Si è appena conclusa la seconda edizione di Roma Arte in Nuvola, fiera d’arte moderna e contemporanea di Roma giunta alla sua seconda edizione: quest’anno, la giovane kermesse romana si è tenuta dal 17 al 20 novembre, all’interno della Nuvola di Fuksas all’Eur, distinguendosi per i suoi allestimenti ordinati che hanno visto al pianterreno le gallerie di arte moderna e del Novecento e al piano superiore quelle del contemporaneo, con l’Auditorium dentro alla Nuvola che ha ospitato incontri, dibattiti, cerimonie di premiazione. Una fiera, quella romana, che si è avvalsa della direzione generale di Alessandro Nicosia e della curatela di Adriana Polveroni, e che aspira a essere il punto di riferimento privilegiato per i collezionisti e gli appassionati d’arte del centro-sud. Un obiettivo ambizioso e una fiera che, con una proposta comunque migliore rispetto a quella della prima edizione, ha dalla sua diverse luci ma anche diverse ombre.
Luci: la sede, anzitutto. Ben collegato al centro storico della capitale, arioso e adatto a una fiera d’arte per i suoi spazi ampi che garantiscono una divisione ordinata delle gallerie, il Centro Congressi La Nuvola forse ha pochi altri pari in Italia per l’organizzazione di eventi di questo tipo e niente ha da invidiare rispetto all’Oval di Torino, a Fieramilanocity o alla Fiera di Bologna, sedi delle tre principali fiere d’arte italiane che stanno sul moderno e sul contemporaneo (Artissima, Miart e Arte Fiera). Altro pregio: la trasparenza. In poche altre manifestazioni simili si vedono così tanti prezzi esposti come a Roma Arte in Nuvola, evidentemente la fiera punta ad allargare il pubblico di chi acquista arte nell’area di riferimento. Terzo pregio: la presenza di top player, gallerie di primo piano nel panorama nazionale che portano la fiera a una qualità complessivamente medio-alta.
Ombre: intanto la selezione, con alcune gallerie purtroppo non sempre all’altezza della situazione, e talvolta sistemate di fronte o di fianco ad attori che invece portano a Roma proposte di qualità (l’ordinamento delle gallerie dunque andrebbe rivisto). Seconda ombra: la qualità delle installazioni e delle performance. Essere accolti dalla scritta “Roma” fatta con corpi in bronzo di Lorenzo Quinn non è proprio il miglior benvenuto se si vuole trasmettere l’immagine di una fiere di alto livello. Poco convincenti molte altre installazioni, a partire dal curioso stand crollato di Giovanni Termini. E lo stesso si potrebbe dire delle performance: tolta Limit di Loredana Longo, il resto è minestra scaldata (sia perché opere poco interessanti, sia perché non nuove) e addirittura una delle performance, La pecora di Romina De Novellis, è di circa dieci anni fa. Terzo: i termini dell’autorappresentazione. Riesce difficile presentarsi come fiera che “raduna le più importanti e rinomate gallerie italiane e internazionali”, o come piattaforma che fa affacciare Roma “sulla scena internazionale” se l’unica proposta al di fuori dei patrii confini è la presenza di cinque sole gallerie straniere (gli italiani con sedi in giro per il mondo non valgono) su quasi 150, e un paese ospite (l’Ucraina). Non ci sarebbe niente di male a presentarsi come fiera nazionale aperta a presenze internazionali (formula che sarebbe forse più adeguata). Infine, il sito web: speriamo che dalle prossime edizioni non ci si limiti al semplice elenco delle gallerie partecipanti, ma ci si la possibilità di sfogliare un catalogo come avviene per altre fiere.
Tra le luci figurano poi gallerie che si sono distinte alcune proposte meritevoli di attenzione per l’originalità dell’allestimento dello stand, oltre che per il lavoro e la ricerca degli artisti. Abbiamo selezionato di seguito le migliori dieci secondo la redazione. Eccole di seguito.
La galleria emiliana, con un progetto di forte essenzialità, ha realizzato uno stand minimale e pulitissimo ma accogliente e cromaticamente invitante, dove sulle pareti color glicine si dispiegava una sequenza di opere della serie Boyfriend dell’artista americana Jessica Wilson con un effetto sospeso tra simbolico e ludico.
Lo stand della galleria di Nuoro figura tra gli allestimenti più interessanti, con una piccola camera completamente dipinta di nero al cui interno si sviluppava una Wunderkammer a tinte fantasy, noir e soft-porn di fotografie, sculture e installazioni di piccolissime e medie dimensioni realizzate da 40 artisti e illustratori sardi.
Parlando di arte “giovane” non si può non citare la galleria romana Varsi, che nell’ambito della urban e street art (dove la qualità complessiva non sempre è eccelsa, anzi) ha rappresentato una delle realtà più stimolanti a Roma Arte In Nuvola: nel loro spazio in fiera hanno trovato posto opere di Amok Island, Nelio Sonego, Matth Velvet e Gonzalo Borondo, che pure costituiscono una piccola parte della variegatissima scuderia di Varsi.
Pensando agli artisti proposti in fiera, colpiva la personale di Isabella Pers da Aa29 Project Room, pienamente riconducibile alle ricerche dell’artista su tematiche quali l’osservazione e lo studio degli ecosistemi naturali, culturali e sociali indagati tramite l’uso di materiali naturali come il legno e la carta.
Nell’ambito della pittura internazionale giovane da tenere d’occhio la filippina MJ Torrecampo, nello stand di Canepaneri. Classe 1992, nata a Manila, propone figure umane impegnate in attività quotidiane, avvolte in un’atmosfera sospesa, con una pittura fresca, espressiva, con costruzioni spesso ardite, e caratterizzata da calma apparente, silenzi, una gran varietà di inquadrature che parlano all’osservatore della vita contemporanea nella società di massa.
Tra i giovani (o almeno se così si può chiamare un artista classe 1976: tuttavia la sua proposta è tra le novità) da segnalare anche l’argentino Pablo Candiloro proposto dalla galleria umbro-milanese di Giampaolo Abbondio. Nato a Buenos Aires, Candiloro da vent’anni vive tra la Toscana e Milano, e la sua pittura è il risultato delle suggestioni che ricava dalle sue terre. Dopo la pandemia, la sua pittura è diventata più materica.
Idris Space, tra le poche presenze internazionali di Roma Arte in Nuvola, è una iniziativa culturale, così si definisce, con sede a Tel Aviv e che però porta avanti una progettualità anche in territorio italiano ed europeo; a Roma partecipavano con una selezione intrigante che spaziava dalla pittura intensamente sociale di Mai Daas ai fiori in negativo di Dor Guez, dall’iperrealismo femminista di Samah Shihadi fino ai carboncini di Tigist Yoseph Ron.
Nell’elegante (seppur con qualche cedimento di troppo qua e là) e tutto sommato ben calibrato padiglione delle gallerie d’arte moderna, spicca lo stand di Tornabuoni Arte, uno dei nomi più altisonanti della fiera, che, sotto il titolo Piero Dorazio e il suo tempo, riunisce alcuni magnifici esemplari ove sovrapposizioni e intrecci di linee e colori, figure geometriche e motivi sinuosi hanno reso pienamente giustizia giustizia all’astrattismo del maestro romano.
Nella galleria piacentina lo spazio era totalmente polarizzato dal progetto tot capita, tot sententiae, una serie di teste dai tratti classici maschili, femminili e riconducibili a figure mitologiche realizzate da vari artisti; l’intero stand era infatti un tributo al mondo romano e mitologico, celebrato attraverso il medium della pittura e quello della ceramica.
Notevole e coraggiosa infine è stata la scelta di Ronchini, galleria fondata da Lorenzo Ronchini in Italia nel 1992 ma dal 2012 trasferitasi a Londra e dunque in tutto e per tutto londinese, di dedicare l’intero stand a Luigi Boillè, artista pordenonese nato nel 1926 e scomparso nel 2015, fautore di una pittura liquida e improntata alla psichedelia delle forme e del colore, ora in forte riqualificazione e pertanto sicuramente da tenere d’occhio.