Perché Gio Ponti è considerato inventore e divulgatore del Made in Italy? Quali innovazioni ha portato Gio Ponti nella produzione e nello sviluppo del Made in Italy nella manifattura ceramica? E come si inserisce il celebre designer e intellettuale nel dibattito culturale del Novecento? Lo abbiamo chiesto a Stefania Cretella, curatrice della mostra Gio Ponti. Ceramiche 1922-1967 allestita fino al 13 ottobre 2024 al MIC Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza. L’intervista è di Noemi Capoccia.
NC. Com’è nata l’idea dell’esposizione? Perché il MIC di Faenza ha deciso di omaggiare Gio Ponti con una mostra?
SC. L’esposizione si inserisce all’interno di un progetto di più largo respiro avviato dal MIC già da diversi anni, volto alla valorizzazione delle grandi manifatture e personalità attive nel campo della produzione ceramica italiana del XX secolo. Dopo i precedenti approfondimenti dedicati alla manifattura Lenci, ad Alfonso Leoni e a Galileo Chini, si è pensato di concentrare l’attenzione su Gio Ponti, cogliendo l’occasione del centenario della sua direzione artistica presso la Società Ceramica Richard-Ginori, celebrati nel 2023.
Perché Gio Ponti è considerato l’inventore e uno dei massimi divulgatori del Made in Italy nelle arti decorative?
Nel corso del tempo, Gio Ponti ha saputo mettere in luce l’importanza della creatività italiana, da lui considerata espressione stessa della cultura della nostra società. Ha da sempre mantenuto vivo un duplice interesse verso l’alto artigianato artistico, essenza stessa del modello italiano di tipo tradizionale, e verso l’innovazione tecnica e tecnologica applicata alla serializzazione del prodotto. Questi aspetti li possiamo ritrovare nella sua pratica progettuale e nella sua multiforme attività, ma anche nei diversi orientamenti stilistici sviluppati da autori a lui coevi, sostenuti attraverso le pagine di Domus e Stile, e le sue lungimiranti e mirate campagne di promozione della pratica artigianale e industriale italiana.
In che modo la rassegna indaga la pratica decorativa delle ceramiche Made in Italy?
La mostra offre la possibilità di analizzare opere ceramiche diverse per tecniche, epoche di produzione e stili, sottolineando l’evoluzione che ha caratterizzato il settore tra i ruggenti Anni Venti e l’inizio del nostro secolo. Una sezione come quella dedicata ai piatti e ai servizi da tavola, ad esempio, consente di osservare il cambiamento del gusto all’interno della medesima tipologia di oggetti, creando una sorta di enciclopedia visiva che ripercorre nel tempo il mutare delle forme e delle decorazioni e mettendo a confronto l’operato di Ponti con quello di Guido Andlovitz, direttore artistico della Società Ceramica Italiana di Laveno.
Quali sono gli obiettivi della mostra, oltre quello di far emergere la figura del designer italiano?
Tra gli scopi che ci siamo posti vi è stata la volontà di mettere in evidenza il ruolo di Ponti come promotore e divulgatore del “fare” italiano. Oltre a operare in numerosi ambiti, dall’architettura al design, dall’editoria alla critica d’arte, dall’imprenditoria all’organizzazione di mostre, nel corso della sua lunga carriera Ponti ha saputo sfruttare la vasta rete di relazioni creata nel corso del tempo con artisti, imprese e istituzioni, per mettere in evidenza la creatività di colleghi e giovani leve. La mostra sottolinea questi aspetti, proponendo opere, tra le altre, della Società Ceramica Italiana di Laveno, di Luigi Zortea, Guido Gambone, Rolando Hettner e Andrea Parini, selezionate in base a quanto pubblicato su Domus o esposto nei negozi e nelle mostre allestite dall’architetto. Inoltre, attraverso confronti diretti tra le invenzioni di Ponti e le opere di altri autori, si sono volute enfatizzare le influenze esercitate dalle idee e dai modelli del nostro protagonista sui suoi contemporanei e le ricadute delle sue esperienze e del suo linguaggio nel breve e lungo termine.
Ci sono aspetti particolari della carriera di Gio Ponti che l’esposizione mette in focus più di altri?
Sebbene lungo il percorso il visitatore abbia la possibilità di vedere opere realizzate con diverse tecniche e materiali, la mostra è dedicata principalmente al lungo e costante rapporto che l’architetto ha sviluppato con il comparto ceramico. Ciò è approfondito principalmente attraverso le invenzioni maturate nel corso del tempo per la Società Ceramica Richard-Ginori, ma anche attraverso le sperimentazioni e i progetti realizzati con il supporto di singoli artefici e piccole realtà artigianali. Un omaggio particolare è riservato al sodalizio maturato con il contesto faentino, che ha dato vita all’intensa collaborazione con Pietro Melandri e ha consolidato la stima riservata dall’architetto a Gaetano Dal Monte, abile artigiano esperto nella lavorazione della cartapesta.
Come si sviluppa il percorso espositivo? Segue un ordine cronologico?
Il percorso di visita non segue un andamento strettamente cronologico, sebbene si parta dai primi capolavori ideati per il marchio Richard-Ginori per giungere, nell’ultima sezione, alle reminiscenze pontiane riconoscibili in ceramiche di autori come Alessandro Mendini, Ico Parisi, POL Polloniato e Bertozzi&Casoni. Si è preferito organizzare il percorso per sezioni tematiche e di confronto, proponendo approfondimenti su soggetti cari all’immaginario del designer, su specifiche tipologie di oggetti o sui suoi legami con alcune realtà produttive e personalità artistiche a lui affini.
Quali innovazioni particolari sullo sviluppo del Made in Italy nelle arti decorative ha portato Gio Ponti alla produzione della Richard-Ginori durante il periodo della sua direzione artistica?
La principale abilità di Ponti è stata quella di aver saputo coniugare la grande maestria tecnica messa a disposizione dai diversi laboratori della manifattura con disegni unici e originali, rivoluzionando nel profondo il catalogo delle forme e delle decorazioni. La cifra stilistica pontiana si distinse fin da subito per singolarità, eleganza e ironia, intrecciando a doppio filo costanti richiami alla tradizione e alla storia con le suggestioni provenienti dal mondo internazionale. Ponti riuscì a cogliere il cambiamento del gusto avviato sul principio degli anni Venti, divenendo uno dei più rappresentativi interpreti dell’Art Déco italiano, capace di imporsi a livello internazionale.
In che modo viene affrontato il legame tra Gio Ponti e la Richard Ginori nella mostra?
Il rapporto con la Richard-Ginori rappresenta un perno importante della mostra e viene sviluppato nella prima parte del percorso esplorando i capisaldi del repertorio della manifattura ideati da Ponti durante il suo decennio trascorso in qualità di direttore artistico. Non mancano, poi, significative esemplificazioni della produzione successiva, a testimonianza del legame continuativo, sebbene non sempre facile, che ha unito il designer e la manifattura tra gli anni Trenta e gli anni Sessanta del Novecento.
Come si inserisce Gio Ponti nel dibattito culturale del Novecento e quali furono le sue collaborazioni più importanti?
Ponti non fu una figura isolata, ma un protagonista del suo tempo, attento a ciò che stava accadendo sulla scena internazionale e in grado di anticipare i cambiamenti tecnici e stilistici, facendo sentire la sua voce non solo attraverso le opere da lui progettate, ma anche attraverso saggi e articoli pubblicati su quotidiani e riviste specializzate. La sua partecipazione attiva al contesto artistico e industriale si concretizzò in una infinita serie di collaborazioni con singoli artisti, piccole botteghe artigiane e grandi industrie, passando senza soluzione di continuità dal pezzo unico al prodotto seriale su larga scala. Tra le collaborazioni più significative, oltre alla più volte ricordata relazione con la Richard-Ginori e con l’ambiente faentino, si possono menzionare le esperienze con Piero Fornasetti, Venini, Fontana Arte, Sabattini, Gabbianelli e le Ceramiche Pozzi.
Avete riscontrato interesse da parte dei visitatori nella scoperta o approfondimento di questa figura? Com’è stata accolta dal pubblico questa mostra?
La risposta del pubblico è stata positiva, come confermano le visite in museo, le vendite del catalogo e la grande partecipazione alle visite guidate e ai laboratori organizzati dallo staff del MIC. La figura di Ponti è ancora oggi capace di catalizzare l’attenzione di un vasto pubblico, formato non solo da architetti, storici dell’arte e addetti ai lavori, ma anche da appassionati, curiosi e amanti del bello. Lo stile di Ponti, dai suoi esordi fino alle ultime invenzioni, ha saputo evolversi e mutare, adattandosi ai diversi materiali e alle differenti tecniche produttive, mantenendo allo stesso tempo una cifra espressiva personale e ben riconoscibile, che ha permesso a molte sue invenzioni di divenire icone di una modernità sempre attuale.
L'autrice di questo articolo: Noemi Capoccia
Originaria di Lecce, classe 1995, ha conseguito la laurea presso l'Accademia di Belle Arti di Carrara nel 2021. Le sue passioni sono l'arte antica e l'archeologia. Dal 2024 lavora in Finestre sull'Arte.