“Ecco come restauriamo l'antico pavimento sommerso”. Parla l'archeologo Enrico Gallocchio


È da poco partito il restauro di un prezioso pavimento marmoreo scoperto alcuni anni fa nel Parco archeologico sommerso di Baia. Come avviene questo lavoro e a cosa serve? Ne parliamo in questa intervista con Enrico Gallocchio, archeologo a Baia.

Nel Parco archeologico sommerso di Baia è partito alcuni giorni fa il restauro di un prezioso pavimento marmoreo, che in antico decorava una sala di ricevimento di una villa romana. Un lavoro importante per proteggere una delle più interessanti scoperte recenti tra i fondali di Baia. Come procede questo restauro? A cosa serve? Come si lavora in un parco sommerso dall’acqua del mare? Ne abbiamo parlato con Enrico Gallocchio, archeologo del Parco sommerso di Baia.

NC. Parliamo del pavimento marmoreo della villa romana nei fondali del parco di Baia. Quando è stato scoperto?

EG. La presenza di un pavimento è nota dal 2012, dopo una mareggiata che ne ha lasciato scoperto un breve tratto, molto compromesso. Le veloci indagini dell’epoca intuirono la complessità dell’intervento e decisero di ricoprire con sabbia l’area, rinviando il lavoro di scavo e recupero ad un momento successivo, che è arrivato solo nel 2024.

Quali sono state le prime impressioni riguardo alla scoperta? Perché si è deciso di intraprendere un percorso di restauro?

La scoperta, nel Parco sommerso di Baia, si accompagna sempre alla necessità immediata di un restauro. Se così non è possibile, si ricopre immediatamente, perché l’azione del mare sarebbe distruttiva. Con l’intervento di quest’anno, lo scavo è proceduto di pari passo con il restauro, perché le lastre andavano immediatamente ricomposte e incollate subito dopo lo scavo, in una azione quasi simultanea. Il rischio era altrimenti di perdere la connessione fra lastra e lastra e quindi il disegno geometrico alla base del pavimento

Di cosa parliamo quando facciamo riferimento all’Opus Sectile? In cosa consiste la tecnica decorativa e quali sono le sue caratteristiche?

Opus sectile è il termine con cui in archeologia si riconosce un pavimento il lastre di marmo appositamente ritagliate per creare un disegno, per lo più di tipo geometrico. L’uso combinato di diversi marmi con cromie diverse genera un disegno che viene spesso ripetuto più volte, sia su superfici pavimentali che parietali. È una tecnica che trova piena espressione e diffusione in età romana e si diffonde in tutto il mediterraneo, diventato un fenomeno di moda tra le elite che potevano disporre dei marmi più pregiati

Com’è avvenuto il restauro del pavimento marmoreo? Ci sono state ulteriori aree all’interno della villa romana che sono state restaurate?

La Villa con ingresso a protiro è uno dei contesti del Parco sommerso di Baia che meglio conosciamo. Grazie al lavoro decennale svolto prima dalla Soprintendenza di Napoli con la collaborazione dell’Istituto centrale del Restauro e proseguito da quando l’ente gestore è il Parco archeologico dei Campi Flegrei, conosciamo numerosi dettagli di questa villa residenziale di alto livello. Attorno al peristilio centrale, il primo ambiente indagato, divenuto da subito uno dei simboli del Parco, è stato il mosaico delle Pelte, a cui sono seguiti quello dei Lottatori e poi quello dei Pesci, tutti oggetto di restauro nel corso degli anni. Quest’ultimo restauro del 2024 è stato il primo eseguito qui su un pavimento marmoreo, realizzato dalla ditta C.S.R. Restauro Beni Culturali di Roma.

La porzione da poco restaurata del pavimento in marmo della Villa a protiro nel Parco sommerso di Baia, in uno scatto di Edoardo Ruspantini
La porzione da poco restaurata del pavimento in marmo della Villa a protiro nel Parco sommerso di Baia, in uno scatto di Edoardo Ruspantini
Riccardo Mancinelli della CSR Restauro Beni Culturali mentre opera nel restauro del pavimento in marmo della Villa con ingresso a protiro, nel Parco sommerso di Baia
Riccardo Mancinelli della CSR Restauro Beni Culturali mentre opera nel restauro del pavimento in marmo della Villa con ingresso a protiro, nel Parco sommerso di Baia
Una ortofoto di Edoardo Ruspantini della porzione restaurata del pavimento in opus sectile presso la Villa con ingresso a protiro, nel Parco sommerso di Baia, con anche una schematizzazione della geometria del pavimento
Una ortofoto di Edoardo Ruspantini della porzione restaurata del pavimento in opus sectile presso la Villa con ingresso a protiro, nel Parco sommerso di Baia, con anche una schematizzazione della geometria del pavimento
Uno scatto dell'opus sectile in corso di scavo e restauro presso la Villa con ingresso a protiro. Foto di Edoardo Ruspantini
Uno scatto dell’opus sectile in corso di scavo e restauro presso la Villa con ingresso a protiro. Foto di Edoardo Ruspantini

Nel caso specifico del restauro del pavimento, ci sono stati momenti particolarmente difficoltosi o significativi? Quali imprevisti possono sorgere durante il restauro di manufatti sommersi?

La forte frammentazione, già in origine, delle lastre, ha reso il lavoro dei restauratori molto lungo e complesso. Molte lastre avevano perduto completamente l’adesione col sottofondo, per cui è stato necessario ricomporre lo schema quasi pezzetto per pezzetto. Ma questo è quasi la normalità per un restauro subacqueo, che deve superare difficoltà e imprevisti di gran lunga maggiori rispetto ad un intervento “terrestre”. Al di là dell’organizzazione del cantiere, con imbarcazioni, bombole e specifiche attrezzature, in mare si aggiungono le correnti, la visibilità, la biologia marina a complessificare ogni azione. Ormai tuttavia nel Parco sommerso di Baia si ha una grande esperienza, accumulata in oltre 20 anni di attività e anche sperimentazioni, che in particolare l’Istituto centrale del Restauro ha portato avanti grazie al progetto “Restaurare sott’acqua” ideato da Roberto Petriaggi e portato avanti da Barbara Davidde.

Sono state adottate misure eccezionali per preservare il pavimento durante la fase di restauro?

Come detto, ad ogni azione di scavo, lì dove erano ancora presenti lastre in situ, si è proceduto con l’immediato restauro. Si sono indagate anche altre parti, dove il pavimento è già andato perduto nei secoli. In particolare, la parte più a ridosso dell’abside di fondo del vano non ha mai ricevuto, nel corso dei secoli, la sufficiente copertura sabbiosa che protegge altrove le lastre. Quindi circa un quarto dei 250 m2 della stanza è sicuramente già perduto e oggi sono state indagate solo le impronte lasciate nella preparazione pavimentale. Con il prosieguo degli scavi si capirà quante porzioni di pavimento sono ancora ben conservate.

I Campi Flegrei sono conosciuti per il fenomeno del bradisismo. Il fenomeno ha contribuito alla conservazione dei resti archeologici sommersi del parco o ha causato ulteriori danni ai manufatti?

Entrambe le cose. I resti sommersi si sono preservati grazie al loro inabissamento, ma nei secoli, e tutt’ora, l’azione del mare è distruttiva. Sia con le correnti, sia con l’azione della biologia marina: gli esseri cosiddetti litofagi, come ad esempio i datteri di mare, mangiano nel vero senso della parola il marmo: se questo non è ricoperto dalla sabbia, in pochi anni sparisce del tutto. Questo è quello che è capitato ad alcune statue, che hanno perso solo la parte che fuoriusciva dal fondale mentre nell’altra metà sono perfettamente conservate.

Le lastre trovate staccate dal pavimento sono state raccolte in cassette e portate a terra, per poi essere desalinizzate in grandi bacini di acqua dolce
Le lastre trovate staccate dal pavimento sono state raccolte in cassette e portate a terra, per poi essere desalinizzate in grandi bacini di acqua dolce.
Un tentativo di ricomposizione, in laboratorio ,dello schema geometrico alla base del pavimento in corso di scavo e restauro presso la Villa con ingresso a protiro
Un tentativo di ricomposizione, in laboratorio ,dello schema geometrico alla base del pavimento in corso di scavo e restauro presso la Villa con ingresso a protiro.
Alcune lastre del pavimento mostrano chiaramente le tracce del loro reimpiego: questa nella foto è una lastra in marmo pavonazetto usata prima come lesena, ossia come colonna piatta applicata ad una parete. Si riconoscono infatti le scanalature: la lastra veniva poi messa in opera al contrario, in modo che queste non si vedessero.
Alcune lastre del pavimento mostrano chiaramente le tracce del loro reimpiego: questa nella foto è una lastra in marmo pavonazetto usata prima come lesena, ossia come colonna piatta applicata ad una parete. Si riconoscono infatti le scanalature: la lastra veniva poi messa in opera al contrario, in modo che queste non si vedessero..
I resti delle pareti crollate, che sono caduti direttamente sul pavimento. Evidentemente, il pavimento doveva essere ancora emerso o poco sommerso quando è avvenuto il crollo.
I resti delle pareti crollate, che sono caduti direttamente sul pavimento. Evidentemente, il pavimento doveva essere ancora emerso o poco sommerso quando è avvenuto il crollo.
Nel crollo delle pareti si nota ancora l'intonaco che le decorava, che ora è direttamente a contatto con le lastrine in marmo del pavimento
Nel crollo delle pareti si nota ancora l’intonaco che le decorava, che ora è direttamente a contatto con le lastrine in marmo del pavimento.
Un'altra lastra di reimpiego, questa volta in marmo cipollino, con ben evidenti le scanalature create per il suo primo impiego come lesena
Un’altra lastra di reimpiego, questa volta in marmo cipollino, con ben evidenti le scanalature create per il suo primo impiego come lesena.

Attualmente, ci sono altri restauri in corso all’interno del parco? Esistono zone che sono ancora inesplorate o che richiedono particolari interventi?

In questo momento è in corso un lavoro di scavo e restauro su un altro pavimento in marmo, sempre dalla villa a protiro, di cui a breve daremo notizia. Ma lavoriamo con scavi anche presso il Portus Julius, a Pozzuoli, dove sta emergendo un grande complesso termale di età tardorepubblicana.

Baia è spesso considerata la nostra Atlantide Italiana. Quali caratteristiche rendono il parco sommerso unico nel suo genere?

La vastità e il livello di conservazione dei resti sommersi, in primis. Ma anche la loro gestione, con il restauro in situ e l’apertura al pubblico. Questi due aspetti in particolare hanno portato il Parco sommerso di Baia ad essere la prima best practice italiana riconosciuta dall’UNESCO all’interno della Convenzione 2001 per la protezione del patrimonio culturale sommerso. Un risultato raggiunto nel 2023 che certifica la validità del percorso avviato nel 2002 con la costituzione del Parco stesso.

Quali sono le aspettative future per il parco di Baia? Ci sono progetti o iniziative in programma per valorizzarne il sito?

Il Parco ogni anno apre due/tre cantieri di scavo e restauro di nuove aree. Quest’anno ci siamo dedicati ai pavimenti marmorei della villa a protiro, ma stiamo avendo molte sorprese, come detto, anche dal Portus Julius. Appena il quadro ci sarà chiaro comunicheremo, come sempre, tutte le novità sui nostri canali.


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Noemi Capoccia

L'autrice di questo articolo: Noemi Capoccia

Originaria di Lecce, classe 1995, ha conseguito la laurea presso l'Accademia di Belle Arti di Carrara nel 2021. Le sue passioni sono l'arte antica e l'archeologia. Dal 2024 lavora in Finestre sull'Arte.



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