Che alla base del rimpasto di governo di ieri ci sia la volontà di meglio soccorrere le visioni della componente cattolica della maggioranza? Il Ministero dei Beni Culturali è infatti diventato uno e trino: da ieri possiamo quindi fregiarci d’avere ben tre sottosegretari alla cultura. Non ci bastava la figura, molto evanescente e sulla cui utilità tutti nutrono forti dubbi, di Ilaria Borletti Buitoni: il premier Matteo Renzi ha perciò ben pensato di affiancarle Antimo Cesaro e Dorina Bianchi, freschi di nomina e in queste ore a Roma per l’investitura ufficiale. Alla ricca signora laureata in scienze politiche dunque s’aggiungono adesso un giurista e un medico, che sommati al ministro, l’avvocato civilista Dario Franceschini, compongono una lussuosa quaterna di politici il cui rapporto con la cultura dovrebbe essere oggetto di attente e approfondite indagini.
Dorina Bianchi (foto di Vincenzo Iaconianni) e Antimo Cesaro (foto dati.camera.it) |
Dorina Bianchi è nota ai più per essere, come l’ha definita Luca Sappino in un articolo pubblicato sull’Espresso, una “super cattolica col vizio di cambiare partito”. La dottoressa Bianchi ha infatti percorso buona parte dell’arco costituzionale cambiando sette volte la casacca nel giro di quindici anni: CCD, UDC, Margherita, PD, di nuovo UDC, PDL, per arrivare infine al Nuovo Centrodestra di Angelino Alfano. Come notava Marco Palombi sul Fatto Quotidiano, forse Dorina Bianchi “politicamente non s’è ancora trovata”, ma in compenso ha la certezza, come riferito in una significativa intervista a Chi nel 2008, di preferire il perizoma allo slip, di pensare sempre positivo e di utilizzare una buona crema per il corpo due volte al dì.
Le idee politiche del neo sottosegretario trovano sfogo in un blog personale: e dal momento che Renzi ha nominato Dorina Bianchi sottosegretario ai Beni Culturali, pensavamo di trovare qualche vago riferimento al tema tra i post del suo spazio web. Risultati? Non pervenuti. Da citare solo una frase di Oscar Farinetti (andiamo bene), che ha scritto la prefazione del libro di Dorina Bianchi L’altra faccia della medaglia. Il Mezzogiorno che ce la fa, prodigandosi in perle come questa: “io voglio vivere in Italia, sentirmi italiano, portare l’Italia nel mondo, godere della straordinaria fortuna di essere nato nel Paese più biodiverso, con i migliori panorami al mondo, con il maggior patrimonio artistico del mondo”. Se dunque l’unica citazione pseudo-culturale trovata nel blog di Dorina Bianchi è una frase in cui Farinetti loda l’Italia in quanto detentrice del “maggior patrimonio artistico del mondo”, si fa necessariamente fatica a dar torto a chi pensa che i sottosegretari siano figure superflue per noi, ma fondamentali per i giochi di palazzo (non che con Ilaria Borletti Buitoni e soprattutto con Francesca Barracciu avessimo avuto sensazioni diverse, ma si spera sempre di migliorare). In compenso, gli stringatissimi articoli del blog di Dorina Bianchi (raramente superano le dieci righe), ci forniscono un buon campionario di retorica politica: “Meno tasse, più Sud, più famiglia, più sicurezza, più sanità. Non sono slogan ma i capisaldi della legge di stabilità”, oppure “Il nostro Paese sta pian piano uscendo dalla crisi grazie alla riforme approvate dal #Governo” (sì, c’è l’hashtag dentro all’articolo di un blog), e ancora “Con questa Legge di Stabilità il Governo e Area Popolare hanno dimostrato di essere in prima linea per il rilancio del Mezzogiorno”. Insomma: tanta prosopopea, pochissima sostanza.
L’altro nuovo sottosegretario, Antimo Cesaro, laureato in Giurisprudenza e perfezionato in Filosofia del Diritto, in forza a Scelta Civica, ha probabilmente una dimestichezza maggiore con la cultura: si apprende dalla sua pagina su Wikipedia (la fonte da cui l’enciclopedia attinge risulta non raggiungibile nel momento in cui questo articolo viene scritto) che dal 1998 al 2002 è stato membro del Consiglio Nazionale dei Beni Culturali. E anche lui ha un blog in cui esterna le sue opinioni sul mondo che ci circonda: in più, riporta anche i testi dei suoi interventi in Parlamento. Alla fattispecie delle opinioni sul mondo appartiene però l’ultimo suo intervento in materia di cultura, risalente al 26 luglio. Nel post, intitolato Rosso pompeiano o cave custodem, Cesaro lamentava il fatto che Dario Franceschini non avesse ancora delineato la “mossa di Karate con la quale affrontare il corporativismo sindacale, vera pietra d’inciampo di ogni pia intenzione di valorizzazione dei nostri beni culturali”.
Seguiva una poco nobile e poco elegante generalizzazione sui “custodi sindacalizzati italici”, descritti dal raffinato Cesaro come la categoria comprendente “quelli che - oltre a giocare a carte nel cortile di un museo o a prendere il sole su una sua luminosa terrazza - sono i professionisti dello sciopero improvviso, dell’agitazione nel week-end e dell’assemblea sindacale domenicale”. E se questi strali non fossero stati sufficienti, Cesaro non mancava di apostrofare il comportamento di quanti a Pompei, nel luglio dello scorso anno, avevano indetto una regolare assemblea sindacale (di cui anche noi avevamo parlato in un articolo che ricevette quasi duecento commenti), come “inqualificabile” e meritevole di provvedimenti disciplinari e sanzioni.
C’è da dire che Renzi non poteva trovar figure che incarnassero meglio l’azione del ministero negli ultimi tempi: da una parte la retorica applicata alla povertà di contenuti, dall’altra la continua mortificazione delle rimostranze dei lavoratori e la sordità alle loro richieste. Certo: si dirà che quella del sottosegretario è sempre stata una figura politica, utile più per assegnare poltrone necessarie per mantenere gli equilibri delle maggioranze, che per imprimere accelerazioni alle azioni del governo, e quindi per esser d’utilità agli italiani. Anzi: per dirla con le parole di Tomaso Montanari, intervenuto proprio oggi sull’argomento, siamo di fronte a un nuovo caso di “moltiplicazione di posti di sottogoverno inutile, clientelare, dannoso”. Del resto, questo rimpasto, con la distribuzione di 8 nuove poltrone, delle quali quattro riservate a esponenti dell’Ncd (il cui numero di ministri e sottosegretari probabilmente è già più alto di quello dei suoi elettori), fa insorgere il sospetto che sia stato ideato come tentativo per convincere gli alfaniani a turarsi il naso di fronte al ddl Cirinnà. E quindi a evitare che il governo Renzi corra il rischio di subire colpi devastanti. Niente di nuovo, insomma: la cultura continuerà a esser gestita come in precedenza. Chi legge giudicherà se la notizia può esser considerata positiva.
L'autore di questo articolo: Federico Giannini
Nato a Massa nel 1986, si è laureato nel 2010 in Informatica Umanistica all’Università di Pisa. Nel 2009 ha iniziato a lavorare nel settore della comunicazione su web, con particolare riferimento alla comunicazione per i beni culturali. È giornalista iscritto all’Ordine dal 2017, specializzato in arte e storia dell’arte. Nel 2017 ha fondato con Ilaria Baratta la rivista Finestre sull’Arte, iscritta al registro della stampa del Tribunale di Massa dal giugno 2017. Dalla fondazione è direttore responsabile della rivista. Collabora e ha collaborato con diverse riviste, tra cui Art e Dossier e Left, e per la televisione è stato autore del documentario Le mani dell’arte (Rai 5) ed è stato tra i presentatori del programma Dorian – L’arte non invecchia (Rai 5). Ha esperienza come docente per la formazione professionale continua dell’Ordine e ha partecipato come relatore e moderatore su temi di arte e cultura a numerosi convegni (tra gli altri: Lu.Bec. Lucca Beni Culturali, Ro.Me Exhibition, Con-Vivere Festival, TTG Travel Experience).