Quanto costano le opere a Miart? Le 10 più interessanti, coi prezzi


Quanto costa comprare un’opera da Miart? Ne abbiamo selezionate 10, tra le (poche) gallerie che ci hanno concesso di pubblicare i prezzi, con una selezione che va dalle opere di minor impegno economico a quelle più costose.

È in corso a Milano, fino al 16 aprile la 27° edizione di Miart, la fiera d’arte moderna e contemporanea organizzata da Fiera Milano e diretta per il terzo anno da Nicola Ricciardi. La parola chiave dell’edizione di quest’anno è Crescendo, anche perché, tra l’altro, le gallerie proposte sono raddoppiate rispetto al 2022. La domanda che il pubblico meno abituato alle fiere si fa più di frequente è: ma quanto costano le opere in vendita negli stand? Le fasce di prezzo sono molto varie: si va dalle opere degli emergenti che possono costare anche poche centinaia di euro, fino a opere di artisti affermati o storicizzati da decine di migliaia di euro. C’è da dire che a Miart non sono state molte le gallerie che ci hanno consentito di pubblicare i prezzi, e ancor meno sono quelle che espongono il catalogo con tutti i prezzi (l’esempio più virtuoso in tal senso è quello di Cardelli & Fontana, che ha deciso di pubblicare su Artsy tutte le opere esposte in fiera, con tutti i prezzi). La maggior parte delle gallerie si trincerano dietro l’onnipresente etichetta “Prezzo su richiesta”. Facciamo allora un po’ di chiarezza su una materia che tende ad allontanare chi si avvicina all’arte: ecco dieci opere tra le più interessanti che abbiamo trovato a questa edizione di Miart, tutte pubblicate con descrizioni e prezzi che ci sono stati comunicati dalle rispettive gallerie, che hanno acconsentito alla pubblicazione, con l’auspicio che la prassi di esporre i prezzi delle opere diventi sempre più frequente.

Miart 2023
Miart 2023

1. Dee Ferris, Sunset strip (2022), Presentato da Corvi-Mora (Londra). Richiesta: 15mila euro.

In questa tempera su tela, la pittrice britannica Dee Ferris racconta di un vecchio mondo pronto a essere inghiottito, di un tramonto che sembra fermarsi nell’attimo prima che diventi tutto buio, di un ricordo che prova incessantemente a fuggire. Sull’ultima serie di opere della pittrice incombe un senso di presagio e abbandono sospesi nel momento in cui ci si sente più fragili. Le sue tele risultano angoscianti e contemporaneamente leggere e sono, come afferma Ferris, “un enorme masso che incombe su di me, sia senza peso che schiacciante". Il risultato è sempre quello di un “disassembling process”: una tortuosa, ma graduale ricerca e successiva rielaborazione delle fonti (da Magritte alla pubblicità), arrivando alla creazione di immagini sospese nel tempo e nello spazio, irraggiungibili. Corvi-Mora porta in fiera alcune opere in questo formato, dimensioni leggrmente variabili, range che va dai 12 ai 15mila euro.

Dee Ferris, Sunset strip
Dee Ferris, Sunset strip (2022; acrilico su tela, 178 x 153 cm)

2. Vincenzo Agnetti, Ritratto di attore (1971), Presentato da Galleria Farsetti (Milano). Richiesta: 160mila euro.

Tra i principali esponenti dell’arte concettuale vi è, senza dubbio, Vincenzo Agnetti che ha fondato la sua ricerca espressiva sul linguaggio, trasformandolo in una forma d’arte ironica e serissima allo stesso tempo. L’opera di Agnetti presentata dalla Galleria Farsetti fa parte dei famosi Feltri che l’artista inizia a comporre dal 1968. In questo caso l’opera è dipinta di un grigio scuro e raffigura il ritratto di un attore tramite l’uso della ridondanza letteraria. L’artista milanese, attraverso frasi sibilline e lapidarie, introduce l’essere intrinseco del personaggio e lo connota suggerendone il comportamento.

Vincenzo Agnetti, Ritratto di attore
Vincenzo Agnetti, Ritratto di attore (1971; feltro su pannello, 80 x 120 cm)

3. Antonio Ligabue, Tigre con cerbiatti (1960-1961), Presentato da Galleria de Bonis (Reggio Emilia). Richiesta: 300mila euro.

Quella di Ligabue è una vita in esilio caratterizzata da un’irrequietezza costante e fagocitante. Fin da piccolo l’artista amava giocare con gli animali e per tutta la vita gli sarà più facile comunicare con loro piuttosto che con gli uomini e proprio per questo sarà un tema molto caro a Ligabue. Le scene campestri, ora dolcissime e ora violentissime, ricalcano l’interiorità di un artista fagocitato dall’angoscia e dalla nostalgia. Nostalgia per la sua Svizzera, che rappresenta sullo sfondo delle sue opere attingendo dai suoi ricordi di infanzia. Anche se i paesaggi rinviano a luoghi geografici esistenti, Ligabue viaggiò solamente con la fantasia mescolando il reale al sogno, ricercando una beatitudine ormai sfumata in ricordo lontano. La Tigre con cerbiatti del 1960-1961 è l’opera manifesto presentata dalla galleria de Bonis che ha creato una piccola, ma significativa retrospettiva attraverso le tre fasi dell’artista. La tela che apre la simbolica mostra fa parte della terza fase di Ligabue e racconta l’aggressività del predatore, con il suo lato oscuro di belva feroce e la paura dilaniante della preda creando un luogo minacciosissimo. Perdute tutte le coordinate della propria esistenza, Ligabue, ricerca la morte, lo slancio aggressivo, ma anche la paura feroce, il dolore e la solitudine assordante. La cifra richiesta è alta (si pensi che il record in asta di Ligabue, siglato nel maggio del 2022 per un Leopardo con serpente, è di 344mila euro), ma il soggetto è tra i più riconoscibili della produzione di Ligabue e non è frequente trovare in commercio opere di questo tipo e di queste dimensioni.

Antonio Ligabue, Tigre con cerbiatti
Antonio Ligabue, Tigre con cerbiatti (1960-1961; olio su tela, 50 x 70 cm)

4. Rosa Barba, Composition in field (2022), Presentato da Vistamare (Pescara). Richiesta: 90mila euro.

Tra le proposte più interessanti per il lavoro svolto con le immagini in movimento, rientra sicuramente Rosa Barba con Composition in Field: una scultura cinetica che utilizza delle pellicole intrecciate a un telaio metallico.Le lettere sulla pellicola, illuminate dal retro, si scambiano costantemente mostrando estratti del manifesto poetico di Charles Olson del 1950 “Project Verse” che narra di come la poesia sia una forma di “energia trasferita da dove il poeta l’ha ricevuta”.L’artista, con quest’opera, rifiuta l’idea che l’uomo possa avere salde certezze e ricevere o dare risposte dirette.

Rosa Barba, Composition in field
Rosa Barba, Composition in field (2022; film 35mm, telaio in alluminio cinetico, motori, plexiglass, luci LED, 63 x 52,5 cm)

5. Mario Sironi, Studio per il mosaico La giustizia tra la forza, la legge e la verità del Palazzo di Giustizia di Milano (1936-1938), Presentato da Galleria Russo (Roma). Richiesta: 200mila euro.

Sulle pareti rosso fuoco della Galleria Russo si staglia il grande studio preparatorio per il mosaico al primo piano del Palazzo di Giustizia di Miano, La giustizia tra la forza, la legge e la verità di Mario Sironi. Prima di presentare l’opera ufficialmente nel 1938, l’artista ha eseguito numerosi studi preparatori a partire dal 1936. In questo studio Sironi personifica la Giustizia come una donna dalla veste bianca che condivide lo spazio centrale con la figura della Legge seduta su un trono. Accanto alla Legge, due figure compenetranti e abbozzate e all’estrema sinistra dell’opera altre due figure statuarie, l’una ignuda e l’altra vestita. È interessante scoprire la mutevole forma delle idee in divenire pervenute dagli studi preparatori, così da poterle confrontare al prodotto finale. Nel mosaico milanese la Giustizia, sempre vestita di bianco, occupa il centro della scena, mentre sulla destra Sironi rappresenta la Legge, ora in piedi con le tavole legislative fra le mani e l’incarnazione della Verità. A sinistra, invece, un uomo possente e muscoloso come personificazione della Forza affiancato da simboli romani e fascisti quali il fascio littorio oggi parzialmente rimosso.

Mario Sironi, Studio per il mosaico La giustizia tra la forza, la legge e la verità (1936-1938
Mario Sironi, Studio per il mosaico La giustizia tra la forza, la legge e la verità (1936-1938; 132,5 x 219 cm)

6. Arcangelo Sassolino, Untitled (2023), Presentato da Galleria Continua (San Gimignano). Richiesta: 30mila euro.

La materia si deforma con raffinata eleganza sotto la mano dell’artista vicentino che apre nuove configurazioni e stimoli grazie alla scultura e tramite la compenetrazione costante tra arte e fisica. Sassolino utilizza le forze, creando così come in questo caso degli strappi di cemento che rivelano una parte estremamente liscia rivelando, sul retro, l’esito dello strappo. Spesso descritto come effimero e fugace, il tempo è per lui uno strumento attraverso il quale creare e deformare e lo stesso Arcangelo Sassolino afferma come “il tempo sia compresso nella scultura”.

Arcangelo Sassolino, Untitled (2023
Arcangelo Sassolino, Untitled (2023; cemento e acciaio, 55 x 54 x 10 cm)

7. Kathleen Goncharov, Purple Haze (2023), Presentato da Olympia (New York). Richiesta: 3.850 euro.

Kathleen Goncharov, americana, di mestiere curatrice (ha curato anche il padiglione degli Stati Uniti alla Biennale di Venezia del 2003), si è dedicata assiduamente (ma privatamente) alla pittura in seguito a un viaggio in Italia svolto negli anni Ottanta, dove rimane incantata dal tardo gotico e dal Rinascimento con la sua ricchissima e calda tavolozza. Le sue opere fitomorfe evocano la sensualità e la leggerezza della seta, le forme ondulate del paesaggio toscano e soprattutto un amore incondizionato per l’arte. I suoi soggetti sono le atmosfere e le dolci sensazioni riecheggiate dalla tempera all’uovo o, come in questo caso, della matita colorata. Il tocco, il gesto è parte integrante dell’opera della Goncharov, che attraverso una lenta stratificazione crea vividissimi colori conservando un segno intrecciato e palpabile. L’esordio dell’artista è avvenuto presso la galleria Olympia appena lo scorso anno: è dunque la prima volta che le sue opere giungono in Italia.

Kathleen Goncharov, Purple Haze
Kathleen Goncharov, Purple Haze (2023; matite colorate su carta, 49 x 36,3 cm)

8. Beatrice Meoni, Ready to change (2023), Presentato da Cardelli & Fontana (Sarzana). Richiesta: 6.600 euro.

Un’artista da scoprire con grazia e ammirazione è Beatrice Meoni che si è avvicinata alla pittura in punta di piedi, osservando il mondo. Un mondo che prima ha esplorato partendo come pittrice di scena e lavorando a strettissimo contatto con il teatro. I corpi dell’artista si ritrovano alla ricerca costante di una collocazione precisa nello spazio creando, così, un continuo intersecarsi fra pieni e vuoti, fra assenze ed evoluzioni e assumendo sembianze sempre diverse. Un vero e proprio racconto, una messa in scena di un corpo che cambia con le sue fragilità e irrisolvibili irrequietezze, ora in caduta libera, ora in agglomerati di braccia e gambe. Nome di punta da tempo della galelria di Sarzana, è presente in fiera con opere di varie dimensioni. Per quelle più piccole la cifra è 2.400 euro, per le più grandi si superano di poco gli 8mila euro.

Beatrice Meoni, Ready to change
Beatrice Meoni, Ready to change (2023; olio su tavola, 120 x 100 cm)

9. Valerio Adami, La Nuvola (1991), Presentato da Dep Art Gallery (Milano). Richiesta: 125.000 euro.

Valerio Adami si avvicina all’arte da bambino quando, durante la Seconda guerra mondiale, disegnava le rovine e macerie milanesi. Inizia a studiare giovanissimo con Felice Carena e si innamora, poi, dell’arte di Oskar Kokoschka e della pop art americana di Roy Lichtenstein. La nuvola del 1991 rappresenta appieno i suoi studi e le costanti ricerche che virano verso il fumetto e l’arte più pop, ma rimangono sempre saldamente ancorate allo studio più aulico inserendo frasi in latino e guardando alla solitaria metafisica di Giorgio de Chirico. Si staglia su questo verde acido di sfondo una figura di donna misteriosa, che sembra colta nell’infinito momento di svelarsi.In primissimo piano, invece, un uomo spogliato che ricorda i corpi nervosi di Egon Schiele.

Valerio Adami, La nuvola (1991
Valerio Adami, La nuvola (1991; acrilico su tela, 198 x 263 cm)

10. Anders Davidsen, September, (2023) da M+B (Los Angeles). Richiesta: 2.500-8.400 euro.

Interessante proposta è il giovane danese Anders Davidsen, classe 1987, che immerge la sua arte in sognanti paesaggi marini nei quali il sole cade a picco sul mare. I ricordi dai confini sbiaditi tra interiorità e dato oggettivo permettono all’artiste di regalare allo spettatore un mondo di assenze, in cui il paesaggio sembra fondersi perfettamente con stati emotivi e mentali. Il suo pennello vibra sotto la luce calda del sole in eterno tramonto, mentre luminosi motivi ocra fanno capolino tra le pennellate tremolanti. L’artista prepara le sue tele di lino con strati di pelle di coniglio, colla, gesso e pigmenti proprio per ottenere queste consistenze effimere e impalpabili. I dipinti di Davidsen sono delicatissimi e non si impongono sullo spettatore, ma scelgono di farsi spazio con estrema dolcezza. Richiesta interessante: si va dai 2.500 euro per i quadri più piccoli agli 8.400 di quelli di grande formato.

Anders Davidsen, September
Anders Davidsen, September (2023; olio su lino, 85 x 80 cm)

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