La pandemia di Covid-19 rischia di avere conseguenze serie per i musei privati. Quando si pensa ai musei, solitamente siamo abituati a richiamare alla mente gli istituti pubblici, ma in Italia esiste anche un fitto paesaggio di musei privati, condotti con modelli di gestione differenti rispetto a quelli del settore pubblico, e ai quali il coronavirus potrebbe provocare danni seri in termini di tenuta, probabilmente anche maggiori rispetto a quelli dei musei pubblici. Ovviamente durante questi mesi i musei privati non sono rimasti a guardare e hanno risposto alla crisi con l’armamentario che in tanti hanno sfoderato per far fronte all’emergenza: una comunicazione più pervasiva, dirette in streaming, un’attenzione maggiore per l’online.
Naturalmente anche i musei privati hanno dovuto adeguarsi alla situazione d’emergenza, investendo per dotarsi degli apparati richiesti per le riaperture: dispositivi igienizzanti, sanificazione costante, distanziamento, ingressi contingentati. Una spesa notevole, se si pensa che per i musei privati i problemi di sostenibilità sono sempre molto pressanti (e a maggior ragione durante una pandemia mondiale), e ancor più urgenti in questi mesi a fronte di risultati, in termini di ritorno del pubblico, che tutti conosciamo e che sono stati ampiamente certificati dalle statistiche (da ultime, quelle dell’ICOM, che ha condotto una stima sulla riduzione del pubblico post-Covid nei musei che hanno riaperto). A tutto ciò si aggiunga che i musei privati (in questo caso esattamente come gli altri) hanno svolto, durante l’estate, un importante lavoro per prepararsi all’autunno, stagione durante la quale tipicamente vengono inaugurate le mostre invernali: un lavoro che, tuttavia, è stato in parte vanificato dal dpcm del 3 novembre che ha disposto la serrata dei luoghi della cultura in tutta Italia.
Non nasconde l’amarezza Beatrice Merz, presidente della Fondazione Merz di Torino, una delle più attive realtà del nord Italia per l’arte contemporanea. “La mostra attualmente in corso alla Fondazione”, sottolinea la presidente, “è una collettiva di 17 artiste dal titolo Push the limits. L’apertura, prevista per metà marzo era già stata necessariamente posticipata e siamo finalmente riusciti ad inaugurarla il 7 settembre scorso. Il dispiacere di doverla temporaneamente chiudere, a seguito dell’ultimo dpcm, è stato grave anche per la delusione per il pubblico che stava accogliendo con molto interesse la mostra”.
Ma al dispiacere di vedere mesi di lavoro andare in fumo a causa del pessimo andamento della situazione epidemiologica si aggiunge anche la preoccupazione per il futuro. Eppure, nonostante ciò, si continua ad andare avanti: in questi mesi si è capito che i musei, anche se chiusi, non possono fermare la loro programmazione e devono, da una parte, continuare a garantire la loro opera di servizio pubblico e seguitare a servire le loro comunità, e dall’altra industriarsi (con tutte le inquietudini del caso, ovviamente), per quando le nubi della pandemia si saranno diradate e si potrà tornare a operare con maggior tranquillità. “Evidentemente”, dice Merz, “c’è la necessità e il desiderio di poter visitare nuovamente le mostre in presenza. È molto difficile e forse un po’ incosciente, fare previsioni per il futuro. Sicuramente dopo Push the limits apriremo una mostra di collezione con lavori di Mario e Marisa Merz e auspichiamo di poter riprendere il programma che prevede una mostra personale dedicata a Michal Rovner e un progetto espositivo di Bertille Bak, ultima vincitrice del Mario Merz Prize”.
La Fondazione Merz |
La Fondazione Merz |
Atteggiamento simile è quello di Genus Bononiae, ente privato che gestisce diversi musei nel centro di Bologna (da Palazzo Fava al Museo della Storia di Bologna di Palazzo Pepoli, dal complesso di Santa Maria della Vita a Casa Saraceni). Per Genus Bononiae la pandemia è stata alquanto travagliata, dal momento che ha fatto slittare di continuo la sua mostra di punta (una delle più attese dell’anno), La riscoperta di un capolavoro a Palazzo Fava, che una volta aperta si è rivelata una delle più interessanti di questo 2020, avendo riportato a Bologna i frammenti di uno straordinario capolavoro di Francesco del Cossa ed Ercole de’ Roberti, il Polittico Griffoni (oggi sparsi nei musei di tutto il mondo), e avendo confezionato attorno a loro un percorso di elevata qualità. “Come tutti”, afferma Fabio Roversi-Monaco, presidente di Genus Bononiae, “soffriamo la chiusura dei musei giustificata in parte dall’emergenza sanitaria, e guardiamo con una certa preoccupazione al futuro. I nostri musei, tuttavia, pure a porte chiuse non si sono fermati: lavoriamo alla progettazione del 2021, sperando che possa essere l’anno della ripresa, alla valorizzazione degli archivi e alla realizzazione di contenuti online di qualità che ci consentono di tenere vivo il dialogo con il nostro pubblico e che (a dire il vero) già durante il primo lockdown, hanno attratto nuovi fruitori”.
Anche Genus Bononiae ha compreso che una delle migliori strategie per rispondere al virus è innovare e sperimentare, cercando anche soluzioni in grado di coniugare online e sostenibilità. “Tra le attività più importanti in questo senso”, dice Roversi-Monaco, “tra pochi giorni sarà online il virtual tour della mostra La riscoperta di un capolavoro: un’impresa tanto eccezionale e apprezzata, quanto sfortunata. Abbiamo ricomposto dopo trecento anni il Polittico Griffoni, radunando a Palazzo Fava tutte le sedici tavole disperse nel mondo. Il risultato è una mostra che ha mosso l’interesse di critici e storici dell’arte di tutto il mondo, ma che in pochi hanno potuto fruire, a causa delle chiusura imposte dalla pandemia. La visita interattiva, che avrà un costo di 5 €, si compone di un percorso lungo tutta la mostra con vari tag che consento al visitatore non solo di ascoltare la voce narrante che racconta l’opera e il contesto artistico e culturale in cui fu creata, ma anche di vedere brevi video che entrano nel dettaglio delle singole tavole e delle loro peculiarità, la loro descrizione critica, curiosità e aneddoti sulle figure rappresentate. L’alta qualità della digitalizzazione consente, infine, di zoommare le opere senza perdere il minimo dettaglio. La creazione di una visita virtuale, da fruire con i propri tempi e nella serenità di casa propria (se anche non potrà mai eguagliare l’emozione di entrare in un museo) crediamo che sia un segnale importante e speriamo che venga apprezzato dal pubblico. Acquistato e regalato, anche come dono natalizio, sarà anche un segnale di attenzione ad un settore, quello culturale, che rischia di uscire devastato in termini economici da questa crisi sanitaria”.
Una sala della mostra La riscoperta di un capolavoro a Palazzo Fava |
Una sala della mostra La riscoperta di un capolavoro a Palazzo Fava |
Palazzo Pepoli, Museo della Storia di Bologna, esposizione di 12 busti in terracotta che raffigurano donne famose della nostra città che subirono pregiudizi e prepotenze, in occasione della Giornata Internazionale per l’Eliminazione della violenza contro le donne |
Roversi-Monaco dà anche un’idea di quanto la crisi abbia pesato sul bilancio dei musei e di quali siano i rischi di una chiusura prolungata. E quelle del presidente di Genus Bononiae sono parole amare: “La chiusura”, fa sapere, “ha comportato per il nostro circuito museale perdite di ricavi superiori a un terzo del bilancio. Dunque non è plausibile immaginare che la situazione resti immutata dopo il 3 dicembre: vedo il Governo proiettato a tentare una riapertura delle attività economiche in vista del Natale, ma poche parole sono state spese ad oggi sulla riapertura dei luoghi della cultura, declassati a ‘servizi non essenziali’, di cui i cittadini possono serenamente fare a meno, nonostante già dopo il primo lockdown fossero state prese tutte le misure di contenimento necessarie, per assicurare visite nel massimo rispetto della sicurezza e della salute. Il silenzio è ancora più difficile da accettare se si considera che il mondo della cultura e dei musei danno lavoro a migliaia di persone, muovono l’economia e creano indotto. Il rischio è far precipitare nel baratro un intero settore, che necessita di una programmazione a medio/lungo termine che (in tanta incertezza) diventa estremamente complicato portare avanti. Ovviamente perdere anche gli incassi del periodo natalizio era ed è un colpo durissimo”.
Ma che cosa potrà succedere dopo? Compito dei musei è anche quello di elaborare diverse strategie d’uscita sulla base degli scenari più probabili. È quello che si sta cercando di fare a Genus Bononiae, guardando comunque al futuro anche con un poco di fiducia. “Credo che complessivamente tutti musei sposteranno in avanti la propria programmazione di almeno quattro mesi, sperando che in primavera la situazione volga al meglio”, conclude Roversi-Monaco. "Credo e spero, inoltre, che le persone avranno più che mai desiderio di ‘riprendersi le proprie vite’, di bellezza, di viaggi (magari di prossimità) e di evasione: l’arte può portarci in mondi lontanissimi. È evidente che il settore della cultura avrà bisogno di sostegno e di aiuti, per poter continuare a offrire valore. Pur in uno scenario tanto inedito quanto difficile, molti attori del comparto cultura hanno reagito veicolando la propria offerta tradizionale in forme del tutto rinnovate: specie nell’ambito museale, la produzione digitale, le dirette live e i programmi ad hoc, accessibili on demand, è stata enorme. Questo dimostra che il settore vuole reagire, ma al tempo stesso che le scelte vanno ponderate in maniera davvero attenta”.
Un museo che tipicamente conta molto sulla stagione autunnale è Palazzo Blu a Pisa, il museo della Fondazione Pisa che, oltre a contare su di una collezione permanente di grandissimo pregio, è anche un istituto molto apprezzato per la sua intensa attività espositiva, focalizzata soprattutto sull’arte del primo Novecento. E anche quest’anno era già tutto pronto per la mostra autunnale, quella su De Chirico, poi la notizia della chiusura dei musei solo quattro giorni prima dell’inaugurazione della rassegna. “Palazzo Blu, pur tenendo conto delle restrizioni causate dall’emergenza sanitaria”, spiega a Finestre sull’Arte il presidente della Commissione Cultura di Fondazione Pisa, Cosimo Bracci Torsi, “aveva programmato, nel rispetto delle condizioni di sicurezza, il suo consueto calendario di iniziative. La nuova chiusura, disposta ai primi di novembre è arrivata quindi pochi giorni dopo l’apertura della mostra fotografica L’ Ultimo Novecento, dedicata alle immagini del Novecento, tratte dall’archivio Frassi, che documentano gli eventi della vita cittadina a Pisa negli ultimi trent’anni del secolo e, soprattutto, ha sospeso l’apertura di De Chirico e la Metafisica la grande mostra che ogni anno Palazzo Blu dedica alla pittura del Novecento, prevista per il 7 novembre”.
Pisa, la facciata di Palazzo Blu |
Le sale della collezione permanente di Palazzo Blu |
Le sale della collezione permanente di Palazzo Blu |
Come tanti, Palazzo Blu è uno dei musei che si sono dati da fare per mantenere costante il contatto col pubblico, una necessità per i musei in questi mesi di chiusura. “In questo nuovo lockdown”, spiega Bracci Torsi, “ci siamo attivati, come già nella primavera scorsa, per tenere ‘aperto’ Palazzo Blu con una serie di eventi digitali che presentano e raccontano sui social le mostre per il momento non visitabili, senza dimenticare le opere della collezione permanente e gli incontri culturali del nostro auditorium. È questo un modo di promuovere e diffondere le iniziative culturali che ha certamente avuto un formidabile impulso dalle recenti difficoltà e che rimarrà fondamentale anche quando torneremo alla normalità”.
Quali sono invece i programmi per i mesi a venire? A Pisa, come dappertutto, regna l’incertezza: si tratta soprattutto di problemi di sostenibilità che, secondo il presidente, potrebbero diventare molto gravi sul lungo termine, se il museo non interverrà al più presto per programmare le riaperture. E non ci sarà differenza tra musei storici e famosi e musei piccoli, dal momento che i rischi sono per tutti. “È molto difficile e complicato, in questo momento, fare previsioni sul futuro”, conclude Bracci Torsi. “Così come è complicato il quadro della sostenibilità della situazione attuale per i musei. Il comparto è composto da realtà molto diverse, tra istituzioni pubbliche e private, musei grandi e piccoli, non paragonabili tra loro. Per quanto riguarda il settore pubblico molto dipenderà da quanto si vorrà investire per sostenere la cultura. Nel caso dei musei privati, se nel breve periodo la chiusura, almeno per alcuni di essi, può forse, non porre problemi di sostenibilità, il prolungarsi della situazione che stiamo attraversando renderà tutto più difficile ed incerto anche per istituzioni solide e con un pubblico fidelizzato”.
Gli autori di questo articolo: Federico Giannini e Ilaria Baratta
Gli articoli firmati Finestre sull'Arte sono scritti a quattro mani da Federico Giannini e Ilaria Baratta. Insieme abbiamo fondato Finestre sull'Arte nel 2009. Clicca qui per scoprire chi siamo