Un museo che ha cambiato volto: questo si potrebbe dire della Galleria Nazionale dell’Umbria di Perugia, che dal 2015, ovvero da quando è diventata un museo autonomo a seguito della riforma Franceschini, sotto la direzione dello storico dell’arte Marco Pierini (il cui incarico è stato rinnovato per un altro mandato), ha conosciuto radicali rinnovamenti. Moltissime iniziative (incontri, laboratori, concerti), mostre di alto livello e di ogni genere (dall’arte antica, ovvero il “settore” principale del museo, all’arte contemporanea, passando per la fotografia), un museo aperto alla città, visitatori che in cinque anni sono quasi raddoppiati. Abbiamo parlato col direttore Marco Pierini di come sia cambiata la Galleria Nazionale dell’Umbria e di quale sia la sua idea di museo. L’intervista è a cura di Federico Giannini, direttore responsabile di Finestre sull’Arte.
Marco Pierini |
FG. Direttore, Lei è stato tra i primi direttori dei nuovi musei autonomi a entrare con il concorso del 2015 e, nell’estate del 2019, è stato riconfermato alla guida della Galleria Nazionale dell’Umbria per un nuovo mandato. Qual era la situazione che ha ereditato all’inizio del Suo incarico? Può stilare un bilancio dei suoi primi cinque anni alla guida del museo?
MP. Per me il bilancio è davvero molto positivo, soprattutto se penso che il giorno che sono arrivato (il primo ottobre 2015) ho trovato bollette da pagare che risalivano anche al 2012, pochissimo personale e abbastanza sfiduciato, nessun progetto, nessun programma. Nell’arco di quattro anni siamo miracolosamente riusciti (tutti assieme: personale “storico” e nuovi arrivi) a riportare il nome della Galleria nelle cronache artistiche nazionali e internazionali, restituendo al museo anche la sua centralità come motore culturale cittadino. Abbiamo potuto cambiare tutti gli impianti (luci, caldaie, raffrescamento, umidificazione), rifare i depositi, progettare un laboratorio di restauro (che non c’era) e una biblioteca che sarà aperta al pubblico entro l’anno, progettare infine il riallestimento della collezione che avverrà nei primi sei mesi del 2021. Adesso la Galleria è davvero una grande macchina in corsa!
Sotto la Sua direzione, il museo ha notevolmente aumentato i visitatori, passando dai 64.440 del 2014 ai 96.238 del 2019. Quali sono i segreti di questo successo? E quanto ha inciso l’autonomia che la Galleria Nazionale dell’Umbria ha ottenuto con la prima riforma Franceschini?
Innanzi tutto una squadra fantastica, professionalmente eccellente e umanamente straordinaria. In seconda battuta credo che il progetto culturale, innovativo, aperto, partecipativo sia stato bene accolto dalla cittadinanza e dai visitatori provenienti da fuori. Si aggiunga a questo che la programmazione è stata davvero incessante e che le mostre si sono succedute con un ritmo di minimo tre all’anno, mentre negli ultimi due i cosiddetti “eventi collaterali” sono stati più di 150 all’anno. È stata poi incentivata la ricerca sul patrimonio, che ha portato a nuove attribuzioni, datazioni, valutazioni. Tutto questo senza l’autonomia prevista dalla riforma Franceschini sarebbe stato in parte molto difficile da realizzare, in parte addirittura impossibile.
Il “nuovo corso” della Galleria Nazionale dell’Umbria si è distinto per la molteplicità dei punti di vista. Solitamente, pensiamo al Vostro istituto come a un museo votato all’arte del Medioevo e del Rinascimento. Ma in questi cinque anni la Vostra “offerta” è stata decisamente più ampia. Ci sono state mostre più in linea con la “tradizione” del museo, ma abbiamo visto anche arte contemporanea (penso alla mostra di Hans Hartung), musica, fotografia. Quali sono le linee guida sulle quali ha voluto fondare il programma espositivo della Galleria?
In sintesi direi la volontà di aprire il più possibile le porte della Galleria e di proporre un’idea di museo come centro promotore di cultura e non soltanto come luogo deputato alla conservazione e alla contemplazione. La fotografia ad esempio, una volta l’anno ci permette di attrarre il pubblico dei grandi festival musicali (abbiamo esposto alcuni dei massimi fotografi di musica come Silvia Lelli e Roberto Masotti, Luca D’Agostino e Luciano Rossetti, Guido Harari, Jimmy Katz), mentre l’arte contemporanea rappresenta una naturale prosecuzione del percorso espositivo, dal momento che l’arte non si è certo fermata negli ultimi due secoli! Aprirci alla letteratura, al fumetto, alla musica ha consentito di allargare il bacino d’utenza e ampliare al contempo la nostra offerta culturale.
Palazzo dei Priori, sede della Galleria Nazionale dell’Umbria. Ph. Credit Finestre sull’Arte |
Dentro alla Galleria Nazionale dell’Umbria. Ph. Credit Finestre sull’Arte |
Dentro alla Galleria Nazionale dell’Umbria. Ph. Credit GNU |
Dentro alla Galleria Nazionale dell’Umbria. Ph. Credit GNU |
Dentro alla Galleria Nazionale dell’Umbria. Ph. Credit GNU |
Mi piacerebbe ricordare una mostra, quella sulle bolle di sapone, per due motivi: primo, perché ha affrontato un argomento “insolito” con un serio progetto scientifico, e poi perché ha saputo unire ambiti disciplinari diversi, riscuotendo successo di pubblico e critica. Quanto è importante oggi, per un museo che voglia essere moderno e aggiornato, essere così trasversali?
Per me è fondamentale, anche perché da sempre non credo nella netta separazione tra cultura umanistica e cultura scientifica (del resto Piero della Francesca e Leonardo, tra gli altri, ce l’hanno spiegato proprio bene). È stato bello progettare la mostra assieme a un grande matematico come Michele Emmer e trattare il tema iconografico e quello scientifico assieme e alla pari. Anche le attività didattiche (in equilibrio tra fisica e storia dell’arte) sono state sorprendenti e stimolanti, sia per i ragazzi sia per gli adulti.
Adesso invece state preparando la mostra su Taddeo di Bartolo, prima monografica dedicata al grande pittore senese. Può fornirci qualche anticipazione?
La mostra dedicata a Taddeo di Bartolo poteva essere immaginata solo a Siena o a Perugia che, dopo la sua (e mia... ) città natale, conserva opere importanti del pittore, tra le quali il grande polittico realizzato per la chiesa perugina di San Francesco al Prato. Proprio la ricostituzione del polittico, con gli elementi di predella e le parti superstiti del registro superiore si pone a fondamento della mostra, consentendo per la prima volta di restituire, per quanto possibile, unitarietà a uno dei capolavori della Galleria. Attorno al polittico la curatrice Gail E. Solberg, tra l’altro autrice di una ponderosa monografia in due volumi sull’artista in uscita nei prossimi mesi, ha costruito un percorso che racconta Taddeo come “maestro itinerante del polittico” per l’Italia centrale a cavallo tra XIV e XV secolo.
Ora Lei è anche direttore ad interim della Galleria Nazionale delle Marche: il suo collega Peter Aufreiter che l’ha preceduta nel ruolo di direttore di Urbino, qualche settimana fa ci ha detto che “a breve finirà l’epoca delle grandi mostre”. In un intervento per la nostra rivista cartacea ha infatti scritto che “già adesso è difficilissimo avere in prestito opere di grandi artisti ed è più che mai maturata la consapevolezza che in caso di problemi il rischio è di procurare alle opere danni irreparabili. Di contro, le persone hanno oggi possibilità di viaggiare che un tempo non avevano. E ancora, continuare a organizzare grandi mostre rischia di essere ripetitivo e poco in linea con le aspettative del pubblico”. Qual è il Suo punto di vista su questo argomento?
Sono abbastanza d’accordo in linea di principio. Però non dobbiamo confondere le mostre (quelle vere, quelle che nascono dallo studio e dalla ricerca) con i semplici affastellamenti di opere destinate alla pura contemplazione. Nel primo caso, fatta salva la verifica delle condizioni “di salute” delle opere, il loro spostamento si giustifica (si veda appunto ciò che stiamo facendo adesso in Galleria con Taddeo di Bartolo), nel secondo francamente molto meno...
Visitatori della mostra Bolle di sapone. Forme dell’utopia tra vanitas, arte e scienza. Ph. Credit GNU |
Visitatori della mostra Bolle di sapone. Forme dell’utopia tra vanitas, arte e scienza. Ph. Credit GNU |
Visitatori alla mostra di fotografia di Jimmy Katz. Ph. Credit GNU |
Visitatori osservano la Madonna Benois di Leonardo da Vinci. Ph. Credit GNU |
Pubblico in Galleria per un evento di Umbria Jazz. Ph. Credit GNU |
Con l’ultima riforma, peraltro, il ministero ha messo nero su bianco il tema della diplomazia culturale: il dpcm del 2 dicembre 2019 ha stabilito che la direzione generale musei dovrà curare la promozione di accordi culturali finalizzati all’organizzazione di mostre e agevolare la circolazione internazionale di opere d’arte. È un tema che vi riguarda molto da vicino, dal momento che la scorsa estate avete ospitato la Madonna Benois di Leonardo da Vinci per un’esposizione che aveva tutti i tratti delle iniziative che hanno ispirato questa nuova linea ministeriale. Qual è la Vostra posizione sul tema?
Sui prestiti, in arrivo o in partenza, siamo sempre molto cauti. Di norma, se non vi sono serie ragioni di carattere scientifico, siamo poco inclini al prestito. Naturalmente la stipula di protocolli d’intesa con grandi musei può essere un terreno fertile di scambio e di collaborazione. Noi stiamo per sottoscrivere un accordo con l’Ermitage (e la Madonna Benois ha costituito il primo passo di questa intesa) assieme al Comune di Perugia, alla Regione Umbria e alla Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia che consentirà di programmare congiuntamente mostre e attività di ricerca.
Dai grandi accordi internazionali alla città: uno dei problemi “strutturali” dei musei italiani è la difficoltà nell’attirare un pubblico locale. Vale lo stesso anche per Perugia e per la Galleria Nazionale dell’Umbria? C’è da dire che in questo senso vi siete attivati anche con idee molto pregevoli: penso al dialogo con Umbria Jazz, ma anche alla più recente iniziativa, la Card annuale...
A dire il vero questo per noi non vale affatto. Come ripeto sempre la Galleria Nazionale dell’Umbria è il museo statale più civico che esista. Non soltanto è ospitato nel Palazzo pubblico della città, ma è sentito come proprio da tutti i perugini e dagli umbri più in generale. Le nostre iniziative sono sempre molto seguite dai cittadini, sia che si tratti della nostra programmazione (mostre, conferenze, attività didattica, la rassegna Isole, la serata di live drawing ecc.), sia che si tratti di ospitare o co-produrre eventi con i maggiori festival del territorio: Umbria Jazz, Trasimeno Music Festival, Sagra musicale umbra, L’Umbria che spacca.
Attività per la mostra Bolle di sapone. Forme dell’utopia tra vanitas, arte e scienza. Ph. Credit GNU |
Un concerto di Umbria Jazz alla Galleria. Ph. Credit GNU |
Un concerto di Umbria Jazz alla Galleria. Ph. Credit GNU |
Ancora sulle iniziative per il pubblico: parliamo delle domeniche gratuite. Solitamente pensiamo all’impatto che hanno sui luoghi più visitati: Uffizi, Reggia di Caserta, Pompei, Colosseo. E in molti pensano che, specialmente nei mesi di punta, i siti più gettonati diventino... invivibili. Sarebbe interessante sapere com’è invece la situazione in un museo di media grandezza, che è fuori dalla top 30 dei musei più visitati ma che comunque attira quasi centomila visitatori l’anno. Nel vostro caso la domenica gratuita è un’iniziativa utile? Avete riscontrato un pubblico diverso dal solito in queste occasioni?
Il pubblico delle domeniche gratuite, per noi, può suddividersi in tre categorie: quelli che sarebbero venuti lo stesso; i frequentatori abituali che approfittano per tornare a trovarci, magari anche a breve distanza dall’ultima volta; i visitatori che colgono l’occasione per fare un’esperienza nuova. E forse, per questi ultimi in particolare, la domenica gratuita può essere lo stimolo per trasformarsi pian piano in frequentatori abituali. I numeri sono molto alti anche per noi nelle domeniche gratuite ma non tali da costituire un disagio per il museo o per il personale (né per i visitatori stessi).
Infine, un’ultima domanda: come procede il dialogo con gli altri musei del territorio? L’Umbria in questo senso è una regione molto ricca, solo a Perugia ci sono altri tre siti statali, per non parlare di tutto il restante tessuto culturale della città e della regione...
Il dialogo con i musei statali è proficuo (e anche facile, visto che il direttore del Polo museale, da poco trasformato in Direzione regionale, sono sempre io!) ma anche con le altre realtà si è instaurato un bel rapporto di collaborazione che ha portato alla condivisione di alcuni progetti come Tutta l’Umbria una mostra (l’esposizione con la quale abbiamo nel 2018 celebrato il centenario della Galleria e che ha visto coinvolti come prestatori quasi tutti i musei del territorio) oppure le imminenti celebrazioni raffaellesche.
L'autore di questo articolo: Federico Giannini
Nato a Massa nel 1986, si è laureato nel 2010 in Informatica Umanistica all’Università di Pisa. Nel 2009 ha iniziato a lavorare nel settore della comunicazione su web, con particolare riferimento alla comunicazione per i beni culturali. È giornalista iscritto all’Ordine dal 2017, specializzato in arte e storia dell’arte. Nel 2017 ha fondato con Ilaria Baratta la rivista Finestre sull’Arte, iscritta al registro della stampa del Tribunale di Massa dal giugno 2017. Dalla fondazione è direttore responsabile della rivista. Collabora e ha collaborato con diverse riviste, tra cui Art e Dossier e Left, e per la televisione è stato autore del documentario Le mani dell’arte (Rai 5) ed è stato tra i presentatori del programma Dorian – L’arte non invecchia (Rai 5). Ha esperienza come docente per la formazione professionale continua dell’Ordine e ha partecipato come relatore e moderatore su temi di arte e cultura a numerosi convegni (tra gli altri: Lu.Bec. Lucca Beni Culturali, Ro.Me Exhibition, Con-Vivere Festival, TTG Travel Experience).