Parte oggi la trentesima edizione di Artissima: la fiera d’arte contemporanea di Torino, nata nel 1994, quest’anno si tiene dal 3 al 5 novembre ed è diretta per il secondo anno consecutivo da Luigi Fassi. La promessa è quella di essere una fiera sperimentale, di ricerca e “cutting-edge”: ci è veramente riuscita? La prima impressione è in realtà quella di una fiera interlocutoria, con poche novità significative, le gallerie storiche che si attestano sui loro prodotti noti, gli sguardi di tanti attirati per lo più dagli espositori che propongono arte del Novecento (perché nonostante Artissima sia la principale fiera votata alle ricerche della contemporaneità, la realtà mostra una kermesse dove la presenza delle arti del XX secolo è ancora decisamente ingombrante), e le sezioni curate che quest’anno sono parse poco incisive (fatta eccezione per Disegni, che quest’anno offre una proposta di buon livello, con alcuni ottimi solo show come quello di Andrea Sala da Federica Schiavo o quello di Sergio Breviario da Ex Elettrofonica).
Ci sono però anche aspetti positivi: si è notata una stretta aderenza da parte degli espositori al tema proposto, Relations of care, con molti stand in cui si sono effettivamente presentate opere sul tema della “cura”, intesa, secondo le idee della direzione artistica della fiera che si rifà alle teorie dell’antropologo brasiliano Renzo Taddei, come “fine ultimo dell’avanzamento del sapere”, che dev’essere “mirato a preservare la diversità e il valore di ogni forma di vita del mondo che abitiamo”. L’obiettivo, da questo punto di vista, si può dire raggiunto: visitare Artissima è sempre un modo per conoscere gli orientamenti dell’arte del presente e da questo punto di vista la fiera si conferma uno degli appuntamenti da non perdere. Ma una fiera è anche il luogo in cui, per definizione, si compra e si vende. E la proposta in questo caso è molto varia: si va dalle opere che costano poche centinaia di euro fino ai lavori dei grandi maestri o degli artisti più à la page che viaggiano sulle centinaia di migliaia di euro. Dedicheremo nelle prossime ore un focus con una selezione di opere di Artissima e relativi prezzi. Quali sono le tendenze che emergono? Più o meno... le solite. Vediamole nel dettaglio.
Anche quest’anno ad Artissima si vede tanta pittura, come nelle ultime edizioni. Accantonate le edizioni veramente più sperimentali, dove si trovavano performance quasi a ogni angolo, dove si vedevano video, installazioni e i lavori più improbabili, quest’anno il supporto bidimensionale (non solo pittura: anche grafica e fotografia, seppure in passato si vedesse molta più fotografia) è di nuovo il re di Artissima. Per trovare pittura di qualità occorre però rivolgersi sempre alle stesse gallerie: per esempio la trentina Boccanera che da qualche tempo conduce un ottimo lavoro di valorizzazione di talenti della pittura (il nome di punta tra i giovani è quello di Andrea Fontanari, a cui si affianca quello della più esperta Linda Carrara: le loro opere sono tra le migliori in fiera), oppure Cardelli & Fontana che porta in mostra i suoi artisti ormai consolidati (Beatrice Meoni, Marco Salvetti, Mirko Baricchi, oltre allo scultore Fabrizio Prevedello e al fotografo Luca Lupi), o ancora Thomas Brambilla che mescola proposte più sperimentali a nomi storici (la Maison Nicolas Flamen di Marco Cingolani è uno dei migliori dipinti in mostra), passando per Mazzoleni che dedica ampio spazio a una sua artista di punta, Marinella Senatore, portando però in mostra soprattutto dipinti e grandi polittici e riducendo la dimensione installativa dell’artista campana.
Per i maestri storici occorre rivolgersi alle solite gallerie: per esempio Lia Rumma con i lavori di Ettore Spalletti, oppure Tornabuoni che propone un grande stand di arte del Novecento (si va da Fontana a Burri a Dadamaino). Poche le novità di rilievo: l’unico giovane veramente interessante ci è parso lo svizzero Marius Steiger, classe 1999, proposto dalla galleria Blue Velvet (alla prima partecipazione: la migliore della sezione New Entries). Un gradino più sotto il nigeriano Jamiu Agboke, classe 1989, portato in fiera da Vin Vin. Li approfondiremo a parte. Terza e ultima rivelazione l’abruzzese Giuditta Branconi, classe 1998, portata da L.U.P.O. Lorenzelli Projects.
Gli artisti storicizzati si confermano come una delle forze trainanti di Artissima. Immancabile l’Arte Povera (siamo pur sempre a Torino) e ricerche connesse, con le opere recenti di Gilberto Zorio che spiccano negli stand di De’ Foscherari e Lia Rumma, Giuseppe Penone e Giovanni Anselmo da Tucci Russo, Giulio Paolini da Artiaco e via dicendo.
Di Tornabuoni si è già detto nel paragrafo sopra, e un altro degli stand più fotografati è quello di Benappi che dedica un intero approfondimento a Studio Azzurro. Si distingue inoltre, anche se non è una novità, lo stand di Dep Art focalizzato sulle ricerche dei maestri tedeschi: Imi Knoebel, Regine Schumann e Wolfram Ullrich presentati in uno degli stand più puliti e ordinati di Artissima. Passando invece dalla Germania alla Francia, si distinguono, appena entrati dall’ingresso principale di Artissima, le opere di Anna Boghiguian da Franco Noero. Per quel che riguarda i grandi nomi, di altissimo livello l’allestimento di Rossi & Rossi che porta in fiera una nuova produzione di Bertozzi&Casoni: custodie di violino di tutti i colori. E c’è pure un Vaso fiorito del 2022 simile a quello esposto alla grande monografica dei Musei Civici di Imola che si è aperta qualche giorno fa. Tra le gallerie internazionali, si distingue la cinese Tang che porta alcune nuove opere di Jonas Burgert, gli animali dello zodiaco di Ai Weiwei e un grande dipinto di Yue Minjun da un milione di euro.
Qualche commentatore ha notato la presenza di tante artiste: a nostro avviso, è del tutto normale che nel 2023 l’arte sia anche femminile, non è normale che vada sottolineato. Si può però sottolineare che c’è molto femminismo, anche se sotto questo profilo la proposta ci è sembrata poco convincente: Studio G7 porta le opere sul femminicidio di Daniela Comani esposte quest’anno alla GNAM di Roma, Studio Sales propone i dipinti di Romina Bassu, c’è pure l’ecofemminismo di Romina De Novellis che si riprende mentre accarezza un pollo allo stand di Alberta Pane. Si può passare oltre. Se si vuole un femminismo veramente incisivo e travolgente, c’è da rivolgersi alla galleria austriaca Silvia Steinek che propone uno dei nomi storici dell’arte femminista mondiale, quello di Renate Bertlmann, a cui dedica tutto lo stand, nell’ambito della sezione Monologue/Dialogue. Se invece si vuole una creatività femminile genuina e delicata, c’è da andare allo stand di L.U.P.O. Lorenzelli Projects che porta in mostra i grandi oli su tela della giovanissima Giuditta Branconi, classe 1998, che riversa la sua intimità su dipinti di grande formato (a 9.500 euro l’uno da catalogo), altro nome da tenere d’occhio.
Per altri tipi di attivismo c’è ampia scelta. Per chi vuole gli artisti ecologisti c’è un enorme scritta di Oliver Ressler costituita da una serie di disegni di animali su fogli che compongono la scritta “Property will cost us the earth”. Quindi ecologismo in chiave comunista: lo propone The Gallery Apart (il prezzo è su richiesta). Allo stand di Laveronica, Guglielmo Manenti propone un murale contro il ponte sullo Stretto di Messina. C’è pure una performance, un’artista polacca, Alicja Brzeska, che allo stand della parigina Sante Anne Gallery accarezza cani di cemento. Insomma chi vuole un’arte “impegnata” trova di tutto.
Si conferma la passione per l’arte dei vari continenti da parte di Artissima: c’è tantissima Africa, da Shamilla Aasha in arrivo dallo Zimbabwe con First Floor Gallery della capitale Harare, agli ormai tradizionali africani della galleria Primo Marella che porta, tra gli altri, l’ugandese Godwin Champs Namuyimba, il malgascio Joel Andrianomearisoa, il nigeriano Samuel Nnorom e un nome ormai consolidato come il maliano Abdoulaye Konaté. C’è il Sudamerica con Andrea Canepa (che non è un uomo e non genovese, come potrebbero lasciar intendere nome e cognome, ma è una peruviana classe 1980) che porta da Rosa Santos una tenda ispirata all’arte tradizionale (filtrata però attraverso il Kibbo Kift, un gruppo di campeggiatori inglesi degli anni Venti che volevano la pace nel mondo). C’è l’Asia con l’artista mongolo Bekhbaatar Enkhtur alla galleria Matèria di Roma. C’è pure chi si adegua: il pittore Guglielmo Castelli, uno dei più interessanti giovani italiani, in uno dei suoi ultimi lavori, If opened people I should find landscapes, fa trasparire un inedito esotismo, o la siciliana Barbara Cammarata che ambienta i suoi dipinti nella giungla.
Non manca neppure la moda dell’archeologismo: Augustas Serapinas, forte dei suoi recenti successi romani, porta i suoi “frammenti di casa” nello stand di Apalazzo, i mosaici di Evgeny Antufiev da z2o Sara Zanin (dove, a proposito di esotismi, si segnalano anche gli autoritratti di Marta Roberti che si raffigura come un’azteca), i Signes di Camille Benarab-LOpez da Galerie Chloe Salgado (tra le opere più economiche della fiera: soltanto 300 euro il pezzo), o ancora le sculture in sabbia su acciaio e pietra di Oren Pinhassi presentati da Ribot che paiono ritrovamenti antichi.
Non esiste per legge fiera d’arte contemporanea senza opere con le scritte: sono le più impattanti, le più facili, le più immediate, e quindi le più fotografate. La galleria Enrico Astuni lo sa e ogni anno porta una enorme scritta ad Artissima: quest’anno al solito Maurizio Nannucci, pioniere del genere, si affianca la mega scritta Ieri, Oggi, Domani, Eccetera di Jonathan Monk che è subito nelle greatest hits di Instagram e affini. Quest’anno però la concorrenza è agguerritissima: della scritta ecologista di Ressler s’è già detto, c’è poi Itamar Gov con la sua Refuge for all Strangers presso la galleria turca Zilberman, c’è la scritta di Maria Adele Del Vecchio da Tiziana Di Caro, c’è la crociata amorosa degli Apparatus 22 da Suprainfinit, insomma c’è di tutto.
Per andare sul sicuro anche con le scritte ci sono gli artisti storici: spicca per esempio il Mangiarsi di Salvo da Repetto, oppure le opere di John Giorno da Thomas Brambilla.