Bologna: la rinascimentale Casa Saraceni apre le sue collezioni al pubblico


Edificio simbolo del Rinascimento bolognese, Casa Saraceni, sede della Fondazione Carisbo, apre le sue collezioni al pubblico.

Se a Bologna, scendendo sul lato sinistro della Basilica di San Petronio, si imbocca l’elegante via dell’Archiginnasio antica e animata, e si vira poi verso sinistra in via Farini dove il traffico scorre tra due righe d’ininterrotti portici che rifulgono di vetrine alla moda, al civico 15 ci s’imbatte in un palazzo, costruito nel tipico laterizio che tinge di rosso gran parte della città, il cui profilo forma un angolo tra la chiassosa strada e un più dimesso vicolo che restringendosi va a perdersi entro il cortile d’un edificio. Ci troviamo dinnanzi a Casa Saraceni, una delle più vive testimonianze architettoniche del Rinascimento bolognese.

Casa Saraceni a Bologna
Casa Saraceni a Bologna

Costruito su due ordini, il palazzo consta d’un ampio porticato i cui grandi archi a tutto sesto dalle ghiere in cotto (sette in tutto) s’innestano sui capitelli in arenaria che coronano le possenti colonne, anch’esse in cotto, e di un piano superiore, diviso dal sottostante da un severo marcapiano, riconoscibile per le finestre a bifora incorniciate da archi che richiamano quelli del portico e ornate con oculi al centro dei pennacchi e fantasiose decorazioni. Al di sopra, finestrelle rettangolari precedono l’ampio e ricco cornicione, in cotto come tutti gli elementi decorativi della facciata del palazzo, posto a concludere il mirabile saggio d’architettura quattrocentesca (ancorché edificato nei primi anni del secolo decimosesto, quando la costruzione di palazzi in laterizio si diffuse a Bologna per impulso dei rinnovamenti architettonici che i Bentivoglio vollero per la città da loro governata). Pare che la volontà di trasformare in un palazzo moderno e aggiornato il nucleo di case-torri medievali che qui anticamente insistevano sia da attribuire, seppur con qualche dubbio in ambito critico, al nobile felsineo Antonio Saraceni, legato alla signoria bentivogliesca e a più riprese membro del Senato cittadino. Le vicende che portarono alla fine dei Bentivoglio, tra la deposizione ufficiale di Giovanni II nel 1506 e il velleitario tentativo di restaurazione del 1511, interessarono anche il palazzo, dacché fu scelto nel 1510 come sede dell’ambasceria veneta giunta a Bologna assieme a papa Giulio II, adoperatosi per espellere i Bentivoglio dalla città onde sottoporla al diretto dominio della Santa Sede.

Facciata di Casa Saraceni a Bologna
Facciata di Casa Saraceni a Bologna

Nei secoli l’edificio conobbe sviariati passaggi di proprietà: fu prima dei Cospi, quindi dei Garzoni, e nel Settecento passò per vie ereditarie all’Opera Pia dei Poveri Vergognosi, ente preposto alla cura dei nobili (o, per estensione, dei ricchi) decaduti, che in virtù delle loro antiche condizioni ritenevano fosse una vergogna mostrarsi per le vie della città a mendicare un’elemosina. L’Opera Pia concesse il palazzo in locazione alla famiglia Gualandi, che ancora lo occupava nel Novecento: a seguito di altri passaggi, nel 1930 fu acquistato dal Credito Fondiario della Cassa di Risparmio di Bologna, che non perse tempo a farlo restaurare onde conferirgli un aspetto più confacente alle esigenze dei nuovi proprietari. I restauri interessarono soprattutto l’interno (si volle infatti mantenere inalterato l’aspetto esteriore, giunto pressoché intatto dall’epoca in cui Casa Saraceni fu costruita): l’intervento di più ampio respiro fu la decorazione ad affresco delle volte dello scalone, impresa che fu affidata a un artista locale, all’epoca piuttosto in auge e oggi quasi del tutto dimenticato, Roberto Franzoni (1882 - 1960). Quest’ultimo fu, per tutta la sua carriera artistica, fedele a uno stile liberty che, tuttavia, già segnava il passo nel 1933, anno a cui risale l’incarico. Le sue decorazioni a grottesca evidentemente non incontrarono il gusto dell’epoca, se addirittura i contemporanei ne fecero poche menzioni: si tratta comunque di un’opera che reinterpreta in chiave moderna un tipo di decorazione particolarmente in voga nei primi del Cinquecento (con tutta evidenza, la scelta ha voluto far sì che gli affreschi s’accordassero con l’epoca di edificazione di Casa Saraceni). Festoni di frutta e putti festanti, ninfe e geni alati che sorreggono riquadri con ritratti, paesaggi e allegorie e, al centro delle volte principali, le immagini del sole e della luna: questi gli ingredienti delle decorazioni di Franzoni.

Divenuta sede della Fondazione Carisbo nel 1991, oggi Casa Saraceni continua a ricoprire tale funzione, ed è in più diventata centro culturale, in quanto edificio a cui è stato affidato il compito di conservare parte delle raccolte d’arte della Fondazione stessa (molte delle opere appartenenti all’ente hanno rimpinguato il sistema museale di Genus Bononiae, il progetto sorto per aprire al pubblico le vaste collezioni dell’istituto bancario e oggi tra i principali attori della vita culturale cittadina): opere del Seicento (specie della scuola di Guido Reni) che giungono sino al Novecento (figurano i nomi di Arturo Martini, Alberto Viani, Nino Migliori), passando per le cosiddette “tempere della Sampiera”, una serie di paesaggi dipinti nel Settecento da Nicola Bertuzzi, Antonio Beccadelli e Vincenzo Martinelli e destinati alla villa Sampiera di Barbiano, di proprietà della nobile famiglia Boschi (passarono successivamente nelle raccolte della Cassa di Risparmio). Centro culturale anche perché Casa Saraceni svolge una continua attività espositiva, volta anche a mostrare al pubblico le ultime acquisizioni: tra le più recenti spicca una splendida Porzia di Elisabetta Sirani, importante artista del Seicento bolognese.

Arturo Martini, Dedalo e Icaro
Arturo Martini, Dedalo e Icaro (1937; marmo, 180 x 80 x 62 cm; Bologna, Fondazione Carisbo, Casa Saraceni)


Antonio Beccadelli e Vincenzo Martinelli, Paesaggio con figure
Antonio Beccadelli e Vincenzo Martinelli, Paesaggio con figure (1762 circa; tempera su tela, 81 x 120 cm; Bologna, Fondazione Carisbo, Casa Saraceni)


Elisabetta Sirani, Porzia
Elisabetta Sirani, Porzia (1664; olio su tela, 101 x 138 cm; Bologna, Fondazione Carisbo, Casa Saraceni)

Poco conosciuta anche dai bolognesi stessi, sabato prossimo, 1° ottobre 2016, Casa Saraceni aprirà gratuitamente al pubblico con visite guidate per consentire di approfondirne la secolare storia, le opere d’arte in essa conservate, le attività della Fondazione. L’iniziativa s’inserisce nell’ambito della manifestazione Invito a Palazzo, che la ABI (Associazione Bancaria Italiana) e la ACRI (Associazione di Fondazioni e Casse di Risparmio Italiane) da qualche anno promuovono con successo al fine di mostrare al pubblico il vasto patrimonio artistico degli istituti di credito associati. Nello specifico, si tratta dell’edizione numero 15 e, come ogni anno, interesserà l’intero territorio nazionale. L’appuntamento a Casa Saraceni è dalle 10 alle 12:30 e dalle 15 alle 19, e le visite guidate gratuite si svolgeranno alle 10:30 e alle 17. Un’opportunità da non perdere per i bolognesi e per quanti siano interessati a conoscere Casa Saraceni (ma l’invito è valido anche a tutti gli italiani che passeranno dalle città interessate dall’evento: cercheremo di riuscirci anche noi), e occasione, per noi di Finestre sull’Arte, per invitare ABI e ACRI a organizzare più eventi come questi e a non limitare a un solo giorno all’anno l’apertura delle collezioni di tanti istituti bancari che hanno opere degne d’essere conosciute, apprezzate e ammirate.


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Gli autori di questo articolo: Federico Giannini e Ilaria Baratta

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