Giocare tra i padiglioni. Una panoramica della 12^ edizione della Investec Cape Town Art Fair


Investec Cape Town Art Fair 2025, fiera d’arte sudafricana diretta dall’italiana Laura Vincenti, riconferma la sua posizione di primo piano nel panorama artistico africano. Un reportage.

A chi non è mai capitato di chiedersi “Quand’è che ho smesso di giocare”? In un momento indefinibile di passaggio tra l’infanzia e l’adolescenza abbiamo abbandonato pupazzi e palloncini nelle nostre camerette – almeno chi ne aveva una tutta per sé – per dedicarci a quella che sembrava essere la vita vera. Ciò a cui capita più di rado di pensare, tuttavia, è quanto di quel mondo ‘adulto’ fosse già presente nel nostro modo di giocare. Il gioco è il primo strumento di costruzione della realtà che abbiamo a disposizione; il gioco – questo il più che mai coraggioso tema della 12esima edizione della fiera d’arte contemporanea di Cape Town – è, parafrasando lo statement curatoriale, “azione leggera e spontanea, viaggio ed esplorazione, consapevolezza del proprio ruolo nel mondo”; un mondo in cui l’arte contemporanea è chiamata sempre più attivamente a farsi strumento universale di diffusione culturale.

Investec Cape Town Art Fair 2025, sotto la direzione di Laura Vincenti, riconferma la sua posizione di primo piano nel panorama artistico del continente africano, e, con l’esposizione di oltre 500 artisti provenienti da 58 paesi e ben 30 nuove gallerie, resta una delle fiere d’arte contemporanea più energiche e vivaci a livello internazionale. Il messaggio positivo espresso dal filo conduttore PLAY si staglia immediatamente nella sezione Cabinet / Trophy, curata da Exhibition Match all’ingresso del padiglione del Cape Town International Convention Center che ospita la fiera. Exhibition Match è un torneo di calcio annuale tra ‘giocatori’ del mondo dell’arte, previsto per l’ultimo giorno di apertura (domenica 23 febbraio), che, attraverso le opere esposte, pone a confronto diversi artisti sul simbolo del trofeo. Accanto ai lavori storicizzati di Lucas Sithole, che fu invitato a partecipare alla 34esima Biennale di Venezia nel 1968 proprio con la scultura presente in fiera, e di Sydney Kumalo, che convergono sulla metafora degli affetti famigliari trattati come trofei, si trovano imponenti installazioni degli altri artisti ‘autoctoni’ Boytchie, che ha lavorato site-specific su una sorta di monumento alla paura, e Willie Bester, che porta in mostra un vero e proprio ‘cavallo di Troia’ che simboleggia contemporaneamente vittoria e sconfitta. Deliberatamente giocose le opere di Geena Wilkinson, rappresentata dalla galleria locale Worldart e di Simone Tribuiani, rappresentato dalla galleria italiana Cellar Contemporary. Unico artista internazionale a partecipare al Match, Tribuiani ha realizzato, per Cabinet / Trophy e per lo stand, una serie di opere ispirate agli sport sudafricani, su tutti il cricket, e ai suoi campioni.

Proseguendo tra i padiglioni, si incontrano le sezioni speciali Tomorrows / Today, a cura di Mariella Franzoni, e Generations, curata da Heba El Kayal.

La sezione Cabinet:Trophy
La sezione Cabinet:Trophy
La sezione Cabinet:Trophy
La sezione Cabinet:Trophy
La sezione Cabinet:Trophy, lavori di Simone Tribuiani
La sezione Cabinet:Trophy, lavori di Simone Tribuiani
Lo stand di Candice Berman Gallery
Lo stand di Candice Berman Gallery

La prima indaga il lavoro di 12 artisti emergenti, tra cui spiccano i progetti sperimentali dell’artista brasiliano Mulambö, rappresentato dalla galleria spagnola Reiners Contemporary Art (Marbella), che offre una restituzione narrativa di momenti che scandiscono la vita quotidiana del suo paese – in questo caso attraverso la metafora del campo da calcio –, e dell’artista marocchina Soukaina Joual, che, in collaborazione con la giovane galleria francese Spiaggia Libera (Parigi - Marsiglia), espone un lavoro tessile sulla concezione del corpo femminile.

Tra gli stand di Genertations, che indaga invece la relazione tra artisti giunti a diversi step della loro carriera, spicca il progetto proposto dalla galleria di Johannesburg Candice Berman. Si tratta di un confronto sull’arte espressionista e sugli aspetti legati al Brutalismo, tra i vasi ‘parlanti’ di Andrew Mogridge e i dipinti distorti di Cyrille Chamayou.

Arrivando alla MAIN Section, cuore pulsante della fiera, tra un incredibile melting pot di collezionisti locali e internazionali in vacanza o trasferitisi stabilmente a Cape Town, si incontrano 48 gallerie internazionali, tra cui una ventina sudafricane e ben sette italiane: Galleria Giovanni Bonelli, Cellar Contemporary, Dep Art Gallery, Lis10, Lo Magno Arte Contemporanea, Galleria Anna Marra, Galleria Michela Rizzo. L’alta percentuale di gallerie nostrane è forse dovuta alla presenza del marchio Fiera Milano Exhibitions Africa, legato alla fiera fin dalla prima edizione. Per Lo Magno Arte Contemporanea (Modica), che presenta un progetto espositivo con diversi artisti italiani, tra cui Mario Schifano, è la prima partecipazione, mentre altre gallerie sono ormai di casa, come quella milanese di Giovanni Bonelli, ‘veterano’ della fiera, che presenta per questa edizione gli artisti italiani legati al medium pittorico Fulvio Di Piazza, Chiara Calore, e Michela Martello e una selezione di arazzi di Giovanna Giachetti. Torna dopo cinque anni anche la galleria trentina Cellar Contemporary, che, oltre al già menzionato Simone Tribuiani, propone un progetto che indaga l’identità sudafricana tra le prospettive delle artiste locali Karlien De Villiers e Zana Masombuka. Quest’ultima, di origine Ndebele, in uno dei talk previsti dal programma degli eventi collaterali della fiera, racconta i retroscena della sua ricerca, che si esprime con scatti fotografici e pratica manuale, ponendo in costante dialogo la cultura tradizionale del suo popolo e il mondo globalizzato contemporaneo.

Tra le gallerie di Cape Town ci si può immergere tra le opere di quelli che sono ormai maestri internazionalmente riconosciuti dell’arte contemporanea africana, sempre presenti negli ultimi anni nelle kermesse internazionali: una gigantografia di Zanele Muholi (artista presente con una scultura anche nella sezione Cabinet / Trophy) svetta, affiancata da un lightbox, tra le pareti dello stand della galleria Southern Gild – che ha sede anche a Los Angeles –, mentre presso lo stand della Goodman Gallery si possono ammirare opere scultoree e su carta di William Kentridge e un arazzo di Yinka Shonibare. La galleria Stevenson presenta, tra gli altri, una grande tela dell’artista sudafricano Moshekwa Langa, medium raro, data la sua predilezione per il lavoro su carta, una grande opera au revers dell’artista Mawande ka Zenzile. Dalla backroom, invece, fanno capolino una tela dell’artista di nascita messicana e naturalizzata sudafricana Georgina Gratrix, attualmente esposta anche in galleria con la sua prima personale a Cape Town “Love Like a Sunset. A Summer Playlist”, e una serie di spregiudicati lavori in ceramica dello zambiano Hylton Nel.

Colpisce la ricerca della giovane galleria 131A, con pezzi degli artisti locali Christian Conradie, Kirsten Sims e Paul Senyol, accomunati da una ricerca pittorica fresca e ammiccante. Attraverso un allestimento eclettico e ricercato, la galleria Ebony / Curated propone una ricca selezione dei suoi artisti, legati alla ricerca sulla diaspora africana.

Particolarmente interessante il progetto espositivo della galleria nigeriana Kó (Lagos): attraverso pratiche artistiche diverse, i sei artisti nazionali esposti in fiera raccontano la propria identità. Tra questi anche Diana Ejaita, di nascita italiana, che, esprimendosi con una pittura dalle linee morbide, al confine tra l’astratto e il figurativo, lascia trasparire i concetti di stratificazione culturale e resilienza femminile. Pienamente calata nel panorama giocoso di questa fiera è la galleria belga Schönfeld (Anversa), che approfondisce un nuovo simbolismo pop con una selezione di artisti internazionali, come il giapponese Takashi Matsugami o la giovane lituana Indrė Svirplyte.

Più da lontano arriva, per la prima volta a Cape Town, anche la galleria giapponese LeeSaya, che annovera nella sua selezione anche i lightbox dell’artista di Fukushima Bontaro Dokuyama.

Lo stand di Giovanni Bonelli
Lo stand di Giovanni Bonelli
Lo stand di Cellar Contemporary
Lo stand di Cellar Contemporary
Zanele Muholi allo stand di Southern Gild
Zanele Muholi allo stand di Southern Gild
Moshekwa Langa alla galleria Stevenson
Moshekwa Langa allo stand di Stevenson
Lo stand della galleria 131A
Lo stand della galleria 131A
Lo stand di Ebony / Curated
Lo stand di Ebony / Curated
Diana Ejaita allo stand di Ko Gallery
Diana Ejaita allo stand di Ko Gallery
Lo stand di Schoenfeld
Lo stand di Schoenfeld
Bilal Bahir allo stand di Ayn Gallery
Bilal Bahir allo stand di Ayn Gallery
Temandrota allo stand di 50 Golborne
Temandrota allo stand di 50 Golborne
L'installazione 2025 Artists General Elections per il progetto artHARARE 2025
L’installazione 2025 Artists General Elections per il progetto artHARARE 2025

Proseguendo tra le sezioni della fiera, tra i Solo projects, a cura di Céline Seror, spicca il lavoro sulle mappe dell’artista iracheno naturalizzato belga Bilal Bahir, rappresentato dalla galleria parigina Ayn Gallery: lavorando sull’evoluzione della civiltà a partire da una riflessione geografica su quello che era il territorio storico della Mesopotamia, Bahir offre poetiche ibridazioni culturali lavorando site-specific sul tema del gioco. Punta invece sui lavori dell’artista Temandrota, nato in Madagascar, dove attualmente vive e lavora, la galleria londinese 50 Golborne, che presenta una selezione di arazzi e sculture ispirate alle bambole voudou.

La fiera annovera anche una sezione dedicata ai lavori in limited edition, tra cui meritano una menzione gli scatti del fotografo olandese autodidatta Bastiaan Woud, rappresentato dalla galleria Samuel Maenhoudt di Bruxelles.

E per concludere la panoramica tra gli stand di questa edizione, lo sguardo finale si posa inevitabilmente sulla sezione Lookout, dedicata a gallerie e project space sperimentali aperti da meno di cinque anni, che declinano a loro modo la visione del gioco attraverso una ricerca artistica che cerca di trovare vie alternative al ‘tradizionale’ sistema dell’arte.

Per esempio, nello stand del progetto di Art Advisory Vault Research la textile art di Janice Codron dialoga con le opere pittoriche di Karen Elkington, caratterizzate entrambe da immediatezza e spontaneità; la galleria Lemkus di Cape Town, fondata principalmente come progetto di residenza artistica, lavora invece con giovanissimi emergenti, portandoli poi a esporre in galleria e, in questo caso, anche in fiera.

Totalmente site-specific è il progetto espositivo di artHARARE, piattaforma con spazio espositivo a Cape Town dedicata alle pratiche artistiche dello Zimbabwe e alla sua diaspora. Si tratta dell’installazione interattiva 2025 Artists General Elections: ispirato dalle elezioni politiche internazionali che si sono susseguite nel mondo negli ultimi mesi, l’allestimento proposto vuole re-immaginare l’azione del voto sostituendo i nomi dei candidati con quelli di artisti famosi, che possono quindi essere ‘eletti’ direttamente dal pubblico della fiera. A conclusione di questo ragionamento performativo e, di nuovo, giocoso, sul sistema internazionale dell’arte, sarà annunciato il risultato di queste elezioni, durante l’ultimo giorno di fiera. Non ci resta che premere il tasto PLAY, e continuare a giocare.


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