“Quarto Stato - che fu nella mia mente Fiumana prima, quindi Il cammino dei lavoratori, fu una delle mie primissime concezioni, fu il pensiero continuato di un decennio e non riescii a concretarlo che dopo aver evoluto la mia arte con molto, moltissimo lavoro e con altrettanto pensiero. Ma quando pensiero e forma si fusero nella mia convinzione nulla mi rattenne: non le rampogne della famiglia non i consigli degli amici non le maldicenze dei meno benevoli e altre maggiori difficoltà. Fu quale io l’avevo voluto. L’avanzarsi animato di un gruppo di lavoratori verso la sorgente luminosa simboleggiante nella mia mente tutta la grande famiglia dei figli del lavoro. Restando qual è nella composizione, a cui anche oggi nulla toglierei il quadro può essere migliorato rendendolo meglio rappresentativo nell’idea di forza. Il quadro vuol essere una glorificazione così come altri”.
Con queste parole, Giuseppe Pellizza da Volpedo (Volpedo, 1868 - 1907) descriveva, in una lettera del 1904, il suo capolavoro più noto, il Quarto Stato: da allora il quadro che glorifica la “grande famiglia dei figli del lavoro” è diventato un simbolo, spesso travisato, molto più spesso riletto e reinterpretato, dato il suo significato ancora estremamente attuale. Si può quasi dire che non passi anno senza che un artista contemporaneo si cimenti con l’impegnativa tela di Pellizza oggi conservata al Museo del Novecento di Milano, ed è per questo che il Quarto stato vive ancora oggi non soltanto in quanto immagine e capolavoro moderno e attuale di uno dei più grandi artisti della storia dell’arte, ma anche attraverso le decine di rivisitazioni che ne raccolgono in continuazione l’eredità trasmettendola a un pubblico sempre più ampio con fotografie, nuovi quadri, murali, vignette, fumetti, fotogrammi di film e molto altro. Abbiamo dunque voluto raccogliere, in questo articolo, una serie di dieci reinterpretazioni recenti del Quarto stato per dimostrare come il messaggio di Pellizza da Volpedo sia ancora eloquentissimo a circa centovent’anni di distanza dall’esecuzione dell’opera.
Giuseppe Pellizza da Volpedo, Il quarto stato (1898-1901; olio su tela, 293 x 545 cm; Milano, Museo del Novecento) |
1. Things aren’t as bad as they could be di Liu Xiaodong
Liu Xiaodong (Liaoning, 1963) è uno dei più quotati artisti cinesi contemporanei, ed è famoso soprattutto per il suo lavoro sui migranti, peraltro esposto nel 2016 in una mostra sul tema a Palazzo Strozzi. Nel 2017 Xiaodong realizzò una versione contemporanea del Quarto Stato avente per protagonista i migranti e dandole il titolo di Things aren’t as bad as they could be (“Le cose non vanno così male come potrebbero”): fu esposta per la prima volta alla Triennale di Milano dal 28 aprile al 20 agosto di quell’anno, in una mostra intitolata Terra inquieta, curata da Massimiliano Gioni e organizzata con la collaborazione della Fondazione Trussardi. Il titolo riflette il pensiero secondo il quale i migranti (e per l’opera Xiaodong, peraltro, ritrasse migranti ospitati nei centri d’accoglienza di Milano), pur essendo gli “ultimi” della società contemporanea, allo stesso tempo sono anche la nuova base che si batte per un mondo migliore, così come facevano a fine Ottocento gli operai di Pellizza.
Liu Xiaodong, Things aren’t as bad as they could be (2017; olio su tela, 250 x 465 cm; Courtesy Liu Xiaodong e Massimo De Carlo) |
2. Il Quinto Stato di Hernán Chavar
L’illustratore argentino Hernán Chavar (Buenos Aires, 1979), nel luglio del 2018, ha realizzato questa illustrazione per un articolo uscito sulla Lettura de Il Corriere della Sera, intitolato Il quinto stato e firmato da Maurizio Ferrara: una riflessione su come è cambiata la società, e in particolare su come si è trasformato il mondo del lavoro, negli anni recenti. Gli ultimi sono così diventati i precari e chi non gode di un’adeguata protezione sociale: di conseguenza, la prima fila del “quinto stato” di Chavar è occupata da un impiegato di un call center, da un rider che consegna cibo a domicilio per una multinazionale del web, e da un diversamente abile che necessita di assistenza. Più indietro, operai, studenti, infermieri, impiegati: una nuova famiglia del lavoro.
Il Quinto Stato di Hernán Chavar |
3. Il Quarto Stato del Gattocomunista di Vauro
Nel settembre del 2009, il disegnatore e vignettista Vauro Senesi (Pistoia, 1955) lanciò sulle pagine de il Manifesto un personaggio, il Gattocomunista, che per qualche mese imperversò nelle sue vignette suscitando anche clamorose polemiche, dal momento che appena pochi mesi prima (il 14 marzo) la disegnatrice Pat Carra (Parma, 1954), sullo stesso giornale, aveva creato una vignetta del tutto simile come parodia dell’aggettivo “cattocomunista” con cui Berlusconi aveva etichettato il giorno prima Dario Franceschini, e non le era stata riconosciuta la maternità dell’idea. La polemica proseguì per qualche tempo, ma nel mentre uscirono alcune vignette in cui il gatto Silvestro col colbacco stellato di Vauro si rese protagonista di diverse avventure, come quella che lo vede replicarsi in una bizzarra rivisitazione del Quarto Stato di “Pelizza [sic] da Gattedo”.
Il “Pelizza da Gattedo” di Vauro |
4. “Indietro popolo”, la copertina de L’Espresso del 2017
Realizzata da Dario Duluoz, la copertina per L’Espresso di domenica 19 novembre 2017 è un’amara parodia del Quarto Stato, con i suoi tre protagonisti, la madre e i due lavoratori (che erano veri abitanti della Volpedo di fine Ottocento: l’uomo al centro si chiamava Giovanni Zarri ed era un falegname, la donna alla sua sinistra era Teresa Bidone, moglie dell’artista, e l’altro uomo è Giacomo Bidone, anch’egli falegname) voltano le spalle al riguardante e tornano indietro, delusi da una politica non più attenta alle loro istanze.
Dario Duluoz, Indietro popolo |
5. Il Quarto Stato nippo-pop di Tomoko Nagao
Tomoko Nagao (Nagoya, 1976) è un’artista pop contemporanea, tra i nomi principali della pop art giapponese, nota per le sue opere bidimensionali in cui i protagonisti assumono le sembianze di omini smunti con gli occhi neri e profondi (e pertanto simili a certi personaggi della tradizione del fumetto giapponese), e soprattutto per le sue alienate rivisitazioni contemporanee, in chiave kawaii, di moltissime opere del passato, dalla Venere di Botticelli all’Onda di Hokusai. Nel suo Quarto Stato, gli operai indossano vestiti Armani, mangiano panettone Motta, bevono Campari, acquistano con carta Visa, viaggiano con Alitalia e montano gomme Pirelli sulle loro auto. Se dunque molti artisti si sono concentrati sui nuovi ultimi, Nagao ha compiuto l’operazione inversa: ha voluto dire la sua sulla trasformazione che, secondo lei, hanno conosciuto gli ultimi di allora.
Tomoko Nagao, Il quarto stato (2015; serigrafia, 70 x 100 cm) |
6. Lo sciopero di Ken Parker
Anche il mondo del fumetto non è rimasto insensibile al Quarto Stato: nel 1984, a quasi cento anni di distanza dalla realizzazione del capolavoro di Pellizza, usciva per Sergio Bonelli Editore l’albo numero 58 di Ken Parker, il personaggio ideato nel 1974 da Giancarlo Berardi e Ivo Milazzo, uno dei più singolari protagonisti delle serie western. Modellato sulle fattezze dell’attore Robert Redford, Ken Parker era protagonista di molte avventure nell’America di fine Ottocento, e nel numero 58 lo vediamo in copertina al centro di una rilettura del Quarto Stato, in una storia in cui viene assunto come lavoratore di una fabbrica del settore tessile e vive le pesantissime condizioni dei lavoratori del tempo, con giornate da quattordici ore di lavoro, paghe misere, padroni arroganti, ma anche con la consapevolezza di far parte di una classe unita e decisa a lottare per i suoi diritti. Sciopero è stato ristampato di recente, ma con sempre in copertina l’immagine originale.
La copertina della ristampa del numero 58 di Ken Parker, con l’illustrazione originale di Giancarlo Berardi e Ivo Milazzo |
7. Il Quarto Stato di Settimio Benedusi
Sono i raccoglitori di canna da zucchero di un villaggio della Repubblica Dominicana i protagonisti del Quarto Stato del fotografo Settimio Benedusi (Imperia, 1962), che ha rivelato, sul suo blog, di avere sempre amato l’opera di Pellizza. “Ho avuto uno choc, un’emozione pazzesca”, ha raccontato Benedusi: “mi sono trovato, in una sorta di viaggio culturale e temporale, dentro a quel quadro. Potevo vivere in diretta ciò che avevo sempre solo visto da fuori. E capire più a fondo e molto meglio le motivazioni che sono state alla base di quell’opera d’arte”.
Il Quarto Stato di Settimio Benedusi (2012) |
8. Il Quarto Stato dei ricchi di Dolce&Gabbana
Ha suscitato forti polemiche una recente rivisitazione del Quarto Stato da parte degli stilisti Dolce&Gabbana: nella Milano del 2019, in piazza del Duomo, un gruppo di persone felici e sorridenti avanzano compatte indossando i capi firmati dalla famosa maison. Facile immaginare come la fotografia sia stata interpretata da quanti non possono permettersi i costosi capi dei due stilisti siciliani: è stata letta come un pacchiano inno all’ostentazione. E se si può discutere su quanto Dolce&Gabbana abbiano obliterato il messaggio di Pellizza, è comunque indiscutibile che il fascino esercitato dal suo capolavoro immortale riesce a essere trasversale.
Il Quarto Stato di Dolce&Gabbana (2019) |
9. Il Quarto Stato tutto al femminile della scuola “Caboto” di Chiavari
Nel 2018, le studentesse dell’istituto “Giovanni Caboto” di Chiavari hanno ideato una particolare rilettura del Quarto Stato ricreandolo tutto al femminile, per riflettere sul tema della violenza contro le donne. Nella fotografia compaiono dunque lavoratrici, madri, bambine, che avanzano verso l’osservatore per costringerlo a prendere consapevolezza di uno dei più sentiti problemi della società contemporanea.
Il Quarto Stato al femminile delle studentesse del Caboto (2018) |
10. Il Quarto Stato dei migranti di Volpedo
Nell’ottobre del 2015, il borgo di Volpedo, la cittadina natale di Giuseppe Pellizza, accolse per la prima volta alcune famiglie di migranti: erano due famiglie dalla Nigeria che avevano lasciato il paese per scampare alla violenza dei terroristi e che, com’ebbero modo di raccontare al quotidiano La Stampa, patirono pene d’inferno prima di arrivare in Italia, tra torture subite nei centri di detenzione in Africa e il tremendo viaggio attraverso il Mediterraneo. E poco dopo il loro arrivo maturò l’idea di scattare una foto che li ritraesse come i personaggi del Quarto Stato, assieme agli abitanti di Volpedo: e così appaiono nella fotografia di Federica Castellana pubblicate proprio su La Stampa.
Il Quarto Stato dei migranti di Volpedo (2015) |