“La forma umana è il culmine della bellezza”: intervista a Shane Wolf


Abbiamo avuto il piacere e l'onore di intervistare Shane Wolf, grande artista contemporaneo che rilegge in ottica moderna la grande tradizione.

Tra gli artisti più interessanti sul panorama internazionale, uno dei nostri preferiti è Shane Wolf (Cincinnati, USA, 1976). Un artista estroso e versatile, dotato di una tecnica raffinatissima, che si è formato in Italia (e in particolare a Firenze) e attualmente vive e lavora a Parigi. Un artista che rielabora la grande arte del Rinascimento in una chiave moderna e innovativa. Abbiamo avuto il piacere e l’onore di intervistarlo, facendogli alcune domande sulla sua arte. Ne è venuta fuori una conversazione davvero interessante, che la nostra Ilaria ha tradotto dall’inglese. Ringraziamo Shane Wolf, con l’augurio che questa intervista possa farvi apprezzare un grande artista internazionale così come lo apprezziamo noi!

Shane Wolf, Autoritratto
Shane Wolf, In the Grand Manner, autoritratto (olio su cotone, 70 x 60 cm) © Shane Wolf

Dalla Firenze del Rinascimento, in cui lei si è formato artisticamente, alla Francia, che nell’Ottocento ripercorse a lungo sull’arte di Raffaello, di Michelangelo e di tutti i grandi del Cinquecento italiano: possiamo considerare Shane Wolf un artista italiano? Cosa l’ha spinta a riflettere in modo così appassionato sull’arte del nostro passato? E poi cos’è che l’ha portata a Parigi?

Non sono proprio sicuro di poter essere considerato un artista italiano, ma di certo il mio gusto per l’arte classica si è svegliato e ha cominciato a svilupparsi durante il mio soggiorno in Italia. Molto spesso dicono che le mie opere risentano dell’Italia e molte persone sostengono di vedere le radici del Rinascimento nei miei dipinti. Personalmente, penso che queste considerazioni siano sicuramente dovute al fatto che ho studiato a Firenze, dove il Rinascimento è tangibile, dove si può passeggiare per una stradina e imbattersi per caso in un Donatello o in un Verrocchio o in un Brunelleschi. Queste influenze sono ovunque e certamente hanno avuto un forte impatto sulla mia visione artistica.
Dopo Firenze, Parigi è stata chiaramente la città giusta per me. Firenze è una città meravigliosa dove studiare, mentre Parigi sembrava essere per me il luogo adatto per diventare un professionista. Necessitavo di una città che avesse un passato straordinariamente ricco, ma anche un presente vivace. Parigi ha offerto quella giusta combinazione tra ricchezza e vivacità sia per quanto riguarda il passato sia per quanto riguarda il presente.

Shane Wolf, Venus
Shane Wolf insieme al suo dipinto Venus (olio su tela, 223,6 x 100 cm) © Shane Wolf

La rielaborazione dell’arte Rinascimento passa anche attraverso le tecniche: lei fa grande uso del disegno ma la sua produzione abbonda anche di figure in scorcio che richiamano i grandi pittori illusionisti del Cinquecento, come Correggio e Veronese. In un’epoca in cui si fa arte con qualunque mezzo espressivo, quanto è importante tornare alle tecniche tradizionali?

Nelle mie creazioni, è assolutamente essenziale l’utilizzo di tecniche tradizionali. Disegnare e dipingere dal vero è in se stesso bello ed inoltre abbondano i grandi valori umanistici. Quando si lavora unicamente dal vero come faccio io, si può comprendere meglio perché il Rinascimento fosse anche un cambiamento culturale umanistico. Chi passa giorni e anni a studiare le forme dell’Umanesimo in tutte le loro complessità (bene, non è davvero possibile, ma noi ci proviamo!) diventa parte della grande stirpe della storia dell’arte, andando fino agli antichi Greci. Credo che sia per questo che le grandi opere d’arte ci parlano ancora così in modo profondo: attingono certi sentimenti e valori fondamentali dell’umanità.
E sì, gli scorci sono di certo una parte importante della mia arte. Ammiro e rispetto tantissimo i pittori illusionisti che voi citate (anche Tiepolo) e inoltre mi impegno a mettermi alla prova con punti di vista imprevedibili del modello. Non solo è una sfida divertente, ma spesso fornisce una rappresentazione incredibile del soggetto.

Non solo modi, ma anche temi: la sua serie “Eidolon” propone il recupero di soggetti tipici dell’arte antica (Venus, Voici l’homme. In che modo secondo lei un recupero di questi temi è conciliabile con il presente e con l’attualità?

Bella domanda! Parlerò prima della Venere, poi di “Voici l’homme”. Come pittore, sono maggiormente interessato a creare dipinti per i giorni nostri, per il ventunesimo secolo. Non desidero affatto realizzare un dipinto che sembra che potrebbe essere stato realizzato nel passato. È sicuramente molto interessante l’ironia di noi pittori di oggi che cerchiamo di parlare al presente richiamando temi e tecniche del passato.
Venere è stata ovviamente rappresentata da pittori di molte discipline e di vari livelli di grandezza. Scegliendo di dipingere la Venere, scelgo di aggiungere la mia visione al dialogo radicato profondamente nel passato: una Venere per il ventunesimo secolo. L’idea di “Venere” è senza tempo, e quindi è appropriata oggi come lo era per Bouguereau, Botticelli o Prassitele.
“Voici l’homme” è per me molto importante perché si basa su una filosofia profondamente radicata. Rifiuto totalmente la visione cristiana nella sua condanna del genere umano: cioè che l’uomo sia nato nel peccato e che sia obbligato a comportarsi bene (nato nel peccato e deve trovare salvezza o perire in eterna sofferenza). Trovo che sia una visione del mondo triste e assolutamente immorale. Per tradizione, l’Ecce Homo – il momento in cui Cristo viene presentato alla folla da Ponzio Pilato – è raffigurato come un’immagine tetra, infausta, cupa. Sicuramente questa è l’immagine appropriata secondo la visione cristiana.
Siccome non condivido per niente questa idea che l’uomo nasca nel peccato, un tema così importante come l’Ecce Homo necessita comunque di un’altra rappresentazione, una rappresentazione che non aderisca alla dottrina cristiana. Immagina: ECCO L’UOMO. Che potenza! Che nobiltà! Che magnificenza! Il mio “Voici l’homme” è la mia risposta umanistica al tema tradizionale. Come per la Venere, il mio scopo è creare immagini che parlino della nostra epoca, che tocchino le corde dei miei simili. E talvolta i grandi temi del passato ci permettono di farlo.

Shane Wolf, Daydream II
Shane Wolf, Daydream II (olio su tela di lino, 100 x 50 cm) © Shane Wolf

Nei suoi dipinti, il grande protagonista è il corpo umano. Sulla rivista francese Dessine et Peinture, nel 2014, lei diceva che a suo avviso il corpo esprime tutte le qualità: la magnificenza, la forza, l’eleganza, la sensibilità. Corpi spesso belli, forti, atletici, potenti nudi maschili e raffinati nudi femminili sono un tratto distintivo della sua arte. Qual è il suo rapporto con il corpo e con la bellezza? Come nell’arte rinascimentale italiana, i suoi corpi vogliono farsi portatori di un ideale, incarnare certi valori... ?

Assolutamente. La forma umana è il culmine della bellezza, della grazia, dell’eleganza, finezza, forza e vulnerabilità. Il corpo umano, sia nella forma maschile che femminile, mi ha da sempre affascinato. Credo che quando siamo nudi siamo nel nostro stato più vero, più puro. Come durante il Rinascimento italiano, intendo usare il nudo per esprimere l’infinita varietà di esperienze ed emozioni umane.

In un’intervista a una tv francese, lo scorso anno, lei affermava che non vuole dipingere opere che sono già state dipinte, ma che vuole realizzare opere adatte ai nostri tempi. In che modo dunque, secondo lei, il figurativismo e la tradizione possono ancora trovare spazio in un’arte contemporanea che spesso rifiuta l’accademismo (anche se non mancano comunque artisti che invece, come lei, ancora si ispirano ai grandi maestri e rileggono in modo molto originale e moderno l’arte del passato)?

Questa è una domanda molto ampia. È certamente vero che la grande maggioranza del mercato di arte contemporanea è piena di opere che non hanno tecnica e nessuna base accademica. Comunque – e per fortuna – il mercato dell’arte è così vasto che anche i collezionisti sono diversi. Penso che ci sarà sempre un mercato – anche se più piccolo rispetto al mercato “contemporaneo”- per gli artisti che utilizzano tecniche accademiche per creare opere d’arte che creano davvero un dialogo intelligente con il passato.
Le opere figurative possono richiedere molte settimane, mesi, o anche anni per essere compiute: questo significa che un’opera di un dato artista può essere relativamente rara. Questo spiega qualcosa della natura irregolare del mercato di arte contemporanea. Per mia esperienza, le gallerie e i collezionisti che valutano un dipinto figurativo sono pienamente consapevoli del tempo richiesto per questa forma d’arte. Sono disposti ad aspettare. E sono disposti a pagare per questo. Spero che chiunque possa aspirare a diventare un artista figurativo non si faccia scoraggiare dalla natura sproporzionata del mercato dell’arte. Ci sono molti, molti collezionisti che cercano questo tipo di arte e che ci permettono così di continuare la nostra ricerca artistica. È un mondo meraviglioso!

Concludiamo da dove siamo partiti, ovvero dal suo legame con Firenze. Molti critici e storici dell’arte, in Italia, sostengono che, nonostante la vastità del patrimonio storico-artistico italiano, gli italiani non avrebbero una preparazione adeguata per conoscerlo in modo approfondito e soprattutto per difenderlo: sono all’ordine del giorno i casi di degrado e incuria che coinvolgono l’arte del nostro passato. Da artista straniero innamorato del nostro Rinascimento e che ha vissuto in Italia, come vede il rapporto tra gli italiani e l’arte?

Mi sento abbastanza a mio agio a parlare dei “Fiorentini” (usa l’italiano, ndt) rispetto a tutti gli italiani, poiché ho vissuto a Firenze per quattro anni (e mi sono fatto un’idea su come siano diversi gli italiani!). Forse Firenze è un’eccezione, ma io ho trovato custodi, curatori, restauratori, ecc. nell’ambito artistico e nel circuito dei musei di Firenze eccezionali. Anche i cittadini sono molto coscienziosi e rispettosi della loro ricchezza storica. Non sono abbastanza esperto per discutere su come queste istituzioni e risorse siano finanziate, o se c’è o no mancanza di sovvenzioni, ma ho visto chiaramente che l’Italia tiene a Firenze.
Un’ultima cosa ancora, se posso: spero che i Fiorentini contemporanei trovino ispirazione nel loro passato straordinariamente ricco, in modo da ampliare ancora di più i loro orizzonti, abbracciando larghezza di vedute e diversità! Quando Firenze cominciò a costruire la sua imponente cattedrale nella seconda metà del XIII secolo, nessuno sapeva come sarebbe stata realizzata la cupola; ma sapevano che l’AVREBBERO saputo. Che spirito coraggioso! Pretendo che Firenze e i Fiorentini abbraccino oggi questo stesso audace ottimismo e forgino un’altra epoca straordinaria!


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Ilaria Baratta

L'autrice di questo articolo: Ilaria Baratta

Giornalista, è co-fondatrice di Finestre sull'Arte con Federico Giannini. È nata a Carrara nel 1987 e si è laureata a Pisa. È responsabile della redazione di Finestre sull'Arte.






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