Incontrai per la prima volta Arnaldo Pomodoro nel suo studio milanese sui Navigli. Erano i primi anni Duemila. Allora stava lavorando alla prima edizione del suo catalogo ragionato della scultura ma era anche assorbito da un ambizioso e lodevole progetto culturale: inaugurare, un paio d’anni dopo, il museo della sua Fondazione in un ex spazio industriale ristrutturato interamente e dedicato alla scultura moderna e contemporanea, alla promozione dei giovani talenti e alla ricerca sulla sua attività di scultore. Ricordo che mi portò a visitare il cantiere raccontandomi quello che ci sarebbe stato. In quel momento non potevo immaginare che avrei lavorato lì, per lui, e che a distanza di oltre quindici anni sarei stato io a coinvolgerlo in un progetto espositivo e ad accompagnarlo a vederlo realizzato. Invece è andata proprio così. E il titolo di questa mostra ‘tradisce’ questo risvolto personale della storia.
Arnaldo Pomodoro. {sur}face nasce da un gioco di parole fra il termine “superficie” (surface) e il termine “volto” (face), che ne evidenzia il doppio livello di lettura: l’uomo che toglie la maschera dell’artista, come un attore che smette i panni del suo personaggio, e viceversa, in un cortocircuito continuo tra realtà e finzione, tra arte e vita reale. {sur}face racconta, infatti, un aspetto inedito dell’arte di Arnaldo Pomodoro: l’uomo prima dell’opera con le sue aspirazioni e le speranze, le fragilità umane che, celate dietro alla maschera di artista, hanno dato origine a opere uniche e irripetibili dalle superfici scavate e tormentate. I progetti scenici, le grandi opere e le installazioni ambientali sono le testimonianze tangibili che l’uomo-artista ha cercato instancabilmente la complessità della realtà nelle forme perfette, corrodendole con un potente segno informale, istintivo ma sempre razionale, in grado di svelare l’inganno dei sensi quando la vita è vissuta solo superficialmente. {sur}face è un viaggio in timelapse nell’interiorità di Arnaldo Pomodoro alla scoperta delle passioni che hanno stimolato la sua creatività e orientato il suo sguardo critico verso la vita e la storia. La maschera teatrale che indossa l’attore consegnando la ribalta al suo personaggio e il labirinto sotterraneo che disorienta avvolgendosi incessantemente su se stesso sono i confini di uno spazio mentale dentro cui Arnaldo Pomodoro fatica a delimitare il suo anelito di infinitezza, metafora di libertà e di serenità che ogni essere umano dovrebbe meritare. {sur}face è un’esperienza totale, spaziale e virtuale, analogica e digitale, per conoscere l’uomo.
Arnaldo Pomodoro (2014) © Nicola Gnesi per Fondazione Henraux |
Arnaldo Pomodoro, Obelisco per Cleopatra (1989-2008; corten e bronzo, 14 x 1,40 x 1,40 m; Soliera, Piazza Lusvardi). Foto Fotostudio Solierese |
Arnaldo Pomodoro, Ingresso nel labirinto (1995-2011; veduta della stanza della rotativa). Foto Dario Tettamanzi |
Arnaldo Pomodoro, Continuum 2 (2010). Foto Dario Tettamanzi |
Arnaldo Pomodoro, Modello della scena con il palazzo tempio per La passione di Cleopatra di Ahmad Shawqi, Gibellina (1989). Foto Aurelio Barbareschi |
Il percorso espositivo si articola in due parti ben distinte, che possiamo definire l’alfa e l’omega della carriera di Arnaldo Pomodoro: il teatro, che gli ha permesso le prime esperienze di scultura su scala monumentale; la scultura abitabile in forma di labirinto, che rappresenta la summa dei suoi segni nonché la testimonianza imperitura del suo fare scultura. La prima parte è dedicata alla messinscena per La passione di Cleopatra di Ahmad Shawqi e presenta i costumi di scena originali, i disegni preparatori e i bozzetti scenografici, oltre alle fotografie e ai video dello spettacolo. La seconda parte della mostra, invece, racconta la genesi di Ingresso nel labirinto (1995-2011), un’opera ambientale di circa 170 mq in fiberglass patinato con foglia di rame costruita nei sotterranei della ex Riva-Calzoni di Milano (già sede della Fondazione Arnaldo Pomodoro), attraverso i rilievi Untitled (2005) e i Continuum (2010) e Ingresso nel labirinto, studio (2011-2020), realizzato appositamente per questa mostra ed esposto per la prima volta al pubblico. Nell’ultima sala i visitatori possono fare l’esperienza di Labyr-Into, una delle prime applicazioni immersive in Italia nell’ambito dell’arte contemporanea e la prima in assoluto dedicata a un’opera di Arnaldo Pomodoro, basata sulla tecnologia Gear’VR’ e ’Oculus’RifT. Il progetto, realizzato da Oliver Pavicevic e Steve Piccolo, costituisce una libera interpretazione di Ingresso nel labirinto, nella sua versione 3D, un’opera nell’opera, oltre che dentro l’opera. La mostra si caratterizza anche per la sala dedicata ai più piccoli, pensata e allestita ad ‘altezza di bambino’ e dotata di supporti didattici audio e video, che permettono ai bambini che non sanno ancora leggere di fare esperienza diretta con le opere di Arnaldo Pomodoro senza la mediazione dell’adulto e di sentirle così ‘alla loro portata’, un po’ come se fossero i giocattoli e i disegni nelle loro camerette.
All’esterno della mostra, di fronte al Castello Campori, a ‘segnare’ lo spazio urbano pubblico, abbiamo collocato una delle più importanti sculture monumentali di Arnaldo Pomodoro, quella che simbolicamente segnalava l’ingresso della sua Fondazione a Milano. Si tratta dell’Obelisco per Cleopatra, concesso in comodato d’uso gratuito al Comune di Soliera per tre anni, un’opera alta quattordici metri progettata nel 1989 per La Passione di Cleopatra del poeta egiziano Ahmad Shawqi, messa in scena sui ruderi di Gibellina con la regia di Cherif nell’estate del 1989 nell’ambito del Festival delle Orestiadi e poi realizzata nel 2008 in acciaio corten e bronzo. Le quattro facce verticali presentano una serie di segni emblematici e simbolici che rimandano ai geroglifici egizi e al segno informale tipico dello scultore. La diversità cromatica tra il fusto in corten arrugginito e gli inserti in bronzo patinato conferiscono solennità all’opera che connota profondamente lo spazio pubblico in cui è installata. Nel caso di piazza Lusvardi, il confronto è diretto sia con il contesto urbano del centro storico sia con la massiccia architettura medievale del Castello Campori con la sua torre e i resti del fossato difensivo. “Quando ho ricevuto le prime foto dello spazio urbano”, dice Arnaldo Pomodoro, “nel quale avremmo collocato una mia scultura, ho subito pensato all’Obelisco per Cleopatra per la sua carica simbolica. Sono molto lieto che il mio Obelisco abbia trovato oggi la sua collocazione ideale nella suggestiva piazza di Soliera, dove rimarrà per i prossimi tre anni. Penso che l’opera abbia senso quando trasforma il luogo in cui è posta: allora dà nuovo valore all’ambientazione spaziale e ha veramente una valenza testimoniale del proprio tempo, riesce a improntare di sé un contesto, per arricchirlo di ulteriori stratificazioni di memoria”.
La vera sfida di {sur}face è proprio questa, che la comunità si identifichi con Arnaldo Pomodoro e la sua arte attraverso la consuetudine del suo Obelisco in città.
L'autore di questo articolo: Lorenzo Respi
Direttore della Fondazione Modena Arti Visive