Non bastavano le grandi navi che ogni giorno passano dal bacino di San Marco e spingono i veneziani a sperare e a pregare che non succeda niente di brutto. Non bastava il turismo cialtrone e invadente che ha trasformato Venezia in un parco divertimenti, tanto che addirittura una fan della nostra pagina Facebook ci raccontava che un giorno una turista le si avvicinò chiedendole “a che ora chiude Venezia”. Non bastavano la torre di Cardin, le vicende dell’Hotel Santa Chiara, Benetton al Fondaco dei Tedeschi. No, evidentemente tutto questo non bastava, se Venezia ha dovuto subire in questi giorni lo stupro definitivo, il colpo di grazia.
Un colpo di grazia dei peggiori: la vicenda del Mose che ha portato all’arresto di trentacinque persone, tra cui il sindaco della città, Giorgio Orsoni (e viene spontaneo pensare quanto può essere infimo il profilo di chi è sospettato di ricevere tangenti quando dovrebbe invece essere il primo cittadino, oltretutto di una delle città più delicate del paese), ha portato allo scoperto una tristissima e miserabile realtà fatta di ruberie, tangenti, corruzione. Ma, Venezia a parte, ha dell’incredibile il susseguirsi di notizie di corruzione, ruberie, arresti e mandati negli ultimi giorni. Prima i politici Scajola e Matacena, indagati per possibili rapporti con la mafia. Poi è stata la volta del caso CARIGE che ha portato a galla anni di truffe e danni all’istituto bancario, con accuse di associazione a delinquere e riciclaggio che hanno portato all’arresto dei vertici della banca. Di nuovo, l’ex ministro Corrado Clini arrestato per peculato in seguito a un’inchiesta su un progetto per lo sviluppo di risorse idriche in Iraq. E ancora l’inchiesta sull’Expo di Milano che ci sta facendo fare una pessima figura a livello internazionale (come se il resto non fosse sufficiente). Il tutto nel giro di neanche un mese: fa davvero impressione constatare come ormai la corruzione sia diffusa in tutti gli ambienti, a cominciare dalla politica e dall’imprenditoria, e che, anzi, sembra sia diventata un’abitudine. Un’abitudine che quasi non desta scalpore: “si sapeva”, “che c’è di strano?”, “fanno tutti così” sembrano essere i commenti che vanno per la maggiore quando si sentono notizie di casi del genere. E anche questo è preoccupante: significa che anche noi cittadini ci siamo abituati al peggio. E quando ci si abitua al peggio, è anche più difficile unirsi per contrastarlo: si preferisce pensare ad altro, perché si pensa che questa è la quotidianità, questi sono i costumi del nostro paese, e contrastarli serve a poco perché ci sarà sempre chi ruba, chi corrompe, chi regala tangenti, chi turba le gare d’appalto, chi truffa. E invece non è questo l’atteggiamento, perché anche noi, nel nostro piccolo, possiamo fare qualcosa, per la legalità. Parlare a voce alta di questi argomenti, evitare di nascondersi, rispettare noi stessi e gli altri, rispettare l’ambiente, tenere comportamenti dignitosi in ogni momento della nostra giornata: la battaglia per la legalità deve partire dai singoli gesti quotidiani.
Torniamo però su Venezia. È triste constatare come ormai Venezia sia stata lasciata alla mercé di tutti, fuorché dei suoi cittadini. Dell’inutilità di un progetto come il MOSE, contro il quale in passato si schierò un’ampia fetta della popolazione della città, c’è chi parla in modo più qualificato di noi e non serve aggiungere altro. Ma Venezia non è solo MOSE. Venezia è una città in svendita, ostaggio di una privatizzazione selvaggia, tanto che alcuni hanno ribattezzato il municipio della città, che ha sede in Ca’ Farsetti, come Ca’ Farsetti Real Estate. Il tutto malgrado un sindaco, Massimo Cacciari, a capo di una giunta che avrebbe dovuto essere di sinistra. Pensiamo al Fondaco dei Tedeschi venduto al gruppo Benetton. Che in passato aveva già acquistato l’isola di San Clemente per farne un hotel di lusso, progetto che si è puntualmente compiuto. E sempre Benetton qualche anno fa fece sloggiare una attivissima libreria dagli ambienti del vecchio cinema San Marco, per affittare a un negozio di Louis Vuitton. E ancora a Benetton si deve la trasformazione del Teatro Ridotto in un ristorante. Ma Benetton, che sembra essere diventato il padrone della città, non è l’unico. Pensiamo a Prada che ha acquistato dalla città Ca’ Corner della Regina per farci uno showroom con annessa boutique. O all’Hard Rock Café, con la sua tamarrissima proiezione del logo della catena sul Campanile di San Marco. O all’Hotel Santa Chiara, che sta costruendo un cubo di vetro e acciaio all’imbocco del Canal Grande.
Ma si potrebbe pensare anche alla vicenda delle grandi navi: il fronte del no è in crescita continua, ci sono associazioni e cittadini che propongono soluzioni alternative per salvaguardare gli interessi della città, dell’ambiente e delle compagnie di crociera. Dai progetti per nuovi terminal fino a progetti per cambiare il modello turistico. Ma, come il caso di piazza Verdi alla Spezia insegna, spesso le amministrazioni sono del tutto sorde alle proposte che partono dal basso. C’è solo da augurarsi che con le ultime vicende che porteranno ovvii sconquassi nelle logiche della politica veneziana, la situazione possa cambiare e i cittadini di Venezia possano tornare ad appropriarsi della loro città. Una Venezia stuprata, che ha bisogno di riprendersi da anni di cattive politiche e pessime gestioni che la hanno trasformata in quella che è adesso. Ma speriamo che i fatti di questi giorni non siano altro che l’inizio di una rinascita. Difficile, ma starà ai cittadini di Venezia, e anche a tutti noi.
L'autore di questo articolo: Federico Giannini
Nato a Massa nel 1986, si è laureato nel 2010 in Informatica Umanistica all’Università di Pisa. Nel 2009 ha iniziato a lavorare nel settore della comunicazione su web, con particolare riferimento alla comunicazione per i beni culturali. È giornalista iscritto all’Ordine dal 2017, specializzato in arte e storia dell’arte. Nel 2017 ha fondato con Ilaria Baratta la rivista Finestre sull’Arte, iscritta al registro della stampa del Tribunale di Massa dal giugno 2017. Dalla fondazione è direttore responsabile della rivista. Collabora e ha collaborato con diverse riviste, tra cui Art e Dossier e Left, e per la televisione è stato autore del documentario Le mani dell’arte (Rai 5) ed è stato tra i presentatori del programma Dorian – L’arte non invecchia (Rai 5). Ha esperienza come docente per la formazione professionale continua dell’Ordine e ha partecipato come relatore e moderatore su temi di arte e cultura a numerosi convegni (tra gli altri: Lu.Bec. Lucca Beni Culturali, Ro.Me Exhibition, Con-Vivere Festival, TTG Travel Experience).