Dopo la rassegna sui musei autonomi, Finestre sull’Arte prosegue l’approfondimento sui musei statali lanciando quella dedicata alle Direzioni regionali Musei nazionali (DrMn), articolazioni periferiche della Direzione generale Musei. La nuova organizzazione del Ministero della Cultura, stabilita dal Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 15 marzo 2024 n. 57, ha introdotto, infatti, una sostanziale novità rispetto al passato, riconoscendo anche a questi istituti autonomia speciale, ovvero la stessa autonomia scientifica, finanziaria, organizzativa e contabile di cui godono musei e parchi archeologici. Si tratta, probabilmente, dell’innovazione più significativa rispetto ai diversi aggiustamenti di tiro della riforma Franceschini apportati nel tempo, sebbene tutta l’attenzione mediatica sia stata invece catalizzata dai nuovi super-Dipartimenti.
Una novità che va ben oltre la mera ridenominazione delle precedenti direzioni regionali musei, a loro volta così ribattezzati dal 2019 (la precedente dicitura “poli museali regionali” aveva creato equivoci sulla natura di questi uffici periferici, dello Stato appunto e non delle Regioni). La si potrebbe dire una naturale evoluzione della riforma, dato che da subito i poli sono stati il luogo decisionale per i musei regionali e i compiti dei direttori dei poli erano già simili a quelli dei musei dotati di autonomia speciale. Tra questi compiti quello di valorizzare, promuove e rende fruibili alla collettività il patrimonio culturale dei musei e luoghi della cultura ad essa affidati in gestione, per esempio organizzando mostre, promuovendo attività di studio e ricerca, di restauro, e ancora intrattenendo rapporti di collaborazione con le altre realtà territoriali per valorizzare i contesti culturali e migliorare la qualità dei servizi. Da subito, però, gli allora “poli” si sono rivelati l’anello debole del nuovo assetto avviato nel 2014. Era chiaro da tempo, quindi, che necessitassero di aggiustamenti organizzativi.
La soluzione adesso adottata per certi versi ricalca lo schema già introdotto per i musei autonomi, stabilendo due diversi gradi con i musei di livello dirigenziale generale (Uffizi, Brera, Galleria Borghese, Colosseo, ecc.) e non generale (Palazzo Ducale di Mantova, Gallerie Estensi, Pantheon e Castel Sant’Angelo, ecc.). Alla stessa stregua anche per le direzioni regionali sembrano essere state create una serie A e serie B: una diversificazione all’interno del livello dirigenziale non generale. Alla prima appartengono le 7 che restano indipendenti, dedicate a una intera regione: Calabria, Campania, Lazio, Lombardia, Sardegna, Toscana, Veneto. Mentre 11 fanno capo ad altrettanti istituti autonomi, secondo una soluzione ibrida, come nel caso della Direzione regionale Musei nazionali Emilia-Romagna aggregata ai Musei nazionali di Bologna; la Direzione Umbria ai Musei nazionali di Perugia; la Direzione Puglia al Castello Svevo di Bari, ecc. Non essendo stati previsti accorpamenti con i “big” (i musei autonomi di prima fascia), la soluzione sembra essere stata quella algebrica di sommare le due realtà più “deboli” all’insegna dell’unione fa la forza.
Il significativo aumento di postazioni dirigenziali, conseguente a quello di musei e istituti dotati di autonomia speciale, che raggiungono quota 61 (con i 17 aggiunti ai 44 già esistenti), è in parte compensato dalla soluzione del direttore unico nel caso degli istituti accoppiati.
Se resta la questione della sostenibilità economico-finanziaria, data l’assenza di analisi di impatto della nuova regolamentazione in generale, secondo i rilievi mossi dal Consiglio di Stato in sede consultiva, il nuovo assetto sarà la chiave per superare le criticità del passato? Lo abbiamo chiesto ai dirigenti di tre direzioni autonome e di altrettante ibride, da nord a sud.
In questo primo appuntamento abbiamo sentito Fabrizio Sudano, archeologo, Direttore del Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria dal gennaio 2024, dal 15 novembre scorso si è visto assegnare anche la delega per la Direzione Regionale Musei Nazionali Calabria. Nella Regione salgono così a tre gli istituti autonomi (di seconda fascia): MArRC di Reggio Calabria, i Parchi archeologici di Sibari e Crotone (con la nuova denominazione aggiunta di Crotone a Sibari) e, appunto, la DrMn Calabria. A questa sono stati assegnati 15 istituti e luoghi della cultura, tra cui il Museo archeologico Nazionale di Scolacium - Borgia (Catanzaro), la Galleria Nazionale di Cosenza, il Museo e Parco archeologico dell’antica Caulonia – Monasterace, il Museo archeologico nazionale di Locri, la Cattolica di Stilo – Stilo, il Parco archeologico e antiquarium di Bova Marina (tutti a Reggio Calabria).
SM. Tra le novità introdotte nel 2014 i “poli museali regionali” si sono rivelati da subito i punti deboli della riorganizzazione ministeriale. Secondo Lei quali sono state le criticità?
FS. Diverse sono state le criticità soprattutto all’inizio di una riforma che, a parte gli istituti diventati autonomi, si mostrò complicata proprio per gli istituti afferenti ai poli museali regionali che subirono il distacco violento e repentino dalle Soprintendenze che li avevano fino a poco prima gestiti con fondi propri assicurandone comunque tutela, manutenzione, ricerca e valorizzazione. Le nuove strutture dei poli, spesso dirette da dirigenti non specialisti di tutti i settori (ad es. storici dell’arte in regioni dove la maggior parte dei musei e dei siti erano archeologici), hanno poi stentato ad assumere piena autonomia e coscienza di quanto avrebbero dovuto fare e dei compiti ad essi demandati. Ma era ovvio che si trattava solo di una questione di tempo e di “maturazione” della riforma in atto. Messe a giusto regime, grazie a dirigenti sempre validi e competenti anche dal punto di vista amministrativo, effettuate le dovute consegne di personale, beni e luoghi, i poli hanno pian piano iniziato a muoversi decisamente meglio e i rapporti con le soprintendenze si sono sempre più assestati.
È poi cambiato qualcosa nel 2019 con le “direzioni regionali musei”, oltre la nuova dicitura?
Credo che a parte la nuova denominazione non sia cambiato granché. Sono stati aggiunti man mano sempre più musei e siti tolti alla gestione delle Soprintendenze ma, questa volta, nell’ambito di un meccanismo decisamente più oliato e ampiamente rodato dopo quattro o cinque anni, le problematiche e le criticità sono state quasi azzerate.
Qual è la ragione per cui è stata introdotta una diversificazione tra direzioni coincidenti con una Regione e altre aggregate ad istituti autonomi?
Non le posso dare una risposta completamente esaustiva delle ragioni che hanno portato a questa differenziazione. La nuova struttura organizzativa voluta dal ministro Sangiuliano, che ha comportato la nascita dei dipartimenti e la cancellazione dei segretariati regionali, ha di fatto rivoluzionato le postazioni dirigenziali del Ministero, non potendo tuttavia contare su un notevole aumento del numero di dirigenti.
Le aggregazioni, poi, avvengono esclusivamente con musei o parchi di seconda fascia. C’è una ragione anche per questo?
Non saprei. Sono scelte ministeriali che sicuramente hanno tenuto conto di diversi fattori.
Gli accorpamenti saranno utili anche a generare economie di scala, con la condivisione di servizi, strumentazioni, competenze professionali?
Come tutte le nuove fasi e le riforme si avviano nuovi processi che si auspica sempre siano migliorativi sotto diversi aspetti, non ultimo quello economico e finanziario.
In quest’ottica di rete (se effettiva) sono previsti momenti di scambio tra voi direttori per confrontare le diverse esperienze?
Tra noi direttori c’è sempre un ampio confronto e, per questo, il ruolo centrale della Direzione Generale è fondamentale per fare da collante tra gli istituti e da megafono di pratiche con esiti positivi e replicabili.
Cosa pensa che cambierà con la nuova autonomia finanziaria rispetto al passato?
Tutto dipende dai numeri dei singoli musei che faranno parte delle nuove Direzioni Regionali. Ma di certo cambierà il modo di programmare la spesa. E questa sarà già una grande sfida.
L'autrice di questo articolo: Silvia Mazza
Storica dell’arte e giornalista, scrive su “Il Giornale dell’Arte”, “Il Giornale dell’Architettura” e “The Art Newspaper”. Le sue inchieste sono state citate dal “Corriere della Sera” e dal compianto Folco Quilici nel suo ultimo libro Tutt'attorno la Sicilia: Un'avventura di mare (Utet, Torino 2017). Come opinionista specializzata interviene spesso sulla stampa siciliana (“Gazzetta del Sud”, “Il Giornale di Sicilia”, “La Sicilia”, etc.). Dal 2006 al 2012 è stata corrispondente per il quotidiano “America Oggi” (New Jersey), titolare della rubrica di “Arte e Cultura” del magazine domenicale “Oggi 7”. Con un diploma di Specializzazione in Storia dell’Arte Medievale e Moderna, ha una formazione specifica nel campo della conservazione del patrimonio culturale (Carta del Rischio).