato ha avuto anche una proficua esperienza come direttore del Polo Museale della Lombardia, apprezzata anche perché ha puntato sull’equilibrio tra tutela e valorizzazione, due concetti che la riforma ministeriale del 2014 ha diviso ma che Lei con la Sua azione è riuscito a tenere insieme. Il tutto con ottimi risultati in termini non solo di pubblico ma anche di realizzazioni di interventi e di coinvolgimento di sponsor privati. Cosa porterà di quell’esperienza a Palazzo Ducale?
SL. A quell’utilissima esperienza aggiungo una conoscenza capillare di Palazzo Ducale, poiché il mio impegno sul monumento risale al 2000, quando sono entrato nel ministero come funzionario storico dell’arte; quindi credo di essere uno dei maggiori conoscitori della realtà artistica e architettonica mantovana. Dal lavoro al Polo museale della Lombardia lombarda certamente cercherò di mutuare il bilanciamento tra tutela e valorizzazione, per quanto abbia il timore di dover puntare maggiormente sull’aspetto di tutela, almeno in questo incipit di mandato, poiché mi ritrovo in eredità cospicui finanziamenti risalenti al 2016 e che vanno impegnati con la massima rapidità, perché le rispettive gare devono essere aggiudicati entro dicembre 2021, e conseguentemente questo comporta una necessità di impegnarsi al massimo su queste procedure: un edificio complesso, vasto, maestoso come Palazzo Ducale ha bisogno di grandi manutenzioni e interventi. Peraltro il suo stato conservativo non è eccellente, e non riuscire a impegnare queste risorse per la tutela dell’immobile, nonostante si tratti di una corsa contro il tempo, sarebbe per me una débâcle.
Dunque il 2021, come ha anticipato, sarà un anno cruciale per Palazzo Ducale perché al varco lo attendono diverse sfide, anche per le gare che saranno avviate per i lavori che interesseranno il museo negli anni a venire. Questo senza calcolare ovviamente le gare già avviate. Ci può anticipare cosa accadrà in questi mesi?
Purtroppo avremo la sovrapposizione di numerosi cantieri, con il rischio di conseguenti interferenze. Questo è dovuto al ritardo nell’impegno delle risorse: finisce che poi i cantieri dovranno partire non dico in simultanea, ma comunque con un programma molto serrato e ravvicinato. Sono in partenza due grossi cantieri, uno di restauro del lato porticato della Cavallerizza e un altro di restauro delle tre torri sulle quali non si intervenne in seguito al terremoto del 2012. La maggior parte di questi interventi è affidata all’architetto Antonio Mazzeri, che è l’architetto RUP (Responsabile Unico del Procedimento) di questi lavori: è persona di grande esperienza e di grande capacità e in questo momento ha sulle sue spalle degli oneri davvero gravosi; quindi il mio compito in questo frangente è di dare il massimo supporto all’ufficio architettonico e all’ufficio tecnico affinché possano operare nelle migliori condizioni. Questo anche al fine di scongiurare due problemi che vanno presi in considerazione all’avvio dei cantieri: l’interferenza con il pubblico (e quindi la necessità di gestire i lavori senza che questi impediscano, quando potremo riaprire i musei, il passaggio del pubblico e dunque la normale fruizione), e l’interferenza tra un cantiere e l’altro, perché avremo necessità di intervenire anche su siti molto ravvicinati se non nello stesso blocco del Palazzo Ducale, con tutto ciò che questo comporta. Abbiamo in avvio lavori sulle facciate: in tarda primavera dovrebbe partire un lavoro di restauro di intonaci su piazza Sordello, quindi sui prospetti principali del Palazzo, e abbiamo in fase di procedura di gara il restauro del volume architettonico denominato “Casino delle Guardie Nobili”, posto di fronte all’esedra del Castello. Abbiamo poi in avvio la procedura di gara per il restauro del lato porticato del Giardino dei Semplici, con il miglioramento anche strutturale, mentre i tre progetti maggiori sono da avviare (per cui dobbiamo ancora arrivare al progetto esecutivo): uno è il progetto di restauro e rifunzionalizzazione dell’ingresso del Castello di San Giorgio, che ha sostanzialmente tre profili (restauro delle superfici, miglioramento sismico e restauro strutturale, riconfigurazione dell’ingresso del Castello per l’accoglienza del pubblico). Questo cantiere è presumibilmente uno di quelli che partiranno per ultimi, insieme ai lavori di miglioramento sismico e di restauro architettonico delle superfici decorate della Corte Nuova (quindi si parla principalmente dell’Appartamento grande di Castello, secondo un progetto anch’esso in fase di redazione). Il lavoro più complesso tra quelli in fieri è però certamente il recupero del Salone dell’Armeria, un grandissimo volume che misura 66 per 15 metri (quindi circa 1.000 metri quadrati di superficie), per un’altezza media di 9 metri (7,40 all’imposta e 9,50 al sommo delle capriate): parliamo di 9.000 metri cubi che devono essere restaurati, e possibilmente resi uno spazio museale per fruizione futura, con tutto quello che questo comporta in termini di accessibilità. Insomma, si tratta di un progetto molto complesso per il quale stiamo lavorando molto rapidamente, e non siamo certamente aiutati dal Covid.
Facciata di Palazzo Ducale su piazza Sordello. © MiBACT, Palazzo Ducale di Mantova |
Fotografia aerea del complesso di Palazzo Ducale. © MiBACT, Palazzo Ducale di Mantova |
Il Cortile della Cavallerizza. © MiBACT, Palazzo Ducale di Mantova |
Il Salone dell’Armeria. © MiBACT, Palazzo Ducale di Mantova |
Dunque Palazzo Ducale, come tutti i musei, è chiuso da mesi, ma è in piena attività, come ci ha appena dimostrato. Quali altre attività state seguendo oltre alle procedure per l’avvio dei cantieri?
Nell’accennare alla nostra febbrile attività, tengo davvero molto a ringraziare tantissimo tutti i funzionari di Palazzo Ducale, perché stanno lavorando moltissimo: che siano in presenza o che siano da remoto, si stanno impegnando per Palazzo Ducale con una dedizione più che encomiabile. Oltre alla serie di lavori appena elencati (e in realtà la lista potrebbe proseguire: abbiamo un grosso intervento di miglioramento dei sistemi di sicurezza all’interno del Palazzo, con un appalto da 1,8 milioni di euro, un appalto per i sistemi antincendio e via dicendo), il museo si sta muovendo in varie direzioni, in termini di riallestimento delle raccolte permanenti. Quello che intendo fare, più che puntare sulle mostre, è proprio scommettere sul riallestimento delle collezioni permanenti del Palazzo, anche in collaborazione con il Comune con cui c’è sempre stato un ottimo rapporto: stiamo quindi proseguendo su questa linea perché qui in Palazzo Ducale abbiamo collezioni di proprietà comunale e statale, e i musei comunali ospitano anch’essi opere di proprietà statale. Sappiamo benissimo che al pubblico non interessa il problema della distinzione delle proprietà, ma che tutto sia fruibile: questo è l’obiettivo principale e va di pari passo con il riallestimento del museo. Non voglio più vedere in deposito il rilievo donatelliano del Sangue di Cristo o altri pezzi, di valore o meno. Le esposizioni permanenti dovranno poi essere arricchite da mostre, che sono sostanzialmente una “scusa” per riprendere in mano l’allestimento complessivo di Palazzo Ducale secondo uno schema complessivo, ma che proceda lotto per lotto. Così avremo la mostra per celebrare i settecento anni dalla morte di Dante che apriremo a ottobre, ed è l’occasione per rivedere l’allestimento dell’Appartamento di Guastalla con la scultura e la pittura del Trecento: l’allestimento permanente sarà arricchito con prestiti che verranno dalla Francia, dalla Danimarca e dai musei italiani per raccontare il percorso della cultura figurativa di Mantova all’epoca di Dante. Ancora, Palazzo Ducale si sta muovendo molto sulle acquisizioni, sia attraverso donazioni sia attraverso acquisti in forma di trattativa privata o altri canali come la prelazione. Queste procedure hanno portato in questi ultimissimi tempi, in meno di tre mesi, a diverse acquisizioni rilevanti: un disegno di Bertani, una piccola scultura del Trecento, un’importante copia da Mantegna, un dipinto dello Schivenoglia, un dipinto di Siro Baroni, e poi soprattutto lo splendido arazzo, su cartone di Giulio Romano, che abbiamo acquistato proprio a fine dicembre riuscendo a concludere una complessa trattativa intrapresa grazie alla fondamentale collaborazione della Direzione Generale Musei, non senza un importante contributo della Fondazione Palazzo Te, che ha permesso di sbloccare in qualche modo l’impasse di una trattativa altrimenti molto complessa.
Abbiamo accennato sia al lavoro sulle collezioni permanenti, sia a quello sulle mostre, e vorrei approfondire entrambi questi importanti aspetti. Per quanto riguarda le raccolte permanenti, sappiamo che, tra le novità, c’è il lavoro sui depositi: molte opere adesso nei depositi verranno esposte per raccontare al pubblico alcuni elementi della cultura della Mantova antica che al momento il Palazzo non approfondisce. Sappiamo dunque che ci sarà una sezione sulla cultura ebraica a Mantova, e una sulla Wunderkammer dei Gonzaga, e Le chiedo se può anticiparci qualcosa su queste nuove sezioni.
Questi sono proprio due esempi di come vorrei procedere: abbiamo nei depositi diversi oggetti di cultura ebraica, ormai da decenni. Si può ben immaginare l’origine della raccolta ebraica (la distruzione del ghetto e le requisizioni: quindi si tratta di violenza). Vorrei evitare che, oltre all’oltraggio delle modalità di appropriazione di queste opere, ci sia un’ulteriore offesa nel tenerle relegate nei depositi. Ho già preso contatti con la comunità ebraica mantovana e c’è da parte loro piena collaborazione per costruire un percorso che racconti la cultura ebraica a Mantova attraverso i secoli, e di conseguenza l’importante contributo che questa ha dato nel Rinascimento, fino alle vicende più recenti che credo debbano essere raccontate: la demolizione del ghetto o come le pergamene ebraiche e altri materiali dalle sinagoghe o edifici del ghetto di Mantova siano arrivati a Palazzo Ducale. Sarebbe peggio non parlarne, far finta che questi materiali non esistano e tenerli in deposito. Vorremmo trovare una modalità per presentare questo racconto nei termini più obiettivi possibili per rendere giustizia a materiali che sin qui non sono mai stati esposti. Per quanto riguarda invece la Wunderkammer, si tratta di un’idea che mi è venuta un giorno in deposito insieme ai colleghi: abbiamo fatto una delle tante ricognizioni e mi sono accorto di una cosa che non sapevo, cioè che per esempio in deposito abbiamo costole di balena. Potrebbe trattarsi di oggetti capaci di incuriosire il pubblico. In effetti l’idea sarebbe quella di ricostruire la Wunderkammer gonzaghesca, quindi naturalia e mirabilia che i Gonzaga avevano raccolto in Palazzo Ducale, anche se non abbiamo più gli oggetti delle collezioni gonzaghesche che sono andati tutti dispersi. Abbiamo però oggetti simili che in qualche modo possono dare l’emozione e restituire il senso di quegli ambienti, ovvero della Galleria delle Metamorfosi, quindi un ambiente legato e attiguo alla Galleria della Mostra: quattro stanze ciascuna dedicate a ognuno dei quattro elementi, capaci di raccontare il gusto dei Gonzaga. E se oggi non abbiamo più la loro collezione, possiamo comunque creare la suggestione di quello che poteva essere Palazzo Ducale grazie ai reperti che abbiamo in deposito.
Manifattura di Nicolas Karcher su cartone di Giulio Romano, Venere spiata da un satiro con i puttini (1539-1540; arazzo in lana e seta; 410 x 450 cm). © MiBACT, Palazzo Ducale di Mantova |
Artista ignoto, Figura di santo (XIV secolo; pietra, 35 x 14 cm). © MiBACT, Palazzo Ducale di Mantova |
Siro Baroni, Madonna con Bambino e santi (1764; olio su tela). © MiBACT, Palazzo Ducale di Mantova |
Francesco Maria Raineri detto lo Schivenoglia, Nettuno (1745 circa; olio su tela, 234 x 164 cm). © MiBACT, Palazzo Ducale di Mantova |
Giovan Battista Bertani, Satiro che trascina l’asino di Sileno (1560-1565 circa; penna, inchiostro bruno, inchiostro acquerellato, quadrettatura a pietra nera, 183 x 146 mm). © MiBACT, Palazzo Ducale di Mantova |
Un altro punto di sicuro interesse per il pubblico è quello delle mostre: durante la passata gestione, al di là dell’acuto con la rassegna su Giulio Romano, mi verrebbe da dire che la qualità è stata molto discontinua. Ad ogni modo, la Sua direzione in questo senso sembra iniziare in segno totalmente opposto visto che, come ci ha anticipato, il primo progetto su cui lavorerà sarà una mostra molto legata al territorio, una mostra peraltro che si preannuncia di grande interesse perché tratterà della cultura del primo Trecento a Mantova, nel periodo di passaggio tra i Bonacolsi e Gonzaga. Quindi suppongo che quella che ci attende è una programmazione intanto molto attinente alle vicende del Palazzo e di Mantova...
Sì, ha colto perfettamente nel segno. L’idea è quella di lavorare su Palazzo Ducale perché questo ci permette di programmare dei riallestimenti permanenti, di migliorare le funzioni di accoglienza e narrazione del palazzo stesso, quindi lavorare attorno a quello che il palazzo ci racconta, per poi aggiungere opere che integrino e che commentino il monumento. Su questo fronte sono attivi i nostri funzionari e mi piace citare Maria Lucia Masciopinto e Michela Zurla, come anche Verena Frignani. Vorrei chiarire che non ho alcuna preclusione nei confronti dell’arte contemporanea, che è stata certamente uno dei cavalli di battaglia della precedente gestione. Ci potranno essere anche eventi dedicati all’arte contemporanea, per quanto su questo punto preferirei, per mia inadeguata competenza in quest’ambito, appoggiarmi a un comitato scientifico che potrà essere costituito eventualmente in futuro e nel quale chiamare a collaborare persone che abbiano competenze specifiche, affinché l’offerta sia compatibile con la qualità delle opere d’arte che Palazzo Ducale ha raccolto nel corso dei secoli. Va cercato l’equivalente di Rubens e di Tiziano: non possiamo fare mostre d’arte contemporanea a tutti i costi senza controllare che la qualità sia di livello adeguato.
Facendo invece un salto indietro di secoli, e passando quindi dal contemporaneo all’antico, la Sua direzione di Palazzo Ducale sancisce anche una specie di ritorno, perché Lei, da direttore del Polo Museale della Lombardia, si occupò del completo riallestimento del Museo Archeologico Nazionale, che all’epoca faceva parte del Polo, mentre dal 2018 è stato unito all’istituto di Palazzo Ducale. Come lavorerà sul Museo Archeologico dato che Lei ha contribuito in maniera determinate a rinnovarlo?
Lo amo molto perché è stato un grande impegno del mio mandato milanese, e devo dire che in questo momento il Museo Archeologico è in condizioni più che buone per quanto riguarda il pianterreno e il primo piano, ma non del tutto per il secondo piano. L’idea quindi è stata, in collaborazione con la soprintendenza, di farne una vetrina dell’archeologia, degli scavi nel territorio. La soprintendenza, diretta dal dottor Gabriele Barucca, sta lavorando molto ma non ha la possibilità di raccontare la sua attività sul territorio. Il Museo Archeologico ha bisogno di essere qualcosa di dinamico, di vivo, perché non può non rispecchiare l’attività di tutela: da qui mi è nata l’idea di una collaborazione tra i due istituti. Dunque, già a marzo, sperando di essere aperti [NB riapriremo mercoledì 3 febbraio], dovremmo avere una prima mostra che va a raccontare i due principali scavi in città: da parte nostra se ne sta occupando Mari Hirose. Sostanzialmente vorremmo rendere partecipi tutti di quello che l’archeologia fa sul nostro territorio, anche perché l’archeologia ci sta portando importanti scoperte per quel che riguarda la datazione dei primi insediamenti urbani. Un primo focus dovrebbe essere sugli scavi della zona di Fiera Catena e sull’area di via Rubens, un sito nel quale sono state trovate anche le tracce di un battistero, forse ariano o comunque con adiacenti sepolture di epoca longobarda, e appunto questi scavi dovrebbero trovare la loro vetrina al secondo piano del Museo Archeologico. Vorremmo pertanto raccontare quello che avviene sul territorio, quello che fa la soprintendenza, e quanto questi scavi possano accrescere le nostre conoscenze sulla storia più remota della città.
La Camera degli Sposi. Ph. Credit Alessandro Pasquali - Danae Project. © MiBACT, Palazzo Ducale di Mantova |
La sala degli arazzi. © MiBACT, Palazzo Ducale di Mantova |
Tornando a parlare di Palazzo Ducale, uno dei problemi annosi dell’istituto è il numero ridotto di custodi in relazione alla grandezza del palazzo, tanto che alcuni ambienti sono spesso chiusi: penso, se non erro, alla Galleria della Mostra e a quella dei Marmi che sono state riaperte per la mostra di Giulio Romano ma poi richiuse, oppure all’Appartamento dei Nani, o alle stanze di Isabella d’Este in Corte Vecchia che vengono aperte di rado. Ci saranno delle evoluzioni su questo capitolo?
Questo è un capitolo molto delicato perché noi speriamo molto nel concorso di assunzione di nuovo personale AFAV (assistenti alla fruizione, accoglienza e vigilanza), ma in generale speriamo molto in nuove assunzioni di personale ministeriale in pianta stabile. Abbiamo appena stipulato un contratto con una società esterna e che avrà una durata biennale per un supporto al nostro personale interno, che è pochissimo: abbiamo un percorso estremamente ampio con a volte anche meno di dodici unità per tutto il percorso, inclusa anche la cabina di regia e i servizi di accoglienza: ridotti all’osso. È una situazione di sotto organico grave rispetto alla vastità del Palazzo. Se poi pensiamo che i restauri con cui abbiamo iniziato questa nostra chiacchierata dovrebbero tendenzialmente portare ad ampliare il percorso di visita, il problema si fa ancora più cogente, per cui questo supporto che noi oggi abbiamo garantito attraverso un appalto (che è peraltro piuttosto oneroso e quindi incide notevolmente sul bilancio di Palazzo Ducale) non è che un palliativo, perché non risolve in via permanente il problema. Certamente i grossi lavori sui sistemi di sicurezza interni potranno aiutare il personale a svolgere meglio il proprio lavoro e quindi a ottimizzare le risorse. Calcoliamo anche che in questo momento il personale è costretto, per i numeri estremamente ridotti, a svolgere le proprie mansioni in maniera diminutiva, perché in pratica possono fare solamente la sorveglianza di sala sulle enormi superfici del Palazzo. Vorrei che si potesse un giorno arrivare a dire che il nostro personale riesce a garantire un percorso ancora più ampio e inoltre a offrire un servizio migliore, perché il nostro personale spesso è laureato, ha la possibilità di dare qualcosa al pubblico di più che non sia soltanto il tenere aperte le sale. E questo non è ovviamente un problema solo di Palazzo Ducale: credo che altri direttori Le diranno le stesse cose. È un problema certamente diffuso, ed è certamente una questione di interesse generale. Non so se gli appalti per il supporto al servizio di vigilanza possano essere la soluzione in assoluto come scommessa per il futuro.
Per chiudere questa parentesi, parliamo di servizi esterni: il bookshop è chiuso da un anno e non ha ancora riaperto nei mesi estivi, in più da tempo i visitatori lamentano la mancanza a Palazzo Ducale di un punto ristorazione. Su questo punto ci saranno dei cambiamenti?
Sono due questioni distinte, perché il servizio di bookshop fa capo ai servizi museali che sono dati in concessione a un raggruppamento temporaneo d’impresa, il quale in realtà non ha ancora iniziato a operare per via del Covid. Il Covid, con la drastica riduzione degli accessi a Palazzo Ducale e con le chiusure prolungate dello scorso anno, ha impedito l’avvio della concessione dei servizi. Noi abbiamo risolto questo problema lo scorso anno avviando i servizi di biglietteria attraverso una procedura d’appalto: sostanzialmente abbiamo ovviato all’impossibilità di dare avvio alle concessioni museali con un appalto di servizi che ha consentito al museo di riaprire il 5 giugno del 2020, al termine del primo prolungato lockdown. L’appalto, conferito precedentemente al varo della Legge 120/2020, consentiva soltanto l’affidamento di un servizio, quindi noi non potevamo dare in appalto una molteplicità di servizi e pertanto abbiamo dovuto optare necessariamente per il servizio di biglietteria (non avrebbe senso aprire il servizio di bookshop con il museo chiuso). Oggi, la modifica del Codice dei Contratti della Legge 120 consentirebbe anche la pluralità dei servizi: il problema è che la soglia di affidamento dell’appalto non ci mette nelle condizioni di ampliare l’offerta. Di conseguenza il bookshop riaprirà nel momento in cui avrà avvio la concessione di servizi. Sull’avvio della concessione dei servizi si apre un altro capitolo abbastanza complesso, perché evidentemente in una fase in cui le previsioni d’introito da parte del concessionario sono drasticamente ridimensionate, è chiaro che l’avvio dei servizi diventa una trattativa non semplice da gestire. Lo scorso anno il numero dei visitatori è calato in maniera clamorosa, ma se anche dovessimo riaprire domani (ponendo che la Lombardia diventi zona gialla noi saremmo pronti a riaprire in due o tre giorni, perché si tratta soltanto di liberare il percorso dai trabattelli che ci servono per le manutenzioni che stiamo portando avanti in questo periodo), dovremmo riaprire con contingentamento, distanziamento e tutto quello che è necessario per garantire una visita in sicurezza per personale e pubblico: questo vuol dire che la capienza del museo sarebbe men che ridotta rispetto alla capienza teorica di un museo come Palazzo Ducale. Quindi i numeri raggiunti nel 2019, grazie anche alla mostra su Giulio Romano, numeri record, saranno impossibili da bissare nel corso del 2021: e le premesse non sono delle migliori. Ciò detto è evidente che anche i servizi museali dovranno essere in qualche modo ridimensionati per consentire la sostenibilità da parte del concessionario. Per quanto riguarda la ristorazione, la concessione dei servizi di caffetteria si è arenata due o tre anni fa a fronte della mancanza di operatori economici (sostanzialmente nessuno ha partecipato alla procedura indetta da Palazzo Ducale), e questo perché si chiedeva un impegno anche in termini economici nell’avvio dei lavori e per tutta una serie di adeguamenti impiantistici all’interno degli spazi destinati. Io credo che a queste condizioni sarà difficile trovare un soggetto che oggi, ancor più che due anni fa, sia disposto a investire determinati importi per aprire una caffetteria. Credo che se vorremo avviare questo servizio dovremo trovare una modalità diversa, più rapida e più efficace, forse rinunciando all’abbinamento caffetteria-ristorante, puntando magari solo sulla caffetteria, almeno per un periodo di tempo, perché altrimenti credo che oggi la proposta lanciata dall’amministrazione due anni fa (appunto dell’abbinamento dei due servizi con gli oneri connessi) non sia sostenibile per un operatore economico. A quelle condizioni andremmo incontro a un altro esito negativo di una procedura, che peraltro devo ammettere che in questo momento non è prioritaria. Ora io ho assoluta necessità di dare avvio alle gare per i lavori di restauro, perché il Palazzo ha enormemente bisogno di manutenzioni e restauri (abbiamo delle aree che sarebbero ancora inagibili a seguito del terremoto del 2012), e devo necessariamente impegnarmi su questo fronte come urgenza assoluta. Quando avremo fatto partire le procedure di gara per i lavori, allora riprenderemo anche questo discorso.
La Galleria della Mostra. © MiBACT, Palazzo Ducale di Mantova |
I depositi di Palazzo Ducale. © MiBACT, Palazzo Ducale di Mantova |
I depositi di Palazzo Ducale. © MiBACT, Palazzo Ducale di Mantova |
Parliamo invece di digitale: Palazzo Ducale è un istituto in questo senso molto attivo, ha un sito web che costituisce una ricca fonte d’informazioni e direi che è tra i siti più aggiornati e interessanti dell’intero panorama museale nazionale, una presenza social efficace, e in generale gode di un utilizzo direi molto intelligente delle risorse digitali. Si parla molto di digitale in questi mesi: qual è il vostro approccio?
Mi fa molto piacere quello che dice sul nostro sito ma devo dire che è merito soprattutto di Alessandro Sartori, il funzionario delle comunicazioni che gestisce con molta intelligenza il nostro sito con la collaborazione di Ylenia Apollonio. Recentemente abbiamo caricato anche un video introduttivo in inglese che vorrà essere una sorta di biglietto da visita per quando riapriranno le frontiere e il pubblico potrà venire anche dall’estero. Stiamo lavorando anche sul digitale, anche se il Palazzo da questo punto di vista non si presta molto, perché noi non abbiamo nessun collegamento di fibra interno, nessun collegamento di linea che ci consenta di avviare grossi progetti per quel che riguarda per esempio la realtà aumentata o le app, ma anche semplicemente i QR Code. Non abbiamo in sostanza le infrastrutture che ci consentano di gestire un servizio digitale adeguato, ma stiamo provvedendo anche a questo, perché l’enorme progetto che è in mano all’ingegner Fabrizio D’Amato sul miglioramento delle infrastrutture tecnologiche del Palazzo dovrebbe consentire, in un futuro non immediato ma neanche troppo remoto, un grosso miglioramento e quindi un possibile rilancio e un investimento anche in termini di digitalizzazione. Stiamo lavorando anche sulla digitalizzazione delle collezioni e quindi anche su progetti di catalogazione: tra il personale impiegato in ufficio, chi non è prettamente legato all’ufficio architettonico e all’ufficio tecnico può operare su questo fronte.
Vorrei concludere l’intervista citando l’abbonamento di Palazzo Ducale, un’iniziativa molto interessante e molto apprezzata dal pubblico, che dimostra come sia possibile incentivare le persone a compiere ripetuti ritorni al museo. Ma in questo senso Lei ha già annunciato una gratuità quando le porte di Palazzo Ducale riapriranno, e del resto da più parti viene sottolineata, in questo periodo, l’esigenza di lavorare molto sulla comunità locale. Voi in questo senso che idee avete? Come lavorerà il museo nei confronti della comunità e perché è così importante?
La gratuità è esattamente questo: è un messaggio lanciato alla città proprio per dire “ci siamo, siamo con voi, dobbiamo lavorare assieme”. Sappiamo benissimo che Palazzo Ducale è il motore dell’economia turistica in città (l’altro polo è Palazzo Te), ma ci sono anche altre realtà cittadine meravigliose (Museo Diocesano, Palazzo D’Arco, Teatro Bibiena e via dicendo): è ovvio che non siamo da soli, però Palazzo Ducale ha un ruolo strategico. La gratuità significa “ripartiamo e facciamo uno sforzo affinché possiate ricominciare a lavorare anche voi”. Con la realtà locale i rapporti sono molto buoni: stiamo lavorando su diversi fronti, abbiamo una rete di abbonamento e di bigliettazione sia su scala regionale (l’abbonamento Musei Lombardia), sia su scala cittadina, e abbiamo anche delle offerte più puntuali, per esempio la proposta Il cielo in una stanza con Palazzo D’Arco (per la Sala del Falconetto), Palazzo Te (per la Sala dei Giganti) e noi con la Camera degli Sposi. Si tratta di un accordo per creare un focus su un tema specifico, ma ovviamente stiamo lavorando con gli altri enti anche su progetti di più lunga durata. Ci sono stati già degli incontri fruttuosi con il sindaco sul tema della collezione al quale accennavo già prima, e credo che ci siano tutte le condizioni per lavorare nel modo migliore per far sì che alla fine le collezioni, indipendentemente dalla proprietà, possano essere tutte di pubblica fruizione. Un progetto che mi piacerebbe molto possa partire riguarda le collezioni dell’Otto e del Novecento, perché, per preludere al tripudio del Rinascimento mantovano, siamo riusciti a creare un buon Museo Archeologico che racconta la storia della città dalle sue origini, ma manca il segmento temporale più recente: in qualche modo la narrazione della storia e dell’arte mantovana si ferma ai primi dell’Ottocento, al Neoclassicismo, e invece credo che serva anche continuare il racconto con la storia delle arti a Mantova tra XIX e XX secolo. È un progetto sul quale stiamo lavorando, assieme con altri, e credo che il modo migliore per lavorarci sia in rete con le altre realtà culturali cittadine. Palazzo Ducale non è una realtà isolata, e funzionerà meglio se in dialogo con altre istituzioni.
La tua lettura settimanale su tutto il mondo dell'arte
ISCRIVITI ALLA NEWSLETTERL'autore di questo articolo: Federico Giannini
Nato a Massa nel 1986, si è laureato nel 2010 in Informatica Umanistica all’Università di Pisa. Nel 2009 ha iniziato a lavorare nel settore della comunicazione su web, con particolare riferimento alla comunicazione per i beni culturali. È giornalista iscritto all’Ordine dal 2017, specializzato in arte e storia dell’arte. Nel 2017 ha fondato con Ilaria Baratta la rivista Finestre sull’Arte, iscritta al registro della stampa del Tribunale di Massa dal giugno 2017. Dalla fondazione è direttore responsabile della rivista. Collabora e ha collaborato con diverse riviste, tra cui Art e Dossier e Left, e per la televisione è stato autore del documentario Le mani dell’arte (Rai 5) ed è stato tra i presentatori del programma Dorian – L’arte non invecchia (Rai 5). Ha esperienza come docente per la formazione professionale continua dell’Ordine e ha partecipato come relatore e moderatore su temi di arte e cultura a numerosi convegni (tra gli altri: Lu.Bec. Lucca Beni Culturali, Ro.Me Exhibition, Con-Vivere Festival, TTG Travel Experience).