Negli ultimi anni si è intensificata la collaborazione tra la Fondazione Zegna e la comunità di San Patrignano, nel segno dell’arte: la Fondazione ha offerto la sua collaborazione nell’ambito del progetto San Patrignano Design Lab, e la presidente della Fondazione, Anna Zegna, ha donato un’opera di William Kentridge alla collezione della Fondazione San Patrignano, che nel settembre 2020 ha costituito il nuovo museo di Rimini, il PART - Palazzi dell’Arte. Come procedono le attività della Fondazione Zegna? In che modo l’arte ha avvicinato la Fondazione e San Patrignano? Quali le visioni che animano questi progetti? Di tutto questo abbiamo parlato in un’intervista con Anna Zegna, a cura di Ilaria Baratta.
Anna Zegna. Foto di Sebastiano Pellion |
IB. Si sono festeggiati quest’anno i vent’anni della Fondazione Zegna, di cui Lei è presidente, che porta avanti i valori e la mission di Ermenegildo Zegna, fondatore nel 1910 a Trivero del Lanificio da cui è iniziata la famosa attività nel campo tessile. Tra i principali valori del fondatore c’era un grande senso di filantropia, aspetto che si concretizza oggi in vari ambiti d’intervento, tra cui l’arte e la cultura. Come si è avvicinata al mondo dell’arte contemporanea?
AZ. Mio nonno Ermenegildo, oltre ad essere un lungimirante imprenditore, aveva anche una grande sensibilità verso la natura e la bellezza. Questo lo portò a prendersi cura della piccola cittadina di montagna dove era nato, plasmando il paesaggio circostante e chiamando architetti ed artisti, come ad esempio Otto Maraini e Ettore Pistoletto Olivero, ad intervenire negli spazi privati, così come nella fabbrica e nelle opere pubbliche di Trivero. I suoi figli, mio zio Aldo e mio padre Angelo, raccolsero il testimone coinvolgendo artisti del calibro di Graham Sutherland per disegnare i trofei che il Lanificio assegna alle migliori lane e, al fianco di Giulia Maria Crespi, furono tra i duecento primi sostenitori del FAI – Fondo Ambiente Italiano. Nella mia infanzia era quindi altrettanto naturale tuffarmi in enormi vasche di soffici fiocchi di lana, giocare sporcandomi nei boschi o ascoltare i miei genitori parlare d’arte. Mi rendo conto ora che questo “imprinting” naturale mi ha permesso anche da adulta di avvicinarmi all’arte contemporanea e ai suoi grandi maestri senza troppi filtri, o sovrastrutture, considerandola un elemento quotidiano capace di farmi riflettere e donarmi gioia.
L’aspetto filantropico sfocia anche in progetti importanti in campo sociale: con San Patrignano, ad esempio, la Fondazione Zegna collabora nell’ambito del progetto San Patrignano Design Lab che si definisce come un insieme di laboratori artigiani. Tra questi, un percorso di recupero dalla dipendenza insegna da quarant’anni l’arte della tessitura a mano allo scopo di fornire una formazione professionale e di arrivare a una rinascita personale. Le antiche tecniche di lavorazione tessile si combinano con la storia del made in Italy rappresentato dalla vostra azienda. Può parlarci di questo progetto?
Quasi dieci anni fa ho avuto la fortuna di avvicinarmi a questo straordinario progetto iniziato da Vincenzo Muccioli, con Letizia e Gian Marco Moratti come “angeli custodi”, e a mano a mano ho coinvolto alcuni membri della mia famiglia, nonché del consiglio direttivo di Fondazione Zegna. Fin dalla prima visita a San Patrignano i pilastri su cui si fonda la comunità hanno fortemente risuonato dentro di me: innanzitutto il lavoro, come fonte di dignità su cui le persone possono costruire un solido percorso di recupero, e poi la bellezza, una bellezza contagiosa, capace di passare dai materiali alle mani dei ragazzi che li lavorano e da lì fino al cuore con un potere magico e terapeutico. Come tutte le cose più autentiche, anche il mio avvicinamento al laboratorio di tessitura è stato molto semplice: con spontaneità ho condiviso la mia esperienza lavorativa e miei contatti creativi e ne sono scaturiti eccezionali progetti e collaborazioni. Sotto la direzione creativa di Barbara Guarducci le ragazze hanno raggiunto incredibili risultati, presentando le loro creazioni ai più importanti attori della moda e dell’arredamento, iniziando a produrre per importanti brand e addirittura assistendo alle sfilate per cui avevano lavorato.
Ermenegildo Zegna con alle spalle il Lanificio, 1942 |
Ermenegildo Zegna ritratto da Ettore Pistoletto Olivero nell’Arte della Lana, 1947-49. Foto di Damiano Andreotti |
L’arte della Lana, 1947-49, Sala Quadri del Lanificio Zegna, Trivero. Foto di Damiano Andreotti |
La Fondazione San Patrignano ha dato vita nel settembre 2020 al nuovo progetto culturale ed espositivo museale, il PART - Palazzi dell’Arte Rimini, dove sono raccolte le opere d’arte contemporanea donate dal 2017 alla Fondazione stessa. Lei è presente nella collezione con una scultura di William Kentridge, Untitled VI (Nose in Horse: Napoleon). Perché ha scelto di donare al PART quest’opera e cosa Le piace dell’arte di Kentridge?
Questa è una storia d’intelligenza e d’amore. Intelligenza innanzitutto di chi ha ideato il progetto di una collezione d’arte contemporanea di San Patrignano, una vera e propria dote donata con amore da amici, galleristi e artisti stessi, capace di garantire un futuro sicuro alla comunità. Cosa poteva essere quindi il mio dono se non un’opera di uno degli artisti che più amo e che più stimo per la sua velata ironia? Questa scultura di William Kentridge rappresenta un naso a cavallo, appunto come se fosse il gran condottiero Napoleone, e a mio avviso è il perfetto omaggio al coraggio con cui Rimini ha saputo superare tutti gli stereotipi e reinventarsi. Come nel racconto di Gogol’, il naso smaschera la superficialità di una società basata sulle apparenze, ma lo fa con giocosità… verrebbe quasi da dire con una dolcezza amara tra sogno e realtà, molto felliniana.
Crede che l’arte possa portare benessere a chi ha problematiche di dipendenza? Perché?
Credo che l’arte, e l’arte contemporanea in particolare, possa muoverci, a volta anche destabilizzarci, parlando un linguaggio molto diretto, non sempre razionale. L’arte ha quindi l’incredibile forza di interrompere quei gesti e quella abitudini che ripetiamo automaticamente, di fermare il tempo e di farci chiedere: perché lo sto facendo? Ma credo che sia invece l’artigianato, le arti decorative tradizionalmente opposte alle belle arti, ad avere un vero potere terapeutico, curando l’anima attraverso gesti lenti e carichi di antica sapienza. In Italia abbiamo un patrimonio di inestimabile valore, tramandato di generazione in generazione. Mi piace quindi immaginare i Design Lab di San Patrignano come botteghe rinascimentali, in cui i Maestri sono i ragazzi stessi che al termine del proprio percorso accolgono e guidano i nuovi arrivati, un’altra geniale intuizione del metodo di Vincenzo Muccioli.
William Kentridge, Untitled VI (Nose on Horse: Napoleon) (2007; bronzo, 42 x 46 x 19 cm; Rimini, PART) |
Design Lab. Courtesy Fondazione San Patrignano. Foto Gabriele Bertoni |
Design Lab. Courtesy Fondazione San Patrignano. Foto Gabriele Bertoni |
Design Lab. Courtesy Fondazione San Patrignano. Foto Gabriele Bertoni |
Design Lab. Courtesy Fondazione San Patrignano. Foto Gabriele Bertoni |
Parte di Fondazione Zegna è Casa Zegna, che si definisce archivio storico e polo di aggregazione culturale. Lo scorso anno ha ospitato una mostra dedicata a Pistoletto padre e figlio, e in quell’occasione Lei ha realizzato mini-dialoghi con il curatore Alberto Fiz. Fu Ermenegildo Zegna a commissionare per primo nel 1929 un ciclo di graffiti su L’arte della Lana a Ettore Pistoletto: nel corso degli anni ci sono state collaborazioni di questo tipo con altri artisti?
Quello della commissione artistica è un criterio ereditato dal nostro fondatore che abbiamo portato avanti sia come Gruppo che come Fondazione Zegna, trovandolo a noi affine, un po’ come un capo d’abbigliamento creato su misura. Sia che si trattasse di opere site specific per Trivero, oppure per un nostro negozio dall’altra parte del mondo, abbiamo sempre chiesto agli artisti di immergersi nella nostra cultura ed heritage, prima di lasciarli liberi di creare. Le opere che ne sono risultate non potrebbero essere più diverse tra di loro, ma sono comunque attraversate da un filo rosso che le contraddistingue e ci rappresenta.
Dal 2008 la Fondazione Zegna ha creato il progetto di arte contemporanea All’Aperto, attraverso cui supporta la realizzazione di opere d’arte pubbliche all’interno dell’Oasi Zegna. Ce ne vuole parlare?
Il progetto, nato sotto la curatela di mio cugino Andrea e di Barbara Casavecchia, nel corso di una decade, ha stratificato sul territorio circostante il Lanificio di Trivero un vero e proprio parco di sculture pubbliche, aperte e accessibili a tutti. Il dialogo instaurato da queste opere è duplice: da una parte verso la comunità locale che in alcuni casi è stata coinvolta nel processo creativo e che tuttora le custodisce con vigile cura e dall’altra parte con la natura che riflette i propri colori nel padiglione di Dan Graham, muove le bandiere di Daniel Buren o deposita una patina di muschi e licheni sulle panchine di Alberto Garutti, solo per citarne alcuni.
Come vede la situazione attuale del mercato italiano dell’arte contemporanea?
Più che al mercato dell’arte, io e il consiglio della Fondazione Zegna siamo interessati alle nuove forme di gestione e sostentamento che alcuni attori del mondo artistico stanno introducendo. Il panorama è molto vario e interessante, io posso portare l’esempio di un progetto che conosco da vicino. Nel 2010, in partnership con Cittadellarte Fondazione Pistoletto, Fondazione Zegna ha lanciato il progetto Visible per la ricerca, la produzione e il sostegno alle pratiche artistiche socialmente impegnate a livello globale. Dopo cinque edizioni sotto forma di premio di produzione e dopo avere costruito una rete unica nel suo genere, Visible si trasformerà in una piattaforma di supporto continuativo all’arte per la trasformazione sociale attraverso la quale istituzioni museali e collezionisti interessati potranno “adottare” un progetto del network per la propria collezione.
Casa Zegna, Trivero. Foto di Matteo Piazza |
Casa Zegna, Trivero. Foto di Matteo Piazza |
Mostra From Sheep to Shop a Casa Zegna, Trivero. Foto di Damiano Andreotti |
Oasi Zegna. Foto di Zone Creative |
Oasi Zegna. Foto di Zone Creative |
Oasi Zegna. Foto di Daniel Beres |
Alberto Garutti, Dedicato alle persone che sedendosi qui ne parleranno, 2009. Foto di Demian Dupuis |
Daniel Buren, Le banderuole colorate, 2007. Foto di Luca Fregoso |
Dan Graham, Two way mirror / Hedge arabesque, 2014. Foto di Giovanna Silva |
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ISCRIVITI ALLA NEWSLETTERL'autrice di questo articolo: Ilaria Baratta
Giornalista, è co-fondatrice di Finestre sull'Arte con Federico Giannini. È nata a Carrara nel 1987 e si è laureata a Pisa. È responsabile della redazione di Finestre sull'Arte.