Come spesso accade in tempo di guerra, il conflitto scoppiato alla fine di febbraio 2022 tra Russia e Ucraina ha provocato nel mondo dell’arte e della cultura un’onda d’urto inimmaginabile: in poche settimane molti paesi europei si sono mobilitati per offrire solidarietà all’Ucraina attraverso una moltitudine di manifestazioni, mostre, eventi, campagne di raccolta fondi e azioni collettive. Tra le numerose iniziative c’è anche Planeta Ukrain: una piattaforma di discussione e riflessione, propedeutica alla realizzazione di un Padiglione dedicato all’Ucraina durante la XXIII Esposizione Internazionale della Triennale che si svolgerà in estate con il titolo Unknown unknows.
Il progetto Planeta Ukrain, nome che tra gioco e simbolo allude all’Esperanto e dunque all’idea di unità e fratellanza dei popoli, è stato presentato mercoledì 9 marzo alla Triennale di Milano ed è curato da Gianluigi Ricuperati e sua moglie Lidiya Liberman in collaborazione con Stefano Boeri, co-pilota dell’iniziativa e moderatore durante la serata. L’incontro si è svolto come una grande tavola rotonda attorno alla quale, oltre ai curatori del Padiglione, si sono radunate alcune figure istituzionali e personalità di spicco della stampa italiana che hanno partecipato al dibattito, chi in presenza e chi in collegamento video.
Gli interventi più significativi sono stati indubbiamente quelli di alcuni protagonisti del tessuto culturale ucraino invitati a contribuire alla realizzazione del Padiglione Ucraina, tra cui vi sono i curatori Katia Kabalina e Sergey Kantsedal; gli artisti Yuval Avital, Olena Achkasova, Yevgenia Belorusets, Alevtina Kakhidze e Valeriya Shebelnichenko; Galyna Grygorenko, Responsabile dell’agenzia di stato per le arti e la cultura al Ministero della Cultura ucraino; il filosofo Mihail Minakov. Molte le presenze in ambito musicale: Oksana Lyniv, direttrice musicale del Teatro Comunale di Bologna; Antonii Baryshevskyi, pianista; Anna Gadetska, musicologa (Program Director Open Opera Ukraine); alcuni musicisti della Kyiv Soloists National Chamber Ensemble; Albert Saprykin, compositore e fondatore del Kyiv Contemporary Music Days. E ancora Andrii Kurkov, scrittore; Katerina Pischikova, scienziata politica; Konstantin Sigov, storico. Non solo arte insomma, perché essendo pensato per essere aperto a diversi ambiti e discipline della cultura, il Padiglione nasce proprio nel segno di una multidisciplinarietà che mira a potenziare al massimo il ruolo dell’arte quale linguaggio universale e strumento di dialogo fra culture, di affermazione del pensiero libero e di veicolazione del messaggio di pace. Prezioso è stato ascoltare, in particolare.
La consapevolezza che un Padiglione per l’Ucraina alla XXIII Triennale fosse a questo punto non solo giusto, ma doveroso e necessario, si è materializzata in tempi rapidissimi. L’iniziativa è scattata su impulso di Stefano Boeri, che per la parte curatoriale non ha avuto dubbi nel coinvolgere immediatamente lo scrittore e curatore Gianluigi Ricuperati con la moglie Lidiya Liberman, attrice, e Anastasia Stovbyr, pianista, entrambe ucraine di origine.
L’idea del progetto nasce anche in risposta alla notizia trapelata di recente sull’assenza dell’Ucraina alla Biennale di Venezia, comprensibilmente per ragioni logistiche e di sicurezza. Un’assenza che avrebbe pesato profondamente sulla manifestazione, e che è stata infine rettificata proprio mercoledì sera, nell’emozione generale, dalla curatrice e membro del team curatoriale del Padiglione Liza German: in collegamento da un’area sicura a pochi chilometri da Kiev, la curatrice ha reso noto che il paese sarà presente alla Biennale e ha confermato il progetto iniziale di una mostra di Pavlo Makov, artista russo con cittadinanza ucraina. “È estremamente importante realizzare questo progetto a dispetto della catastrofe umanitaria che si sta verificando proprio adesso in Ucraina”, ha proseguito la curatrice. “Noi riteniamo che sia fondamentale presentare l’Ucraina alla Biennale, non solo come vittima di guerra, ma anche per dare una forte voce internazionale che rappresenti il paese, in ogni modo possibile. E per noi tutti, il contributo artistico di Pavlo Makov è determinante”.
Molto toccante l’aneddoto sul libro Ukraine. Art for architecture. Soviet modernist mosaics 1960 to 1990 del fotografo Yevgen Nikiforov, che da diversi anni porta avanti, instancabilmente, un denso archivio fotografico sui mosaici di epoca sovietica in Ucraina: un lavoro tristemente destinato a restare incompiuto dal momento che, come spiega German, al termine di una guerra il suolo è in genere disseminato di mine e residui di armi che rendono altamente pericoloso qualsiasi viaggio o spostamento attraverso il territorio.
All’intervento di Liza German ha fatto eco quello del presidente della Biennale di Venezia Roberto Cicutto, il quale ha ricordato come l’istituzione veneta sia da sempre in prima linea nella difesa dei popoli oppressi e nella diffusione del messaggio di pace: indimenticabile, per esempio, la Biennale del 1974 dedicata interamente al Cile, durante la quale la città venne invasa da moltissimi murali realizzati da artisti cileni, in risposta al colpo di stato di Pinochet dell’anno prima.
La cooperazione tra grandi istituzioni culturali dell’Italia, che già univa Milano e Venezia, si è poi arricchita ulteriormente con la presenza di Roma e del Museo MAXXI, che in dialogo con la Fondazione Imago Mundi ha inaugurato il 10 marzo la mostra fuori-programma Ukraine: Short Stories. Contemporary Artists from Ukraine con opere di 140 artisti contemporanei ucraini, il cui ricavato sarà devoluto a un fondo per l’emergenza umanitaria. A presentare l’iniziativa sono stati il ministro della cultura Dario Franceschini e la presidente del MAXXI, Giovanna Melandri, la quale ha colto l’occasione per leggere una lettera di Solomia Savchuk, curatrice del Museo d’Arte Contemporanea Mystetsky Arsenal di Kiev, richiamando all’attenzione un tema particolarmente delicato, ossia l’urgenza della protezione, messa in sicurezza e conservazione delle opere d’arte, dei musei e dei luoghi della cultura nelle zone di guerra.
Molti gli spunti di riflessione sviluppati nel corso della serata, non soltanto in tema culturale. Sul rapporto tra arte e politica si è distinto, fra gli altri, il pensiero di Albert Saprykin, co-fondatore del Festival di Musica Contemporanea a Kiev, che molto apertamente ha affermato come l’arte non sia indipendente dalla politica, ma anzi la plasma. Il compositore ha poi invitato gli altri paesi a dare spazio e visibilità innanzitutto ad artisti, musicisti, compositori, intellettuali e personalità che possano fare luce sulla cultura Ucraina, anziché su quella del paese invasore. “Se il mio paese, l’Ucraina, attaccasse un paese vicino, farei tutto il possibile per fermarlo. Aiuterei anche la gente del paese che il mio paese sta invadendo, ma per la durata della guerra avrei abbastanza decenza e coscienza da cedere il mio posto sulle piattaforme culturali al popolo del paese invaso. Se fossi un cittadino russo e fossi invitato su una piattaforma di discussione a sostegno dell’Ucraina, chiederei: siete sicuri che non ci siano ucraini che possano prendere il mio posto? Se fossi un cittadino russo invitato a eseguire un concerto per il diritto alla pace, chiederei: siete sicuri che non ci sia alcun musicista ucraino che potrebbe farlo al posto mio?”, e conclude: “Potrebbe essere l’ultima occasione per queste persone di poter dire qualcosa”.
Diversa è la posizione dell’artista israeliano Yuval Avital, originario di Gerusalemme ma basato a Milano, per il quale “La radice di questa iniziativa, che Gianluigi Ricuperati ha creato con Stefano Boeri, è innegabilmente veritiera e autentica, perché Gianluigi sta vivendo la situazione in prima persona insieme alla sua famiglia in Ucraina, e ha deciso di non limitarsi a essere spettatore ma di farsi catalizzatore di segno. Non un segno politico, malgrado qualcuno sostenga che l’arte è la prima forma di politica, ma un segno assolutamente umano”.
Un pensiero pienamente condiviso dallo stesso Ricuperati, che con voce ferma e inequivocabile chiarezza ha chiarito quelli che sono i presupposti fondamentali di questo Padiglione Ucraina: “L’ostracismo della cultura russa è un falso problema, che nessuno di noi sente, meno che mai gli ucraini che in questo momento avrebbero molti motivi per odiare gli invasori. Il vero problema sono le vittime ucraine e i bambini che muoiono. Adesso è fondamentale spostare l’attenzione sugli artisti ucraini, sulla loro situazione, sulla popolazione e agire facendo tutto ciò che possiamo fare per gli oppressi. Dobbiamo decidere da che parte stare: se con gli oppressi o con gli oppressori. In questo momento poniamo l’attenzione sugli oppressi, poi daremo attenzione ai coraggiosissimi dissidenti russi. Ma adesso preoccupiamoci di dare a questi artisti intellettuali una speranza progettuale e a quelli che sono qui una casa di riferimento”. Peraltro, ci racconta Ricuperati parlando del Padiglione Ucraina, non vi era in programma niente di simile per la XXIII Triennale. Ma poi di colpo l’idea è scaturita, e Planeta Ukrain è venuto alla luce, come un atto d’amore e di resistenza agito all’unisono da comunità saldate indissolubilmente da un unico principio, così basilare eppure così gravemente minacciato, ancora oggi, all’apice del progresso umano.