Non abbiamo anticipato alcunché, ma le voci si susseguivano ormai da tempo, data la situazione burocratica dei musei fiorentini: la splendida iniziativa Un anno ad arte è stata sospesa. Lo ha comunicato pochi giorni fa Paola Grifoni, segretario regionale del MiBACT per la Toscana. La notizia è passata in sordina ed è stata rilanciata da pochissimi quotidiani e siti web, ma ha comunque colpito molto gli amanti dell’arte e della cultura, soprattutto quelli che, come noi, sono soliti frequentare spesso le mostre fiorentine.
Le motivazioni della sospensione sono facili da intuire. I musei fiorentini stanno infatti attraversando un periodo di forte rinnovamento (se in positivo o in negativo, occorrerà stabilirlo nei prossimi tempi) e tutti quei musei che, fino a prima della riforma del Ministero, si trovavano sotto l’egida del Polo Museale Fiorentino, vedranno divise di qui innanzi le loro sorti. Com’è noto, infatti, il Polo Museale Fiorentino non esiste più: l’eredità dell’istituto è stata raccolta dai tre nuovi musei autonomi (Uffizi, Galleria dell’Accademia e Bargello) attorno ai quali graviteranno i musei minori (per esempio, Palazzo Pitti dipenderà dagli Uffizi e le Cappelle Medicee ricadranno sotto l’autorità del Bargello).
Un progetto come Un anno ad arte, nato anche per connettere tra loro gli istituti del Polo Museale Fiorentino e rendere saldi i loro legami, probabilmente non avrà più ragion d’essere, dato lo smembramento del Polo e dato che i musei nati sulle sue ceneri avranno autonomia decisionale. Certo, è ancora presto per emettere sentenze definitive, ed è ancora presto per parlare di una fine del progetto: come ha spiegato la stessa Paola Grifoni al Corriere Fiorentino, si tratterebbe di un “normale atto” dovuto agli avvicendamenti alla guida dei musei. Ma è anche certo che è forse azzardato parlare di un atto che “non merita l’attenzione della stampa”, anche perché c’è ancora riserbo su ciò che sarà delle mostre su cui si stava lavorando per l’edizione 2016 di Un anno ad arte: saranno i nuovi direttori a decidere. È quindi lecito esprimere perplessità e preoccupazione: basti solo pensare che se fino a quest’anno tutte le esposizioni erano coordinate da un unico istituto, dal prossimo sarà necessario metterne d’accordo tre. E oltretutto nuovi, e con direttori che vengono da tutt’altre esperienze. Ovviamente adesso, da parte di tutti, vige l’auspicio per il quale sia il buon senso ad avere la meglio (ancorché, nella vicenda dei nuovi direttori dei musei statali, di buon senso se ne sia visto ben poco) e che quindi i musei troveranno accordi e manterranno quello spirito di collaborazione che aveva reso il cartellone di Un anno ad arte uno dei principali palinsesti culturali del nostro paese.
Con tutti i suoi pro ma anche con i suoi contro, naturalmente: si è sempre rimproverata, a Un anno ad arte, la nefasta usanza di non dividere i visitatori dei musei da quelli delle mostre. Una scelta, dovuta agli accordi con la società privata che gestisce la bigliettazione, che servirebbe per coprire le ingenti spese di realizzazione laddove le sovvenzioni degli sponsor sarebbero insufficienti. Ma una scelta che comporta anche notevoli svantaggi: in primo luogo, costringe i visitatori interessati unicamente alle mostre a frequentare la stessa coda che viene fatta dai visitatori interessati solo al museo (e agli Uffizi e all’Accademia, l’esperienza spesso può non essere piacevole), costringe chi non è interessato al museo (e viceversa) a pagare comunque un biglietto a prezzo maggiorato, e non consente di tracciare statistiche affidabili. D’altra parte, c’è da dire che Un anno ad arte, fin dalla sua prima edizione (nel 2006: quest’anno ricorreva il decennale), ha costituito un incredibile unicum, perché in nessun’altra città d’Italia si organizza un programma di diverse mostre, in contemporanea, di così alto profilo. Solo quest’anno, nei musei di Firenze abbiamo avuto la mostra su Gerrit van Honthorst, quella su Piero di Cosimo, e ancora Carlo Dolci e le mostre su Firenze Capitale e su Carlo Portelli che apriranno nei mesi a venire. Si è trattato spesso di mostre di altissimo interesse scientifico, spesso di prime monografiche oppure di mostre di grande valore divulgativo: sarebbe davvero un peccato se questo patrimonio dovesse sparire da un momento all’altro.
Non possiamo far altro che augurarci che la rassegna possa continuare anche l’anno prossimo: è chiaro che metter d’accordo tre soggetti diversi sarà molto più difficile che lavorare sotto un unico istituto, e soprattutto bisognerà capire quale considerazione delle mostre avranno i nuovi direttori (nella speranza che non si lascino andare a banali operazioni di cassetta). Godiamoci dunque le ultime mostre del 2015 (noi andremo a visitare a breve Piero di Cosimo e Carlo Dolci) augurandoci, a costo d’esser ripetitivi, che su tutto prevalgano gli interessi della cultura.
Gli autori di questo articolo: Federico Giannini e Ilaria Baratta
Gli articoli firmati Finestre sull'Arte sono scritti a quattro mani da Federico Giannini e Ilaria Baratta. Insieme abbiamo fondato Finestre sull'Arte nel 2009. Clicca qui per scoprire chi siamo