Per una donna la professione di artista era molto rara tra Otto e Novecento perché ancora considerata “territorio” maschile; pittrici e scultrici sfidarono comunque le convenzioni dell’epoca in cui vissero per seguire tenacemente la loro passione e per affermare le loro abilità con la materia. Ed è proprio ad alcune di queste artiste che il Museo civico Giovanni Fattori ha voluto ora dedicare un nuovo piccolo allestimento, dal titolo Forza e determinazione – l’esperienza artistica delle donne nelle opere delle collezioni civiche, all’interno del percorso museale, esponendo nel Salotto Verde opere, sia pittoriche che scultoree, realizzate da loro stesse, e ritratti dedicati a donne legate al mondo dell’arte, che a questo ambito dedicarono durante la loro esistenza un forte impegno, realizzati invece da uomini artisti. Tutte opere che fanno parte della collezione civica e che testimoniano la presenza di notevoli esperienze artistiche femminili in un tempo in cui questo mestiere era tutt’altro che semplice da intraprendere.
Il pubblico viene quindi accolto in questo salottino intimo, caratterizzato da tendaggi e da rivestimenti verdeggianti, in cui alle pareti spiccano i ritratti pittorici di alcune signore. Si parte dal Ritratto di Giulia Capanna Taddei, dipinto realizzato nel 1866 da Corinna Cresci Taddei. Si tratta del più antico dipinto che sia stato eseguito da una donna tra quelli appartenenti alle collezioni civiche livornesi. Alla datazione dell’opera si è arrivati partendo dalla data di nascita dell’effigiata (18 luglio 1826), anche se sono molto scarse le notizie su di lei, mentre di Cresci Taddei non si hanno informazioni certe. La donna è ritratta seduta frontalmente, abbigliata con un lussuoso vestito nero ornato da un colletto interamente ricamato e da ampi veli e trine sulle maniche. Tiene le mani intrecciate e risaltano orecchini e bracciali di corallo rosso, per la cui manifattura la città di Livorno era famosa in passato.
Accanto al ritratto è esposto un paesaggio di Leonetta Pieraccini Cecchi (Poggibonsi, 1882 – Roma, 1977), importante pittrice, illustratrice e scrittrice che si affacciò al mondo dell’arte grazie alle sorelle Sartoni, ritrattiste fiorentine, che le diedero lezioni. Leonetta fu poi allieva di Giovanni Fattori all’Accademia di Belle Arti di Firenze, dove si formò come ritrattista. Nella sua carriera ottenne prestigiosi riconoscimenti esponendo alla Quadriennale di Roma, alla Biennale di Venezia e alla Permanente di Milano, e critiche positive da parte dì Giuseppe Ungaretti e Ugo Ojetti. Il paesaggio esposto è forse il dipinto che compare con lo stesso titolo (Paesaggio. La Fabbrica di mattoni) nel catalogo della Seconda Esposizione Internazionale d’arte della Secessione di Roma del 1914.
Si prosegue poi in senso antiorario con un altro ritratto in pittura: quello della pittrice originaria della Finlandia Elin Danielson Gambogi (Noormarkku, 1861 – Antignano, 1919), che trascorse molti anni a Livorno. Il dipinto venne compiuto nel 1905 da Raffaello Gambogi, suo marito, che la raffigurò sorridente, seduta su una poltrona rossa, con in testa un grande cappello, e con indosso una camiciola verde punteggiata da tondi neri e una gonna nera. La pittrice studiò a Parigi e poi si trasferì in Italia, quando già era un’affermata artista che dipingeva soprattutto soggetti femminili impegnate al lavoro o colte in attimi privati. La coppia si stabilì a Livorno e qui Elin ebbe l’opportunità di sviluppare la sua luminosa pittura che guardava sia agli Impressionisti che ai Macchiaioli. Morì a soli 58 anni nel 1919 e venne sepolta nella sua città adottiva.
Spostandosi al centro del salotto, il pubblico può ammirare due opere scultoree: una terracotta di Piera Funaro (Livorno, 1890 - Livorno, 1974) e un’altra di Laura Franco Bedarida (Livorno, 1897 - Livorno, 1987). La prima raffigura lo zio della scultrice, il medico e letterato livornese Diomede Bonamici. Probabilmente Piera realizzò il bozzetto con l’intento poi di realizzare la scultura con un materiale più duraturo; venne comunque pubblicato nel 1931 sulla rivista di Liburni Civitas come “bozzetto eseguito dal vero”, quindi dovette essere stato eseguito prima della scomparsa dello zio nel 1912. Se così fosse, si tratterebbe dunque di una tra le opere più antiche tra quelle note dell’artista. Funaro è ricordata per essere stata la prima donna a partecipare al Gruppo Labronico con cui espose fin dal 1922; allontanatasi dal verismo, si orientò successivamente verso soluzioni più impressioniste, nel solco di Medardo Rosso. La seconda è una Testa di fanciullo databile tra il 1940 e il 1960 realizzata presumibilmente da uno studio dal vero nell’ambito di una produzione di ambito privato e introspettivo. Laura Franco Bedarida ebbe i primi insegnamenti in pittura dal maestro Angiolo Tommasi; si avvicinò alla scultura verso i trentacinque anni, andando a lezione dallo scultore Francesco Buonapace. Appartenente a un’importante famiglia di origine ebraica, si dovette rifugiare in Francia con i suoi familiari a seguito delle leggi razziali. È proprio durante questo periodo lontano dall’Italia che l’artista realizzò il gesso esposto qui nel Salotto che raffigura l’ufficiale di Marina Alfredo Cappellini, medaglia d’oro nella battaglia di Lissa, morto durante un conflitto con gli austriaci affondando con la corazzata Palestro, di cui era al comando. Alla fine del secondo conflitto mondiale, Franco Bedarida fece ritorno in Italia e ottenne importanti riconoscimenti, come l’acquisizione di sue opere da parte della Galleria d’Arte Moderna di Firenze e da parte di altri importanti musei israeliani. Nel corso della sua carriera ricevette inoltre importanti commissioni, quali il bronzo di Galeazzo Ciano, realizzato quando venne invitata a Palazzo Chigi dall’allora Ministro degli Affari Esteri.
Il piccolo percorso dedicato alle donne si conclude con il ritratto di una grande donna: la storica dell’arte livornese Anna Franchi (Livorno, 1867 – Milano, 1954), a cui si deve la prima biografia su Giovanni Fattori. Oltre ad essere tra le prime storiche dell’arte europee, precedente a Margherita Sarfatti, fu la seconda donna a essere ammessa nell’Albo dei giornalisti di Milano, preceduta solo dalla compagna di Filippo Turati, Anna Kuliscioff. Vicina ai macchiaioli e ai postmacchiaioli grazie alle sue frequentazioni con i pittori Angiolo, Ludovico e Adolfo Tommasi, allievi di Silvestro Lega, fu autrice di importanti pubblicazioni dedicate a questi artisti, e oltre all’arte e alla scrittura (a cui giunse dopo essersi cimentata nella pittura) fu anche impegnata politicamente. Lottò per i diritti delle donne: è del 1902 il suo romanzo Avanti il Divorzio sulle tematiche femministe. Con l’avvento del regime fascista, Anna Franchi interruppe la sua attività letteraria e il suo impegno pubblico e fu costretta a mantenersi scrivendo su riviste di bellezza. In seguito partecipò alla Resistenza. Morì a Milano nel 1954 ma secondo le sue volontà venne sepolta nella sua Livorno, a lei sempre cara.
Il ritratto fu eseguito nel 1950 circa da Giovanni Malesci (Vespignano, 1884 - Milano, 1969), erede universale di Giovanni Fattori e autore nel 1961 della Catalogazione illustrata della pittura a olio di Giovanni Fattori, primo tentativo di riordino della sua produzione pittorica.
Sotto al dipinto, una vetrinetta racchiude, oltre alla biografia di Fattori, l’autobiografia La Mia Vita di Anna Franchi, aperta alla pagina in cui viene citato “l’abbozzo di un ritrattino della mia testa” realizzato in terracotta da Mario Galli, qui esposto, e la sua maschera funeraria.
Una breve ma intensa dedica a queste figure femminili legate al mondo dell’arte e alla città di Livorno tra Otto e Novecento, attraverso opere della collezione civica, che potrebbe (e dovrebbe) essere occasione per l’avvio di ulteriori studi e di progetti volti alla conoscenza e alla valorizzazione di queste donne dell’arte, in particolare ad Anna Franchi, ancora troppo poco valorizzata nei percorsi espositivi legati al periodo. Un percorso allestitivo che è comunque un buon spunto per tutti i musei per affrontare le tematiche di genere, aspetto ancora poco concretamente presente all’interno delle offerte permanenti e temporanee delle istituzioni museali italiane.