Il KMSKA, il Museo Reale di Belle Arti di Anversa: una nuova idea di museo


Riaperto al pubblico il 24 settembre 2022 dopo dieci anni di chiusura per lavori, il KMSKA, il Museo Reale di Belle Arti di Anversa, è stato progettato seguendo un’idea innovativa e coinvolgente di “museo”. Ecco perché e come è stato rinnovato.

È pura utopia immaginare un luogo dove l’arte sia strettamente mescolata, quasi a non riconoscerne i confini, al gioco e alla curiosa scoperta? L’abitudine porta, sovente, a concepire lo spazio museale come un maestoso tempio silenzioso, dove l’arte è sacra, irraggiungibile, intoccabile e impegnata a spingere prepotentemente fuori dal suo ristretto mondo l’audace avventore. Sono rari i casi in cui viene percepito come casa, alla propria misura e propria soltanto, che non solo insegna, ma ascolta e stupisce. E stupisce scoprire come in una città europea, Anversa, si erga un edificio dalla facciata in pietra calcarea con colonne neoclassiche e busti scolpiti che incarna esattamente questi valori e desideri. Il KMSKA (Koninklijk Museum voor Schone Kunsten Antwerpen - Museo Reale di Belle Arti di Anversa) è una casa dell’arte, un luogo che mescola, con naturale continuità, vecchio e nuovo, uno scrigno di scoperte ed esperienze che, dopo una storia estremamente turbolenta, dal 24 settembre 2022 ha riaperto le sue porte al pubblico dopo undici anni di chiusura.

Il quartiere Sud (Zuid), che ospita il Museo Reale, è stato protagonista di un recente sviluppo urbanistico in seguito alla demolizione delle antiche mura cittadine e della fortezza cinquecentesca del Duca d’Alba, ma proprio al centro di questi importanti rinnovamenti si è trovato il KMSKA dove, con grandissima cautela e rispetto per la storia e, contemporaneamente, spirito d’innovazione, è stato creato qualcosa di nuovo. Un dialogo perpetuo tra antico e moderno.

Solitamente, i musei vengono ampliati tramite la creazione di nuove dépendance come nel famosissimo caso della piramide di vetro del Louvre, ma qui si è optato per un ampliamento che sfruttasse il più possibile la superficie preesistente e la verticale dell’edificio per restituire uno spazio nuovo, ma in continuità con le opere d’arte moderna e contemporanea. Prima della sua chiusura, il museo si era trasformato in un edificio sbiadito e rovinato, i mosaici avevano perso la loro naturale brillantezza e le statue esterne la lucentezza. Ogni angolo, con la nuova apertura, è stato restaurato ritrovando il fasto originario. I maestosi soffitti vetrati, progettati a fine Ottocento dagli architetti Jacob Winders e Frans Van Dijk, sono stati mantenuti in nome di una ricercata continuità e il particolare percorso tra antico e nuovo si sviluppa anche tramite la ricerca della luce. La parte del “nuovo museo”, creata da KAAN Architects, insegue la luce e tutte le infinite sfaccettature di colore che ad essa corrispondono. Le nuove gallerie dalle pareti luminosissime bianche sono interrotte solamente dai colori delle opere d’arte, quasi ad aprire una finestra sul mondo, e si riflettono come un contemporaneo Narciso su un lucidissimo pavimento di resina bianca.

Facciata del nuovo KMSKA di Anversa
Facciata del nuovo KMSKA di Anversa
Lo scalone monumentale. Foto di Karin Borghouts
Lo scalone monumentale. Foto di Karin Borghouts
Una delle sale storiche. Foto di Karin Borghouts
Una delle sale storiche. Foto di Karin Borghouts
La Rubenszaal. Foto di Karin Borghouts
La Rubenszaal. Foto di Karin Borghouts
La Rubenszaal. Foto di Karin Borghouts
La Rubenszaal. Foto di Karin Borghouts
La Rubenszaal. Foto di Sanne De Block
La Rubenszaal. Foto di Sanne De Block
L'ala Ensor. Foto di Karin Borghouts
L’ala Ensor. Foto di Karin Borghouts

“La luce del giorno in un museo è una cosa così rara di questi tempi”, ha incalzato durante la presentazione del nuovo museo l’architetta Dikkie Scipio di KAAN Architects. “Con la luce del giorno, Dio o la natura decide se è più grigia o più gialla e l’inclinazione della luce si sposta leggermente durante il giorno. Hai più connessione con il mondo esterno e adoro questo principio". E proprio su questo principio e incommensurabile forza, si basa la Galleria Rubens (sala 2.2), rimasta per lo più invariata.

Il mastodontico spazio è stato creato appositamente per trovare riparo a tre monumentali dipinti del maestro fiammingo Pieter Paul Rubens: il Battesimo di Cristo, la Madonna in trono circondata da santi e l’Adorazione dei Magi, con quest’ultima che dialoga scherzosamente con tre cammelli di stoffa rosso antico ripresi dalla tela, sul cui dorso lo stanco visitatore potrebbe anche sedersi. La parte “vecchia” del museo è stata riallestita in modo tale che il visitatore possa passeggiare nel tempo vagando tra le sale dipinte di rosso antico, verde oliva o rosso Pompei proprio come nel 1890, ammirando ora tele magniloquenti di Rubens, ora i piccoli studi di Van Dyck. Tutto al Museo Reale di Belle Arti di Anversa è stato rinnovato e restaurato, dalle poltrone di velluto al parquet, dagli impianti tecnici alle decorazioni in gesso del soffitto. Il focus del museo ricade, ovviamente, sui maestri fiamminghi dei quali possiede una corposissima collezione, ma vanta anche molte opere di artisti stranieri come l’italiano Amedeo Modigliani o il francese Jean-Auguste-Dominique Ingres.

Durante il breve periodo di dominio olandese, il re Guglielmo I presentò al museo dell’accademia un dipinto di Tiziano, unica opera del maestro italiano in una collezione pubblica belga, ma ben più importante, per la fortuna del KMSKA, è stata l’eredità lasciata nel 1841 da Chevalier Florent van Ertborn, ex sindaco di Anversa, che comprendeva 144 dipinti, tra cui opere dei primitivi fiamminghi come Jan van Eyck, Rogier van der Weyden e Hans Memling, oltre pezzi internazionali come la Madonna Circondata da Serafini e Cherubini di Jean Fouquet e quattro tavole di Simone Martini.

Nel corso del XIX secolo, l’Accademia di Anversa divenne un polo rinomato a livello internazionale e uno dei requisiti di ammissione consisteva nella donazione di esempio rappresentativo del proprio lavoro e un autoritratto. Così, nomi noti come Jean-Auguste-Dominique Ingres, Alexandre Cabanel e August Kiss vennero inseriti in un “Museo degli Accademici” e, successivamente, nella collezione.

Rapidamente, le opere divennero troppe per l’edificio che venne spostato nel più capiente polo attuale dopo un violentissimo incendio, ma ancora una volta lo spazio si esaurì presto grazie alle continue donazioni di famiglie importanti, seguite da acquisti da parte del museo stesso. Altra figura particolarmente importante del XX secolo fu il curatore Walther Vanbeselaere, che acquisì dipinti di espressionisti fiamminghi come Constant Permeke, Frits Van den Berghe e Gustave De Smet, ma anche opere provenienti dal panorama artistico internazionale quali Edgar Degas, Hans Hartung, Karel Appel, Ben Nicholson e Giacomo Manzù.

“Tre opere simboleggiano i tre pilastri della nostra collezione”, afferma Siska Beele, curatrice del KMSKA: “la Madonna di Jean Fouquet, L’intrigo di James Ensor e L’ultimo giorno di Pierre Alechinsky”. E proprio di James Ensor il museo possiede la più grande collezione al mondo, che è stata inserita nel candore delle nuove sale, rappresentando il passaggio tra epoca antica e moderna. Tre sono le sale monografiche dedicate al pittore e incisore belga e il visitatore scopre di non essere mai solo spettatore passivo, ma è invitato a prendere parte alle opere, suonando, per esempio, un pianoforte inserito nello spazio che, specchiandosi al pavimento insieme ai quadri coloratissimi, concorre a diventare una nuovissima e irripetibile grande opera d’arte. Differente è il caso del mondo di inquietanti maschere del 1890, L’intrigo, che viene scoperto a stagliarsi solitario in un’immensa parete bianca.

Come L’intrigo, anche la Madonna di Jean Fouquet è inserita in una solitaria parete, questa volta dipinta di un forte rosso antico ed essa dialoga con Der diagnostische Blick del contemporaneo Luc Tuymans, un’opera che rappresenta un primissimo piano di un volto maschile dallo sguardo perso. La Madonna di Jean Fouquet fa parte del Dittico del Melun, dipinto intorno al 1455 per la collegiata di Notre-Dame, a cinquanta chilometri da Parigi: al museo di Anversa è presente solo la parte destra raffigurante la Madonna con bambino circondata da cherubini.

In questo luogo, a metà fra gioco e sogno sono tante le opere contemporanee che si trovano a dialogare con gli antichi, creando suggestioni totalmente nuove. Nella continua conversazione fra antico e moderno, vengono inseriti serenamente dei monitor, sia per grandi che piccini, che spiegano con leggerezza l’opera dinnanzi alla quale si trovano posizionati. Il KMSKA ospita, ad oggi, una collezione di oltre 9000 oggetti, dei quali sono esposti circa 650, divisi per sale secondo un ordine molto particolare e innovativo.

Jean Fouquet, Madonna col Bambino circondata da angeli (1450 circa; olio su tavola, 92 x 83,5 cm; Anversa, Museo Reale di Belle Arti)
Jean Fouquet, Madonna col Bambino circondata da angeli (1450 circa; olio su tavola, 92 x 83,5 cm; Anversa, Museo Reale di Belle Arti)
James Ensor, L'intrigo (1890; olio su tela, 89,5 x 149 cm; Anversa, Museo Reale di Belle Arti)
James Ensor, L’intrigo (1890; olio su tela, 89,5 x 149 cm; Anversa, Museo Reale di Belle Arti)
Pierre Alechinsky, L'ultimo giorno (1964; acrilico su tea, 330 x 500 cm; Anversa, Museo Reale di Belle Arti)
Pierre Alechinsky, L’ultimo giorno (1964; acrilico su tea, 330 x 500 cm; Anversa, Museo Reale di Belle Arti)
Le nuove sale del KMSKA. Foto di Karin Borghouts
Le nuove sale del KMSKA. Foto di Karin Borghouts
La sezione contemporanea. Foto di Karin Borghouts
La sezione contemporanea. Foto di Karin Borghouts
La sezione contemporanea. Foto di Karin Borghouts
La sezione contemporanea. Foto di Karin Borghouts

Anziché seguire un ordine cronologico o per autore, i curatori hanno creato un percorso tematico a seconda di ciò che trasmettono o rappresentano le opere. E così, nella sala dell’impotenza, un Rodin del 1884 si trova a comunicare con un dipinto di Jan Coulet della prima metà del Cinquecento o con un modernissimo Basquiat. “Siamo giunti abbastanza rapidamente alla decisione di esporre la collezione tematicamente piuttosto che cronologicamente”, scrive, nel catalogo del museo, Nico van Hout, curatore e responsabile della collezione. “In questo modo, possiamo mostrare un meraviglioso insieme di altissima qualità, con pochi capolavori in ogni stanza. Abbiamo anticipato che i nostri visitatori si aspettano un nuovo modo di presentare l’opera. L’esperienza ha dimostrato che la conoscenza storica delle persone sta diventando meno completa e non possono facilmente collocare nel tempo figure chiave come, ad esempio, Carlo V o Napoleone. Lo stesso vale per la conoscenza degli stili artistici, come il gotico, il rinascimentale e il barocco. Inoltre, la nostra collezione ha punti di forza e di debolezza: siamo molto forti nel periodo dal XV al XVII secolo e con la nostra ampia collezione Ensor facciamo un bel passaggio al moderno. Ma non abbiamo più di una manciata di buone opere del XVIII secolo”.

Camminare, galleria dopo galleria, e trovarsi a scovare temi nuovi e provare a indovinarli è un gioco che permette di tornare bambini e riempirsi gli occhi di nuove scoperte e nuovi modi di vedere il mondo. Il curioso spettatore, una volta fanciullo, potrebbe ritrovarsi addirittura tentato di aggiustare una scena in taverna di Adrien van Ostade appesa storta per seguire la caduta del protagonista del dipinto e vagare quasi senza meta tra “lo svago”, “l’abbondanza”, “la fama”, “la sofferenza” e “la redenzione” e imparare delle nuove “lezioni di vita”. Quello che propone il museo, alla fine, non è nient’altro che un viaggio nella vita di ognuno tra le varie emozioni e i sentimenti che prima o poi, in un modo o nell’altro siamo destinati a provare. E scoprire che, la vita, può prendere i colori e le forme di un’opera d’arte, la rende più interessante e ancor più meritevole di essere vissuta.


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