La versione stereotipata del museo o della galleria d’arte, quella spesso riconosciuta dal pubblico, riguarderebbe un’esposizione permanente cronologica, con un percorso espositivo in riscontro ad una linea temporale, spesso non onnicomprensiva, fatta di opere autografe, scuola di, cerchia di o ambito di… un elenco lungo tanto quanto necessitano gli ambiti storico artistici. Si potrebbe dunque riassumere l’esperienza come un percorso non dissimile a quello che ci potrebbe offrire, anche se ipoteticamente, una macchina del tempo. Ma la cronologia funziona ancora per un pubblico non esperto? Sempre di meno per le nuove generazioni. Per coloro ai quali interessa solo il piacere dell’esperienza, le cronologie spesso contano poco. In realtà, la fruizione ambita dal museo va ben oltre date e cronologie e può variare di molto a seconda di come la interpretiamo.
Come osserva la rivista ‘Disegno’ in un articolo recente: “Le esposizioni cronologiche non sono affatto realmente cronologiche, nel senso di una sequenza rigida dal più antico al più recente. Numerose altre variabili – a partire da considerazioni puramente fisiche, come dimensioni e forma delle opere – entrano in gioco”. Poi ci sarebbe da considerare il concetto museografico della “white cube”, spesso associato ad una cronologia di una storia dell’arte soggettiva, anche se scientificamente corretta ma sempre in continua evoluzione, dove le opere vengono esposte in uno spazio neutro con pareti bianche che creano una cornice discreta per farle risaltare. Ce lo racconta benissimo Brian O’Doherty in una serie di saggi pubblicati per la prima volta dalla rivista Artforum nel 1976. Un concetto diffusissimo, a tal punto da essere spesso riconosciuto come l’unico modello espositivo da considerare. Nel caso del museo mediterraneo, invece, con un contenitore spesso storico equivalente ai contenuti musealizzati che spesso custodisce, il ‘white cube’ diventa un concetto problematico non solo nell’applicazione. Le pareti bianche, spesso carenti di finestre, che spesso portano i musei ad offuscare il linguaggio architettonico del contenitore, non rappresentano una scelta di equilibrio tra contenuto e contenitore. Inoltre, nel cercare di presentare l’arte come un bene di lusso, da collezionare anche come un potenziale investimento, il museo si avvicina sempre di più ad uno scollegamento teorico delle opere dal loro ricco contesto storico, culturale e sociale, promuovendo una scarsa conoscenza del “contesto di produzione”. Come osservava Whitney Birkett in un suo saggio pubblicato nel 2012, il white cube può talvolta “elevare eccessivamente l’arte, allontanandola dalle sue origini e rendendola meno accessibile a chi non la conosce a fondo, rischiando di rafforzare involontariamente dinamiche di potere tradizionali”. Ma le alternative ci sono? Sì, e si sperimentano da un bel po.
La tematica sarebbe una delle alternative possibili. Sarebbe un allestimento fatto in riscontro ad una scelta di temi o argomenti, e i musei che hanno scelto questo approccio non sono in pochi: tra gli esempi significativi più recenti che potremmo citare ci sarebbero il museo d’arte Ateneum presso la Galleria Nazionale Finlandese di Helsinki, lo Stedelijk di Amsterdam e l’Hunterian Art Gallery di Glasgow. Ma quello che potrebbe essere intravisto come sperimentazione recente, in realtà non è così! Già nel 1982, più di quarant’anni fa, la Tate Gallery di Londra sperimentò le esposizioni tematiche, consolidando poi le scelte sperimentate in quel primo momento nel 2000, con una scelta di temi nel segno di Landscape, Matter, Environment e Still Life, Object, Real Life. Vale la pena ricordare anche il Bilderatlas Mnemosyne di Aby Warburg che utilizza la tematica come modalità creativa e non cronologica nell’esplorazione della “sopravvivenza dell’antico”. Nel caso del progetto di Aby Warburg, siamo alla fine degli anni Venti del secolo scorso. L’ultima istituzione a intraprendere questa iniziativa è la Galerija Matice Srpske di Novi Sad, la metropoli più importante nel nord del paese, spesso soprannominata “l’Atene della Serbia.”
Il nuovo allestimento, inaugurato nel novembre scorso, è stato costruito intorno a narrazioni tematiche sfruttando in maniera positiva i punti di forza della collezione del museo. Al primo piano del museo, il percorso espositivo presenta la storia della collezione come l’esito della storia dell’arte serba su di un percorso di cinque secoli, con i capolavori della collezione riuniti insieme in una sala particolare affiancati da una tematica che racconta materiali e tecniche artistiche. Il percorso espositivo del secondo piano va oltre, con una scelta di temi ed argomenti molto attuali, tenendo sempre la fruizione del pubblico in primo piano. La scelta riguarda temi con titoli come ‘Rifugio: l’uomo e l’ambiente’, ‘Tabù: corpo e mente’ e ‘Piacere: rituali e abitudini’. Spicca ‘Sculptophilia’, un omaggio alla scultura in tutte le sue forme fino al contemporaneo.
L’allestimento propone diversi dialoghi tra opere d’arte esposte in maniera svariata, spesso in gruppo, ma talvolta anche isolati servendo da porta d’introduzione al tema della sala. Le scelte curatoriali adottate fanno sì che la cronologia diventi un ingrediente molto meno utilizzato anche se rintracciabile in alcune parti del percorso espositivo. Diventa, per esempio, un iter per presentare cambiamenti stilistici e svolte in merito a gusto estetico e collezionismo. Di fatti, la storia della collezione, invece che la storia dell’arte, è una delle narrazioni che il nuovo allestimento presenta al pubblico museale. Un allestimento dunque che cerca di trasformare il museo in una istituzione rilevante ed accessibile al pubblico museale del ventunesimo secolo.
Il progetto espositivo della Galerija Matice Srpske di Novi Sad rappresenta un’opportunità preziosa per approfondire il discorso intorno agli allestimenti tematici che sono sempre più spesso presenti nei musei di tutto il mondo.
L'autore di questo articolo: Sandro Debono
Pensatore del museo e stratega culturale. Insegna museologia all'Università di Malta, è membro del comitato scientifico dell’Anchorage Museum (Alaska) oltre che membro della European Museum Academy. Curatore di svariate mostre internazionali, autore di svariati libri. Scrive spesso sui futuri del museo ed ha il suo blog: The Humanist Museum. Recentemente è stato riconosciuto dalla Presidenza della Repubblica Italiana cavaliere dell’Ordine della Stella d’Italia e dal Ministero della Cultura Francese Chevalier des Arts et des Lettres per il suo contributo nel campo della cultura.