È in corso a Genova, al Museo di Arte Contemporanea di Villa Croce, fino al 17 gennaio 2021, la mostra plurima Autunno blu a Villa Croce, a cura di Anna Orlando e Francesca Serrati. Cinque mostre, cinque progetti espositivi, unite da un unico filo conduttore: il colore blu. Ci siamo fatti raccontare il progetto da una delle curatrici, Anna Orlando. L’intervista è a cura di Ilaria Baratta.
IB. Sarà un autunno... colorato quello di Genova, ma allo stesso tempo monocromo, perché tutto incentrato sul tema del blu. Perché si è scelto proprio questo colore?
AO. Il blu è uno dei colori più affascinanti ed è uno dei più amati dagli artisti.
Com’è nata l’idea di una mostra plurima quale è Autunno BLU a Villa Croce?
Si tratta di un vecchio progetto che avevo e che ho ripreso in mano quando mi è stato chiesto di occuparmi della programmazione di Villa Croce, all’interno di un lavoro che sto facendo per il Comune di Genova. Avevo inoltre già lavorato alla mostra di Bernardo Strozzi e nel 2019, durante la visita alla mostra, Sgarbi aveva raccontato a me e all’assessore Barbara Grosso del suo progetto realizzato al MART di Rovereto, in cui aveva affiancato a una pala d’altare appena restaurata di Strozzi, la Madonna col Bambino in gloria e santi, caratterizzata dal manto blu intenso della Vergine, un’opera di Yves Klein. Abbiamo subito pensato di declinare quest’idea su Genova. Dopo l’emergenza sanitaria da Covid-19, abbiamo dovuto ripensare, come tutti, la programmazione e, invece di cancellare qualcosa, abbiamo pensato di unire, realizzando una mostra plurima, una forma nuova. Cinque eventi espositivi in contemporanea uniti dal filo del blu. Tra questi, uno è dedicato al lavoro di Fulvio Magurno, un artista fotografo che lavora a Genova ormai da tanti anni, che aveva presentato a noi curatrici, a me e a Francesca Serrati, responsabile conservatore del Museo di Arte Contemporanea di Villa Croce, un lavoro inedito dal titolo Animulae: una rivisitazione, attraverso la sua particolare tecnica fotografica che consiste nella sovrapposizione di scatti, dei Crocifissi di Anton Maria Maragliano, scultore del Settecento. Un inedito perfetto per essere associato alla mostra Klein vs Strozzi per due ragioni: primo perché al centro c’era il blu, in quanto questi scatti virano tutti verso il blu, e poi perché, anche in questo caso, si compie la rivisitazione di un artista del passato, come fa Klein con la Nike, soggetto classico. Avevamo inoltre da festeggiare il centenario di un artista genovese un po’ dimenticato, ma molto interessante per la sua declinazione di astrattismo nel dopoguerra, negli anni Sessanta-Settanta: Rocco Borella. Abbiamo quindi selezionato le opere in cui l’artista ha utilizzato il blu tra quelle della collezione di Villa Croce, che ne possiede un numero molto consistente, e di collezionisti privati. In più c’era una quarta combinazione: tornava da un lungo restauro di quasi due anni un’opera di Villa Croce, un’installazione realizzata da Ben Patterson nel 2002, in occasione di una mostra a Villa Croce sul movimento Fluxus. Patterson aveva creato la Fluxus Constellation, dove gli astri sono rappresentati da plafoniere e ciascuna, illuminandosi a intermittenza, presenta un ritratto un po’ ironico degli artisti Fluxus, come ironici sono gli stessi artisti del movimento, ognuno con il proprio segno zodiacale. Il risultato è una costellazione con il fondo blu notte (abbiamo allestito quest’installazione in una stanza tutta blu notte, affiancata da altri due lavori site-specific della mostra del 2002: una scritta colorata e quel che resta di una performance di Philip Corner, ovvero un pianoforte distrutto). Infine è arrivata un’importante donazione: il Comune di Genova ha ricevuto ventiquattro opere realizzate su tela jeans. Bisogna premettere che è in corso un grande progetto del Comune di Genova, Genova Jeans, diretto da Manuela Arata, che intende presentare Genova come capitale del jeans, poiché sappiamo che la tela jeans è nata proprio in questa città. Il progetto, molto ampio, avrebbe dovuto essere presentato nella primavera 2020 e invece causa Covid verrà presentato a maggio 2021. Rientra in questo anche l’iniziativa condotta dall’Associazione ArteJeans, che ha selezionato attraverso un comitato tecnico scientifico un numero di artisti disposti a interpretare a proprio modo una tela jeans di 180 x 200 centimetri fornita dal partner del progetto Candiani Denim. Durante i mesi del lockdown gli artisti hanno creato ventiquattro opere veramente divertenti, perché tutte diverse, ciascuna col proprio stile, con la propria tecnica e col proprio ambito di creatività, che va dal video alla pittura, al neon, come Marco Lodola, a Isgrò con le sue cancellazioni. ArteJeans ha una consistenza tale che occupa lo spazio maggiore, ma ciò che a me interessa è questa formula plurima, dove cinque mostre non si alternano, poiché il percorso è fluido, non ci sono sezioni separate, ma il visitatore passa da una rassegna all’altra senza soluzione di continuità, con una grafica molto incisiva che aiuta a far capire in quale mostra ci si trovi.
Bernardo Strozzi, San Francesco abbracciato al Crocifisso, dettaglio (olio su tela, 95 x 76 cm; Genova, Musei di Strada Nuova - Palazzo Rosso) |
Yves Klein, Nike (collezione privata) |
Rocco Borella, Blu (1962) |
Flavio Magurno, Animulae (2020) |
Alberto Biasi, Quel Blu Genova che veste il mondo (2020; intaglio e rilievi su tela jeans Candiani Denim, 120 x 120 x 7 cm) |
Emilio Isgrò, Tre caravelle |
Ben Patterson, Constellation of the first magnitude (2002; tecnica mista, dimensioni variabili) |
Abbiamo detto che il tessuto jeans ha origini antichissime e che caratterizza fin dai tempi passati la città di Genova. Le chiedo quindi di spiegarci a grandi linee qual è la storia del telo di Genova...
Sappiamo che la parola jeans deriva dalla parola Genova che si è storpiata nel tempo, come la parola denim deriva dalla città di Nîmes, in Francia, un’altra delle prime città che ha commercializzato il jeans. Innanzitutto abbiamo un’opera d’arte importantissima, la prima opera d’arte nota su jeans, ovvero i teli della Passione conservati al Museo Diocesano di Genova e realizzati a Genova nella prima metà del Cinquecento: testimoniano quindi il fatto che già anticamente in città avevamo questo telo. Il jeans ha poi avuto una storia che è diventata pop per l’uso che ne è stato fatto, ma originariamente era un telo da lavoro, molto resistente. È una storia molto antica che poi si è trasformata nel tempo, perché la produzione del jeans è diventata pop (tutti pensiamo nel nostro immaginario che sia stato usato in origine in America, ma in realtà è stato utilizzati a Genova per la prima volta). È successivamente subentrato il tema moda, ed ecco perché nostro partner è un operatore della moda (Candiani Denim è un produttore di jeans, ha brevettato il jeans elasticizzato). Il progetto GenovaJeans è legato anche alla sostenibilità perché Candiani è un operatore che lavora cercando di risparmiare il più possibile acqua (per produrre jeans è necessaria infatti tantissima acqua).
Oltre agli artisti di ArteJeans, che hanno utilizzato ciascuno la propria specificità, protagonisti delle altre mostre sono diversi artisti legati da un unico colore: quale particolare significato dà ogni artista scelto al blu?
Per Bernardo Strozzi il blu è il colore del Paradiso (ho scelto il san Francesco dei Musei di Strada Nuova che si staglia in preghiera su un fondo blu intenso); per un pittore del Seicento, in particolare per un pittore religioso, il blu è un colore mistico, sacro, è il colore del manto della Madonna, del Paradiso. Yves Klein è ossessionato dal blu, tanto che esiste anche il blu Klein. Per lui il blu ha una connotazione più filosofica, esistenziale, spirituale. Per Fulvio Magurno è legato al tema della spiritualità; per Borella è uno dei più ricorrenti colori che lui ha declinato nella sua arte astratta.
Anche se le cinque mostre di Autunno BLU si definiscono contemporanee, è stato concepito anche un richiamo all’antico (penso alle origini del tessuto jeans, al dialogo tra Bernardo Strozzi e Yves Klein o al rimando ai Crocifissi settecenteschi di Anton Maria Maragliano nelle opere di Fulvio Magurno). Che rapporto c’è in queste mostre tra antico e contemporaneo?
Mi piace il crossing. Il fatto che ci siano due curatori (una storica dell’arte antica e una di arte contemporanea) sicuramente può aggiungere qualcosa, nel senso che oggi dobbiamo fornire al pubblico più punti di vista, perché le mostre devono essere uno stimolo, non devono solo dare informazioni o raccogliere dati. Le mostre devono essere fatte per stimolare il pensiero, per riflettere. Dobbiamo avere un occhio di riguardo nei confronti dei visitatori, anche proponendo, come in questa mostra plurima, un allestimento molto particolare, ritmico, divertente. Non dobbiamo tuttavia neanche solo intrattenere: i musei e le mostre hanno un compito importante, che è quello di aumentare il senso critico. È una mission di chi lavora nell’arte, non dobbiamo fare una cosa per noi stessi, dobbiamo fare una cosa per il pubblico. Il rapporto tra antico e contemporaneo c’è sempre stato. Tutti gli artisti contemporanei veramente grandi hanno guardato tantissimo all’antico: c’è chi lo esplicita in modo più chiaro ed evidente e c’è chi semplicemente se lo tiene dentro, come qualcosa che fa parte del proprio DNA, ma si vede benissimo quanto gli artisti abbiano studiato e guardato all’antico. Magari anche per negarlo, per dissacrarlo, per criticarlo, però il passato è un punto imprescindibile di partenza. Dobbiamo sempre ricordarlo.
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ISCRIVITI ALLA NEWSLETTERL'autrice di questo articolo: Ilaria Baratta
Giornalista, è co-fondatrice di Finestre sull'Arte con Federico Giannini. È nata a Carrara nel 1987 e si è laureata a Pisa. È responsabile della redazione di Finestre sull'Arte.