Il Battistero di Firenze diventa pubblicità di una multinazionale francese. Ma chi ha pagato?


La casa di moda Pucci, controllata della multinazionale francese LVMH, ricopre il Battistero di Firenze con un suo discutibile allestimento. Ma chi è che ha pagato?

Uno dei più importanti insegnamenti che ci ha lasciato George Brummell, il più grande dandy della storia, è quello secondo cui l’eleganza consiste nel non farsi notare, nel non dare nell’occhio. Quindi, va da sé che non si può certo parlare di eleganza per l’allestimento che in questi giorni possiamo “ammirare” sul Battistero di Firenze, che tutto fa fuorché non dare nell’occhio. Un allestimento realizzato dalla casa di moda Pucci, che già nel 2000 fu acquistata dalla holding francese LVMH - Louis Vuitton Moët Hennessy, la più grande multinazionale mondiale della moda di lusso.

L'allestimento della Pucci per il Battistero di Firenze
L’allestimento della Pucci per il Battistero di Firenze
(foto di girlinflorence)

Il Battistero (che sta subendo dei lavori di restauro) è stato così ricoperto con dei pannelloni colorati che ricordano i patchwork dei foulard della Pucci. Ora, sull’antiesteticità di questa operazione si può tranquillamente dibattere: c’è chi ritiene l’installazione inguardabile (è il caso, per esempio, del sottoscritto), c’è chi la ritiene frizzante, briosa e simpatica, ci sarà qualcuno a cui l’installazione risulterà indifferente. Ma il punto non è questo, anche perché l’installazione non durerà che qualche giorno.

Il punto è: chi è che ha pagato? Si legge infatti questo da una notizia Ansa poi ripresa da tutti i quotidiani che hanno parlato della vicenda: “è Monumental Pucci, installazione ideata da Pitti Immagine per la maison e realizzata col Comune e il contributo del Ministero dello Sviluppo Economico”. Le domande sono due. La prima è: cosa significa “realizzata col Comune”? Ma soprattutto, la seconda: cosa ha comportato "il contributo del Ministero dello Sviluppo Economico"? Gli impiegati degli uffici comunali e ministeriali si sono trasformati in stilisti e hanno aiutato la maison Pucci a disegnare l’allestimento? Oppure il Ministero dello Sviluppo Economico ha garantito un contributo economico alla maison per la propria installazione, dal carattere peraltro spiccatamente pubblicitario?

E quindi, se il Ministero dello Sviluppo Economico ha garantito un contributo economico, è giusto che le tasse che tutti noi paghiamo debbano essere impiegate per permettere a una multinazionale francese di farsi pubblicità, sebbene attraverso una sua controllata italiana? Perché se adesso lo Stato offre contributi economici a un’azienda, oltretutto straniera, per permetterle di farsi pubblicità (e offrendole quindi, di fatto, un trattamento preferenziale), probabilmente significa che se non siamo ancora arrivati alla follia, il passo è breve. Non è quindi questione di essere "i soliti puristi", come vengono bollati coloro che non apprezzano l’installazione da chi invece la apprezza ma forse manca di argomenti per discutere: è questione di sapere se, e se sì come, vengono spesi i nostri soldi.

C’è poi un altro aspetto da considerare, che va al di là delle considerazioni di carattere economico. Il Battistero è un luogo sacro. Chi scrive non è affatto una persona religiosa, ma nutre profondo rispetto nei confronti del credo di ognuno. Mi domando quindi se sia corretto, sul piano etico, trasformare un luogo sacro in un enorme manifesto pubblicitario di una multinazionale francese: probabilmente non lo è. Pare che Gesù avesse cacciato i mercanti dal Tempio. Ultimamente invece, sembra che i templi accolgano di buon grado i mercanti e, anzi, offrano loro trattamenti riservati (vedi anche cena della Morgan Stanley in Santa Maria Novella). Quindi a questo punto la domanda sorge spontanea: ma non erano meglio i ponteggi a vista?


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Federico Giannini

L'autore di questo articolo: Federico Giannini

Nato a Massa nel 1986, si è laureato nel 2010 in Informatica Umanistica all’Università di Pisa. Nel 2009 ha iniziato a lavorare nel settore della comunicazione su web, con particolare riferimento alla comunicazione per i beni culturali. È giornalista iscritto all’Ordine dal 2017, specializzato in arte e storia dell’arte. Nel 2017 ha fondato con Ilaria Baratta la rivista Finestre sull’Arte, iscritta al registro della stampa del Tribunale di Massa dal giugno 2017. Dalla fondazione è direttore responsabile della rivista. Collabora e ha collaborato con diverse riviste, tra cui Art e Dossier e Left, e per la televisione è stato autore del documentario Le mani dell’arte (Rai 5) ed è stato tra i presentatori del programma Dorian – L’arte non invecchia (Rai 5). Ha esperienza come docente per la formazione professionale continua dell’Ordine e ha partecipato come relatore e moderatore su temi di arte e cultura a numerosi convegni (tra gli altri: Lu.Bec. Lucca Beni Culturali, Ro.Me Exhibition, Con-Vivere Festival, TTG Travel Experience).






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