Terzo appuntamento con la serie sui problemi ambientali delle Alpi Apuane, e oggi in particolare vogliamo concentrarci sul rischio idrogeologico della città di Carrara e delle zone limitrofe (Massa, Ortonovo, Sarzana... ). Abbiamo visto tutti i danni causati dalle recenti alluvioni che si sono abbattute sul territorio apuano: Carrara è stata colpita due volte, la prima nella notte tra il 10 e l’11 novembre di quest’anno, e l’ultima volta proprio questa notte, con “risultati” simili a quelli dell’alluvione di san Martino.
Sul sito del Comune di Carrara è possibile scaricare e osservare le mappe del rischio idraulico1 delle frazioni del comune, e sono davvero molte le zone classificate come area a pericolosità idraulica elevata o area a pericolosità idraulica molto elevata. Pressoché tutta la zona vecchia di Marina di Carrara, l’intera frazione di Battilana (già duramente colpita durante l’alluvione di san Martino), le porzioni del centro storico attigue al torrente Carrione, tutta la parte storica della frazione di Avenza e l’intero quartiere di Nazzano, e la lista potrebbe allungarsi ulteriormente.
Una delle cause principali di questa continua pressione a cui è sottoposto il territorio apuano potrebbe essere individuata nell’incuria e nella scarsa attenzione per il territorio, causa che secondo alcuni sarebbero anche alla base dell’alluvione dello spezzino del 25 ottobre dello scorso anno, che colpì anche vaste zone della provincia di Massa e Carrara e che costò la vita a diverse persone. All’indomani dei tragici eventi dello scorso anno, il geologo ligure Giuliano Antonelli spiegava al Fatto Quotidiano che “la tutela del territorio deve essere una priorità” e che la stessa tutela “è una questione culturale e bisogna essere consapevoli del fatto che il dissesto idrogeologico ha un costo enorme”2.
E così, molti individuano questa incuria nella carente manutenzione degli alvei dei fiumi e dei torrenti: le recenti alluvioni del Magra hanno dato modo di vedere come tronchi di alberi, rami e detriti si accumulassero nei fiumi creando “situazioni di ostruzione” e andando a provocare pertanto inondazioni e allagamenti3, ma non solo, perché i detriti trascinati dal fiume hanno provocato anche cedimenti e crollo di ponti. Tra i ponti crollati durante gli eventi del 25 ottobre 2011, non si può non citare il ponte della Colombiera, che era stato ristrutturato di recente e che ha ceduto proprio a causa della pressione dei detriti e di pezzi di yacht trascinati via da cantieri nelle vicinanze4. Questa situazione di rischio interesserebbe anche i ponti storici di Carrara (come il ponte delle Lacrime, il ponte della Bugia o il ponte Baroncino), tutti ponti dai nomi suggestivi, antichi di secoli e quindi importanti anche sotto il profilo storico e culturale. E ancora, spesso l’incuria si traduce in interventi edilizi e costruzioni che alterano l’equilibrio idrogeologico del territorio: interventi che potrebbero essere causa, per esempio, della tragedia di Lavacchio5 (nel comune di Massa) avvenuta nel 2010. E secondo Vincenzo Tongiani, presidente di Coldiretti della provincia di Massa e Carrara, la recente alluvione apuana sarebbe il prezzo di “anni di abusi edilizi e di cementificazione selvaggia”6. È del resto risaputo che la cementificazione del territorio è una delle principali cause del dissesto idrogeologico7.
A Carrara e zone limitrofe esiste poi un’altra possibile causa che potrebbe essere alla base degli eventi alluvionali. Questa causa sarebbe da individuarsi nell’attività estrattiva delle cave di marmo. Infatti, i detriti che si accumulano sulle montagne, che derivano dall’escavazione del marmo e di cui abbiamo parlato anche nell’articolo introduttivo di questa serie sui problemi ambientali di Carrara e delle Alpi Apuane, potrebbero “occludere gli alvei con i loro fanghi”8. Lo scorso anno, il Comune di Carrara aveva fatto partire venti diffide nei confronti dei concessionari di cava responsabili di carente smaltimento di detriti9, e in seguito alla disastrosa alluvione di Carrara del 23 settembre 2003, costata la vita a una persona e causa di numerosissimi danni nel territorio comunale, fu fatta partire un’inchiesta volta a determinare le responsabilità del mondo politico e imprenditoriale10, che sfociò poi nell’individuazione di 24 imputati per reati che andavano dal disastro colposo all’omicidio colposo11. Il processo si concluse nel 2011 con il tribunale che emise “sentenza di non procedere” sancendo quindi la prescrizione del reato per tutti gli imputati, tra il disappunto dei parenti della donna scomparsa durante l’alluvione che parlarono di “una sconfitta per la città”12.
Quali sono le soluzioni? Legambiente Carrara, in una recente relazione sul rischio idrogeologico del Comune di Carrara, ha provato a proporne qualcuna, tenendo presente che la “sistemazione del territorio è la vera e più grande opera pubblica di cui il Paese ha bisogno”, e riflettendo sul fatto che probabilmente il primo provvedimento da prendere è quello di evitare l’edificazione nelle aree inondabili13. Anche per chi come noi si occupa di storia dell’arte, la tutela del territorio e del paesaggio deve essere una priorità: oltre ai danni in termine di perdite umane e di perdite materiali, ne va anche del nostro patrimonio storico e storico-artistico. Per rendere meglio l’idea, vi proponiamo un link a una fotografia di piazza Alberica, la piazza principale del centro storico di Carrara, scattata questa notte. Quello che vedete è il monumento a Maria Beatrice d’Este, che governò il Ducato di Massa e Carrara tra il 1790 e il 1769: il monumento è uno dei più importanti e noti della città, uno dei suoi simboli. Una dimostrazione di come non ci si possa dedicare alla storia dell’arte senza pensare al territorio, soprattutto quando questo territorio è il proprio.
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Gli autori di questo articolo: Federico Giannini e Ilaria Baratta
Gli articoli firmati Finestre sull'Arte sono scritti a quattro mani da Federico Giannini e Ilaria Baratta. Insieme abbiamo fondato Finestre sull'Arte nel 2009. Clicca qui per scoprire chi siamo