È uno dei più vasti complessi architettonici sei-settecenteschi a Genova, con saloni di rappresentanza completi di affreschi, stucchi, dipinti, sculture, arredi e suppellettili appartenuti alle famiglie nobili e reali che lo abitarono, ma per gestire l’imponente patrimonio di Palazzo Reale (con la recente riorganizzazione MiC ridenominato, insieme a Palazzo Spinola, Musei Nazionali di Genova) non servono solo architetti, restauratori, storici dell’arte e ingegneri. C’è bisogno anche di nuove professionalità, come esperti in fundraising, in promozione, social media e grafici. Ne è convinta Alessandra Guerrini, che dirige la grande dimora patrizia acquistata dai Savoia nel 1824 e poi ceduta allo Stato Italiano nel 1919. E probabilmente sarebbero d’accordo anche gli altri direttori sentiti nelle precedenti puntate. Perché quello del personale resta uno dei principali problemi dei musei autonomi. Anche dei nuovi. Anche di quelli passati in serie A (prima fascia). Una facile previsione, confermata nelle precedenti interviste da tre dei quattro direttori “promossi”: Cecilie Hollberg per le Gallerie dell’Accademia, Paolo Giulierini per il Mann e Paola D’Agostino per il Bargello. Una promozione sicuramente meritata, ma di cui, a parte parole di un generico successo spese dal ministro Sangiuliano, non si conoscono i parametri oggettivi che hanno fatto cadere la scelta solo su questi e non su altri pure in seconda fascia.
E se i grandi musei statali dovranno avere un’impronta sempre più manageriale, “non è opportuno che diventino delle monadi autoriferite”, avverte però Guerrini, che dirige anche l’osservatorio della gestione della Direzione regionale musei Liguria, che lavora con le regole pre-autonomia. Specialmente per quanto riguarda la gestione economica dell’organico, che va mantenuta, sostiene, sempre a livello dell’Amministrazione centrale: se al Ministero il modello a cui si guarda in prospettiva è quello della Fondazione, la direttrice sottolinea che è proprio sul fronte del personale che non funziona. Funziona, invece, anche per questo istituto, rispetto ai primi anni della riforma in cui c’era incertezza nella distinzione delle funzioni, il rapporto del direttore con gli organi di co-governance (cda, comitato scientifico e collegio revisori). Per la direttrice l’autonomia andrebbe estesa anche alle Direzioni museali regionali, immaginando strutture a rete con i musei autonomi.
Tra le attività condotte in questi anni di regime autonomistico, si segnalano la creazione di un “gemello digitale” di Palazzo Reale; significativa politica di acquisti per la Galleria Nazionale della Liguria a Palazzo Spinola; fidelizzazione dell’utenza anche attraverso card turistiche col Comune. Oltre a importanti cantieri di restauro, per cui per Guerrini “i tempi sarebbero maturi per svincolare totalmente i musei dalle Soprintendenze assegnando loro anche la tutela degli immobili”. E se si danno i numeri (dei visitatori…) che almeno siano “proporzionati ai metri quadri!”.
SM. Ci sono due diversi gradi di autonomia: musei di livello dirigenziale generale e non generale. In cosa consiste la differenza? Cosa comporta il fatto che il Palazzo Reale di Genova sia sottoposto ai poteri di indirizzo, coordinamento e controllo della Direzione Musei?
AG. Credo che la differenza immaginata all’inizio della riforma distinguesse i musei per importanza delle collezioni e numero dei visitatori. Ora i tempi sarebbero maturi per rivedere quelle distinzioni almeno per alcuni musei molto cresciuti con gli anni e/o sottostimati fin dall’inizio, come ad esempio i Musei Reali di Torino. Che il Palazzo Reale di Genova sia sottoposto alla DG Musei non comporta nessun particolare problema, anzi un positivo confronto con i colleghi e con il Direttore generale.
Il Ministero resta a vario grado coinvolto nell’ambito del procedimento decisionale. Secondo Lei sarebbe opportuno o al contrario deleterio compiere un ulteriore passo, riconoscendo piena autonomia a questi istituti “speciali”? L’autonomia finanziaria comprende, infatti, la gestione delle entrate che affluiscono al suo bilancio, ma non include le spese relative al personale, la cui assegnazione si attesta all’Amministrazione centrale. L’Istituto che dirige sarebbe in grado di coprire anche gli stipendi?
Personalmente ritengo che l’autonomia debba essere contemperata da una visione generale centrale, ad opera di direttori generali che siano tecnici dotati di visione. Non è opportuno che i grandi musei nazionali diventino delle monadi autoriferite. Per quanto riguarda l’autonomia finanziaria, l’istituto non sarebbe in grado di coprire la spesa del personale con propri fondi. E anche l’assegnazione dei fondi non servirebbe che a gravare la struttura di altri compiti, dato che il sistema di regole con cui si gestisce il personale è da sempre deciso al centro. Le regole di organizzazione sono stabilite nella contrattazione sindacale nazionale, per avere vera autonomia bisognerebbe passare a una gestione privatistica dei rapporti di lavoro. Dove questo è successo, ad esempio con il passaggio di alcune strutture a Fondazione, il personale in larga maggioranza non ha voluto restare.
A proposito di personale, è in sottorganico? Sarebbe preferibile che fosse il direttore a indicare all’Amministrazione centrale le figure professionali secondo le necessità tecnico-operative di cui ha bisogno?
Il personale è in sottorganico del 40-50% nella maggior parte dei ruoli. L’interlocuzione con l’Amministrazione centrale per la definizione delle piante organiche c’è, ma il tema è che i contratti nazionali e la definizione dei profili professionali ancora non prevedono molte delle professionalità più nuove di cui i musei avrebbero bisogno (legali, esperti in fundraising, in promozione, social media, grafici, ecc.). Sarebbe grandemente opportuno che il MIC facesse da pioniere in queste materie, perché avrebbe un positivo effetto di trascinamento anche per tutti gli altri musei.
In quale misura Palazzo Reale partecipa al Fondo di riequilibrio finanziario tra gli istituti e i luoghi della cultura statali?
Come tutti, con il 20 % degli introiti. Nel 2022 sono stati versati al Fondo Cultura € 71.720,87.
Una delle principali novità introdotta per i musei autonomi è la loro governance. L’organizzazione direttore-cda-comitato scientifico funziona a livello gestionale, non in via teorica, ma proprio in pratica? Con quale cadenza convoca il comitato scientifico? In un intervista l’allora dg Antonio Lampis osservò che i componenti di questi organi spesso invece di “supportare il direttore ne ‘paralizzano’ l’attività per personalismi.” Se condivide questa osservazione, quale potrebbe essere l’alternativa?
Il comitato scientifico viene convocato una o due volte l’anno, più spesso, in genere non meno di quattro, il Consiglio di amministrazione. La mia esperienza è positiva, tutti offrono il loro apporto professionale per il museo. Forse si potrebbe rendere più fluido il rapporto con riunioni ancora più frequenti, ma non ci si riesce per il sovraccarico di lavoro.
Passiamo all’autonomia scientifica: può parlarci delle attività di ricerca e del vostro piano di valorizzazione? Si connota per un tratto distintivo?
I due musei che compongono l’istituto Palazzo Reale di Genova, Palazzo Reale e Palazzo Spinola – per gli equivoci continui sul tema abbiamo chiesto il cambio di denominazione in “Musei Nazionali di Genova” e stiamo già usando un sistema di comunicazione con questa nuova dizione [nda: accolta col nuovo Dpcm, l’intervista è precedente] – hanno fatto in questi anni un grande lavoro per collegarsi fra di loro. Le attività di ricerca sono inerenti alle collezioni, con completamento della catalogazione, in corso, digitalizzazione delle immagini e resa al pubblico attraverso la piattaforma disponibile sul sito, creazione di un modello HBIM dell’edificio di Palazzo Reale che è una sorta di “gemello digitale” per la raccolta di tutte le informazioni, da quelle storico artistiche a quelle architettoniche, agli impianti di tutti tipi che lo attraversano. Quest’ultimo sarà la base per gestire un edificio complesso in cui oltre alla parte museale sono presenti sei diversi uffici del MIC, tutti quelli della regione. La ricerca al di fuori delle collezioni è quella che facciamo per le nostre mostre, che devono ovviamente essere in rapporto col patrimonio nostro e del territorio in cui ci troviamo. In senso lato fa parte dell’attività di ricerca anche quella relativa agli acquisti, che il Ministero da qualche anno sostiene con forza e che confluiscono nella Galleria Nazionale della Liguria, all’interno di Palazzo Spinola. Il piano di valorizzazione dei due musei comprende anche grandi lavori sulle strutture, il restauro della Galleria degli Specchi di Palazzo Reale che finirà in autunno, il riallestimento del 2022 della Galleria Nazionale della Liguria e altri che stanno per partire per Palazzo Reale, con i restauri del cortile d’onore e dell’appartamento Durazzo e grandi lavori per la sicurezza antincendio. Il nostro piano di valorizzazione è strettamente legato all’importanza ed alla qualità architettonica e decorativa dei nostri edifici che sono non solo musei, ma residenze di grandi dimensioni con una stratificazione di decorazioni e di arredo che nel caso di Palazzo Spinola partono dal tardo Cinquecento.
Avete previsto delle iniziative di fidelizzazione dei cittadini? Se sì, quali? Come si inserisce il Museo nelle dinamiche anche di sviluppo economico, oltre che culturale, della comunità e del territorio di riferimento?
Da fine 2022 abbiamo lanciato la membership con card specifiche per adulti, bambini, giovani e famiglie. Ai member riserviamo visite e laboratori dedicati, e sconti sulle pubblicazioni. Siamo solo all’inizio ma speriamo di incrementare col tempo. Siamo poi parte della rete dei musei genovesi con le card del Comune, soprattutto quelle turistiche che funzionano molto bene. Stiamo lavorando a incrementare i progetti educational su cui stiamo cercando sponsorizzazioni.
Capitolo tutela: a chi si intesta? Al Museo o alla Soprintendenza? In Sicilia, dove il modello aziendalistico applicato agli istituti culturali è stato introdotto prima che nello Stato, nel lontano 2000, è previsto che sia il Soprintendente a presiedere il Comitato. La ritiene una “formula” alternativa o pensa che possa alimentare conflitti tra Soprintendente e Direttore?
Come è noto, la normativa lascia ai musei autonomi solo la tutela sulle opere mobili, ma non quella sugli edifici che è in capo alle Soprintendenze. Nonostante il buon rapporto con i colleghi, ritengo che i tempi sarebbero maturi per svincolare totalmente i musei dalle Soprintendenze assegnando loro anche la tutela degli immobili e delle aree archeologiche in consegna. Le carriere e la formazione dei funzionari sono attualmente uniche, io stessa vengo da trent’anni di esperienza di Soprintendenza, e questa anomalia è fonte quando non di conflitti, sicuramente di allungamento dei tempi decisionali. Il tema credo sia particolarmente sentito da chi gestisce residenze storiche.
Tema di grande attualità, la gratuità dei musei. Gabriele Finaldi, che l’ha diretta fino allo scorso agosto, ha detto “free admission is in the DNA of the National Gallery” (di Londra). La genetica insegna che il DNA può mutare, Lei crede che si tratti di un modello importabile in Italia, con i dovuti adattamenti? È ipotizzabile rinunciare totalmente alle risorse prodotte dai biglietti di ingresso?
Sarebbe ipotizzabile solo se il finanziamento pubblico fosse importante quanto quello britannico, e accompagnato da ulteriori defiscalizzazioni per i privati che volessero contribuire.
Ci sono momenti di scambio, come tavoli tecnici convocati con una certa regolarità, tra voi direttori autonomi per confrontare le diverse esperienze? Replicare quelle riuscite o risolvere problemi comuni? Oppure è prevalso uno spirito competitivo? Il confronto più immediato (ma anche il più banale) sui numeri dei visitatori non crea un po’ di ansia da prestazione?
Ci sono momenti di scambio con la Direzione Generale, e io sarei dell’idea che sarebbe ottimo renderli periodici, e tra di noi ci sentiamo con una certa frequenza, non mi pare di aver percepito competizione. La questione dei numeri, soprattutto con la frequenza con cui viene presentata, dà in effetti un po’ di ansia di prestazione, anche perché mette a confronto musei in zone turistiche diverse, e con spazi ben diversi, a volte penso che i numeri dovrebbero essere proporzionati ai metri quadri! E poi concordo con chi dice che non conta quanti entrano in un museo, ma quanti ne escono arricchiti.
In sintesi qual è il suo bilancio dell’esperienza autonomistica? Se dovesse quantificarlo in un voto da 0 a 10?
Direi 8. Dato che io ho anche l’osservatorio della gestione della Direzione regionale musei Liguria, che lavora con le regole pre-autonomia, vivo ogni giorno l’efficacia straordinariamente maggiore della gestione del bilancio autonomo. Se si potessero avere gli organici al completo, e con tutte le figure giuste, sarebbe 9. Sarei favorevole all’estensione dell’autonomia anche alle Direzioni museali regionali, per esempio immaginando strutture a rete con i nuovi musei autonomi. La mia esperienza in Liguria mi dice che il rapporto fra il museo di maggiori dimensioni e quelli medi e piccoli giova a entrambi.
Quando termina il Suo contratto? Quali programmi ha? Parteciperà ai nuovi concorsi?
Io sono all’inizio del mio secondo mandato, che dovrebbe terminare a giugno 2026. Dopo, spero di tornare ad avere tempo per lo studio, quello che adesso non ho più.
L'autrice di questo articolo: Silvia Mazza
Storica dell’arte e giornalista, scrive su “Il Giornale dell’Arte”, “Il Giornale dell’Architettura” e “The Art Newspaper”. Le sue inchieste sono state citate dal “Corriere della Sera” e dal compianto Folco Quilici nel suo ultimo libro Tutt'attorno la Sicilia: Un'avventura di mare (Utet, Torino 2017). Come opinionista specializzata interviene spesso sulla stampa siciliana (“Gazzetta del Sud”, “Il Giornale di Sicilia”, “La Sicilia”, etc.). Dal 2006 al 2012 è stata corrispondente per il quotidiano “America Oggi” (New Jersey), titolare della rubrica di “Arte e Cultura” del magazine domenicale “Oggi 7”. Con un diploma di Specializzazione in Storia dell’Arte Medievale e Moderna, ha una formazione specifica nel campo della conservazione del patrimonio culturale (Carta del Rischio).