Nei giorni scorsi sono a Venezia. Subito vado a Palazzo Labia dove da molti anni cerco invano di entrare per vedere le “Storie di Antonio e Cleopatra” affrescate da Tiepolo nel Salone delle Feste tra il 1746 e il 1747. Palazzo Labia divenuto nel 1964 sede della Rai di Venezia che in quell’anno lo acquista dal miliardario messicano Charles de Beistegui, quello delle leggendarie feste a cui partecipavano l’Aga Khan, Consuelo Crespi Christian Dior, Orson Welles, Cecil Beaton, Marella Agnelli e così via. Chiedo in portineria di poter vedere il Salone del Tiepolo. Mi rispondono che è chiuso perché gli affreschi sono in restauro. Dico a chi mi parla che da molti anni, quando vengo in Italia, cerco di vedere quegli affreschi ma sempre mi viene detto che sono in restauro. Risposta: “È un restauro con tempi lunghi”. Decido allora di chiedere spiegazioni all’amico Bruno Zanardi, uno dei più noti restauratori italiani che anni fa ha lavorato a Palazzo Labia. Un colloquio molto interessante perché ne esce una vicenda del tutto inaspettata e “molto italiana”. Impensabile nel mio Paese, l’Inghilterra.
AP. Professor Zanardi, il ciclo di affreschi del Tiepolo a Palazzo Labia, a Venezia, è chiuso alle visite da una quindicina di anni. Lo stesso tempo impiegato per restaurare gli affreschi di Michelangelo nella Cappella Sistina. Ma gli affreschi di palazzo Labia hanno una dimensione che è dieci volte di meno. Perché tanto tempo per quei restauri?
BZ. Perché gli affreschi del Tiepolo non sono in restauro.
Non sono in restauro! Ma allora perché a Palazzo Labia sempre mi dicono che il Salone del Tiepolo è “chiuso per restauri”?
Per una decisione presa nel 2008 dall’allora Soprintendente di Venezia, l’architetto Codello. Si erano verificati dei distacchi dal muro degli affreschi del Tiepolo nel Salone delle Feste. La Rai voleva finanziare il restauro dell’intera decorazione del Salone. Ma la soprintendente si oppose, nonostante la proposta fosse molto vantaggiosa per gli affreschi del Tiepolo, la città di Venezia e le Casse dello Stato. Anche perché quei distacchi hanno con ogni probabilità ragioni strutturali. E quel finanziamento era l’occasione anche per studiare la tenuta statica del Palazzo rispetto a alte e basse maree, correnti del Canal Grande, eccetera.
E invece?
Invece la soprintendente ha fatto consolidare solo i distacchi degli intonaci dal muro. Dopodiché ha ordinato che il Salone fosse chiuso alle visite lasciandolo come era. Cioè con in vista i fori usati per iniettare sul muro i consolidanti degli intonaci. Così che oggi quei meravigliosi affreschi si presentano in una situazione di abbandono.
Una storia incredibile.
Incredibile, ma vera. Pensi che in internet gira un documentario in cui si dice che quei fori sugli affreschi sono la traccia dei chiodi piantati nel muro per fissare delle corde a cui appendere i panni lavati da chi aveva occupato il Palazzo durante la seconda guerra mondiale. Una balla.
Quindi lei sta dicendo che gli affreschi del Tiepolo a Palazzo Labia sono chiusi al pubblico da 15 anni senza alcuna ragione. Invisibile il capolavoro che subito divenne celebre nell’intera Europa. Tanto che Reynolds e Fragonard partirono dall’Inghilterra e dalla Francia per andare a Venezia a copiarne delle parti da usare come modelli per le loro opere? Mi pare una cosa pazzesca. Ma in tutto questo tempo non ci sono state proteste?
Ci sono state, anche perché la soprintendente succeduta alla Codello, la dottoressa Carpani, ha tenuto anche lei chiusi gli affreschi alle visite. Tanto che io stesso, dopo che un anno fa era uscito un articolo in cui un giornale di Venezia denunciava questa scandalosa vicenda, ho scritto una “lettera certificata” all’allora Ministro Franceschini, al Sindaco di Venezia e alla stessa dottoressa Carpani. Ma nessuno di loro mi ha risposto.
Possibile che il patrimonio artistico italiano sia tenuto così sciattamente?
Il problema è che in Italia i musei sono quasi quattromila. Esattamente 3.882, lo scrive l’Istat. Certo non tutti sono gli Uffizi, Capodimonte o Brera, ma comunque restano 3.882. Poi ci sono 630 tra monumenti e complessi monumentali. E anche ci sono 327 aree archeologiche. Talvolta sono solo i resti di un ponte o qualche colonna, ma ci sono anche i Fori Imperiali, a Roma, e l’intera Pompei. Senza infine dire delle circa 50.000 chiese italiane sotto la tutela dello Stato. Chiese quasi tutte affrescate e con dentro dipinti e sculture spesso molto importanti. Quindi si è davanti a un problema enorme che nei fatti nessuno sa come risolvere.
Ma adesso a Venezia c’è il “Mose” che elimina l’acqua alta che spesso sommergeva la città.
Magari fosse così. Perché l’acqua alta ancora oggi sommerge la parte più bassa della città, quella con più monumenti. La stessa dove si trova Basilica di San Marco.
Quindi il progetto del Mose, costato finora 6 miliardi e mezzo di euro, è sbagliato?
Questo non posso né voglio dirlo. Vero è però che le barriere metalliche del Mose si alzano solo quando la marea raggiunge un’altezza superiore a un metro e dieci centimetri. Sotto quella soglia l’acqua entra e allaga la Basilica di San Marco con la sua cripta, così come, più in generale, le chiese, le piazze, le strade, i negozi dell’intero bacino di San Marco.
Ma per salvaguardare le sculture, i mosaici e le pietre allora cosa si fa? Bastano le protezioni in vetro che hanno messo lungo la Basilica di San Marco?
Un paio di anni fa un alto funzionario del Ministero ha scritto sui giornali che per salvare la Basilica dalla “acqua alta” basta fasciarla con del “tessuto non tessuto”. Lo stesso rimedio che poteva indicare la cameriera di mia nonna. Mentre nel 2008, durante una riunione del Comitato scientifico per il restauro degli affreschi del Tiepolo a Palazzo Labia, uno degli esperti ha sostenuto che i distacchi degli intonaci dal muro si dovevano all’aria fredda del condizionamento che va in alto (sic: in alto!).
Quindi?
Quindi le protezioni in vetro sono in linea tecnica con quanto appena detto. Ce la vede lei Venezia tutta bordata di vetro? E poi chi pulisce e mantiene quei chilometri di vetro visto che il sale dell’acqua di mare è corrosivo? I soprintendenti che tengono chiuso Palazzo Labia senza alcuna ragione? Chi protegge i marmi con il “tessuto-non tessuto”?
Adesso però si parla di innalzare l’intero bacino di San Marco per ripararlo dall’acqua alta.
Ho letto anch’io la notizia. Posso solo dire che, storicamente, le operazioni di ingegneria con quelle pretese sono sempre costate moltissimi danari e altrettanto sempre, o quasi, la loro messa in opera ha provocato danni strutturali più o meno gravi agli edifici rialzati. E qui ci sono in gioco la Basilica San Marco, il Palazzo Ducale e così via. Comunque auguri.
Proposte di soluzioni di questi problemi per il nuovo Ministro dei beni culturali Gennaro Sangiuliano?
La soluzione esiste dal 1976, ma nessun Ministro l’ha mai voluta adottare.
Vale a dire?
Attuare una politica di conservazione preventiva e programmata del patrimonio artistico in rapporto all’ambiente. Quella definita in dettaglio nel progetto formulato in anni di ricerche e studi condotti dall’Istituto Centrale del Restauro. Progetto esemplare finora lasciato cadere nel nulla da Ministri e Ministero. Pur essendo l’unica azione di tutela che consente di conservare il patrimonio artistico e storico dell’Italia e degli italiani nella qualità che lo rende unico al mondo. La sua infinita e bimillenaria stratificazione nel territorio.
Quindi lei mi sta dicendo che da mezzo secolo in Italia si conosce in dettaglio come conservare il patrimonio artistico italiano e nessuno lo fa?
Proprio così. E la chiusura ad libitum del Salone affrescato dal Tiepolo a Palazzo Labia ne è una delle tante prove.